La provincia di Forlì-Cesena è formata dal territorio Forlivese, 185 525 abitanti e da quello Cesenate, 208 342 abitanti, ambedue di 15 comuni. Dal punto di vista amministrativo, vi sono le 3 unioni dei comuni, quella della Romagna Forlivese e nel Cesenate, quelle dell'Unione Valle Savio ed Unione Rubicone e Mare.
Storia del territorio della provincia attuale
Le prime testimonianze
Dai numerosi ritrovamenti archeologici effettuati in tutta la provincia, si è potuto affermare che già dalla preistoria questo territorio era abitato, i ritrovamenti più significativi sono quelli di monte Poggiolo e del Colle Garampo.
Giulio Cesare il 10 gennaio del 49 a.C. attraversò il fiume Rubicone (o il Pisciatello) alla testa di un esercito, violando apertamente la legge che proibiva l'ingresso armato dentro i confini dell'Italia e dando il via alla seconda guerra civile, pronunciando la celeberrima frase: Alea iacta est.
Dal 1º al 3 novembre del 1377 le truppe bretoni del cardinale Roberto di Ginevra, legato papale, comandante del capitano di ventura Giovanni Acuto, distruggono Cesena. Cesena viene concessa a Galeotto I Malatesta da papa Urbano VI nel 1378, ponendo l'inizio della signoria malatestiana sulla città.
Nel 1428 una xilografia della Madonna, conservata nel Duomo di Forlì scampa miracolosamente a un incendio; da allora diviene patrona della città col nome di Madonna del Fuoco.
Girolamo Riario, con la moglie Caterina Sforza, diviene il nuovo signore di Forlì nel 1484; quattro anni più tardi verrà assassinato dai sicari della famiglia Orsi.
Il 12 gennaio del 1500Caterina Sforza viene spodestata da Cesare Borgia, che occupa Forlì e diviene duca di Romagna; il 2 agosto anche Cesena capitola al Valentino, e diviene la capitale del Ducato di Romagna. Due anni più tardi giunge in città Leonardo da Vinci, al seguito di Borgia, per rilevare ed aggiornare le fortificazioni delle città di Romagna e ispeziona il porto-canale di Cesenatico.
Nel 1799 muore, all'età di 81 anni, papa Pio VI; nell'anno seguente divenne papa nuovamente un cesenate: Luigi Barnaba Chiaramonti, che assunse il nome di Pio VII[4].
La restaurazione e il risorgimento
Cesena e Forlì tornano sotto l'autorità pontificia nel 1815. Nel 1823 muore papa Pio VII all'età di 81 anni. Il governo pontificato riconosce l'autonomia comunale di Cesenatico.
Il 5 febbraio del 1831 avviene un'insurrezione popolare a Forlì; invece il 20 gennaio dell'anno seguente, 5000 soldati pontifici marciarono su Cesena, pronti a reprimere i ribelli cesenati; lo scontro si rivelò subito impari e rapida fu l'entrata dei papalini in città, dove uccisero tra le 15 e le 20 persone, dandosi poi al saccheggio.
Nel 1851 il brigante Stefano Pelloni, detto il Passatore, fa irruzione con la propria banda nel Teatro di Forlimpopoli e per qualche giorno tiene in scacco le forze dell'ordine della città[4].
Dall'unità d'Italia al Fascismo
Il 1º settembre del 1859 a Bologna l'assemblea della Romagna dichiara cessato il potere temporale dei papi, il 27 dicembre con decreto dittatoriale viene costituita ufficialmente la Provincia di Forlì, suddivisa nei circondaridi Forlì, di Cesena e di Rimini[5].
Nel marzo del 1860 a seguito di un plebiscito popolare le città di Forlì e Cesena entrano a far parte del Regno di Sardegna (che divenne poi Regno d'Italia). L'anno successivo, compiendo un progetto già approvato dal governo di Pio IX, viene costruito l'asse ferroviario Bologna-Rimini, inaugurato prima nel tronco Bologna-Forlì e poi nel successivo Forlì-Rimini.
