Considerato come uno dei più forti calciatori italiani della storia,[3][4][5][6] occupa la 90ª posizione nella speciale classifica dei migliori giocatori del XX secolo pubblicata dalla rivista World Soccer[4] e la 42ª posizione nell'omonima classifica stilata dall'IFFHS.[5] Nel marzo del 2004, Pelé lo ha anche inserito nella FIFA 100, la lista dei 125 migliori calciatori viventi, redatta in occasione del Centenario della FIFA.[6] È stato inserito inoltre per otto volte tra i candidati alla vittoria del Pallone d'oro, arrivando a ricoprire nel 1965 la seconda posizione alle spalle di Eusebio.[7] Nel 2006 è stato insignito dalla FIFA del Presidential Award postumo per il contributo offerto al mondo del calcio sia da giocatore che da dirigente.[8] Nel 2018 la rivista France Football lo ha anche inserito nella lista dei 100 giocatori più importanti nella storia dei mondiali, ricordando le sue prestazioni nell'edizione del 1970.[9]
Legò il proprio nome a quello dell'Inter, della quale fu giocatore dal 1960 al 1978 – 634 partite e 75 reti – e presidente dal gennaio 2004 al settembre 2006. Con la maglia nerazzurra ha conquistato nove trofei, vincendo sia a livello nazionale con quattro campionati e una Coppa Italia che internazionale con due Coppe dei Campioni e due Coppe Intercontinentali. Sotto la sua presidenza, l'Inter ha vinto un campionato, due Coppe Italia e due Supercoppe italiane.
Nato nella Bergamasca da padre ferroviere e madre casalinga, aveva scelto di vivere a Cassano d'Adda, nel Milanese. Era legato a Giovanna, dalla quale ha avuto quattro figli: Barbara (divenuta capo delegazione della nazionale femminile italiana al mondiale 2019), Vera, Gianfelice e Luca.[3] All'inizio della sua militanza nell'Inter fu ribattezzato Cipe, nomignolo che lo accompagnò per tutta la vita:[12] l'opinione più diffusa è che tale soprannome sia nato in seguito a un errore di Helenio Herrera, che storpiò il cognome di Facchetti in Cipelletti; tuttavia, c'è chi ritiene che la sua origine vada attribuita al portiere Lorenzo Buffon, e non all'allenatore argentino.[13]
È deceduto il 4 settembre 2006 dopo una lunga malattia.[3][14] Sepolto nel cimitero di Treviglio,[15] il suo nome è iscritto nel Famedio del cimitero monumentale di Milano.[16] Le esequie, celebrate nella basilica di Sant'Ambrogio a Milano dal vescovo di LodiGiuseppe Merisi, conterraneo di Facchetti, hanno visto la presenza di molte autorità sportive e politiche nonché di gente comune.[17]
Caratteristiche tecniche
Terzino sinistro con spiccate propensioni offensive,[18] tanto da considerarsi un innovatore del ruolo per la sua costante partecipazione al gioco d'attacco,[19][20][21] Facchetti mise in mostra tali doti fin dalle giovanili dell'Inter, allenato da Giuseppe Meazza, riuscendo a confermarle anche una volta approdato in Serie A. Nel massimo campionato italiano mise infatti a segno 59 gol (peraltro tutti su azione),[22] stabilendo un record assoluto per un difensore.[23] A detta del giornalista Gianni Mura, tra i motivi della sua prolificità vi era la tendenza a convergere verso il centro per cercare la porta, caratteristica insolita anche per i terzini di spinta.[24]
La sua confidenza con l'azione offensiva era tale che Helenio Herrera lo schierò in alcune occasioni come centravanti,[25] salvo poi accorgersi che il giocatore dava il meglio di sé da fluidificante:[22] ciò anche in virtù della sua abilità in fase difensiva,[18] che a fine carriera, insieme alla bravura nel gioco aereo,[18] gli permise di adattarsi ai ruoli di stopper e libero.[22]
Facchetti era inoltre dotato di notevoli qualità tecniche, fisiche e atletiche:[18][19] nel 1958 vinse a Bergamo i campionati studenteschi dei 100 metri con il tempo di 11".[26]
Il giornalista Gianni Brera lo soprannominò Giacinto Magno, a sottolinearne l'elevata statura e l'autorevolezza conquistata in campo.[13]
Carriera
«Calciatore, dirigente, presidente. Una vita dedicata ai nostri colori. Ma Giacinto Facchetti è stato molto di più. Esempio di integrità morale, di onore e lealtà sportiva. Leggenda del calcio nazionale ed internazionale, simbolo dello stile nerazzurro, dentro e fuori dal campo.»
