Già noto in età medievale come San Filadelfo, fu ripopolato,[9] o fondato ex novo,[10][11] durante il dominio normanno della Sicilia da soldati e coloni lombardi[12] provenienti da un'area dell'Italia nord-occidentale i cui limiti massimi, per ragioni linguistiche,[13][14] si possono racchiudere in un quadrilatero che ha i suoi vertici nelle città di Vicoforte (Cuneo), Mombaruzzo (Asti), Sassello (Savona) e Calizzano (Savona). La denominazione del paese, nel dialetto locale galloitalico, è ancora quella medievale di San Frareau (San Filadelfio), tradotto erroneamente in San Fratello, a causa del mutamento fonetico di F(i)ladelphu(m) > Fladellu(m) assimilato a Fratellu(m). In latino è Terra Sancti Philadelphi, Sanctus Philadelphus,[15] mentre il nome del più antico insediamento greco, che sorgeva circa due chilometri a nord dell'attuale centro urbano, è Apollonia. È il paese di origine della famiglia Craxi.[16]
Geografia fisica
San Fratello è racchiuso tra i torrenti Inganno e Furiano; il territorio, di 83 km², si estende in verticale fino quasi a Monte Soro (1.847 m s.l.m.), la cima più alta dei monti Nebrodi.
Dalle quote più basse (300 ms.l.m.) a quelle più alte (1.800 m s.l.m.) si osserva un graduale cambiamento della vegetazione, dovuto alla presenza di diverse specie arboree e arbustive. Le aree non ricoperte da boschi sono destinate al pascolo di bovini, ovini, caprini e dei cavalli sanfratellani che vivono allo stato brado.
Territorio
Il territorio di San Fratello è caratterizzato da colture agrarie, in ampi tratti collinari insistono piccoli vigneti e diversi frutteti di minore interesse economico a carattere familiare e tradizionali colture di oliveti. Il bosco di San Fratello ricade nel Parco dei Nebrodi, ed è attraversato dalla SS 289; la caratteristica particolare del bosco è che si conserva nella quasi sua totalità allo stato naturale ed è di particolare bellezza il paesaggio che si presenta agli occhi del visitatore. Il bosco oggi ospita nel suo habitat naturale volpi, gatti selvatici, istrici, martore, tartarughe terrestri e diverse specie di uccelli.
Durante le escursioni naturalistiche attraverso questi boschi, è possibile raccogliere funghi nel periodo autunnale e frutti di bosco nel periodo estivo. Nelle zone più basse ricco di uliveti, la pianta arborea sempre verde alta sino a 10 metri, con chioma ampia, arrotondata e leggera introdotta in Italia ed in Sicilia da antichissime popolazioni che, adattatosi al clima mediterraneo, viene coltivato per la produzione delle olive e dell'olio.
Dissesto idrogeologico
Il territorio comunale è soggetto a dissesto idrogeologico. La parte più antica del borgo di San Fratello subì nel 1745 uno smottamento che interessò una parte dell'abitato. All'epoca si ipotizzò, per la prima volta, il trasferimento questa ipotesi ed impedì la delocalizzazione ad Acquedolci. Un grave errore perchè una seconda rovinosa frana rase al suolo quasi tutto l'antico paese la notte tra il 7 e l'8 gennaio 1922.
Dopo la frana del 1922 venne riconsiderata l'ipotesi spostamento del paese. Fu pianificata ed avviata una vasta delocalizzazione che diede avvio all'espansione del paese di Acquedolci, piccolo borgo sviluppatosi sin dal XV secolo attorno alla Torre quattrocentesca e chiamato dai sanfratellani "la Marina". A distanza di 88 anni dall'ultima sciagura, il 14 febbraio del 2010 (tristemente noto come il giorno della frana di san Valentino), il territorio di San Fratello è stato nuovamente devastato da una frana verificatasi tra il quartiere denominato "Stazzone" e la contrada "Riana", posti sul versante nord/est, opposto rispetto a quello in cui c'erano state le precedenti catastrofi. Le conseguenze di tale evento hanno costretto buona parte degli abitanti di San Fratello ad abbandonare le proprie abitazioni e trasferirsi altrove in particolare ancora una volta verso Acquedolci.
Storia
(LA)
«Huic ad pas ferme 500 superius prominet San Philadelphi novi nominis, et Longobardorum, ut ex incolarum idiomate colligitur, oppidum; qui an cum Rogerio Sicilia comite in Siciliam venerint, an vero alio post tempore incompertum habeo.»