Nel 1923 il territorio provinciale si ingrandisce mediante l'acquisizione dei dodici comuni del circondario di Rocca San Casciano, parte della cosiddetta Romagna toscana, già della provincia di Firenze[6]. L'operazione aveva anche un valore propagandistico, perché consentiva di situare all'interno della provincia di Forlì le sorgenti del Tevere, il fiume di Roma. Ciò accreditava, nell'immaginario, il percorso politico di Benito Mussolini, che si presentava come l'ultimo degli antichi Romani, da Predappio, appunto in provincia di Forlì, a Roma, alla guida del Paese.
Dopo l'armistizio del settembre del 1943, anche Cesena e Forlì danno il loro contributo alla guerra di resistenza. In particolare, in provincia di Forlì nasce la prima repubblica partigiana, la repubblica del Corniolo.
Dopo che, nel maggio del 1944Cesena è stata bombardata, una sorte ancora più dura tocca a Forlì in dicembre, quando rimane distrutta una parte non irrilevante del patrimonio artistico della città: il Teatro Comunale, che non verrà più ricostruito, la Torre Civica e la Chiesa di San Biagio contenente affreschi di Melozzo degli Ambrosi[4].
Nel 1966 apre il primo tratto, da Bologna a Cesena, dell'Autostrada A14.
Nel 1969 viene inaugurato il nuovo Museo storico dell'Antichità di Cesena (oggi Museo Archeologico) dopo un lungo e costante impegno di studiosi dell'Università di Bologna; nel 1972, il nuovo Museo meritò anche una menzione speciale dell'UNESCO.
Nel 1989 vengono avviati gli insediamenti universitari di Cesena e Forlì, con l'attivazione dei primi corsi di laurea decentrati dell'Ateneo di Bologna.
Nell'Abbazia romanica sono conservate le spoglie di Sant'Ellero. I lavori per la costruzione dell'abbazia iniziarono nel 497. Il complesso monastico è stato più volte ricostruito e restaurato: di esso rimane la chiesa romanica con la facciata in blocchi di arenaria. L'osservazione dell'esterno rivela che appartiene al romanico la facciata a salienti, in pietra dalle tonalità calde, nel cui timpano spicca l'oculo cilindrico. La parte più importante e affascinante dell'esterno è comunque il portale, restaurato di recente, strombato verso l'interno, il cui arco a tutto sesto si regge su antichi capitelli scolpiti che recano i segni del tempo, ma ancora perfettamente leggibili.
L'imponente complesso dell'Abbazia di Santa Maria del Monte sorge sul colle Spaziano. Al colle, dove ora sorge la millenaria basilica, era solito andare in preghiera il vescovo Mauro, oggi santo; dopo la sua morte fu eretta una chiesa, 1000 ca., e poi tra il 1001 e il 1026 venne edificato un monastero. Nel corso degli anni la basilica si è arricchita di notevoli opere d'arte. Inoltre va ricordata la di collezione di ex voto, una delle più grandi d'Europa[9].
La chiesa odierna sorge in gran parte sull'area occupata fin dal IV secolo-V secolo dalla pieve dedicata a Santo Stefano, che andò distrutta da un incendio nel 1173, seguito dell'incendio, la chiesa fu ricostruita con tre navate e tre absidi, una voluminosa cripta e un protiro che precedeva il portale. Compare anche l'intitolazione a San Mercuriale. L'attuale edificio, in stile romanicolombardo, fu terminato nel 1180 insieme al campanile.
La Basilica si affaccia sulla piazza principale, l'impianto attuale della chiesa risale al Rinascimento. Lo storico camaldolese Fortunio ne fa risalire la fondazione all'anno 860. Dell'antica chiesa rimane il campanile alto; il portale di Santa Maria, inserito su un precedente portale con arco a tutto sesto, che mostra alla sua destra lo stemma dei Camaldolesi che furono ininterrottamente presenti dal 1299 al 1808; all'interno è presente il fonte battesimale risalente al Mille; nelle sette cappelle sono conservate il corporale del miracolo eucaristico avvenuto nel 1412; un trittico di Neri di Bicci (1467); una "Madonna della Rosa" del maestro di Sant'Ivo (1410); una "Vergine" eseguita nella bottega di Donatello verso il 1410; il tabernacolo quattrocentesco situato nella prima cappella a destra a partire dal presbiterio, attribuito alla scuola di Giuliano da Maiano.
