Con decreto vescovile del 14 settembre 2008, le parrocchie della diocesi sono state raggruppate in 6 zone pastorali e 21 unità pastorali:
Zona pastorale Urbana
Zona pastorale Sarsina-Alta Valle del Savio
Zona pastorale delle vie Cesenatico, Cervese e Ravennate
Zona pastorale del Mare
Zona pastorale Rubicone-Rigossa
Zona pastorale Valle del Savio-Dismano
Storia
Sede di Cesena
Secondo la tradizione, la diocesi di Cesena fu eretta nel I secolo. La cronotassi tradizionale riporta un lungo elenco di vescovi, sulla cui esistenza storica o sulla cui attribuzione alla sede cesenate molti dubbi sono stati sollevati. Primi vescovi storicamente documentati sono quelli che la cronotassi tradizionale chiama Natale II e Concordio II, menzionati nelle lettere di Gregorio Magno, tra la fine del VI secolo e gli inizi del VII.
Nel 1241 l'antica cattedrale di Cesena, che si trovava presso il castello, fu consegnata insieme con il castello all'imperatore Federico II che demolì entrambi gli edifici.
Il 27 maggio 1357 Cia degli Ordelaffi, moglie di Francesco II Ordelaffi, nemica dei vescovi di Cesena, ordinò l'incendio del campanile della cattedrale e del palazzo vescovile; anche numerose case di Cesena furono distrutte.
Nel 1376 le truppe mercenarie di Giovanni Acuto, guidate personalmente da Roberto, cardinale di Ginevra e futuro antipapa Clemente VII, si impadronirono di Cesena, che rifiutava di assoggettarsi allo Stato Pontificio, uccidendo centinaia di persone ed espellendone tutti gli abitanti.
Nel 1378papa Urbano VI concedeva la costruzione di una nuova cattedrale, che fu edificata a partire dal 1408.
Si deve al vescovo Odoardo Gualandi la costruzione e l'istituzione del seminario per la formazione dei preti nel 1569. Diversi furono i sinodi diocesani celebrati dai vescovi di Cesena nei secoli successivi.
Incerte sono le origini della Chiesa sarsinatese. Tradizionalmente la sua fondazione è attribuita al IV secolo, epoca in cui avrebbe vissuto il protovescovosan Vicinio, attuale compatrono della diocesi.
Di molti onori, privilegi e concessioni fu arricchita la Chiesa di Sarsina dall'imperatore Corrado II nel 1026, all'epoca del vescovo Uberto I. Nel 1220 l'imperatore Federico II concesse al vescovo Alberico e ai suoi successori il dominio feudale e temporale su oltre settanta castella e pagi del territorio.
Se da un lato questo determinò un aumento del prestigio e della ricchezza della Chiesa di Sarsina, dall'altro causò anche dolorose conseguenze, per il predominio ed il controllo di queste terre. Nel 1265 il vescovo Guido fu ucciso per aver voluto difendere i beni ecclesiastici contro i tentativi di usurpazione di Alessandro Aldobrandi e Renerio. Nel XIV secolo anche i possedimenti temporali della Chiesa di Sarsina furono minacciati dagli Ordelaffi, con l'appoggio di qualche membro della Curia. La giurisdizione sulla città di Sarsina passò alla Camera apostolica, ma nel 1372 il vescovo Giovanni Numai la riottenne per sé i e per i suoi successori mediante una sentenza, confermata da papa Gregorio XIdue anni dopo.
Negli anni 80 del XIV secolo Sarsina e i castelli circostanti tornarono ad essere assoggettati alla signoria degli Ordelaffi, che li mantennero fino al 1406 quando la città passò sotto i Malatesta e i vescovi videro tramontare definitivamente il loro potere feudale. Nel 1515 il vescovo Galeazzo Corbara si accordò con i governanti del comune di Sansepolcro, nella parte fiorentina dell'Alta Valle del Tevere, per trasferire là la sede della diocesi, che avrebbe così preso la denominazione di Sansepolcro e Sarsina. Nonostante l'approvazione da parte di papa Leone X il progetto non ebbe esecuzione, probabilmente per il mancato sostegno della Repubblica fiorentina, che preferiva attribuire all'erigenda Diocesi di Sansepolcro l'intero territorio altotiberino[2].
Nel XVII secolo il vescovo Nicolò Brauzi ebbe l'incauta idea di far rivalere i suoi antichi diritti temporali e la sua esenzione dalla Camera Apostolica. Forse per questo motivo, fu rinchiuso per molti anni da papa Paolo V nelle prigioni di Castel Sant'Angelo.
Durante il dominio napoleonico, nel 1803 fu stipulato tra la Santa Sede e la Repubblica Italiana un concordato che prevedeva la soppressione della diocesi di Sarsina assieme a quella di Bertinoro, «a condizione che le rispettive diocesi siano riunite di comune concerto ad altre diocesi vicine».[3] Di fatto però questa decisione non fu mai ratificata da un provvedimento canonico pontificio, e il vescovo Nicola Casali poté rimanere sulla sua sede fino alla morte nel 1814.