(IT)
«Sopra questa, quasi a un mezzo miglio di distanza, c'è il castello di San Filadelfio, che è nome nuovo, datogli dai Longobardi, come si deduce dalla lingua della popolazione. I quali non so se vennero in Sicilia con Ruggero conte normanno dell'isola, o in qualsiasi altro tempo, su questo non ho certezza.»
(Tommaso Fazello, De Rebus Siculis, Palermo 1560, Dec. I, Lib, IX, p. 201.)
San Fratello, l'origine del toponimo
Il nome di San Fratello deriva dai tre fratelli, Alfio, Cirino e Filadelfo martiri cristiani uccisi durante l'epoca delle persecuzioni imperiali. L'attestazione più antica è Sant(os) Philipp(os) del 1145, seguita da Sanctus Philadellus del 1172. Il nome Sanctus Philadelphus (San Filadelfio) attestato nel 1178 diventa nel 1240 Filadellus et Fratellus, dal quale si arriva successivamente a San Fratello, anche a causa dell'assonanza tra fraeau (Filadelfio), frea ("fratello") e il francesefrèrè ("fratello"). Nella lingua gallo-italica locale San Fratello è San Frareau, San Fraréu, o Sanfrareau, in sicilianoSanfrareddu, Sanfradeddu o San Frateddu, mentre l'etnico è sanfratellano, in gallo-italico locale sanfrardéu, sanfrardéi o sanfrardean.[17][18]
Alcuni studiosi presumono di aver individuato l’antica acropoli della cittadina greca di Apollonia nei pressi del Monte San Fratello, un altopiano che si estende a 710 metri sul livello del mare. Questo rilievo, difatti, offriva una posizione strategica non indifferente, in quanto permetteva una visuale nitida della zona costiera compresa tra Capo d'Orlando e Cefalù, località poste a 80 km di distanza, e offrendo anche una chiara prospettiva sulle isole Eolie.
L'invasione araba della Sicilia
La città romana-medioevale fu distrutta durante l'invasione araba[19]. L'odierno paese, fondato dopo nell'XI secolo, trae il nome da uno dei tre Santi fratelli, Alfio, Filadelfo e Cirino[20], martirizzati durante le persecuzioni dell'imperatore Valeriano nel 253 d.C., ai quali è dedicato l'omonima chiesa e convento del secolo XII. L'etimologia greca del nome Filadelfo infatti è 'colui che ama il fratello', per cui l'evoluzione da San Filadelfo a San Fratello sarebbe stata quasi naturale.
Il borgo fu ripopolato,[9] o fondato ex novo,[10][11]) tra l'XI e il XIII secolo, durante la dominazione dei normanni nell'isola, da una colonia di piemontesi, liguri, lombardi, emiliani[23], venuti alla conquista della Sicilia con il conte Ruggero e la moglie Adelaide del Vasto (detta anche Adelasia Incisa del Vasto), figlia del marchese aleramico Manfredo del Vasto. Secondo l'ipotesi del ripopolamento, i migranti settentrionali si insediarono in un borgo già popolato da genti indigene, e lo dotarono di una rocca fortificata. L'anno di fondazione del castello di San Filadelfo (in latino Castrum Philadelphi[24] o Castrum S. Philadelphi[25]) potrebbe essere il 1116, secondo un diploma citato da Vincenzo Palizzolo Gravina[26] che indica nel "lombardo" Roberto Caldarera, governatore di Nicosia, «il tesoriere e direttore della costruzione del nuovo castello in San Filadelfo sulle rovine dell'antica Alunzio».
Durante i primi anni dell'occupazione della parte nord-orientale della Sicilia, i normanni costruirono a San Fratello una cittadella fortificata, dotata di un castello. A difesa della cittadella furono impiegati soldati di ventura di origine longobarda che provenivano dall'Italia settentrionale. Come per il resto della Sicilia, anche a San Fratello i Normanni diedero una notevole spinta all’economia, con la nascita di una fiorente agricoltura, un forte incremento del commercio e l’arricchimento di preziosi capolavori artistici.
