Il territorio si estende su 1.917 km² ed è suddiviso in 222 parrocchie, raggruppate in 5 zone pastorali[3].
Storia
Posizionata in un contesto strategico sulle vie di comunicazione dell'Italia del nord, Cremona dovette accogliere ben presto i missionari cristiani, anche se ormai è storicamente accertato che la fondazione della comunità cristiana ad opera di san Barnaba nel I secolo è frutto solo di leggende medievali. La prima testimonianza della diffusione del cristianesimo a Cremona è legata alla figura di sant'Eusebio, discepolo di san Girolamo, tra il IV e il V secolo.[4]
Risale a questo stesso periodo l'erezione della diocesi. Il primo vescovo storicamente documentato è Giovanni, che prese parte al concilio provinciale milanese del 451, indizio che originariamente Cremona era suffraganea dell'arcidiocesi di Milano. Scarse sono le notizie intorno alla diocesi nei secoli successivi, nei quali sono noti solo altri due vescovi, Eustachio (501) e Desiderio (680). Unicamente a partire da Stefano sul finire dell'VIII secolo la serie episcopale cremonese si conserva pressoché ininterrotta fino ai nostri giorni.[5]
La rinascita della diocesi coincide con la fine della dominazione longobarda e l'inizio del periodo carolingio. A partire dall'VIII secolo e ancora per tutto il IX e il X secolo i vescovi cremonesi ottennero vari privilegi ed esenzioni da parte dell'imperatore. Al vescovo Pancoardo (metà del IX secolo) l'imperatore Lotario I confermò tutti i privilegi e i possedimenti della chiesa cremonese, che si estesero anche a sud della linea del Po.[6]
Liutprando, nella seconda metà del X secolo fu probabilmente il vescovo più famoso dell'epoca medievale. Fu un celebre diplomatico e cronista e si impegnò in una difficile missione a Costantinopoli. A lui si deve l'aver importato a Cremona il culto di sant'Imerio, vescovo di Amelia, che fu a lungo il patrono della città, prima che si affermasse il culto di sant'Omobono.[5]
Il vescovo Sicardo, all'inizio del XIII secolo prese parte alle crociate. Fu anche un fervoroso promotore del culto di sant'Omobono, che morto a Cremona il 15 novembre 1197, ebbe dalla Santa Sede l'approvazione del culto già il 12 gennaio 1198 con la bollaQuia pietas di papa Innocenzo III.[7] Anche Sicardo lasciò ai posteri una cronaca.[8][9]
Lo stesso vescovo Sicardo ottenne 1212 che le parrocchie di Crema (sia della cittadina sia del contado) venissero restituite alla diocesi dopo che papa Alessandro III le aveva affidate alla diocesi di Piacenza, ma per le pressioni del comune cremasco si giunse nel 1284 alla divisione delle stesse tra le due diocesi di Cremona e di Piacenza, con la città di Crema divisa tra le sue stesse mura tra le due giurisdizioni episcopali, situazione che rimarrà tale fino al tardo Cinquecento.[10]
Il primo sinodo diocesano documentato da fonti coeve fu celebrato nel 1298 durante l'episcopato di Rainerio.[5] Il territorio della diocesi si presenta alla fine del XIV secolo suddiviso in 30 pievi, con la presenza di almeno 60 monasteri, tra maschili e femminili, di cui ben 40 nella sola città episcopale.[8]
Nella seconda metà del XV secolo e all'inizio del secolo successivo Cremona fu travagliata da guerre. Nel periodo di dominazione veneziana le fu dato come vescovo Gerolamo Trevisan, che dovette abbandonare la città quando fu riconquistata dai francesi in seguito alla vittoria di Agnadello.[11]
Il XVI secolo fu un secolo di forti contrasti. Cremona diede i natali, nel 1502, a sant'Antonio Maria Zaccaria, fondatore dell'ordine dei Chierici regolari di San Paolo, chiamati barnabiti, tra i protagonisti della riforma cattolica cinquecentesca. Contestualmente fu anche centro di un movimento favorevole alla riforma luterana; per controbattere questa presenza fu proprio a Cremona che venne data alle stampe una delle prime opere apologetiche antiluterane, la Revocatio Martini Lutherii del domenicanoIsidoro Isolani, pubblicata nel 1519 con una seconda edizione già l'anno successivo. Tra i principali fautori dell'applicazione dei decreti tridentini vi fu il vescovo Niccolò Sfondrati che indisse sinodi diocesani, compì la visita pastorale e fondò il seminario nel 1566; questa sua attività gli valse l'elezione al soglio pontificio il 5 dicembre 1590.[12]
Tra la fine del XVI e l'inizio del XVII secolo la diocesi dovette rinunciare ad una vasta porzione di territorio: l'11 aprile 1580 perse 21 parrocchie in seguito alla creazione della diocesi di Crema;[13] il 12 febbraio 1601 le 25 parrocchie dell'Oltrepò (nella zona tra Monticelli d'Ongina, Zibello, e Busseto) entrarono nella nuova diocesi di Borgo San Donnino (oggi diocesi di Fidenza).[14]
