«Da giovanissimo, nelle mie prime partitelle d'allenamento con la prima squadra venivo sempre marcato da Giorgio Ferrini che, per obbligarmi a tenere i gomiti alti, mi riempiva di pugni ai fianchi. Un giorno non ce la feci più e con un gomito troppo alto colpii Giorgio al naso facendolo sanguinare. Lui allora mi disse. "Adesso sì che sei del Toro".»
L'11 agosto 1958 venne ceduto in prestito al Varese in Serie C[6]. Con i biancorossi disputò una stagione da titolare, contribuendo alla salvezza della squadra con dieci reti.
Torino
Rientrato dal prestito[7], fu messo in ballottaggio con Mazzero per il posto da mezz'ala titolare della squadra che si apprestava a disputare il campionato di Serie B[8].
Il 20 settembre esordì con la maglia granata in Sambenedettese-Torino (0-0)[9] e la settimana successiva segnò la sua prima rete in Torino-Cagliari (5-0)[10].
Concluse la stagione con 38 presenze e 3 reti, ottenendo la promozione in Serie A e rivelandosi fondamentale nell'economia del gioco per la sua corsa e la sua grinta[11].
Trascorse in granata sedici stagioni, diventando il giocatore con più presenze nella massima divisione, 405 con 39 gol realizzati, ed in assoluto, 566 tra campionati, Coppa Italia e coppe europee, con 56 gol in totale. Vinse solo due Coppe Italia, l'edizione 1967-1968 e la 1970-1971.
Fu convocato dal selezionatore Gipo Viani nella rappresentativa azzurra che si piazzò al quarto posto al torneo olimpico di Roma 1960[14], nel quale disputò 3 gare[15]: a Napoli contro la Rep. Cinese (Formosa) 4-1, a Firenze contro il Brasile 3-1 e la semifinale, nuovamente a Napoli, contro la Jugoslavia, terminata 1-1 e vinta dagli slavi solo dopo il sorteggio.
Con la Nazionale maggiore esordì il 13 maggio 1962 in Belgio-Italia (1-3), alla vigilia del Mondiale in Cile. Durante questa competizione fu protagonista con Mario David della sfida con i padroni di casa del Cile, ricordata come la "battaglia di Santiago".
In quella partita dopo sette minuti di gioco venne espulso dall'arbitro ingleseKen Aston per un violento fallo nei confronti del cileno Honorino Landa. Si rifiutò di lasciare il terreno e continuò a giocare fin tanto che non intervenne la polizia a portarlo fuori campo[18].
A differenza di molti protagonisti di quel Mondiale, tornò a giocare in Nazionale e la sua ultima gara fu la prima delle due sfide della finale del Campionato europeo di calcio del 1968 contro la Jugoslavia, giocata l'8 giugno 1968.
Giocò in totale 7 gare con la maglia azzurra.
La morte
Pochi mesi dopo il suo ritiro, mentre ricopriva il ruolo di allenatore in seconda di Luigi Radice nella stagione in cui i granata tornarono a cucirsi lo scudetto sul petto, titolo inseguito da Ferrini per tutta la carriera, fu colpito due volte da emorragia cerebrale (il 25 agosto e, dopo un'iniziale ripresa[19], il 18 ottobre 1976[20]). Nonostante due operazioni chirurgiche, morì l'8 novembre 1976 all'età di 37 anni[21].
È sepolto nel piccolo cimitero collinare di Pino Torinese.
Il 3 ottobre 2024, in occasione dell'inaugurazione del Distretto toponomastico dello Sport del Villaretto, gli è stata intitolata una via della città di Torino.[22][23]
Galleria d'immagini
Stadio Olimpico: Giorgio Ferrini è una delle figure più carismatiche della centenaria storia granata
Ferrini durante Italia-Cile
Giorgio Ferrini vice di Radice
Note
^ Zeno Ferigo, Macchie nere sul pallone, Gingko, 2016, ISBN9788895288697.