Nel 1270, il castello e feudo di San Fratello furono concessi a un milite di nome Giovanni. Nel 1276, il feudo e la castellania di San Fratello furono concessi all'angioino Guillot d'Alisy[27], per passare due anni più tardi al provenzale Raymond de Puy-Richard[27], e nel 1299, per concessione di Carlo II d'Angiò, al miles messinese Squarcia Riso[28]. Dopo una parentesi in cui San Fratello fu gestita direttamente dalla curia vescovile, nel 1305 il castello e la terra di San Fratello furono ceduti ai Palizzi, potente famiglia di Messina di origine normanna, nella persona del miles Damiano Palizzi. In seguito passò alla famiglia di origine aragonese degli Alagona, e nel 1356 Federico III concesse il feudo al capitano e castellano Guglielmo Ventimiglia, membro della potente famiglia Ventimiglia di origine normanno-ligure. Nel 1361 il castello e la terra di San Fratello passarono a Enrico I Rubeo già conte di Aidone per concessione di re Federico IV, mentre nel 1371 furono concessi a Guglielmo Rosso della famiglia di origine normanna dei Rosso, e nel 1392 a Enrico II Rosso della stessa famiglia. Nel 1392, il re Martino I di Aragona concesse San Fratello a Federico II d'Aragona figlio di Vinciguerra d'Aragona, ma dopo la sua ribellione, il feudo passò agli Oliveri, famiglia messinese di origine spagnola. Nel 1396, Federico d'Aragona ottenuta la clemenza del sovrano, ritornò in possesso del feudo, ma in seguito a una nuova ribellione, Martino d'Aragona concesse nel 1398 la terra e il castello di San Fratello, con i casali di Mirto, Crapi, e Fraxino, a Ugerotto Larcan della famiglia catalana dei Larcan[29] che mantenne il feudo di San Fratello per oltre due secoli, fino al XVII secolo. Dalla seconda metà del Seicento il feudo passò alla famiglia di origine genovese degli Squarciafico, ai Sancetta, agli Spatafora, ai Lucchesi, alla famiglia di origine normanna dei Gravina, e, di seguito, ai principi di Palagonia. L'ultima famiglia feudale di San Fratello fu quella dei Cupani (o Cupane).
Verso la fine dell'800 San Fratello è sede di due arcipreture, di pretura e capoluogo di mandamento nel circondario di Mistretta. Fino ai primi anni del '900, prima della frana del 1922, a San Fratello si contavano almeno 27 chiese. La chiesa madre di San Fratello era Santa Maria Assunta, dalla quale dipendevano sette chiese urbane minori:
Chiesa di San Pietro Apostolo;
Chiesa Maria Santissima delle Grazie;
Chiesa di San Benedetto da San Fratello;
Chiesa di San Giacomo;
Chiesa di Sant'Ignazio di Loyola;
Chiesa di San Sebastiano Martire;
Chiesa dei Tre Santi Alfio, Filadelfio e Cirino. Testimonianza ancora viva della presenza normanna a San Fratello, il monastero italo-greco (basiliano) detto anche di stile arabo-normanno, attribuibile all'inizio del XII secolo per ragioni stilistiche[30], collocato sul Monte Vecchio e dedicato ai tre martiri Alfio, Cirino e Filadelfo.
E sette chiese rurali:
Chiesa di San Giuseppe alla Torre, (oggi Comune di Acquedolci).
Chiesa di San Pancrazio Vescovo e Martire, nel fondo chiamato "Abbazia";
Chiesa di Sant'Elena;
Chiesa di Sant'Ignazio;
Chiesa di San Niceto (oggi Comune di Acquedolci) ;
Chiesa di Sant'Antonino;
Chiesa di San Dionisio.
Dalla chiesa di San Nicolò di Bari, considerata una seconda chiesa madre, dipendevano sei chiese urbane minori:
Chiesa della Maddalena;
Chiesa Maria Santissima del Rosario;
Chiesa del Santissimo Crocifisso;
Chiesa di San Michele Arcangelo;
Chiesa di San Paolo Apostolo;
Chiesa di Sant'Antonio Abate.
E altre sette chiese rurali disseminate nel territorio:
Chiesa Maria Santissima del Carmine;
Chiesa di San Francesco di Paola;
Chiesa Maria Santissima della Tedesca;
Chiesa di San Giacomo Apostolo (oggi Comune di Acquedolci);
Dopo la rovinosa frana dell'8 gennaio 1922, se ne salveranno poco meno della metà. Tra le chiese distrutte, la chiesa madre di Santa Maria Assunta ( Chiesa di San Benedetto il Moro ) che venne ricostruita ad Acquedolci ed è sede dal 1938 dell'unica Parrocchia d'Italia dedicata a San Benedetto il Moro.
