Sorta inizialmente in epoca medievale come casale del feudo di Santa Maria della Scala,[8] dopo un periodo di abbandono,[9] fu riedificata a partire dal 1526.[10] All'inizio del XIX secolo divenne sottocomune di Roccavaldina da cui ottenne l'autonomia amministrativa nel 1923.[11][12] Il nucleo cinquecentesco si estese soprattutto a partire dalla seconda metà dell'Ottocento.[13]
Il territorio di Torregrotta è situato lungo la costa settentrionale della Sicilia, nella valle del Niceto, e si prolunga a sud verso le propaggini collinari dei Monti Peloritani.[7][21] Con la sua estensione di 4,13 km²,[2] è il secondo più piccolo territorio tra i comuni della valle, preceduto solo da Valdina (2,60 km²), ed uno dei più piccoli della città metropolitana di Messina.[22] Ha per limiti naturali i torrenti Caracciolo (est), Sottocatena (sud), Bagheria (sud-ovest), Lavina[23] (ovest) e il Mar Tirreno (nord);[21] confina inoltre con i seguenti comuni: Valdina ad oriente, Roccavaldina a meridione, Monforte San Giorgio a meridione e ad occidente.[7][21] L'andamento dei margini amministrativi ricorda la figura di un quadrilatero dalla sagoma pressappoco rettangolare, le cui dimensioni sono di 3700m in senso latitudinale e di 1150 m in quello longitudinale.[24]
Scorcio panoramico di Torregrotta
Un tratto di litorale torrese
La gran parte del suolo torrese, circa il 70%, è morfologicamente pianeggiante,[24] con pendenze che non superano il 5%.[25] La pianura, oltre a comprendere la fascia costiera, si spinge verso l'interno sino al torrente Bagheria[21] e costituisce la porzione più orientale della valle solcata dal fiume Niceto.[26] La zona collinare, delimitata ad oriente dalla valle e ad occidente dal rio Caracciolo, è invece formata dal crinale che degrada verso la marina[21] e, nel settore centro-settentrionale, è modificata da diverse cave di argilla che per lungo tempo sono state utilizzate dall'industria dei laterizi.[21] Il litorale si estende per circa 1200 m[24] e si presenta con spiagge basse e sabbiose,[27] dall'aspetto e dall'estensione variabili nel corso del tempo.[28]
La città si sviluppa nella piana, prevalentemente in senso latitudinale e senza soluzione di continuità, dalla costa fino al confine meridionale, e trasversalmente nelle adiacenze della strada statale 113.[24] L'altitudine del centro abitato, compresa tra 3 e 50 m s.l.m.,[24] è ufficialmente indicata in 44 m s.l.m. poiché a tale quota sorge la casa comunale.[6] L'escursione altimetrica dell'intero territorio torrese varia invece dal livello del mare al punto collinare più alto, a sud-est dell'abitato, a quota 193 m s.l.m.[29]
La valle nella quale sorge Torregrotta fa parte del bacino idrografico del torrente Niceto[26][30] che è annoverato tra i principali corsi d'acqua dei monti Peloritani per valore storico e naturalistico.[31] Il Niceto tuttavia non attraversa il territorio comunale scorrendo poco oltre il confine amministrativo occidentale, a breve distanza dall'abitato.[26] Ad oriente, al di là dell'appendice collinare, il suolo è solcato dal rio Caracciolo che per tutto il suo corso, lungo soltanto 4,9 km,[32] separa Torregrotta dal comune di Valdina sfociando nel mar Tirreno,[26] e nel cui bacino rientra in parte il territorio torrese.[33]
Oltre al Caracciolo, diversi sono i corsi d'acqua minori che interessano il territorio comunale tra i quali il Bagheria, principale affluente del Niceto[34] e limite territoriale con il comune di Monforte San Giorgio per circa 600 m.[26] Affluenti del Bagheria sono il torrente Sottocatena,[34] che segna parte del confine con il comune di Roccavaldina,[26] e il rio Granatara[34] che scorre nei pressi della contrada Grotta.[26] Tutti i succitati corpi idrici minori possono presentarsi asciutti per gran parte dell'anno essendo dei torrenti temporanei in funzione delle precipitazioni.[35] Fa eccezione il torrente Bagheria che grazie ad un reticolo idrografico complesso presenta un regime idrologico di tipo torrentizio semipermanente, tipico delle fiumare, con piene nella stagione invernale e periodi di magra o di secca nella stagione estiva.[26]
Le maggiori risorse idriche torresi si concentrano nelle falde acquifere del sottosuolo dal quale vengono estratte tramite pozzi e trivelle per rifornire l'acquedotto comunale e per l'irrigazione dei campi agricoli.[35][36] L'acquifero, che è alimentato in maniera diretta dalle piogge e dalle acque infiltrate in discesa dai monti,[37] si caratteristica per la mutevole altezza del livello medio delle acque che varia in ragione delle proprietà locali del terreno, potendosi trovare poco al di sotto della superficie oppure raggiungere profondità di alcune decine di metri.[36] Inoltre il sistema di falde risulta isolato inferiormente da uno strato di materiale impermeabile composto da argille grigio-azzurro.[36]
In estate, durante il periodo di magra dei torrenti, le acque di falda sorgono spontaneamente dal suolo formando diverse sorgenti naturali nei pressi della costa;[31] infatti, come dimostrato da alcuni studi,[38] le precipitazioni che arricchiscono i bacini imbriferi, infiltrandosi nei terreni durante la stagione delle piogge (settembre – febbraio), impiegano circa sei mesi per raggiungere la piana costiera.[31] Il fenomeno fu noto fin dal periodo romano, raccontato da Plinio il Vecchio:[39]
(LA)
«In Sicilia quidem circa Messanam et Mylas hieme in totum inarescunt fontes, aestate exundant amnemque faciunt.»