La basilica, situata nell'antico rione di Campostrino, si compone di tre navate, con dieci altari laterali, convergenti tutti verso l'abside. È costruita su una chiesa preesistente, dedicata a Sant'Agnese, di cui si può vedere il portale ogivale inserito nell'attuale facciata. Notevole è anche il trecentesco coro in legno: l'unico esempio di stile gotico in Romagna e forse il più antico di tutta la regione. Dal 1345 nella chiesa, curata dall'ordine religioso dei Servi di Maria, è custodito il corpo di San Pellegrino Laziosi, tumulato dal Settecento nel santuario, collocato nel lato destro della basilica. È meta di pellegrinaggi soprattutto il 1º maggio, giorno in cui Forlì festeggia il santo. In questo giorno nel rione Campostrino ci sono numerose bancarelle che vendono cedri.
La Basilica edificata intorno al VI secolo, conservante le reliquie del Santo. Oltre alle due pale, una dipinta da Luca Longhi nel 1528 raffigurante la Madonna col Bambino, l'altra (anch'essa cinquecentesca) di Francesco Menzocchi rappresentante la Deposizione della Croce, si possono ammirare all'esterno due monumenti sepolcrali dedicati ai signori Brunoro I Zampeschi e Brunoro II Zampeschi.
La chiesa, di stile romanico, fu costruita in un'epoca fra X ed XI secolo, su un edificio preesistente di epoca romana o paleocristiana. Essa è dedicata al primo vescovo della chiesa sarsinate, Vicinio, vissuto fra III e IV secolo. Secondo la tradizione il santo usava pregare con una catena al collo, alla quale era legato un pesante macigno, ed invocava l'aiuto di Dio contro il maligno. Nella chiesa è conservata una catena, ritenuta quella di san Vicinio, che ancora oggi i fedeli, per devozione, usano indossare, per invocare l'aiuto del santo protettore contro il male.
L'attuale aspetto neoclassico, frutto dei grandi lavori che seguirono l'abbattimento della primitiva chiesa romanico gotica, le fu conferito dall'architetto Giulio Zambianchi che completò la nuova fabbrica nel 1841. Della struttura precedente rimangono la Cappella del Santissimo Sacramento nella navata destra e la grande Cappella della Madonna del Fuoco nella navata sinistra realizzata tra il 1614 e il 1636 sovrastata da una cupola ottagonale affrescata da Felice Cignani che vi raffigurò l'Assunzione della Vergine in cielo.
Di valore storico-artistico è anche il Duomo cittadino dedicato a San Giovanni Battista, in stile gotico-romanico e risalente alla fine del Trecento, al cui interno sono racchiuse le spoglie di San Mauro. Il tempio conserva la più grande opera scultorea di Cesena, realizzata fra il 1494 e il 1505 dallo scultore lombardo Giovanni Battista Bregno da Osteno, entro la nicchia racchiusa fra due pilastri, decorati con candelabri, lo scultore ha raffigurato al centro, Cristo che raccoglie il proprio sangue in un calice fra i santi Giovanni Battista e Giovanni Evangelista e ai lati, Carlo e Camillo Verardi inginocchiati. Nei tondi, la Vergine Annunziata e l'Arcangelo Gabriele; il coronamento, nel quale si ipotizza fosse originariamente la figura del Padre Eterno, contiene oggi una conchiglia novecentesca[10]. All'interno della Cattedrale è stato recentemente restituito dal ricercatore Alex Cavallucci al pittore manierista Livio Agresti un piccolo e importante dipinto raffigurante il Santo Battista eseguito su lastra di rame[11]. Nella Cappella della Madonna del Popolo sono presenti affreschi di Corrado Giaquinto del 1750[12].
