Il difluoruro di xenon è il composto binario dello xenonbivalente con il fluoro, avente formula molecolare XeF2. In condizioni normali è un solido cristallino incolore. Ha una bassa pressione di vapore e i vapori hanno un odore nauseante.[4] XeF2 è uno dei più stabili composti dello xenon, ha forti proprietà ossidanti e fluoruranti, sebbene sia meno energico di XeF4 e XeF6.[5] Come la maggior parte dei fluoruri covalenti, è sensibile all'umidità e a contatto con l'acqua lentamente si decompone dando Xe, HF e O2.[5]
XeF2 è disponibile commercialmente ed è usato in reazioni di fluorurazione, nelle quali si ha la comodità che il sottoprodotto è un gas (Xe) che abbandona da solo facilmente l'ambiente di reazione e che è pressoché inerte.[5]
Proprietà, struttura molecolare e configurazione elettronica
Il difluoruro di xenon è un composto molecolare, con l'atomo di xenon allo stato di ossidazione +2. La molecola di XeF2, nella cui struttura di Lewis lo xenon ha 10 elettroni di valenza,[7] è classificabile come ipervalente. Secondo la teoria del legame di valenza l'atomo di xenon è ibridato sp3d e quindi 'ambiente di coordinazione intorno all'atomo di xenon, includendo anche le coppie elettroniche di valenza, è una (pseudo)bipiramide trigonale; le tre posizioni equatoriali sono occupate dalle coppie solitarie e le due assiali dai due atomi di fluoro. Come previsto, a molecola è lineare e centrosimmetrica, la sua simmetria è pertanto D∞h,[8] il che comporta assenza di momento dipolare nonostante la pronunciata polarità dei legami Xe−F.
Ad alta pressione si possono ottenere nuove forme non molecolari di XeF2. Alla pressione di circa 50 GPa XeF2 si trasforma in un semiconduttore rossiccio composto da unità XeF4 unite a formare una struttura infinita tridimensionale simile alla grafite. A pressione ancora più elevata, sopra 70 GPa, si ha trasformazione in una forma metallica nera, con una struttura tridimensionale che contiene unità XeF8.[12]
Il difluoruro di xenon viene prodotto per sintesi diretta:
la reazione deve essere promossa con calore, irradiazione o scariche elettriche. Si ottiene un prodotto gassoso, che viene fatto condensare a −30 °C. Il prodotto grezzo viene purificato per distillazione frazionata o per condensazione selettiva usando una linea da vuoto.[15]
La prima notizia su XeF2 fu pubblicata nell'ottobre 1962 da Chernick e altri.[16] Tuttavia, anche se la notizia fu pubblicata successivamente,[17] XeF2 fu probabilmente sintetizzato per la prima volta all'inizio del 1962 da Rudolf Hoppe all'Università di Münster in Germania, facendo reagire una miscela di fluoro e xenon gassosi tramite una scarica elettrica.[18][19] Di lì a poco Weeks, Chernick e Matheson dell'Argonne National Laboratory sintetizzarono XeF2 usando un recipiente completamente di nichel con finestre trasparenti di allumina, facendo reagire parti uguali di Xe e F2 a bassa pressione sotto irradiazione UV.[4] Williamson riportò che la reazione funziona altrettanto bene a pressione atmosferica irradiando con luce solare un recipiente di vetro Pyrex secco. Fu notato che la sintesi funziona anche in giornate nuvolose.[20]
Nelle sintesi precedenti il reagente F2 era purificato per rimuovere HF. Šmalc e Lutar trovarono che se si tralascia questa purificazione, la velocità di reazione aumenta di quattro volte.[21]
XeF2 ha proprietà ossidanti e fluoruranti. Il composto è abbastanza solubile in acqua, dove si decompone lentamente. La decomposizione è invece quasi istantanea in presenza di basi:
In solventi come BrF5, BrF3, IF5, o CH3CN e altri solventi organici anidri si scioglie senza reagire. È molto solubile in HF (167 g per 100 g di HF a 29,95 °C).[2]
XeF2 forma sali contenenti il catione XeF+ quando reagisce con forti accettori di ioni fluoruro. Ad esempio, usando come solvente il pentafluoruro di antimonio (SbF5) liquido, si formano sali tipo [XeF]+[SbF6]−, [XeF]+[Sb2F11]− e simili. In presenza di un eccesso di xenon la soluzione giallo chiaro diventa verde, a causa della formazione del catione paramagnetico Xe2+.[23] In questo ione è presente un legame Xe−Xe. La reazione è reversibile; allontanando lo xenon gassoso dalla soluzione di SbF5 si riforma XeF+ e il colore della soluzione torna giallo chiaro.[24]
XeF2 può servire per preparare altri composti di xenon. Il composto di organoxenon instabile Xe(CF3)2 può essere preparato irradiando esafluoroetano in modo da generare radicali CF3·, e facendo passare il gas sopra XeF2. Si forma un solido ceroso bianco che si decompone completamente entro 4 ore a temperatura ambiente.[25]
Misure cristallografiche indicano che l'atomo di magnesio è coordinato con geometria ottaedrica a sei atomi di fluoro. Di questi, quattro appartengono ai quattro leganti XeF2, mentre gli altri due sono atomi F di gruppi AsF6− disposti in cis.[26]
Una reazione simile è
La struttura cristallina di questo prodotto mostra che l'atomo di magnesio ha coordinazione ottaedrica; i due leganti XeF2 sono in posizione assiale, mentre i leganti AsF6− sono in posizione equatoriale.