(IT)
«In Sicilia tra Messina e Milazzo d’inverno le fonti inaridiscono completamente, d’estate traboccano e creano corrente.»
Una delle sorgenti origina il Lavina, piccolo ruscello che scorre nelle adiacenze della costa al confine con il comune di Monforte San Giorgio.[23] Alla fine del XIX secolo, durante i lavori di bonifica della zona costiera, gran parte delle sorgenti vennero canalizzate con dei fossati chiamati saie presso i quali, fino al secolo scorso, si svolgeva il folcloristico rito del lavaggio della lana che sarebbe poi servita per allestire materassi e cuscini casalinghi.[31]
Geologia
L'intero centro abitato sorge su uno strato di depositi alluvionaliolocenici (alluvioni recenti) costituiti da sedimenti clastici in particolare da sabbie, spesso limose, al cui interno si ritrovano ghiaie e ciottoli provenienti da rocce metamorfiche.[27] La loro formazione è frutto dell'azione di incisione degli attuali corsi d'acqua i quali nel tempo hanno trasportato e depositato a valle i frammenti di rocce erose in montagna dagli agenti esogeni.[27] Le alluvioni recenti si estendono ricoprendo tutta la parte pianeggiante, con uno spessore variabile che può superare anche i 30 metri.[27] Lo strato più superficiale, spesso circa 1 m, è costituito da suolo agrario ricco di humus, materiale organico e sostanze nutritive.[40]
Il frammento fossile di zanna di elefante nano ritrovato a Torregrotta negli strati siltosi delle argille di contrada Bottisco
Calco di elefante nano esposto nella mostra permanente geopaleontologica dell’area peloritana allestita presso il Polo Servizi
La parte orientale del territorio torrese è dominata da compatte stratificazioni di argille dal colore grigio-azzurro, talora profonde oltre 100 metri, nelle quali sono interposte lamine siltose.[41] Dopo le alluvioni recenti, costituiscono la formazione più diffusa in superficie e sono adatte alla produzione di laterizi grazie alle buone caratteristiche del materiale.[41] Nel 2001, durante una campagna di rilevamenti geologici nelle argille di contrada Bottisco, è stato rinvenuto un frammento fossile di zanna di elefante nano vissuto nel pleistocene medio.[42][43]
Nelle zone collinari della contrada Maddalena, in affiancamento laterale alle argille, affiorano calcareniti e sabbie organogene dal colore grigio-giallastro che presentano stratificazione incrociata e consistenza variabile.[41] Al loro interno contengono inoltre associazioni a nannoflore e foraminiferi planctonici.[41] Le argille e le formazioni organogene formano il substrato sul quale poggiano le alluvioni recenti[27] e sulla cima delle colline sono mozzate da terrazzamenti marini composti da silt, ghiaie ed altri aggregati di origine cristallina.[27]
Nella porzione meridionale del territorio comunale emergono in superficie diverse formazioni geologiche: a ridosso delle sponde del torrente Caracciolo si ritrova una fascia di trubi composta da calcari marnosi e marne calcaree la cui caratteristica peculiare è l'elevato numero di fessurazioni generalmente riempite di pelite.[41] A poca distanza dalla contrada Grotta affiorano invece formazioni di calcare evaporitico di colore biancastro[44] che poggiano su stratificazioni di sedimenti in cui si alternano rocce arenarie di medie dimensioni, talvolta dissolvendosi in sabbie, e strati argillosi.[45] La formazione geologica più profonda, sovrastata da tutte le precedenti, è rappresentata dalle metamorfici dell'unità dell'Aspromonte dominati da paragneiss interposti a metafemiti[45]. I letti dei torrenti e le spiagge sono costituite dalle alluvioni attuali, vale a dire materiali trasportati e depositati dalle acque dei corsi d'acqua o dal moto ondoso del mare.[46] Nel primo caso si tratta di sedimenti formati da ghiaia e sabbia con ciottoli e frammenti di rocce di diverse dimensioni; nel secondo caso di depositi sabbiosi.[46]
Le formazioni geologiche temporalmente più recenti sono i detriti di falda che possono essere rintracciati in una limitata porzione di versante collinare e sono formati da materiali sabbiosi e limosi.[47] In sintesi la stratigrafia del sottosuolo torrese comprende la seguente successione di strutture geologiche:[47]
Dal punto di vista tettonico, l'area sulla quale sorge Torregrotta ha attraversato una prima fase di spostamenti orogenici delle formazioni più basse e, a partire dal miocene, un processo di sollevamento dei terreni[48] testimoniato dai terrazzamenti marini presenti sulle alture.[27] Ciò ha comportato l'attivazione di fenomeni erosivi e la creazione di faglie distensive[48] delle quali, tuttavia, non esistono testimonianze storiche di movimenti.[49] I principali terremoti che hanno coinvolto la città sono sempre stati originati dalle sorgenti sismogenetiche dell'Arco Calabro-Peloritano.[50] Secondo la classificazione sismica del territorio nazionale italiano, Torregrotta è così classificata:[51]
