Governata dal 29 a.C. da un prefetto dell'ordine equestre, il praefectus Alexandreae et Aegypti, munito di imperium delegato dal principe. All'inizio del IV secolo, l'Egitto divenne una diocesi e fu diviso in sei province, Aegyptus, Augustamnica, Heptanomis (poi Arcadia), Thebais, Alto-Egitto e Basso Egitto. Nel V secolo, poi, alla Diocesi d'Egitto si aggiunsero anche le province della Cirenaica, dal nome di Lybia Superior e Lybia Inferior.
Dopo la riforma il prefetto si occupò con incarichi civili solamente del Basso Egitto e del distretto del Fayum, mentre il resto del territorio fu affidato a un praeses. Il potere militare fu affidato al dux Aegypti et Thebaidos utrarumque Libyarum.
Marco Atilio Regolo e Manio Acilio furono inviati come ambasciatori, nel 210 a.C., ad Alessandria d'Egitto da Tolomeo IV e Cleopatra, per rinnovare l'amicizia col popolo romano. Ai due regnanti furono portati dei doni: al re una toga, una tunica di porpora e una sedia curule eburnea; alla regina una ricca veste ricamata insieme a un mantello di porpora.[2]
La prefettura romana d'Egitto (titolo ufficiale latino: Alexandrea et Aegyptus), fu istituita nel 30 a.C. da Augusto, in seguito alla conquista del paese e alle morti di Cleopatra e Cesarione;[1] l'Egitto divenne parte dell'Impero romano, governata da un prefetto scelto dall'Imperatore nell'ordine equestre: il praefectus Alexandreae et Aegypti. Ottaviano rifiutò di assumere il titolo di faraone al momento della conquista dell'Egitto, temendo di non riuscire a giustificarlo ai Romani, anche considerando il fatto che egli stesso aveva fatto attaccare dalla propaganda il comportamento "esotico" di Antonio e Cleopatra.[4] Nonostante ciò la popolazione nativa dell'Egitto lo considerava il faraone successore di Cleopatra e Cesarione. Nella versione in lingua egizia di una stele del 29 a.C. eretta da Cornelio Gallo, ad Augusto furono attribuiti titoli tipici dei faraoni, che tuttavia furono omessi nelle versioni in latino e in greco dello stesso testo.[5] La religione egizia richiedeva l'esistenza di un faraone affinché agisse come intermediario tra le divinità e l'umanità, per cui gli imperatori romani furono considerati dei faraoni, al di là dell'effettiva situazione politica, come già era successo con i sovrani persiani ed ellenistici. A differenza delle precedenti dinastie straniere di faraoni, tuttavia, gli imperatori romani raramente visitavano l'Egitto più di una volta nella vita. Inoltre gli imperatori romani erano considerati faraoni solo in Egitto, mentre nel resto dell'Impero assumevano il titolo di Imperator (in latino) o Autokrator (in greco).[6] Al di là degli effettivi legami dinastici, l'insieme degli imperatori/faraoni romani è talvolta indicato come la XXXIV Dinastia dell'Egitto.[7] Alcuni studiosi copti del XIX secolo, come Mikhail Sharubim e Rifa'a al-Tahtawi, avevano proposto una suddivisione degli imperatori romani in due dinastie egizie, una trentaquattresima per gli imperatori pagani e una trentacinquesima per gli imperatori cristiani da Teodosio I alla conquista islamica dell'Egitto del 641, al di là del fatto che nessun imperatore cristiano fu mai considerato un faraone, nemmeno dalla popolazione dell'antico Egitto.[8]
Il principale interesse romano per l'Egitto era costituito dall'approvvigionamento di grano per la città di Roma.[1] L'Egitto era governato in maniera diversa dalle altre province. Gli imperatori la consideravano più un loro possesso personale che non una provincia, assumendo governatori che la amministrassero senza l'interferenza del Senato romano; nessun senatore fu mai nominato governatore di Egitto e fu loro proibito di visitare la provincia senza autorizzazione esplicita.[9] L'amministrazione romana della prefettura d'Egitto si stabilì ad Alessandria; Roma introdusse nuovi funzionari, nuove forme di tassazione, abolì i titoli di corte tolemaici e l'autonomia della capitale, che perse la sua Bulè; diverse e sostanziali furono le modifiche apportate al sistema tolemaico di governo, tanto che la storiografia più recente parla senza dubbio di Egitto Romano, distinto dall'Egitto Tolemaico. I Greci continuarono a lavorare nella maggior parte degli uffici amministrativi; come tutto l'Oriente ellenistico, greca rimase la lingua utilizzata nella prefettura. Il latino, al contrario, si mantenne vivo in ambito militare. Anche la cultura e l'educazione rimasero greche durante il periodo romano.
