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Si definisce antibiotico una sostanza prodotta da un microrganismo, capace di ucciderne altri.[1] Il significato della parola (dal greco) è «contro la vita».
Il termine nell'uso comune attuale indica un farmaco, di origine naturale (antibiotico in senso stretto) o di sintesi (chemioterapico), in grado di rallentare o fermare la proliferazione dei batteri. Gli antibiotici si distinguono pertanto in batteriostatici (cioè bloccano la riproduzione del batterio, impedendone la scissione) e battericidi (cioè uccidono direttamente il microrganismo).
Non hanno effetto contro i virus (a parte una possibile attività antivirale della rifampicina nei Poxvirus).
Storia
L'uso di muffe e piante particolari nella cura delle infezioni era già noto in molte culture antiche - greca, egizia, cinese - la cui efficacia era dovuta alle sostanze antibiotiche prodotte dalla specie vegetale o dalla muffa; non si aveva però la possibilità di distinguere la componente effettivamente attiva, né di isolarla.
Vincenzo Tiberio, medico e ricercatore dell'Università di Napoli, già nel 1895 descrisse il potere battericida di alcune muffe.[2]
Gli antibiotici possono colpire il microbiota umano e dare, di conseguenza, alterazioni dell'alvo, compensabili con l'assunzione di fermenti lattici.
Gli antibiotici possono provocare effetti indesiderati, come reazioni allergiche, dovute alla sensibilità dell'individuo verso uno o più componenti, oppure tossicità ad alto livello di vari distretti dell'organismo o, ancora, intolleranza provocata dall'interazione con altri farmaci. La dipendenza da questi farmaci e l'abuso degli stessi possono portare alla morte.
L'abuso di antibiotici, con l'andare del tempo, ne causa l'inefficacia, in quanto i microrganismi sono in grado di sviluppare una resistenza nei confronti di un antibiotico che viene assunto con troppa frequenza. L'antibiotico-resistenza rende il microrganismo immune all'antibiotico, annullandone gli effetti.
Questa resistenza è il risultato di una mutazione a livello genetico, la quale può essere di due tipi:
Cromosomica, ovvero una mutazione che si verifica a livello del cromosoma batterico;
Extracromosomica o plasmidica, ovvero quando la mutazione avviene a livello del DNA extracromosomico, e, con precisione, a livello dei plasmidi R.