Zona 2 (sismicità media), Ordinanza PCM n. 3274 del 20/03/2003
Clima
Torregrotta gode di un tipico clima temperato caldo[52] che ad estati calde alterna inverni non eccessivamente freddi, con stagioni intermedie miti e confortevoli.[53] In base alle rilevazioni pluriennali della locale stazione meteorologica,[54] la temperatura media annua si attesta intorno ai 18,0 °C; il mese più freddo risulta essere febbraio, con una temperatura media di 11,1 °C, il mese più caldo agosto, con una temperatura media di 25,9 °C. In estate le temperature possono superare i 40 °C ma in casi rari e in inverno non scendono quasi mai al di sotto dei 0 °C.[55] Moderate sono le escursioni termichestagionali che oscillano fra i 6 °C e gli 8 °C.[55] A Torregrotta le precipitazioni piovose annuali si attestano sui 946,3 mm medi di pioggia[54] che raramente si trasformano in fenomeni grandigeni o in nevicate,[56] le ultime delle quali si sono verificate il 31 gennaio 1999[57] e, in misura minore, il 31 dicembre 2014.[58] La stagione delle piogge è quella compresa tra autunno e prima parte della primavera;[56] tuttavia le precipitazioni risultano irregolari sia in quantità annuale sia in distribuzione giornaliera, spesso caratterizzate da elevati accumuli in ristretti intervalli di tempo.[53] Soltanto il 25 - 30% della pioggia totale annua cade nel periodo tardo-primaverile e in estate che risulta la stagione più siccitosa.[56][59] Durante l'anno solare Torregrotta è spesso caratterizzata da giornate ventose. Il maestrale è il vento più ricorrente e nelle fasi più intense è accompagnato da violente mareggiate. Periodici sono anche il libeccio e lo scirocco.[60]
È concordemente ritenuto dagli storici che il toponimoTorregrotta sia la riunione dei vocaboli Torre e Grotta, le due attigue contrade che formano il nucleo storico della città.[23] L’origine di entrambi i termini è riconducibile alla presenza sul territorio delle due strutture, cioè di almeno due torri (una ancora presente in via Trieste)[23] e di diverse grotte.[64] Quello che inizialmente fu il Casale del Feudo di Santa Maria della Scala (1526) assunse la denominazione Torre nella prima metà dell’ottocento[23], riscontrata in due rogiti del 1815[65] e del 1817.[66] L'adiacente contrada Grotta invece esisteva già nel XVI secolo, come attestato da un atto notarile del 1585.[67] La città acquisì il nome attuale verso la metà del XIX secolo;[1] infatti, i primi documenti ufficiali nei quali i due vocaboli compaiono per la prima volta accostati nel toponimo Torre Grotta sono il Dizionario Topografico della Sicilia di V. Amico del 1855[1] e una scrittura notarile del 13 ottobre 1857.[68]
L'assenza di rinvenimenti archeologici non ha permesso di chiarire se in territorio torrese vi fosse un insediamento umano permanente durante l'età antica.[69] L'ipotesi più accreditata dagli storici è che la zona fosse inizialmente frequentata dai Sicani[70] e che la fertilità del suolo, unita all'abbondanza d'acqua garantita dal Niceto, favorirono l'insediamento umano nel periodo ellenico con la formazione di villaggi contadini.[69][71] Successivamente, in epoca romana, la presenza di almeno un piccolo centro abitato è ritenuto altamente probabile poiché furono creati dei latifondi amministrati da un tribuno oppure, secondo una tesi più recente, da alcuni ricchi romani.[72]
Medioevo
Caduto l'Impero Romano, l'area torrese fu occupata dagli Ostrogoti e successivamente dai Bizantini assumendo la denominazione di Casale del Conte.[73] Il Casale fu un piccolo centro agricolo[74] raso al suolo dai Saraceni intorno all'anno 870.[75] Gli arabi preferirono insediarsi nell'odierna contrada Radali[76] e durante la loro dominazione, che durò fino alla conquista normanna del 1061,[77] il territorio torrese venne chiamato Rachal Elmelum.[76]
Nel marzo del 1168 il Re normanno Guglielmo II e sua madre, Margherita di Navarra, diedero in dono l'antico Casale bizantino al monastero benedettino di Santa Maria della Scala di Messina[78][79] creando l'entità territoriale che sarebbe passata alla storia come feudo di Santa Maria della Scala.[80] Quest'ultimo comprendeva la quasi totalità del territorio di Torregrotta e in parte quello di Valdina.[81] La concessione fu riconfermata dai successori Enrico VI e Costanza I, e poi per ben due volte, nel 1209 e nel 1221, dall'imperatore svevo Federico II.[82] Durante il regno di quest'ultimo, il feudo su usurpato dal giudice messinese Afranione de Porta e in seguito da altri cittadini messinesi, ritornando in possesso del monastero soltanto nel 1289 in virtù di una sentenza emessa dal legato pontificio di Sicilia nel 1267.[10]
A partire dall'ondata di peste del 1347 il Casale del feudo di Santa Maria della Scala iniziò progressivamente a spopolarsi,[9] rimanendo in abbandono fino al XVI secolo.