Dopo aver iniziato ad allenarsi nell'oratorio di San Martino e aver mosso i primi passi nella squadra di calcio del suo paese natale, la Zanconti, nel 1957 entrò nel settore giovanile della Trevigliese; qui si distinse nel ruolo di attaccante, tanto da attirare l'attenzione dell'Atalanta. Dopo aver rifiutato gli orobici per la contrarietà dei genitori,[28] venne scoperto da Helenio Herrera che lo portò all'Inter per il finale di stagione 1960-1961, trasformandolo in un terzino d'attacco, primo nel suo genere insieme a Vittorio Calvani (anche se quest'ultimo non era avvezzo a realizzare reti). Proprio a Calvani è legato il suo destino: il 14 giugno 1961 l'Inter giocò un'amichevole contro il Fluminense, e Facchetti, che ben impressionò, venne schierato al posto di Calvani poiché quest'ultimo era alle prese con un fastidioso callo.[29]
L'esordio in Serie A avvenne il 21 maggio 1961, in un Roma-Inter conclusosi con la vittoria dei nerazzurri per 2-0.[30] Facchetti rappresentò l'Inter fino al 1978 vincendo la Coppa dei Campioni nel 1964 e nel 1965 e il campionato italiano nel 1963, 1965, 1966 e 1971. Con la squadra nerazzurra vinse anche due Coppe Intercontinentali ed una Coppa Italia. Con l'Inter in 634 partite realizzò 75 gol: fu nel 1965-1966 il primo difensore a segnare 10 reti nel campionato italiano.
Disputò la sua ultima partita il 7 maggio 1978, a 36 anni, in Inter-Foggia (2-1): la rete degli ospiti scaturì tra l'altro da un suo autogol.[31] L'8 giugno, pur non scendendo in campo nella finale contro il Napoli (Facchetti era in Argentina per accompagnare la spedizione italiana al mondiale), conquistò l'ultimo trofeo della sua carriera, la Coppa Italia.[32]
Si rivelò molto corretto in campo, venendo espulso solo una volta per un applauso al direttore di gara Vannucchi in Inter-Fiorentina (1-0) del 13 aprile 1975.[33]
Nazionale
«Ho vissuto con Facchetti cento e più partite in azzurro, io attaccante lui capitano. Giorni belli e meno belli ma comunque con una costante: Giacinto era una persona straordinaria, pulita, onesta. Per noi tutti era un esempio, un punto di riferimento costante, era il nostro angelo.»
Tuttavia nel maggio del 1978, poco prima della fase finale del mundial in Argentina, comunicò all'allora citì Bearzot la sua intenzione di non partecipare alla rassegna iridata, dato che non si sentiva al meglio fisicamente essendo reduce da un infortunio; con grande spirito di squadra Facchetti partecipò comunque alla spedizione azzurra come capitano non giocatore.[32] Chiuse con 94 presenze e 3 reti in nazionale, stabilendo all'epoca il record di presenze, e la sua ultima partita in nazionale rimase quella disputata il 16 novembre 1977 a Wembley contro l'Inghilterra.[38]
Con Tarcisio Burgnich, Facchetti ha formato il duo difensivo più longevo nella storia della nazionale: undici anni, dal 1963 al 1974; insieme disputarono 58 partite. È stato inoltre il più longevo capitano della nazionale (undici anni, dal 1966 al 1977) e il primo giocatore degli Azzurri a disputare due mondiali consecutivi da capitano (Messico 1970 e Germania Ovest 1974).
Dirigente
Subito dopo il suo addio al calcio, prese parte come dirigente accompagnatore alla spedizione della nazionale italiana al campionato del mondo 1978, vista la stima e la vicinanza con il commissario tecnico e i giocatori che erano stati suoi compagni fino a poche settimane prima.
Dopo esser divenuto rappresentante all'estero per l'Inter, divenne vicepresidente dell'Atalanta nel 1980, per poi tornare ai meneghini dal 1995, in coincidenza con l'inizio della presidenza di Massimo Moratti,[39] col il ruolo di direttore generale prima e di direttore sportivo poi.
Nominato vicepresidente della Beneamata nel novembre 2001, poco prima della morte di Giuseppe Prisco,[40] assunse l'incarico presidenziale nel gennaio 2004 dopo le dimissioni di Moratti.[41] Fu l'unico ex calciatore dei nerazzurri a rivestire tale carica dirigenziale,[42] mantenendola fino alla morte.[43]
È rimasto oggetto di dibattito il ruolo di Facchetti all'interno delle vicende di Calciopoli. Presidente, nell'estate 2006, della società interista beneficiaria delle decisioni della giustizia sportiva, tuttavia nel luglio 2011 il procuratore federale Stefano Palazzi presentò una relazione sull'inchiesta Calciopoli bis, originata da fatti emersi nel relativo procedimento penale di Napoli e a suo tempo giudicati non rilevanti nel processo sportivo di cinque anni prima, in cui, tra gli altri, si contestava a Facchetti la violazione dell'articolo 6 dell'allora Codice di Giustizia Sportiva, configurando un illecito consistente in «una rete consolidata di rapporti, di natura non regolamentare, diretti ad alterare i principi di terzietà, imparzialità e indipendenza del settore arbitrale»,[44] azioni «certamente dirette ad assicurare un vantaggio in classifica all'Inter».[45]
La sopraggiunta prescrizione circa gli eventuali atti commessi indusse lo stesso Palazzi a dichiarare l'impossibilità nel procedere e verificare le accuse,[44][45] stante anche l'avvenuto decesso di Facchetti.