La chiesa di San Nicolò venne gravemente danneggiata: rimangono alcuni resti nella parte alta del paese. Venne chiusa al pubblico per inagibilità e ricostruita in contrada Stazzone negli anni Cinquanta e Sessanta del Novecento. In seguito del secondo grande disastro franoso del 14 febbraio 2010, anche quest'ultima chiesa fu danneggiata fortemente, venendo rasa al suolo negli anni successivi. La frana del 2010 contribuì ad accelerare lo spopolamento della cittadina, a favore dei paesi della costa limitrofi.
Monumenti e luoghi d'interesse
Architetture religiose
Santuario dei Tre Santi (Alfio, Filadelfio e Cirino), di stile normanno, fondato attorno al 1090, posto sul Monte Vecchio. Fu costruito sui resti dell'antica Chiesa di Santa Maria Palatiorum costruita a sua volta con materiale recuperato da un tempio greco.
Chiesa di San Nicolò, edificata tra il 1952 e il 1955 in sostituzione della vecchia Chiesa di San Nicolò che risale al XVI secolo, danneggiata in gran parte dalla frana del 1922 e demolita nel 1951. Questa chiesa, ricostruita in località Stazzone, è stata nuovamente resa inagibile e pericolante con la frana del febbraio 2010.[31]
Chiesa del Crocifisso, che risale al XV secolo.
Chiesa ex convento, oggi Chiesa Maria SS. Assunta con annessa biblioteca del 1500 e un chiostro francescano. L'antica Chiesa Maria SS. Assunta, è stata completamente distrutta dalla frana del 1922 e ricostruita nella frazione di Acquedolci.[31]
Chiesa Maria SS. delle Grazie di stile tardo Barocco che risale agli decenni del 1600.
Chiesa di Sant'Antonio Abate, edificata nel 1800.
Chiesa di San Benedetto il Moro, edificata nel 1943.
Chiesa di S. Rita.
Cappella Maria SS. delle Catena.
Architetture civili
La Roccaforte e i resti del castello di San Filadelfio del XII secolo, distrutto dalle numerose frane.
Palazzo Mammana, palazzo storico del XV secolo.
Siti archeologici
Area archeologica dell'antica città greca di Apollonia.
Aree naturali
Parco regionale dei Nebrodi, istituito il 4 agosto 1993, con i suoi 86.000 ha di superficie è la più grande area naturale protetta della Sicilia che comprende gran parte del territorio comunale di San Fratello.
«Il dialetto gallo-italico parlato da tutti gli abitanti del luogo [San Fratello] è molto nettamente distinto dal siciliano, che penetra nel ceto borghese della città e viene anche usato nei rapporti con persone di altre località.»
(Karl Jaberg, Jakob Jud, Atlante linguistico ed etnografico dell’Italia e della Svizzera meridionale, vol. I, Milano 1987, p. 161[33])
Gli abitanti di San Fratello sono sempre stati percepiti come forestieri dagli altri siciliani che li hanno definiti per questo "i lombardi" o "i francisi", ovvero "i francesi" (in sanfratellano i franzais[35]). Grazie alla posizione di relativo isolamento del borgo situato sui monti Nebrodi, i sanfratellani, e di alcuni paesi in provincia di Enna, sono quelli che hanno mantenuto più a lungo e in modo più fedele la parlata gallo-italica originaria. In sanfratellano il borgo di San Fratello viene chiamato San Frareau[5] o San Frareu[7], mentre sanfratellano viene tradotto in sanfrardean[17].
Tradizione in ricorrenza della Settimana Santa: Festa dei Giudei
È una manifestazione folcloristica della settimana pasquale caratterizzata da gruppi di persone che scorrazzano per il borgo suonando trombe ed indossando un costume caratteristico detto appunto da "Giudeo". In accordo con la tradizione antisemita, il nome dei "Giudei", ovvero il popolo accusato per secoli di "deicidio", viene trasposto ad una sorta di demòni allegri e chiassosi, quanto il loro coloratissimo costume e la musica dei loro ottoni. L'abbigliamento si compone di una costosissima uniforme, detta giùbba, di foggia ottocentesca di colore giallo e rosso (simbolo della divisa militare dei legionari romani[senza fonte]), ricamata di perline, elmetto decorato, spalline militari, guanti e scarpe di pelle. Tra gli accessori dispongono, oltre agli ottoni, una d-shplìna ("disciplina") ossia un flagello metallico con cui si narra che i personaggi, cioè i legionari giudeo-romani, si castigassero per espiare la colpa di aver ucciso Cristo. Il volto è coperto da una maschera caratterizzata da una lunga lingua di stoffa con una croce ricamata sulla punta, in riferimento allo scherno che i soldati usavano fare alla figura del crocifisso. I festanti si immedesimano nei personaggi in una trasgressione che irride al carattere sacro ed austero della Passione, irrompendo con gli squilli delle loro trombe nelle meste processioni. I "Giudei" frequentano case e osterie facendosi offrire dolciumi e vin santo, trovando l'offerta di buon auspicio. La tradizione, che si svolge ogni anno nei giorni di mercoledì, giovedì e venerdì della Settimana Santa, attira di norma l'interesse di turisti e visitatori provenienti da paesi limitrofi.