Nel frattempo, nel XIV secolo,[83] era stato creato dal re di Sicilia Federico III il feudo di Rocca (odierna Roccavaldina)[73] che, inglobando la porzione di suolo torrese fino ad allora inclusa nel demanio reale,[12] si era affiancato al feudo Scala nell'amministrazione dell'attuale territorio.[84]
Età moderna
Nel 1526 l'imperatore Carlo V emanò una Licentia populandi nella quale si autorizzava la riedificazione e il ripopolamento dell'antico Casale[10][85] il cui nucleo cinquecentesco si ingrandì e si sviluppò nel corso dei secoli, chiamandosi dapprima Torre e poi Torregrotta, rappresentando l'origine dell'odierna città.[12][85] La rinascita del Casale segnò la ripresa economica dell'intero feudo di Santa Maria della Scala, la cui gestione fu affidata dalle religiose benedettine ad un procuratore laico,[86] con la creazione di diverse strutture commerciali e artigianali ma soprattutto con l'attività agricola.[86][87]
Gli interessi economici del feudo Scala si intrecciarono con quello della terra di Rocca alla cui guida si erano alternati diversi feudatari[12] fino al 1509 quando il feudo fu acquistato dal nobile spagnolo Andrea Valdina.[84] Il governo della famiglia Valdina, che durò fino alla prima metà del 1700, fu per Rocca la fase di maggior splendore,[73] soprattutto grazie all'allevamento del baco da seta che si effettuava nel feudo di Santa Maria della Scala[87] e che consentì ai Valdina di avviare un florido commercio di prodotti serici.[88]
Alla fine del XVIII secolo, con la decadenza del Casato dei Valdina, il feudo di Rocca passò nelle mani di diverse famiglie borghesi[84] mentre il feudo della Scala continuò ad essere amministrato da procuratori fino al 1812 quando il re Borbone Ferdinando IV abolì i privilegi feudali e quindi i feudi.[89] Il feudo di Roccavaldina fu tramutato in Comune inglobando al suo interno quello di Santa Maria della Scala[12] con il Casale “Torre” che divenne sottocomune di Rocca.[1]
Età contemporanea
Nella seconda metà dell'Ottocento i possedimenti terrieri appartenenti al monastero di Santa Maria della Scala nell'omonimo ex feudo furono confiscati dallo Stato italiano, suddivisi in lotti e venduti al pubblico incanto.[90][91] I nuovi proprietari, che formarono una ristretta e influente classe borghese,[92] migliorarono lo sfruttamento agricolo e bonificarono la zona costiera.[13]
La popolazione torrese avvertiva Roccavaldina come una realtà estranea e distaccata e il desiderio di maggiore autonomia si manifestò in richieste di carattere religioso.[96] Queste ultime trovarono da subito l'opposizione del clero roccese, intimorito dalla emancipazione dei torresi piuttosto che da una convinta intransigenza religiosa,[97] non sortendo alcun sostanziale effetto fino al 1921 quando fu ottenuta l'elevazione a parrocchia della chiesa di San Paolino.[98] Il clima di tensione tra le due comunità fu massimo durante la guerra delle sepolture[93][99] che si era instaurata allorquando i torresi, nottetempo, iniziarono a disseppellire i propri morti dal cimitero di Roccavaldina per trasferirli a Torregrotta.[99]
Nel frattempo la borghesia torrese, che voleva rafforzare la propria egemonia in seno alla comunità locale sfruttando sia il consistente potere economico sia l'avversione dei torresi nei confronti di Roccavaldina,[100] approfittò di un periodo di crisi politico-amministrativa del governo comunale roccese[95] e, grazie all'appoggio di varie personalità politiche, riuscì ad ottenere l'autonomia di Torregrotta da Roccavaldina il 21 ottobre 1923.[1]
«Drappo troncato di rosso e d'azzurro, riccamente ornato di ricami d'argento e caricato dello stemma sopra descritto con la iscrizione centrata in argento: Comune di Torregrotta. Le parti di metallo ed i cordoni saranno argentati. L’asta verticale sarà ricoperta di velluto dei colori del drappo, alternati, con bullette argentate poste a spirale. Nella freccia sarà rappresentato lo stemma del Comune e sul gambo inciso il nome. Cravatta e nastri tricolori dai colori nazionali frangiati d’argento.»
(Descrizione araldica del gonfalone)
Lo stemma di Torregrotta è l'emblema figurativo delle origini contadine della città, simboleggiando nelle quattro figure predominanti — uva, spiga, ulivo e pecora — i prodotti legati all'attività agricola e all'allevamento che per lungo tempo hanno costituito la principale fonte di prosperità per i Torresi.[102]
La sintesi figurata delle vicende storiche del territorio torrese è invece delineata nello stemma storico della città proposto da un gruppo di studiosi nel 1993 con la seguente blasonatura:[101]
«Partito: il primo d’oro ad un mezzo busto di Madonna della Scala con la dicitura: “Mater Domini”, sostenuto da una fascia d’argento, con la scritta in nero: “Concedimus et donamus Casale quod dicitur Comitis”; campagna d’azzurro mareggiata d’argento; il secondo d’azzurro alla bordura d’oro, ad una torre rotonda d’argento aperta sopra una campagna di verde.»