La chiesa è facilmente riconoscibile perché si impone su tutto il paese. La fondazione di questa chiesa risale al 1144, con la prima testimonianza scritta in una bolla di Papa Lucio II. Nel 1700 l'edificio cominciò a decadere: nell'aprile del 1781 vi fu un terremoto che danneggiò seriamente l'intero edificio e la si poté inaugurare e riaprire al culto l'8 agosto 1819 dopo una serie di restauri messi a punto per rendere stabile la parrocchiale: da questo momento in poi la chiesa ebbe il suo aspetto attuale. Un secondo terremoto avvenuto all'inizio del XX secolo e i danni causati dal primo conflitto mondiale, resero d'obbligo un radicale intervento di restauro e la ricostruzione quasi totale dell'edificio che venne riaperto solo il 23 ottobre del 1938. L'interno ad unica navata è ampio e abbastanza luminoso, la copertura del soffitto è a volta a botte, possiede 4 cappelle per lato con archi a tutto sesto e copertura a botte.
La Chiesa fu costruita nel 1484 circa in occasione delle pestilenze del 1435-1436 e del 1458-1461, nel rispetto del culto di San Rocco quale Santo al quale veniva richiesta protezione contro la peste. La struttura dell'Oratorio, o Chiesetta a capanna, è molto semplice: ha una sola navata con struttura lignea e pochissime aperture costituite da un piccolo rosone sul portale d'ingresso ed una finestra.
La Concattedrale venne costruita nel 1500 sui resti del piccolo oratorio di Santa Caterina. In stile bramantesco conserva un notevole quadro del precedente oratorio ed un crocifisso ligneo del XVI secolo, al quale si lega un racconto; si narra infatti che fu scolpito da un pellegrino che avendo trovato rifugio nella zona alla sua partenza ricavò il manufatto da un imponente fico.
La Concattedrale ha origini molto antiche. Essa è documentata per la prima volta nell'892 come pieve di Santo Stefano in Juviniano; di questo antico edificio non rimane oggi che la cripta, a causa delle profonde ristrutturazioni che subì nel corso del XV secolo. La nuova chiesa fu consacrata dallo stesso Papa Giulio II, in occasione del suo passaggio nella città nel 1506.
Sorge nei pressi di un antico monastero che ospitò Sant'Antonio di Padova per quasi un anno, dal maggio 1221 al marzo 1222. Il culto del santo è rimasto vivo in tutta l'area. Nel 1629 si verificò una guarigione miracolosa, che venne attribuita al santo. Fu edificato un eremo, che esiste tuttora, ricostruito interamente nel 1908 dopo un improvviso crollo.
Antichissima pieve situata nella frazione di San Giovanni in Compito nel sito dove sorgeva l'insediamento di epoca romana; si trova citata in alcuni documenti ravennati del VII secolo. L'edificio originario fu però distrutto durante la guerra tra Longobardi e Bizantini nell'VIII secolo. L'attuale struttura, che presenta aspetti architettonici simili alle chiese ravennati ed altri di tipo romanico, dovrebbe risalire al X-XI secolo. Importanti restauri furono eseguiti nel 1822 e nel 1959-60. Elementi architettonici molto antichi, inseriti nella costruzione della chiesa come materiale di reimpiego da precedenti edifici, sono: l'architrave a treccia, un capitello di marmo con scolpito un tralcio di vite (usato come acquasantiera), la soglia di marmo rosso di Verona.
Fu costruito nel XII secolo nei pressi dell'omonima chiesa risalente al secolo precedente. Del castello rimangono oggi solo delle vestigia di mura. Anche questa comunità fu autonoma, sui iuris, e condivise le vicende del castello dei Borghi fino al XVII secolo, del Vicariato di Sant'Arcangelo e poi fu sotto i Malatesta di Rimini e di Sogliano. Fu distrutto, come Raggiano, dalla Compagnia del Conte Lando e poi ricostruito. Il 21 marzo del 1621 fu venduto da Sigismondo II di Malatesta a Mons. Francesco Sacrati. Nel 1645 fu ceduto alla Santa Sede.