Durante l'occupazione francese il vescovo Omobono Offredi ottenne da Napoleone Bonaparte il calice d'oro usato da san Carlo Borromeo e in seguito dal viceré d'Italia la restituzione di quattro chiese che si volevano abbattere.[15]
Il 16 febbraio 1820, in forza della bolla Paternae charitatis di papa Pio VII, Cremona acquisì le parrocchie delle diocesi di Parma e di Borgo San Donnino che si trovavano a nord del Po.[16]
Tra Ottocento e Novecento si distinse in particolare la figura del vescovo Geremia Bonomelli, che diede impulso al rinnovamento spirituale e pastorale della diocesi e che nella questione romana «rappresentò per anni il riferimento dell'ala liberale moderata, con i suoi numerosi scritti e, in particolare, con le intense e lungimiranti lettere pastorali».[17]Giovanni Cazzani fu il vescovo che resse la diocesi durante entrambe le guerre mondiali: nel suo lungo episcopato celebrò tre sinodi diocesani.[17] Altra figura di rilievo nel panorama della Chiesa italiana del Novecento il sacerdote e parroco di Bozzolo, don Primo Mazzolari, «considerato uno dei precursori o anticipatori dello spirito del concilio Vaticano II».[17]
Nel 1975 fu disposta una riorganizzazione territoriale della diocesi, con l'abolizione dei vicariati e la costituzione delle unità pastorali.[18]
Nella cattedrale è presente il perinsigne Capitolo, denominato ufficialmente "Capitolo dei canonici della Beata Vergine Assunta nella chiesa cattedrale di Cremona", il più antico e illustre collegio della città. La sua esistenza è attestata dallo storico Giuseppe Bresciani già nell'VIII secolo.[20]
Tanti i poteri, le proprietà e i privilegi appartenuti nella storia al Capitolo, i cui membri, solitamente cadetti del patriziato, nel IX secolo sono chiamati "fratelli canonici" o "cardinali della Santa Chiesa cremonese". Oggi l'unico privilegio è l'uso della croce patriarcale (concessa nel 1414 dall'antipapa Giovanni XXIII per l'ospitalità ricevuta).[20]
I canonici, che oggi hanno conservato il titolo di monsignore e con la facoltà di indossare la mozzetta violacea, hanno sempre esercitato un rilevante ruolo nel governo della diocesi, con la facoltà di elezione dei vescovi (fino alle bolle in contrario di papa Bonifacio VIII). Oggi hanno perso tutta questa rilevanza, compresa la nomina dell'amministratore diocesano in sede vacante e l'esame delle pratiche amministrative di maggior importanza, attualmente demandato al Collegio dei Consultori. Dal 1990 il Capitolo non si occupa più nemmeno dell'amministrazione della cattedrale: un solo canonico fa parte, per diritto, del Consiglio della Cattedrale, nominato dal vescovo.[20]
Rito offrediano
Nel corso dei secoli la diocesi di Cremona ha sviluppato un rito liturgico proprio detto offrediano, dal nome del vescovo Offredo degli Offredi, che lo restaurò nel XII secolo. Nel 1297 il vescovo Ranieri impose a tutte le parrocchie l'osservanza del rito: prescrizione che dovette cadere nell'oblio, visto che alla fine del XV secolo era osservato solo nella Cattedrale e nelle chiese dell'Oltrepò. Nel 1458, grazie a un indulto di papa Callisto III la diocesi adottò il rito romano: il rito offrediano scomparve del tutto, anche se alcune usanze restano fino al XIX secolo nelle liturgie della Cattedrale e di alcune chiese della diocesi di Fidenza.[21]
Le informazioni riguardanti il rito sono scarsissime, visto che tutti i libri liturgici, a eccezione del Martirologio, sono andati distrutti in un incendio dell'Archivio capitolare.[22]
Nel corso della Messa veniva invocato frequentemente (nel Confiteor, all'Offertorio e nel Canone) san Barnaba, chiamato Padre nostro e considerato il primo evangelizzatore del territorio cremonese. Avanti l'Introito, l'Epistola e durante la Consacrazione si cantavano dei tropi. Nel canone venivano nominati i santi venerati nella Chiesa cremonese.[23]
Cronotassi dei vescovi
Nel 1599 l'ecclesiastico Biagio Rossi (Blasius Rubeus) compilò il primo catalogo dei vescovi cremonesi, ognuno corredato da un'esatta cronologia e da note biografiche, a partire dall'inizio del IV secolo. Successivamente, a questo catalogo furono aggiunti altri nomi per completare l'elenco dei vescovi fino a san Barnaba (I secolo), ritenuto il fondatore della diocesi. Molti dubbi in seguito sono stati sollevati sulla genuinità di questo catalogo, dato che sono solo tre i vescovi storicamente documentati fino a Stefano II (fine VIII secolo).[24]
Nella presente cronotassi si omettono i periodi di sede vacante non superiori ai 2 anni o non storicamente accertati.