(Descrizione araldica dello stemma storico)
La simbologia utilizzata esprime nell'icona mariana il feudo di Santa Maria della Scala e nella torre, che costituisce richiamo all'edificio da cui ha avuto origine il toponimo, il casato dei Valdina.[101] L'accostamento delle due figure rappresenta anche l'unicità dell'odierna città.[101]
Monumenti e luoghi d'interesse
La chiesa di San Paolino Vescovo
La chiesa di Santa Maria della Scala
Architetture religiose
Chiesa di San Paolino Vescovo. Inaugurata il 29 giugno 1943[104] in via Mezzasalma, custodisce al suo interno una tela del 1671 attribuita a Francesco Iaconissa che raffigura la Deposizione di Cristo dalla Croce[105] e che originariamente adornava l'altare dell'antica chiesa di San Paolino, già chiesa di Maria SS. della Pietà.[106] Da quest'ultimo edificio, ormai demolito, proviene anche una campana del 1886 ancora funzionante.[107] Nel 2010 la chiesa è stata ristrutturata e nella facciata è stata collocata una vetrata che raffigura San Paolino.[108]
Chiesa di Santa Maria della Scala. Aperta ai fedeli il 10 aprile 1976, sorge sull'omonima piazza ed è stata dedicata il 10 ottobre dello stesso anno.[109] La chiesa è erede del plurisecolare culto torrese per la Vergine della Scala, il cui antico tempio religioso si suppone dovesse trovarsi nel centro storico.[110]
Chiesa del Santissimo Crocifisso. Fu consacrata e aperta al culto il 22 gennaio 1925 in occasione dell'inaugurazione dell'istituto Figlie del Divino Zelo di cui faceva parte.[111] Negli anni settanta ha subito una importante opera di ristrutturazione con l'aggiunta di un ulteriore corpo e la sostituzione del tetto in legno con un solaio in cemento armato.[112][113] Conserva all'interno quattro statue lignee tra le quali quella della Madonna del Tindari del 1925.[112]
Chiesa di San Cristoforo. L'epoca di edificazione è incerta, probabilmente di origini bizantine.[106] Dagli atti notarili risulta attiva almeno dall'inizio del XIX secolo.[114] Ne rimangono solo le mura perimetrali lungo la via San Vito.[114]
Architetture civili
Torre del Castrum. Databile tra il XVI e il XVII secolo,[115] fu una delle opere difensive del Castrum fatto edificare dall'imperatore Carlo V per proteggere i contadini che abitavano il Casale del Feudo di Santa Maria della Scala.[12] Nel corso del tempo ha subito diverse modificazioni e stravolgimenti ed oggi si presenta inglobata in abitazioni di epoche successive lungo la vico Trieste.[23]
Arco merlato. Fu uno dei portali di accesso al Castrum cinquecentesco fatto edificare dall'imperatore Carlo V.[106] La sua costruzione è tuttavia successiva poiché sulla chiave di volta interna sono ancora visibili i numeri 6 5 0 ed è quindi databile al 1650.[85] Il portale è costituito da un arco a tutto sesto sormontato da una merlatura ghibellina. Si trova ai margini della via Mezzasalma.
Altro
Monumento ai caduti. Inaugurato il 7 settembre 1919[116] in memoria dei soldati Torresi caduti nella prima guerra mondiale, è tra i più antichi d'Italia[117] e il primo sorto in Sicilia.[116] Realizzato interamente in marmo bianco, è composto da una parte inferiore a base quadrata sulla quale sono collocate quattro epigrafi commemorative e da una parte superiore a forma di obelisco.
Statua di San Pio da Pietrelcina. Realizzata interamente in bronzo dall'artista Prof. Giovanni De Pasquale, è stata inaugurata il 12 agosto 2001[118] nell'attuale Piazza Unità d'Italia.
Stemma mobiliare della famiglia Valdina. Posizionato ai margini della via Mezzasalma, secondo le ipotesi degli storici si trovava in origine sulla facciata di un edificio cinquecentesco oggi scomparso.[119] Lo scudo gentilizio che contiene lo stemma è scolpito su una lastra di marmo bianco ed ha la tipica forma di uno scudo siciliano inquartato.[120] Tre delle quattro parti che lo compongono sono analoghe a quelle dello stemma scolpito sulla tomba di Andrea Valdina nella chiesa madre di Roccavaldina.[119] Alla sinistra dello scudo sono incisi i numeri 1 e 5 ed è quindi databile alla seconda metà del XVI secolo.[119]
Icone raffiguranti la Madonna della Scala. Scolpite su lastre di pietra arenaria delle dimensioni di 33 cm di larghezza e 45 cm di altezza,[121] ebbero la funzione di marcare i confini dell'antico feudo di Santa Maria della Scala.[122] Delle sette icone presunte, ne rimangono oggi soltanto quattro: due in territorio torrese, in via dei Mille e in contrada Largari, due in territorio di Valdina.[121]
Grotta rupestre. Si trova nei pressi della via San Vito[123] e fa parte di una serie di grotte dislocate tra Torregrotta e la frazione Cardà del comune di Roccavaldina.[124]
Chiesa di Santa Maria Maddalena. Sorgeva nella omonima contrada torrese lungo l'antica via Maddalena e ne rimane soltanto una piccola porzione di muro perimetrale.[125] L'edificio di culto e il complesso agricolo che la circondava furono attivi già sul finire del XVI secolo poiché a partire dal 1584 sono documentati scambi commerciali di bestiame e tessuti in occasione della festività di Maria Maddalena.[126] La chiesa, la cui funzionalità è accertata fino ad almeno il 1834,[127] fu abbattuta intorno alla metà del XX secolo durante i lavori di costruzione della strada provinciale n. 59,[12][110] mentre è ignota la causa della scomparsa delle strutture agricole.[127]
Chiesa trecentesca. Lungo vico Trieste, incorporati in un edificio settecentesco in rovina, vi erano tracce di una chiesa del XIV secolo di cui è ignoto il titolare.[106] Secondo le ipotesi degli storici potrebbe trattarsi dell'antico tempio religioso dedicato a Santa Maria della Scala.[110]