Il Castello di Sorrivoli fu proprietà degli arcivescovi di Ravenna, poi dei Malatesta nel 1237, dello Stato della Chiesa1290, e dei Roverella di Cesena nel XV secolo. Successivamente il castello passò agli Allocatelli Fabbri e poi, dopo i bombardamenti del 1944 alla prebenda parrocchiale. Oggi è adibito a Chiesa e abitazione.
La Rocca fu costruita probabilmente intorno all'anno Mille. La Rocca venne costruita in modo tale da fonderla con gli speroni di roccia sui quali poggia e questa la dota di un ulteriore strumento di difesa naturale. La Rocca fu per molto tempo il cuore del paese ed oltre che residenza signorile, fungeva anche da deposito di provviste ed acqua, prigione ed era il centro della vita militare. Dopo aver ospitato Federico Barbarossa nel 1177, le sue mura ospitarono personaggi legati alle famiglie Sforza e Borgia, fino a divenire sede vescovile. È sede del Museo di Arte Sacra e del Centro Universitario di Bertinoro.
La Rocca era un bastione difensivo e di avvistamento sito nella omonima frazione a pochi chilometri dal Comune di Meldola. Agli inizi del Novecento ne restava solo qualche rudere. Su tali ruderi nel 1929 fu costruito un nuovo edificio, che imitava lo stile medioevale, per donarlo a Benito Mussolini, il quale vi ospitò personaggi di rilievo storico a cavallo delle due Guerre Mondiali.
Cesena deve alla famiglia dei Malatesta anche la sua Rocca, una delle più imponenti della Romagna, con "corte" e due torrioni centrali, chiamati "Maschio" e "Femmina". In quest'ultimo è allestito il Museo di Storia dell'Agricoltura che offre ai visitatori uno spaccato sul mondo rurale romagnolo nel corso dei tempi, mentre nel "Maschio" è posta l'esposizione permanente di Ceramiche Malatestiane[15].
Nato probabilmente come torre di vedetta della cittadella di Castrocaro Terme, i primi documenti storici che riportano indirettamente informazioni su questa rocca portano la data del 906, dove viene citato tal conte Berengario del castello di Montepoggiolo. Nel 1403, insieme al castello di Castrocaro viene annessa al Granducato di Toscana. Nel 1471 viene deciso il suo ampliamento da semplice torre a rocca vera e propria e tra il 1482 e il 1490 fu costruita su progetto di Giuliano da Maiano. Nel 1564, con la costruzione di Terra del Sole a brevissima distanza, la rocca di Montepoggiolo ne diviene vedetta, fino al suo disarmo nel 1772. Nel 1782 venne ceduta e da allora è rimasta proprietà privata[16].
La Rocca, sorge su uno sperone di roccia che domina il borgo dall'alto. Probabilmente risalente all'anno 1000, essa è stata teatro di dominazione dei Montefeltro prima, degli Ordelaffi e dei Malatesta poi. Baluardo militare, venne convertita a residenza privata da Leonello Pio da Carpi.
Fu cittadella centrale nel sistema difensivo delle mura medievali già ai tempi degli Ordelaffi e centro di governo, in particolare sotto Caterina Sforza: la Rocca fu il principale teatro dello scontro con le truppe francesi e pontificie di Cesare Borgia. La cittadella è costituita da soli due torrioni posti nel lato nord-est della città, in posizione abbastanza distante dalla rocca. Durante il XV secolo la cittadella era cinta da un profondo ed ampio fossato, di cui rimane visibile traccia, che fu asciugato e parzialmente riempito quando la fortezza perse gradualmente la sua funzione e passò ad essere adibita a carcere.