^abcDiocesi di Cremona, su beweb.chiesacattolica.it, 17 novembre 2021. URL consultato il 17 novembre 2021.
^Il testo del diploma imperiale, che contiene i nomi di tutti i possedimenti su cui il vescovo esercitava la sua giurisdizione, in Cappelletti, op. cit., pp. 132-134.
^Testo della bolla in Cappelletti, op. cit., pp. 181-184.
^Si veda Francesco Piantelli, Folclore Cremasco, Crema, 2ª ediz. Arti Grafiche Cremasche, 1985, p. 103 e Cappelletti, op. cit., pp. 247-251 per la bolla di erezione della diocesi di Crema che mise una soluzione alla complicata situazione ecclesiastica di Crema. Si veda anche G. Zucchelli, La Cattedrale di Crema, Cremona, edizioni Il Nuovo Torrazzo, 2003, p. 64 (la costruzione del Duomo di Crema subì un'interruzione per il ritorno di Crema alla diocesi cremonese nel corso del Duecento).
^Decreto della Congregazione per i vescovi del 13 maggio 2006 menzionato nel decreto del Presidente della Repubblica, che riconosce gli effetti civili di questo cambiamento, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale Serie Generale n. 176 del 31 luglio 2007, p. 18.
^Antonio Dragoni, Sulla storia ecclesiastica Cremonese nei primi tre secoli del Cristianesimo. Discorsi, Cremona, 1838, pp. 245 e seguenti.
^Interessanti frammenti di un Sacramentario episcopale dell'epoca di Offredo, o di poco posteriore, sono attualmente conservati nell'Archivio di Stato di Cremona, recentemente riordinati e studiati da Simone Manfredini, Scheda n. 37, in Cremona: una Cattedrale, una città, Cinisello Balsamo, Silvana Editore, 2007, pp. 133-137.
^Nel communicantes venivano invocati i santi venerati nella Chiesa cremonese, che fossero essi vescovi o no; molti di questi furono creduti vescovi della città ed inseriti da Biagio Rossi nel catalogo episcopale cremonese da lui redatto alla fine del XVI secolo.
^La presente cronotassi riporta il catalogo a partire dal IV secolo con esclusione dei dati cronologici che, a detta di Lanzoni, sono frutto di pure congetture con evidenti errori di cronologia e «inquinati da favole» (op. cit., p. 947); per l'elenco dei presunti vescovi precedenti cfr. Lanzoni, op. cit., p. 946; e Sanclemente, op. cit., pp. 1-2. Il sito web della diocesi riporta solo i nomi dei vescovi documentati storicamente, con esclusione di tutti gli altri.
^A riprova della criticità del catalogo episcopale cremonese, secondo Lanzoni, è la presenza di questo vescovo, di nome germanico, improponibile nell'Italia del IV secolo.
^abcdefghiFedele Savio, Gli antichi vescovi d'Italia dalle origini al 1300. La Lombardia. Parte II. Vol. II: Cremona-Lodi-Mantova-Pavia, Bergamo, 1932, pp. 1-145.
^Scomunicato e deposto per simonia da papa Gregorio VII il 13 marzo 1078 rimase sulla sua sede con il sostegno dell'imperatore.
^Dopo Arnolfo, Gams aggiunge il vescovo Usberto (o Oberto, 1087-1095), confuso con il vescovo omonimo del XII secolo. Fedele Savio, Gli antichi vescovi d'Italia dalle origini al 1300. La Lombardia. Parte II. Vol. II: Cremona-Lodi-Mantova-Pavia, Bergamo, 1932, p. 69.
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