Riposto della Torre. Chiamato anche magazzinazzu,[87] fu un edificio appartenuto all'antico Feudo di Santa Maria della Scala che sorgeva sulla via XXI Ottobre nei pressi del monumento ai caduti e che fu abbattuto fra l'ottobre 1954 e il marzo 1955.[122] Sotto il rosone della facciata principale erano posizionate una grande icona marmorea raffigurante la Madonna della Scala e una lapide recante un'iscrizione latina che, secondo le ipotesi degli storici, doveva essere la concessione del re di Sicilia Guglielmo II del 1168.[122]
Torri. Una sorgeva lungo via Libertà,[128] l'altra nei pressi di piazza Santa Maria della Scala, parte intregrante di un antico fondaco.[129][130]
L'entità della popolazione torrese nei periodi storici antecedenti l'unificazione italiana è ignota.[80] Quasi certamente il territorio torrese fu abitato sin dal periodo romano[132] subendo un processo di spopolamento a partire dal tardo medioevo[9] e ritornando a popolarsi nel XVI secolo grazie alla rinascita del Casale,[10] nucleo cinquecentesco dell'odierna città.[12] Durante l'ottocento Torregrotta fu interessata da fenomeni migratori che incrementarono la popolazione,[133] composta da circa 400 abitanti nel 1852.[107] Tutti i rilevamenti censuari effettuati dall'Istat hanno evidenziano una crescita continua del numero dei torresi[134] con significative variazioni percentuali relative,[135] in particolar modo negli anni compresi tra i censimenti del 1971 e del 1991.[136]
Tale sviluppo demografico è stato in larga parte determinato, soprattutto negli anni settanta del XX secolo, dal più ampio fenomeno dei flussi migratori dai comuni montani verso i centri costieri,[137] coinvolgendo nuclei familiari interi[134] e risultando preminente rispetto ad altre località provinciali per una serie di fattori:[138]
La nascita e lo sviluppo del vicino polo industriale del Mela;
La baricentrica collocazione geografica della città nell’area costiera tirrenica della Sicilia nord-orientale;
Una buona accessibilità verso le altre località provinciali di maggiore dimensione.
A partire dagli anni duemila, la riduzione delle migrazioni montagna-costa[135] è stata compensata dall'immigrazione proveniente dall'estero[139] e dal trend positivo dei saldi naturali annuali.[140]
Al 31 dicembre 2019 Torregrotta è il 12º comune più popoloso della provincia di Messina,[141] il primo comune più densamente popolato nella provincia,[142] a conferma del ruolo di centro attrattore nei confronti della popolazione,[143] e il terzo comune con il più alto tasso di natalità nella provincia.[142]
Etnie e minoranze straniere
La popolazione straniera è molto limitata ma in costante aumento su base pluriennale.[139] Al 31 dicembre 2018, gli immigrati regolarmente residenti a Torregrotta sono 279, pari al 3,8%[144] dell'intera popolazione e con un incremento di 16 unità rispetto al 2017.[145] Le nazionalità più numerose risultano essere:[145]
La biblioteca comunale possiede un patrimonio librario di 1 846[158] volumi prevalentemente a carattere letterario e geografico. Nel maggio 2010 è stata trasferita nella nuova sede presso il Polo Servizi[159] dove periodicamente vengono ospitate anche mostre e corsi serali.[160]
L’impianto urbanistico storico, risultato delle trasformazioni della città a partire dal 1526,[10] fu costituito nel 1930 da una piazza, sette vie e dieci vicoli.[163]
Durante la seconda metà del novecento il tessuto urbano si sviluppò secondo le previsioni del Programma di fabbricazione approvato nel 1974[164] che prevedeva l’espansione residenziale e viaria della città lungo due assi portanti, via XXI Ottobre e viale Europa, e dalla via Nazionale verso la costa con un reticolo di nuove strade.[165]
Dal 2020 il territorio torrese è disciplinato del Piano regolatore generale comunale che prevede l’espansione della città con insediamenti a carattere turistico, commerciale e dirigenziale e la riqualificazione del tessuto residenziale esistente.[166][167]
Suddivisioni storiche
Il centro abitato è tradizionalmente ripartito in quattro zone principali corrispondenti ad altrettante contrade[168] le quali, tuttavia, non hanno valore giuridico:
(in ordine alfabetico)
Crociere:[169] è l'area cittadina che si estende a ridosso e nei dintorni della via Crocieri. Il nome di quest'ultima deriva dal fatto che forma una croce con la via XXI Ottobre e in origine veniva indicata come strada Crociera.[170]
Grotta:[67] è una delle due contrade che compongono il centro storico. Compare in diversa documentazione già nel XVI secolo e poi durante l'ottocento.[171]
Scala:[169] è l'area cittadina che si estende all'incirca tra la via Nazionale e il lungomare Rosario Livatino ed è citata come contrada rurale a partire dalla prima metà dell'ottocento.[172] Nel XVI secolo si trovava qui un fondaco (edificio simile ai moderni motel) appartenente al feudo di Santa Maria della scala e per tale motivo chiamato fondaco della Scala.[129][173]
Torre:[169] la contrada fino agli inizi dell'Ottocento venne chiamata Casale ed era il centro abitato del feudo di Santa Maria della Scala. Già presente nel medioevo e poi riedificato nel 1526, costituisce il nucleo storico della città.[85]
Esistono diverse altre contrade, cittadine e rurali, talvolta ricomprese all'interno delle quattro sopracitate, la cui memoria storica, nella maggior parte dei casi, è andata perduta:[174] Badessa, Barone, Bottisco, Bruca, Cotugnara, Ficarotta, Granatara, Largari, Maddalena, Marsilio, Perara, Pirrera, Radali, Sciabecco, Timoniere, Triari.