Il 28 agosto 1824, in forza della bollaDominici gregis di papa Leone XII, la sede di Sarsina, a causa della povertà della mensa episcopale, fu unita a quella di Bertinoro. L'unione, problematica soprattutto per la difficoltà di comunicazione tra le due sedi, fu revocata attorno al 1872, quando la diocesi di Sarsina tornò ad avere un proprio vescovo.
Il 7 luglio 1850 cedette una porzione di territorio a vantaggio dell'erezione della diocesi di Modigliana (oggi diocesi di Faenza-Modigliana). Queste parrocchie le furono restituite il 25 marzo 1908, in forza del decreto Anno millesimo della Congregazione Concistoriale.[4]
Il 1º maggio 1976 Augusto Gianfranceschi, vescovo di Cesena, fu nominato anche vescovo di Sarsina, unendo così in persona episcopi le due sedi.
Il 30 settembre 1986, in forza del decreto Instantibus votis della Congregazione per i Vescovi, fu stabilita la plena unione delle due diocesi e la nuova circoscrizione ecclesiastica ha assunto il nome attuale.
Cronotassi dei vescovi
Si omettono i periodi di sede vacante non superiori ai 2 anni o non storicamente accertati.
^(LA) Decreto Anno millesimo, in Pii X pontificis maximi acta, vol. V, Romae 1914, pp. 193-196.
^Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana, serie generale, nº 45, 24 febbraio 1987, p. 28 e seguenti. In questo numero della Gazzetta Ufficiale è contenuto l'elenco delle parrocchie della diocesi che ottennero la qualifica di "ente ecclesiastico civilmente riconosciuto" dal Ministero dell'Interno, in forza della Legge 20 maggio 1985 n. 222, art. 29. Tale qualifica fu concessa con decreto ministeriale del 10 febbraio 1987 su richiesta del vescovo del 30 giugno 1986.
^Secondo Lanzoni, Floriano sarebbe vescovo di Siena, non di Cesena.
^La sequenza dei vescovi Natale e Concordio è sospetta, secondo Lanzoni, perché identica a quella degli inizi del VII secolo.
^Nelle cronotassi di Mengozzi e di Lanzoni, Natale II è il primo vescovo autentico della serie cesenate.
^I vescovi Costantino, Candido, Marcello e Claudio sono esclusi dalla cronotassi di Mengozzi.
^I vescovi Giovanni I e Romano sono esclusi dalla cronotassi di Mengozzi.
^Secondo Lanzoni, Lorenzo, episcopus bobiensis presente ai sinodiromani del 501 e 502, non fu vescovo di Sarsina (nel medioevo Sarsina ebbe anche il nome di Bobium), ma di Boiano.
^Secondo Lanzoni, ad eccezione di Vicinio, gli altri vescovi menzionati dalle cronotassi tradizionali, da Rufino a Sergio, «sono nomi con dati storici e cronologici estremamente sospetti». Circa la cronologia, Mengozzi riporta le date tradizionali ma sempre affiancate da un punto interrogativo, fino al vescovo Giusto.
^Eubel inserisce un vescovo Gioacchino, che il 10 febbraio 1209 sarebbe stato trasferito da Sarsina a Faenza. Né Cappelletti né Mengozzi accennano a questo vescovo. Secondo lo storico Strozzi (Serie cronologica dei vescovi faentini, p. 135) questo Gioacchino era stato in passato vescovo di Sarzana, ma nella cronotassi sarzanese non appare un vescovo con questo nome.
^Secondo Mengozzi, Alberico e Alberto sono la stessa persona.
^Confusa è la cronotassi sarsinatese dell'inizio del XVI secolo. Secondo Cappelletti, a Galeazzo Corvara, che muore nell'anno stesso della sua elezione, succede dopo anni di sede vacante Antonio Ronchi (1515-1524). Secondo Eubel, il 18 maggio 1523 Giovanni Antonio Corvara viene nominato coadiutore con diritto di successione dello zio Galeazzo Corvara, che dunque era ancora vivo all'epoca. Non è chiaro tuttavia se il nipote fece in tempo a succedere alla zio, poiché probabilmente morì prima di lui. Il Mengozzi esclude Antonio Ronchi dalla sua cronotassi.
^Durante la vacanza della sede fu nominato amministratore apostolico Pietro Giacomo Pichi, vescovo di Cittaducale, che mantenne l'amministrazione dal 1718 alla morte, nel mese di marzo 1733.
Cronotassi dei vescovi di Cesena e di Sarsina, su chieseinsieme.it. URL consultato il 20 marzo 2013 (archiviato dall'url originale il 27 settembre 2020)., estratta da: M. Mengozzi, Ecclesia S. Vicinii. Per una storia della diocesi di Sarsina, Cesena, in Studia Ravennatensia 4, 1991, pp. 611–615; e M. Mengozzi, Storia della Chiesa di Cesena, Cesena, 1998, vol. I, pp. 19–23