Nel merito della vicenda, già nel 2010 l'ex direttore generale juventino Luciano Moggi, tra i condannati di Calciopoli, aveva pubblicamente accusato Facchetti di simili condotte illecite.[46] Querelato per diffamazione da Gianfelice Facchetti, figlio di Giacinto, nel 2015 il tribunale di Milano assolse in primo grado Moggi[46] rimarcando, nelle motivazioni, di avere riscontrato «con certezza una buona veridicità» nelle sue affermazioni e di avere altresì rilevato l'esistenza di «una sorta di intervento di lobbying da parte dell'allora presidente dell'Inter nei confronti della classe arbitrale [...] significative di un rapporto di tipo amicale [e] preferenziale [con] vette non propriamente commendevoli».[47] La sentenza venne confermata in appello nel 2018[48] e passò in giudicato l'anno seguente.[49]
Riconoscimenti postumi
«Simbolo dello sport italiano, ha saputo dimostrare nel corso della sua lunga carriera non soltanto le doti tecniche di calciatore ma anche la correttezza, la compostezza e la professionalità come dirigente.»
In seguito alla sua morte, l'Inter ha deciso di ritirare la maglia numero tre.[51][52] Qualche settimana dopo, Facchetti è stato insignito dalla Federazione Internazionale del Calcio (FIFA) del Presidential Award postumo per il contributo offerto al mondo del calcio sia da giocatore che da dirigente.[8]
Tra le numerose vie intitolategli in tutto il Paese, la prima è stata quella del Comune di Monte San Vito, in provincia di Ancona, alla presenza della moglie Giovanna e del figlio Gianfelice, di Bedy Moratti in rappresentanza della famiglia, dei genitori di Roberto Mancini e delle più alte autorità locali.[53] Una piazza gli è stata dedicata a Cesano Maderno mentre a Lettomanoppello gli è stato intestato il Belvedere Facchetti. Inoltre numerosi impianti sportivi in tutta Italia portano il suo nome: il centro sportivo di Milano che ospita gli allenamenti della prima squadra femminile e di tutte le formazioni del settore giovanile dell'Inter, noto anche come Interello, gli è stato intitolato nel 2006,[54] mentre il palazzetto dello sport nella sua città natale di Treviglio nel 2007; si menzionano anche i centri sportivi di Matera, Cassano d'Adda, Trezzano sul Naviglio, Rosolini, Solaro, tutti intitolati alla sua memoria.
Nella cultura di massa
A Facchetti è ispirato il personaggio di Giacinto in Azzurro tenebra (1977), romanzo di Giovanni Arpino dedicato all'avventura della nazionale italiana al campionato del mondo 1974. Altro importante riferimento letterario si trova ne Il prete lungo (1971), racconto di Luciano Bianciardi nel quale il giocatore nerazzurro viene citato come esempio di rettitudine morale.
Il 26 agosto 2011 è stato pubblicato dal gruppo degli Stadio il singolo Gaetano e Giacinto, dedicato a due grandi figure del calcio italiano, come Gaetano Scirea e appunto Giacinto Facchetti.
^Spareggio per la vittoria finale del campionato, giocato a Roma il 7 giugno 1964, Bologna-Inter 2-0
^(EN) All-Star Team, su football.sporting99.com (archiviato dall'url originale il 30 giugno 2016).
Bibliografia
Almanacco illustrato del calcio 2005, Modena, Panini, 2004.
Massimo Arcidiacono, I personaggi: Giacinto Facchetti, in Cento Inter, La Gazzetta dello Sport, 2008, pp. 138-141.
Giuseppe Bagnati, Vito Maggio e Vincenzo Prestigiacomo, Il Palermo racconta: storie, confessioni e leggende rosanero, Palermo, Grafill, 2004, ISBN88-8207-144-8.
Vito Galasso, Il romanzo della Grande Inter. Dal 1908 a oggi la storia del mito nerazzurro, Roma, Newton & Compton, 2016, ISBN978-88-541-9542-4.
Salvatore Lo Presti, FACCHETTI, Giacinto, in Enciclopedia dello sport, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, 2002.
Fabrizio Schmid, Tutte le anagrafiche verificate e le carriere complete, in I 1428 giocatori dell'Inter, vol. 1, 2022.
Cristian Vitali e Maurizio Targa, UndiciMetri. Storie di Rigore, Ravenna, SensoInverso Edizioni, 2020.
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