Nel settembre del 2005, durante i lavori per la realizzazione del Canale Emiliano Romagnolo, sono state scoperte a Ronta di Cesena delle fornaci romane. Esse sono le più integre mai rinvenute in Emilia-Romagna e forse in tutta l'Italia settentrionale. Il complesso risale al II secolo a.C. ed è composto da tre fornaci di forma rettangolare di grandi dimensioni, la pavimentazione fu fabbricata in mattoncini. All'interno di esse si producevano laterizi[17].
Recentemente, durante lavori di scavo, sono stati scoperti nel centro storico dei reperti di epoca romana, fra i quali un mosaico pavimentale in tessere bianche e nere con decorazioni vegetali e libere che, "staccato" dalla sua originaria collocazione ed interamente ristrutturato dagli esperti restauratori della scuola di Ravenna, è attualmente esposto in una sala del Palazzo Comunale[18].
Altri reperti di epoca romana e medievale (fondamenta di edifici e strade adiacenti) che si ritengono di notevole valore storico, sono stati rinvenuti nel 2005, durante gli scavi per la costruzione di un parcheggio, nelle immediate vicinanze del centro storico[19].
A poca distanza dal castello, in località detta Ca' Belvedere, sono stati ritrovati a partire dal 1983 migliaia di reperti litici, manufatti risalenti ad oltre ottocentomila anni fa, considerati di grande importanza per la conoscenza dell'Italia del Paleolitico poiché spostavano molto indietro nel tempo le conoscenze relative alla presenza di ominidi nella Penisola italiana. In ogni caso il sito di Monte Poggiolo è importante per essere un luogo di costruzione dove gli ominidi hanno realizzato i manufatti, lasciando in loco le schegge del lavoro eseguito e in qualche caso il pezzo stesso che, abbandonato perché forse non ben realizzato, ha permesso agli archeologi di ricostruire tutte le fasi del lavoro, scheggia per scheggia fino a riassemblare la pietra originale.
Il Parco si trova nel comune di Cesena, lungo il corso del fiume Savio. Arriva fin dentro il centro urbano di Cesena, sviluppandosi per 6 km, da Molino Cento fino al Ponte Nuovo. È previsto un ampliamento verso la zona di Roversano[20]. Il parco ospita un'ampia varietà di uccelli e di mammiferi selvatici, dagli aironi alle poiane, dalle lepri ai caprioli. L'accesso all'area naturalistica avviene attraverso sentieri a basso impatto ambientale, presenti su entrambe le rive, con attraversamenti a guado e passerelle ciclopedonali, mentre il tratto fra il Ponte Vecchio e il Ponte Nuovo è concepito come parco urbano per il tempo libero dei cittadini.
Il Parco Nazionale è stato istituito nel 1993[21] ed è situato nell'Appennino settentrionale, tra le province di Forlì-Cesena, di Arezzo e di Firenze. Il Parco ha come elemento caratterizzante la dorsale appenninica ad andamento tendenzialmente nordovest/sud-est. Dal crinale, si sviluppano nel versante romagnolo, una serie di contrafforti secondari subparalleli che danno origine a diverse vallate laterali. Le quote del Parco variano da 400 a 1.658 metri: il Monte Falco (1.658 m) ed il Monte Falterona (1.654 m), da cui sorge il fiume Arno, sono le vette più alte. Dal punto di vista naturalistico, circa l'80% del territorio è boscoso: l'area protetta rappresenta una delle foreste più pregiate d'Europa[22]. Dal 23 settembre 1985 la R.N.I. di Sasso Fratino è insignita del Diploma delle Aree protette del Consiglio d'Europa (Risoluzione (85) 12 del 23.9.85), mentre il 7 luglio 2017, a Cracovia, la Commissione UNESCO ha inserito la Riserva naturale integrale di Sasso Fratino e le faggete vetuste ricomprese nel perimetro del parco, nel Patrimonio Mondiale dell'Umanità all'interno del sito seriale Primeval Beech Forests of the Carpathians and Other Regions of Europe.[23]
Società
Evoluzione demografica
La tabella seguente riporta l'evoluzione del numero dei residenti nella provincia dal 2001 al 2010[24]:
Nella provincia, accanto alla lingua italiana, si parla la lingua romagnola. Quest'ultima, derivante dal latino e inclusa nella famiglia delle lingue gallo-italiche, è caratterizzata da un forte rilievo delle consonanti nelle parole e da una notevole moltiplicazione dei fonemi vocalici rispetto all'italiano, che ne ha solo sette. Esistono comunque varie forme del dialetto stesso. Ad esempio quello di Cesena è differente da quello di Forlì. Linguisticamente, il centro è rappresentato proprio dalla zona di Forlì, che costituirebbe dunque il fulcro glottologica[non chiaro] , mentre a mano a mano che ci si sposta verso la periferia dell'area linguistica romagnola (oltre i confini regionali a sud, ovest e verso l’Emilia a nord) le caratteristiche si vanno facendo sempre meno peculiari: Dante Alighieri, infatti, nel De vulgari eloquentia vede nella città di Forlì il meditullium della Romagna, cioè la sua zona centrale, anche dal punto di vista linguistico. Interessanti influenze toscane, dovute a motivi sia geografici sia storici, si notano nella cosiddetta Romagna toscana.
Religione
La maggioranza della popolazione è di religione cattolica, le città di Forlì e Cesena sono sede vescovile delle rispettive diocesi.
Con l'immigrazione sono giunte anche fedi di carattere orientale come il Buddismo, l'Induismo e fedi cristiano-ortodosse.
La parte più rilevante tra queste minoranze è però costituita da persone di fede musulmana; a Cesena è presente il Centro di Cultura e di Studi Islamici[28] e nella frazione di Monte Aguzzo di Cesena è presente l'unico luogo di sepoltura per gli islamici in Romagna[29], mentre a Forlì è presente il Centro Culturale Islamico.
Inoltre a Cesena è presente la Chiesa di Scientology, che hanno fondato un'associazione di volontariato chiamata "Amici di Lafayette Ronald Hubbard".
Qualità della vita
Secondo la ricerca de Il Sole 24 Ore sulla qualità della vita nelle province italiane, la provincia di Forlì-Cesena nel 2011 si è collocata al 12º posto, avanzando di sette posti rispetto all'anno precedente[30].
Il gonfalone della provincia di Forlì-Cesena è stato decorato con medaglia d'oro al merito civile per la Resistenza. La medaglia è stata conferita il 16 aprile 2009 e consegnata al presidente della Provincia dal Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano il 24 aprile 2009[33].
«Al centro di un'area strategicamente importante, situata lungo il fronte di belligeranza della linea Gotica, la Comunità provinciale, sconvolta da feroci rappresaglie dell'occupazione nazifascista, con profonda fede in un'Italia libera e democratica, offriva uomini e sostegno alle formazioni partigiane, rendendosi protagonista di una tenace resistenza e sopportando la perdita di un numero elevato dei suoi figli migliori. Splendido esempio di amor patrio e di strenuo impegno per l'affermazione della libertà[34]» — Provincia di Forlì-Cesena, 1943-1945
Touring Club Italiano, La provincià di Forlì-Cesena: Terra del Sole, Bertinoro, Longiano, Cesenatico, Milano, Touring Editore, 2003, ISBN88-365-2908-9.
In grassetto sono indicate le città metropolitane. In luogo delle province, in Sicilia vi sono i liberi consorzi comunali; in Valle d'Aosta le funzioni della provincia sono espletate direttamente dalla regione, in Friuli-Venezia Giulia le province sono state abolite come enti amministrativi e rimangono esclusivamente come unità territoriali sovracomunali non amministrative; mentre in Trentino-Alto Adige le province sono enti autonomi sui generis.
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هنودمعلومات عامةنسبة التسمية الهند التعداد الكليالتعداد قرابة 1.21 مليار[1][2]تعداد الهند عام 2011ق. 1.32 مليار[3]تقديرات عام 2017ق. 30.8 مليون[4]مناطق الوجود المميزةبلد الأصل الهند البلد الهند الهند نيبال 4,000,000[5] الولايات المتحدة 3,982,398[6] الإمار...