I Romani rispettarono le usanze e le credenze religiose egiziane, e venne introdotto il culto dell'Imperatore, considerato un faraone nel solo Egitto in modo da consentire ai sacerdoti egizi di dimostrare la loro lealtà al nuovo sovrano estero nei modi tradizionali. Nel tempio di Dendur, costruito dal governatore romano di Egitto Gaio Petronio, sono presenti delle raffigurazioni di Ottaviano, ora chiamato Augusto, vestito da faraone nell'atto di sacrificare a varie divinità egizie.[10] Ai primi imperatori furono attribuite titolature elaborate simili a quelle dei Tolomei e ai faraoni nativi loro predecessori, mentre agli imperatori da Commodo in poi fu attribuito solo un nomen, seppur scritto in un cartiglio come in precedenza.[11] Con la diffusione del Cristianesimo, che finì per diventare la religione di stato, gli imperatori non ritennero più possibile accettare le implicazioni tradizionali del titolo di faraone (ruolo con salde radici nella religione egizia), e a partire dagli inizi del IV secolo la stessa Alessandria, capitale d'Egitto fin dai tempi di Alessandro Magno, era diventata un importante centro del Cristianesimo. L'ultimo imperatore a cui fu conferito il titolo di faraone fu Massimino Daia (che regnò tra il 311 e il 313).[12]
Il primo prefetto d'Egitto, Gaio Cornelio Gallo, portò l'Alto Egitto sotto il controllo di Roma con un intervento militare e stabilì un protettorato sul distretto della frontiera meridionale, che era stata abbandonata dagli ultimi Tolomei. La narrazione di questa impresa è descritta nella famosa stele dell'isola di File. Il secondo prefetto, Elio Gallo, organizzò una spedizione non riuscita per conquistare l'Arabia: la costa egiziana del Mar Rosso non fu controllata dai Romani fino al regno di Claudio. Il terzo prefetto, Gaio Petronio, bonificò dei canali di irrigazione, dando il via a una ripresa dell'agricoltura.
Dal regno di Nerone in poi, l'Egitto conobbe un'era di prosperità che durò circa un secolo. Giuseppe Flavio racconta, che quando Vespasiano, durante la guerra civile venne acclamato imperatore dalle truppe coinvolte nella guerra contro i Giudei (giugno del 69), lo stesso si preoccupò di avere come suo alleato, l'Egitto.
«E poiché Gaio Licinio Muciano ed altri generali sollecitavano affinché [Vespasiano] esercitasse il potere come princeps, anche l'esercito lo incitava ad essere condotto a combattere qualunque rivale. Vespasiano, allora per prima cosa, rivolse la sua attenzione ad Alessandria, poiché sapeva che l'Egitto costituiva una delle regioni più importanti dell'impero per l'approvvigionamento del grano, credette che, assicuratosene il controllo, avrebbe costretto Vitellio ad arrendersi, poiché la popolazione di Roma avrebbe patito la fame. Mirava, inoltre, ad avere come sue alleate le due legioni presenti ad Alessandria, ed a fare di quella provincia un baluardo contro la cattiva sorte.»
(Giuseppe Flavio, La guerra giudaica, IV, 10.5.605-607.)
I maggiori problemi incontrati riguardarono i conflitti religiosi sorti tra Greci ed Ebrei, in particolar modo ad Alessandria, che in seguito alla distruzione di Gerusalemme nel 70 divenne il centro mondiale della religione e della cultura ebraica. Sotto Traiano vi fu una rivolta ebraica, sfociata nella repressione degli Ebrei di Alessandria e nella perdita di tutti i loro privilegi, anche se in seguito vennero rapidamente ripristinati. Adriano, che visitò due volte l'Egitto, fondò Antinopoli in memoria del suo favorito Antinoo. Da allora in avanti furono eretti edifici in stile greco-romano in tutta la regione.