Sono state osservate molte altre reazioni che formano prodotti tipo [Mx+(XeF2)n](AF6)x, dove M può essere Ca, Sr, Ba, Pb, Ag, La, o Nd e A può essere As, Sb o P.
Di recente è stato sintetizzato un composto nel quale un atomo metallico è coordinato solo da atomi fluoro di XeF2:[27]
Questa reazione richiede un grande eccesso di XeF2. La struttura del sale è tale che metà degli ioni Ca2+ sono coordinati dagli atomi fluoro del difluoruro di xenon, mentre gli altri ioni Ca2+ sono coordinati sia da XeF2 sia da AsF6−.
Usi
Come agente fluorurante
Il difluoruro di xenon è un forte agente ossidante e fluorurante.[28][29] In presenza di accettori di ioni fluoruro si formano le specie XeF+ e Xe2F3+, che sono fluoruranti ancora più potenti.[2]
Alcune reazioni di fluorurazione del difluoruro di xenon sono le seguenti:
Fluorurazione ossidativa:
Fluorurazione riduttiva:
Fluorurazione di anelli aromatici:
Fluorurazione di alcheni:
XeF2 è un fluorurante selettivo, ed è quindi un reagente utile per fluorurare eteroatomi senza toccare altri sostituenti in composti organici. Ad esempio, fluorura l'atomo di arsenico della trimetilarsina, senza toccare i gruppi metilici:[30]
XeF2 può anche far decarbossilare ossidativamente acidi carbossilici formando i corrispondenti fluoruri di alchile:[31]
Come reagente per incisione chimica
Il difluoruro di xenon gassoso è usato anche per incidere chimicamente il silicio, specie nella produzione di Sistemi Micro Elettro Meccanici (MEMS). Brazzle e altri così descrivono il processo:[32]
Il meccanismo dell'incisione chimica è il seguente. Per prima cosa XeF2 si adsorbe sulla superficie del silicio e si dissocia in xeno (Xe) e fluoro (F). Il fluoro è il principale responsabile dell'attacco chimico nell'incisione del silicio. La reazione del silicio con XeF2 si può descrivere come
XeF2 ha una velocità di incisione relativamente elevata e per incidere il silicio non necessita di bombardamento di ioni o altre sorgenti esterne di energia.
^abc J. E. Huheey, E. A. Keiter e R. L. Keiter, Chimica Inorganica, Seconda edizione italiana, sulla quarta edizione inglese, Piccin Nuova Libraria, Padova, 1999, p. 865, ISBN88-299-1470-3.
^ Nils Wiberg, Egon Wiberg e Arnold Frederik Holleman, Anorganische Chemie, 103. Auflage, De Gruyter, 2017, p. 465, ISBN978-3-11-026932-1.
^ C. L. Chernick, H. H. Claassen, P. R. Fields, H. H. Hyman, J. G. Malm, W. M. Manning, M. S. Matheson, L. A. Quarterman, F. Schreiner, H. H. Selig, I. Sheft, S. Siegel, E. N. Sloth, L. Stein, M. H. Studier, J. L. Weeks e M. H. Zirin, Fluorine compounds of xenon and radon, in Science, vol. 138, n. 3537, 12 ottobre 1962, pp. 136-138, DOI:10.1126/science.138.3537.136. URL consultato il 16 luglio 2010.
^ R. Hoppe, W. Dähne, H. Mattauch e K. Rödder, Fluorination of xenon, in Angew. Chem. Intern. Ed. Engl., vol. 1, n. 11, 8 ottobre 1962, p. 599, DOI:10.1002/anie.196205992. URL consultato il 16 luglio 2010.
C. E. Housecroft, A. G. Sharpe, Inorganic chemistry, 2ª ed., Harlow (England), Pearson Education Limited, 2005, ISBN0-13-039913-2.
N. N. Greenwood, A. Earnshaw, Chemistry of the elements, 2ª ed., Oxford, Butterworth-Heinemann, 1997, ISBN0-7506-3365-4.
J. G. Malm, H. Selig, J. Jortner e S. A. Rice, The chemistry of xenon, in Chem. Rev., vol. 65, n. 2, 1965, pp. 199-236, DOI:10.1021/cr60234a003. URL consultato il 22 giugno 2010.