La Sardegna era stata annessa nel 238 a.C., sottraendola alla dominazione punica. La Corsica romana (in greco Κύρνος, Cyrnos),[1] annessa nel seguente anno 237 a.C. e sottoposta al governatore della Sardegna. I buoni rapporti che intercorrevano tra le popolazioni locali e i Cartaginesi, contrapposti ad un regime di conquista introdotto dai Romani, determinarono una serie di rivolte (236-231 a.C., 216 a.C., 187-177 a.C., 126 a.C. e 122 a.C.) e un'incompleta pacificazione in particolare delle tribù dell'interno, con continue azioni, considerate brigantaggio dai Romani.
La provincia
La provincia era governata da un pretore (praetores provinciales, attestato a partire dal 227 a.C.), con capoluogo inizialmente a Nora e quindi a Carales (Cagliari), in Sardegna.
Con la riforma augustea nel 27 a.C. la provincia divenne senatoria, ma nel 6 d.C., la necessità di mantenervi un presidio armato contro il persistere del brigantaggio indusse lo stesso Augusto a passarla a provincia imperiale. Fu amministrata da un praefectus Sardiniae a partire da Tiberio,[2] e successivamente, a partire da Claudio, al titolo ufficiale e principale praefectus (provinciae) Sardiniae viene aggiunto l'attributo procurator Augusti .[3][4] Passò a varie riprese da senatoria, governata da un propretore, a imperiale, a seconda delle necessità contingenti.
Quinto Muzio Scevola[6] (con 2 legioni, la IX e la XVIII; praetor Corsicae et Sardiniae et decemvir sacris faciundis); Tito Manlio Torquato (patrizio, sostituisce Scevola ammalato)