Sotto Marco Aurelio l'eccessiva tassazione condusse gli Egiziani a una rivolta (169), che fu repressa solo dopo alcuni anni di combattimento. Questa Guerra Bucolica causò gravi danni all'economia e segnò l'inizio del declino economico dell'Egitto. Avidio Cassio, che fu a capo delle armate romane nella guerra, si autoproclamò imperatore, e fu riconosciuto dagli eserciti di Siria ed Egitto. All'avvicinarsi di Marco Aurelio, comunque, fu deposto e ucciso, e la clemenza dell'imperatore restaurò la pace. Una rivolta simile scoppiò nel 193, quando Pescennio Nigro fu proclamato imperatore alla morte di Pertinace. L'imperatore Settimio Severo, nel 202, diede una costituzione ad Alessandria e alle capitali dei distretti territoriali (le nomai).
L'evento più rivoluzionario nella storia dell'Egitto romano fu l'introduzione del cristianesimo nel II secolo. Dapprima esso fu vigorosamente osteggiato dalle autorità romane, che temevano le discordie religiose più di ogni altra cosa in un paese nel quale la religione aveva sempre goduto di una notevole importanza. Comunque la nuova religione fece presto seguaci tra gli Ebrei di Alessandria. Da questi passò rapidamente ai Greci, e in seguito si diffuse tra gli Egiziani dell'interno, senza che l'antica religione opponesse molta resistenza.
Caracalla (211-217) concesse la cittadinanza romana anche ai Greci d'Egitto. Nel III secolo vi fu una serie di rivolte militari e civili. Sotto Decio, nel 250, i cristiani subirono le prime persecuzioni, ma la loro religione continuò a diffondersi. Durante il regno di Gallieno, il prefetto Mussio Emiliano si fece proclamare imperatore dall'esercito, finché il legato di Gallieno, Aurelio Teodoto, non lo sconfisse. Poco dopo Zenobia, regina di Palmira, invase e conquistò l'Egitto, ma nel 272 Aureliano pose fine alla rivolta contro Roma, come pure quella di Firmo. Due generali di stanza in Egitto, Marco Aurelio Probo e Domizio Domiziano, organizzarono con successo delle rivolte e furono proclamati imperatori. Diocleziano nel 296 sconfisse Domizio e riconquistò Alessandria. In seguito l'imperatore decise un riassetto del territorio d'Egitto, che dopo più di trecento anni fu per la prima volta "normalizzato", passando dalla forma amministrativa straordinaria della prefettura territoriale a quella comune dell'organizzazione provinciale. La diocesi di Egitto fu suddivisa in tre province, poi diventate quattro. L'editto di Diocleziano del 303 contro i cristiani fu l'inizio di una nuova era di persecuzione. Ma questo fu l'ultimo serio tentativo di frenare la diffusione della religione cristiana in Egitto.
Essendo il prefetto di rango equestre, anche tutti gli ufficiali in Egitto erano del medesimo rango. Il praefectus legionis, il praefectus castrorum e anche gli stessi tribuni, solamente angusticlavi.
La forza militare complessiva dislocata nella regione al tempo di Augusto era composta da tre legioni, nove coorti di fanteria ausiliaria e tre alae di cavalleria; a informarci è un noto passo di Strabone, dal quale apprendiamo che le legioni erano stanziate rispettivamente a Nicopoli di Alessandria, a Babylon (presso l'odierno Cairo) e nella chora[13]. Il confine più meridionale provinciale del limes rimase posizionato a Primis e Pselcis, almeno fino a Diocleziano (o forse a Costantino I), quando quest'ultimo sembra abbia ritirato l'esercito attestandosi a Syene ed Elefantina e permettendo ai Nobati di occupare questi territori fertili attorno al Nilo, a condizione che difendessero questo tratto di limes dai Blemmi.[14] Questa è la descrizione generale delle frontiere che fa Giuseppe Flavio, al tempo di Vespasiano (nel 69):
«L'Egitto è di difficile accesso per via di terra, mentre sul mare è senza porti. Ad Occidente si trova protetto dai deserti dell'Africa; a sud, lungo la frontiera con l'Etiopia, troviamo Siene e le cateratte non navigabili del Nilo; al Oriente, troviamo il Mar Rosso, che giunge fino a Copto; a settentrione troviamo come barriere [i monti del Sinai] fino alla Siria ed il Mare Egizio, totalmente privo di porti. In questo modo l'Egitto risulta protetto da ogni parte. Il Nilo è navigabile fino alla città di Elefantina, oltre la quale ci sono le cateratte che bloccano chiunque a proseguire oltre. Il porto di Alessandria è poi difficilmente accessibile alle navi, anche in tempo di pace, perché presenta un ingresso stretto e tortuoso a causa di numerosi scogli poco sotto il livello del mare.»