Questa voce o sezione sull'argomento sceneggiatori non cita le fonti necessarie o quelle presenti sono insufficienti. Puoi migliorare questa voce aggiungendo citazioni da fonti attendibili secondo le linee guida sull'uso delle fonti. Segui i suggerimenti del progetto di riferimento. Charles Spaak Charles Spaak (Saint-Gilles, 25 maggio 1903 – Nizza, 4 marzo 1975) è stato uno sceneggiatore belga. Biografia Sia il padre che la madre erano politici belgi. Il padre, Paul, era avvocato e d...
Japanese actor and kabuki actor (born 1973) Matsumoto Kōshirō X十代目 松本幸四郎Matsumoto Koshirō X at Tokyo International Film Festival in 2019BornTerumasa Fujima (1973-01-08) 8 January 1973 (age 51)Tokyo, JapanOther namesMatsumoto Kintarō III (三代目松本金太郎, Sandaime Matsumoto Kintarō) (as a child)Ichikawa Somegorō VII (七代目市川染五郎, Nanadaime Ichikawa Somegorō) (formerly)Matsumoto Kinshō (as a buyō dancer)Spouse Sonoko Fujima ...
Transportation in New York CityA 2004 map of New York City's passenger rail systemOverviewOwnerMetropolitan Transportation Authority, Port Authority of New York and New Jersey, State of New Jersey, other local governmentsLocaleNew York City metropolitan areaTransit typeRapid transit, commuter rail, bus and bus rapid transit, light rail, people mover, aerial tramway, bicycle sharing system, taxicabDaily ridershipMore than 10 millionOperationOperator(s)MTA, NJ Transit, PATH, Port Authority of ...
Prioninae Klasifikasi ilmiah Kerajaan: Animalia Filum: Arthropoda Kelas: Insecta Ordo: Coleoptera Subordo: Polyphaga Superfamili: Chrysomeloidea Famili: Cerambycidae Subfamili: PrioninaeLatreille, 1802 [1] Prioninae adalah suatu subfamili dari kumbang tanduk panjang (famili Cerambycidae). Umumnya berukuran besar (25–70 mm) dan biasanya berwarna coklat atau hitam. Kumbang jantan dari beberapa genus mempunyai mandible besar yang dapat digunakan untuk berkelahi dengan pejant...
Academic discipline This article includes a list of references, related reading, or external links, but its sources remain unclear because it lacks inline citations. Please help improve this article by introducing more precise citations. (April 2013) (Learn how and when to remove this message) This article is about the study of the overall medical, physical, and psychological requirements for astronauts and other life forms. For other articles, see Human body in outer space (disambiguation). ...
Anonimo sacerdote egizio d'epoca ellenistica o poco successiva. Museo Nazionale di Alessandria, Alessandria d'Egitto Manetone (in greco: Μανέθων, Manèthōn, o Μανέθως, Manèthōs; in latino: Manĕthō; ... – ...; fl. III secolo a.C.) si ritiene sia stato uno storico e sacerdote egizio originario di Sebennito (in egizio: Djebnetjer) vissuto in epoca tolemaica, all'inizio del III secolo a.C. Indice 1 Nome 2 Dibattito sull'esistenza e sulle opere 3 Aegyptiaca 3.1 Paternità dell...
Mountainous region in Khyber Pakhtunkhwa, Pakistan Waziristan (Pashto, Urdu: وزیرستان, lit. 'land of the Mehsud, The Wolves, & Wazir') is a mountainous region covering the North Waziristan and South Waziristan districts of the Pakistani province of Khyber Pakhtunkhwa.[1][2] Waziristan covers around 11,585 square kilometres (4,500 sq mi) and is mainly populated by the Mehsud, The Wolves, & Wazir Pashtun tribe,[3] who speak the Waziri dial...