Comparto principale dell'agricoltura torrese è l'orticoltura,[181] con una superficie di produzione pari al 37% della SAU.[182] Durante l'anno solare vengono alternate le piantagioni di pomodori e melanzane con la coltivazione della patata primaticcia (cultivarSieglinde)[183] che nel corso del secolo scorso è divenuta coltura trainante per le quantità prodotte.[184] Oltre alla vendita locale, infatti, viene esportata nei mercati della Germania,[184][185] malgrado una prolungata crisi del settore e la scarsa remunerazione ne abbiano ridotto, sul finire del XX secolo, la superficie coltivata in favore di altri ortaggi.[184]
Tra gli altri prodotti dell'agricoltura torrese, la smergia riveste un ruolo di rilievo trattandosi di un peculiare tipo di pesca nettarina,[184] tipica della valle del Niceto, le cui proprietà organolettiche si distinguono da quelle di altre produzioni di pesche.[16] Ciò nonostante la coltivazione della smergia è molto limitata, rappresentando soltanto l'8% della SAU,[186] e la sua distribuzione commerciale è ristretta ai mercati delle provincie di Messina, Catania e Reggio Calabria.[187]
La coltura più diffusa, che si concentra nelle zone collinari, è l'olivo (24,1 % della SAU),[188] nelle varietà Ogliarola messinese e Nocellara messinese.[189] La produzione di olio che ne deriva non viene immessa sul mercato ma è quasi sempre destinata all'autoconsumo da parte degli olivicoltori.[190]
Il settore agrumicolo, che incide del 22,2% sul totale della SAU,[191] è composto da limoni delle varietà Femminello e Interdonato, dall'arancio della varietà Tarocco e dal mandarino[192] le cui produzioni, insieme alle precedenti, vengono prevalentemente inviate alle industrie per la trasformazione in succhi e derivati.[193]
Dai primi anni 2000 alle tradizionali coltivazioni torresi si sono aggiunte nuove produzioni agricole sperimentali tra le quali il mango e l'asparago.[196]
Torregrotta è attraversata da tutte le grandi direttrici della dorsale tirrenica siciliana. L'autostrada A20 Messina-Palermo attraversa il territorio comunale correndo in rilevato e superando mediante cavalcavia diverse vie cittadine. Anche la strada statale 113 Settentrionale Sicula passa attraverso il centro urbano torrese e costituisce la principale via di collegamento coi centri costieri limitrofi e i più vicini svincoli autostradali.[7] Un'altra strada a grande scorrimento[204] è l'asse viario ASI (Milazzo - Torregrotta), che dipartendosi nei pressi dello svincolo autostradale di Milazzo attraversa la zona industriale del Mela e termina a Torregrotta.[205]
Diverse arterie provinciali che interessano il comune permettono il collegamento coi paesi collinari circostanti: la strada provinciale 59 unisce Torregrotta a Roccavaldina, mentre la 60 permette di raggiungere dopo alcuni chilometri Monforte San Giorgio.[206]
Torregrotta è dotata di una stazione ferroviaria sita sulla linea Palermo-Messina.[207] L'impianto è stato aperto al traffico passeggeri nel 2009[208] sul nuovo tracciato a doppio binario che ha soppiantato, nello stesso anno, la vecchia linea ferrata a binario unico.[209] Fino all'8 agosto 2009,[209] infatti, il servizio fu garantito dalla storica stazione ferroviaria, oggi riutilizzata a fini sociali.[210]
La nuova stazione, che sorge a ridosso dell'Autostrada A20, svolge solo servizio viaggiatori ed è di fermata per buona parte dei treni regionali in circolazione sulla linea,[211] garantendo collegamenti col capoluogo provinciale e le principali località della costa tirrenica siciliana. È inoltre a servizio di diversi paesi del circondario torrese[212] ai quali è collegata anche tramite due linee di autobus.[213]
Mobilità urbana
A Torregrotta non sono presenti trasporti pubblici in ambito urbano. La città è però servita da diverse autolinee private di autobus che la collegano coi centri limitrofi e le principali località della provincia di Messina.[213]
Fino al 1928[214] fu attiva la linea tranviaria extraurbana Messina-Barcellona Pozzo di Gotto, che prevedeva una fermata passeggeri anche a Torregrotta, al km 43,[215] in prossimità dell'odierno incrocio fra Via Nazionale e Via XXI Ottobre.[216]
La prima forma del governo comunale torrese risale quindi al periodo fascista, durante il quale, con la promulgazione della legge nº 237 del 4 febbraio 1926 ("Istituzione del Podestà e della Consulta municipale nei comuni con popolazione non eccedente i 5 000 abitanti") le funzioni svolte in precedenza dai sindaci, dalle giunte comunali e dai consigli comunali furono trasferite ai podestà.[218]