(Giuseppe Flavio, La guerra giudaica, IV, 10.5.607-612.)
Le legioni erano certamente la legio III Cyrenaica, la legio XXII Deiotariana e forse, ma non è certo la legio XII Fulminata. Forse per opera dello stesso Augusto, certamente prima del 23, le legioni vennero portate a due (legio III Cyrenaica e la legio XXII Deiotariana). In vista della progettata spedizione in Etiopia di Nerone, venne ammassato in Egitto un cospicuo contingente, che comprendeva, oltre la due legioni citate, anche la legio XV Apollinaris e 2000 uomini di truppe ausiliarie libiche[15]; la XV legio prese poi parte al bellum Iudaicum e tornò in Egitto sino al 117 d.C. per essere poi trasferita, probabilmente, a Setala. La III Cyrenaica venne spostata nella nuova provincia di Arabia verso il 127; dal 119, invece, non si hanno più notizie della legio XXII Deioteriana: la spiegazione tradizionale la vuole distrutta o seriamente decimata nella campagna giudaica del 132-135, sebbene non vi siano prove certe di un coinvolgimento della legione negli avvenimenti della sommossa di Bar Koheba.[16] Almeno dal 128, se non prima, con lo stanziamento a Nicopoli della legio II Traiana Fortis, l'exercitus in Egitto si ridusse a una sola legio.[17]
La riduzione delle legioni non deve trarre in inganno: alla diminuzione di forze legionarie corrispose un aumento di forze ausiliarie. Se infatti reali pericoli esterni non ve ne furono, la situazione interna vide al contrario il progressivo aumento di tensioni sociali, dal brigantaggio nella chora, sino ad aperte ribellioni, come nel caso della rivolta giudaica del 115-117 o della sommossa dei Bukoloi nel 172.[18] Contrariamente a quanto avveniva nelle altre province con una sola legione, in cui il comandante era anche governatore, in Egitto già dall'età adrianea sussistettero distintamente la figura del governatore e quella del prefetto di legione.
per le coorti: I Augusta Pannoniorum, I Hispanorum equitata,[20]I Flavia Cilicum equitata,[21]II Ituraeorum equitata,[20]III Ituraeorum [equitata], I Thebaeorum equitata[20] e II Thebaeorum [equitata].
per le coorti: I Augusta praetoria Lusitanorum equitata,[23]I Augusta Pannoniorum, I Flavia Cilicum equitata,[21]II Thracum, II Thebaeorum [equitata], II Ituraeorum equitata[20] e III Ituraeorum [equitata], a cui andrebbero aggiunte altre 2 (I Hispanorum equitata,[20]I Thebaeorum equitata[20]) appena trasferite in Giudea.
per le ali: veterana Gallica, Thracum Mauretanica [?], Vocontiorum e Apriana Provincialis [?];
per le coorti: I Ulpia Afrorum, I Augusta Pannoniorum, I Apamenorum, I Augusta praetoria Lusitanorum equitata,[23]I Flavia Cilicum equitata,[21]II Thracum, II Ituraeorum equitata,[20]III Ituraeorum [equitata] e II Thebaeorum [equitata] e tre altre non prevenuteci da questo diploma.
per le ali: veterana Gallica, Thracum Mauretanica, Vocontiorum e Apriana Provincialis;
per le coorti: I Ulpia Afrorum, I Augusta Pannoniorum, I Apamenorum, I Augusta praetoria Lusitanorum equitata,[23]I Flavia Cilicum equitata,[21]II Thracum, II Ituraeorum equitata,[20]III Ituraeorum [equitata] e II Thebaeorum [equitata].
Con base ad Alessandria d'Egitto, la Classis Alexandrina controllava la parte orientale del mare Mediterraneo.[29] Venne formata da Augusto nel 30 a.C. e, per aver dimostrato il proprio appoggio a Ottaviano nella guerra civile, ricevette il titolo di Augusta, divenendo così la Classis Augusta Alexandrina.