Il primo podestà di Torregrotta, designato con Regio Decreto del 8 luglio 1926, fu Pietro Mezzasalma il quale avviò la macchina amministrativa torrese nominando il segretario comunale, i dipendenti comunali e approvando diversi regolamenti e provvedimenti.[219]
In effetti, nei tre anni successivi all’ottenimento dell'autonomia, Torregrotta non ebbe una propria amministrazione comunale ma furono i commissari prefettizi di Roccavaldina a gestire anche il nuovo comune.[220]
Dopo la caduta del fascismo, nell’ottobre 1943 fu nominato dal prefetto il primo Sindaco di Torregrotta: Gaetano Mezzasalma.[221] Nell'ottobre del 1946, grazie al decreto legislativo luogotenenziale nº1 del 7 gennaio 1946 ("Ricostituzione delle Amministrazioni comunali su base elettiva"), si tennero le elezioni amministrative in cui fu eletto il primo Consiglio Comunale di Torregrotta, composto da 15 consiglieri. Il Consiglio a sua volta designò Sindaco Giuseppe Saladino che fu, quindi, il primo sindaco eletto di Torregrotta.[222]
Nel novembre 1964 fu eletta Anna Scalia, prima donna sindaco di Torregrotta e vedova del sindaco Giovanni Tripoli, scomparso improvvisamente l’11 ottobre 1964.[223]
Con la Legge regionale 26 agosto 1992, n 7 che anticipava la legge n°81 del 25 marzo 1993 dello Stato ("Elezione diretta del sindaco, del presidente della provincia, del consiglio comunale e del consiglio provinciale") venne introdotta l'elezione diretta del sindaco da parte dei cittadini.[224] Contestualmente, con questo provvedimento, fu modificato un altro importante aspetto dell'amministrazione comunale: la nomina della giunta che in precedenza era eletta dal consiglio comunale fu nominata direttamente dal sindaco.[224]
Per quanto riguarda le sedi comunali, nei primi anni di vita dell'ente, gli uffici furono ospitati in locali presi in locazione.[225] Il 25 agosto 1929 fu posata la prima pietra per la realizzazione dell’attuale palazzo comunale la cui costruzione terminò durante l'amministrazione del podestà Coppolino.[218]
Il comune di Torregrotta fa parte delle seguenti organizzazioni sovracomunali: regione agraria n.9 (Colline litoranee di Milazzo).[229]
Sport
Nel calcio, la maggiore società cittadina, fondata nel 1973, è l'A.S.D. Torregrotta che milita nel campionato di Prima categoria.[230] Nella sua storia ha raggiunto il campionato di Eccellenza nella stagione 2002-03[231] ed ha vinto una coppa di categoria, il Trofeo “Tonino Caltagirone” di Prima Categoria, nella stagione 1997-98.[232]
La principale attività del Torregrotta calcio viene svolta nel settore giovanile la cui scuola calcio è riconosciuta di livello "elite" dalla FIGC.[233]
Nel calcio femminile, per il breve periodo di tre stagioni consecutive è stata attiva la società S.S.F. Torregrotta che ha disputato due tornei di Serie C ed uno di Serie B[234].
Lo Stadio Comunale P. Gangemi
La cupola geodetica
Nella pallavolo, la New Volley Team Torregrotta milita nel campionato di serie D femminile[235] e svolge attività anche nel settore giovanile.
l' A.S.D. G.S. Indomita, fondata nel 1953, è la società sportiva più antica di Torregrotta. Nel 1988 ha ricevuto dal CONI la Stella di bronzo al Merito Sportivo e nel 1995 il Discobolo d'oro al merito assegnato dal Centro Sportivo Italiano.[237] Nel corso della sua storia, la società ha spaziato la propria attività anche in altre discipline e organizzato diversi eventi sportivi.[238]
l'ASD Meeting Sporting Club Runner, fondata nel 2015, è attiva soprattutto nel podismo e organizza ogni anno una gara podistica nazionale.[239]
l'A.S.D. Club Atletica Torrese, società attiva dal 1986 al 2013 che svolgeva la propria attività soprattutto nel settore femminile.[240][241]
A Torregrotta sono presenti i seguenti principali impianti sportivi:
Stadio Comunale per il calcio, costruito negli anni 1980 e intitolato nel 2016 a Pietro Gangemi,[245] ha una capienza di 1 500 spettatori ed è dotato di terreno di gioco regolamentare in erba sintetica e illuminazione artificiale.[246] L'impianto è utilizzato per le gare casalinghe delle locali società di calcio nonché dalle società dei paesi del circondario che non dispongono di un rettangolo di gioco idoneo.[247][248] Nel 2007 ha ospitato la gara tra le nazionali under 18 di Spagna ed Egitto valevole per il 1º Torneo del Mediterraneo.[249]
Cupola geodetica: inaugurata il 26 maggio 2023, è un impianto sportivo pluridisciplinare.[250] Ospita le attività e le gare interne della New Volley Team Torregrotta.
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