Strutture militari lungo il limes della provincia egiziana
Da Copto a Leukos Limen, e da Thebae a Berenice sul Mar Rosso
Lungo la strada che da Copto conduceva a Leukos Limen/Myos Hormos furono disseminati, oltre a una decina di Hydreuma (presidiati ciascuno da un piccolo contingente ausiliario), anche una sessantina di torri di avvistamento, utilizzate per lo più per segnalare l'arrivo di merci pregiate dall'Oriente, tra la costa del Mar Rosso e i porti sul Nilo.[75] L'altra strada, lunga 370 km, che collegava Copto/Tebe con Berenice, era anch'essa accompagnata da un'altra decina di Hydreuma e numerose torri di avvistamento.[76]
Da Edfu (Apollonopoli Magna) a Nechesia (?) sul Mar Rosso
Vi era anche un'altra strada per raggiungere il Maro Rosso dal fiume Nilo. Si trattava di quella che congiungeva Apollonis Magna (Edfu) con l'attuale sito di Marsa Nakari (forse identificabile con l'antica Nechesia). Questa via permetteva di mettere in comunicazione le miniere d'oro di Barramiya con un porto fluviale e uno marittimo.[92]
Il fronte meridionale fu il più difficile da controllare. Qui le popolazioni controllate dai romani erano: i Blemmi e i Megabari, che vivevano lungo la sponda orientale del Nilo ed erano soggetti ai Kushiti; i Trogoditi che vivevano sulle montagne lungo la costa del Mar Rosso; i Nobati (indipendenti dai Meroiti) e che vivevano sulla sponda occidentale del Nilo; e soprattutto il Regno di Kush con capitale Meroë.[93]
Il fronte occidentale: dall'oasi di Karga (a sud), a quella di Siwa (a nord-ovest)
Vi fu, infine, un ultimo limes da difendere. Si trattava di quello più occidentale, a ovest del Nilo, costituito da tutta una serie di presidi, posti a guardia delle principali oasi lungo le più importanti vie carovaniere. Si trattava di forti, fortini, torri di avvistamento costruiti, a volte su preesistenti strutture di epoche anteriori a quella romana, come nelle: oasi di Dungul o Dunqul (la più meridionale), Kharga (Oasis Magna), Dakhleh, Farafra, Bahariya e di Siwa (la più settentrionale e occidentale della provincia in questione).[109][110]
^ E.L. Wheeler, Legio XV Apollinaris, in Les Légions de Rome sous le Haut –Empire. Actes du Congrès de Lyon (17-19 septembre 1998) rassemblés et édités par Y. le Bohec avec la collaboration de Catherine Wolff, I, Lyon, 2000, pp. 259-308.
^ L.J.F. Keppie, The History and Disappearance of the Legion XXII Deiotariana, in Legions and Veterans. Roman Army Papers, Stuttgart, 2000, pp. 225-238.
^ S. Daris, Legio II Traiana, in Les Légions de Rome sous le Haut –Empire. Actes du Congrès de Lyon (17-19 septembre 1998) rassemblés et édités par Y. le Bohec avec la collaboration de Catherine Wolff, I, Lyon, 2000, pp. 259-263. La legio, creata da Traiano, fu precedentemente impegnata nella campagna Mesopotamica e quindi stanziata in Giudea.
^In merito alla sollevazione dei Bukoloi, Dione, LXXI 4; Hist. Aug., Marc. Aur., 21, 2; Ibid., Cassius, 6, 7
D. Salvoldi, L'Egitto romano. Da Augusto a Diocleziano, Cagliari, Arkadia, 2016, ISBN978-8868511067.
Steven E. Sidebotham, The roman empire's southeastern-most frontier; recent discoveries at Berenike and environs (Eastern Desert of Egypt) 1998-2000, in P.Freeman, J.Bennett, Z.T.Fiema e B.Hoffmann (a cura di), 18th International Congress of Roman Frontier Studies, Oxford, 2002.
William John Loftie, A Ride in Egypt, Jazzybee Verlag, 2017.
Martina Minas-Nerpel e Stefan Pfeiffer, Establishing Roman rule in Egypt: The trilingual stela of C. Cornelius Gallus from Philae, in Proceedings of the International Conference, Hildesheim, Roemer- and Plizaeus-Museum, 2008, pp. 265-298.
Donald Malcolm Reid, Whose Pharaohs? Archaeology, Museums, and Egyptian National Identity from Napoleon to World War I, University of California Press, 2003, ISBN9780520240698.