10 maggio
È una tradizione che sembra avere origini medioevali risalenti agli anni di beatificazione e santizzazione dei santi patroni Alfio, Filadelfio e Cirino.
La tradizione consiste in una cavalcata dal paese fino al Monte San Fratello, meglio conosciuto come Monte Vecchio; per la cavalcata vengono per la maggior parte utilizzati i cavalli sanfratellani.
Cultura
Biblioteche e musei
Museo Etno Storico Antropologico della cultura dei Nebrodi "Ermenegildo Latteri", ubicato nel quartiere greco-normanno.
Biblioteca "Benedetto Craxi", biblioteca comunale del 1500 intestata al prof. Benedetto Craxi, nonno del celebre politico, che contiene circa 3000 volumi fra i quali rari e preziosi codici.
Economia
San Fratello basa la sua economia sull'agricoltura e, soprattutto, sull'allevamento equino. Di notevole importanza è la razza del cavallo Sanfratellano, animale docile e di costituzione forte e robusta: si ritiene sia stata introdotta nei boschi di San Fratello dai Normanni che li usavano come cavalli da battaglia; secondo altri studiosi, essa è da considerarsi razza autoctona, originale siciliana.
Agricoltura
L'attività agricola si basa sulla produzione dell'olio d'oliva a bassa acidità.
Per quanto riguarda l'allevamento, di notevole importanza è quello dei bovini di razza locale dei colore rosso, di notevole resistenza alle malattie, e di grande adattabilità alle avversità ambientali. La ricchezza foraggiera offerta dai pascoli, non serve solo per i bovini ma anche per l'allevamento di ovini, caprini, suini neri dei Nebrodi ed equini che pascolano liberi, sfruttando anche il sottobosco. L'allevamento dunque, avviene allo stato brado con periodiche transumanze che mediamente si svolgono tra giugno e ottobre. Da questa attività zootecnica, praticata di generazione in generazione con metodi tradizionali, derivano numerosi prodotti tipici locali: formaggi, provole, ricotta ed insaccati. Tali prodotti vantano il grande pregio della genuinità, del buon sapore ed un alto valore nutrizionale.
Artigianato
Coltelli sanfratellani
Una tradizione molto particolare di San Fratello è quella dei coltelli artigianali. Tramandata sapientemente di generazione in generazione dai maestri fabbri-maniscalchi del paese: si tratta appunto del coltello tipico "Sanfratellano" che per la sua lavorazione artigianale e la sua tipicità lo si può definire sicuramente tra i coltelli artigianali più utilizzati e conosciuti di tutta la Sicilia e non solo.
La loro caratteristica principale oltre al manico in corno bovino tipicamente siciliano, è la parte in metallo tra la lama e il manico. Il tradizionale coltello sanfratellano può avere anche la lama mozza.
Amministrazione
Di seguito è presentata una tabella relativa alle ultime amministrazioni che si sono succedute in questo Comune.
^abcGisella Pizzuto, Oro antico: parole d'amore, parole d'onore: antologia della poesia nei dialetti di Sicilia, dall'unità d'Italia al 1997, Prova d'autore, 1997, p 264.
^Patrizio Pensabene, Piazza Armerina: Villa del Casale e la Sicilia tra Tardoantico e Medioevo, L'Erma di Bretschneider, 2010, p. 145.
^abGiuseppe Pitrè, Fiabe e leggende popolari siciliane, ristampa, Forni editore, 1969, p. 460.
^abCarmela Bonanno, Giovanni Perrotta, Apollonia: indagini archeologiche sul Monte di San Fratello, Messina, 2003-2005, L'Erma di Bretschneider, Roma 2008, p. 82.
^abGrande Enciclopedia Vallardi, Vallardi editore, Milano 1980, p. 108.
^abQuaderni dell'Istituto di storia dell'architettura, Università di Roma, Volumi 22-23, Roma 1975, p. 26.
^Con il termine "lombardia", in età medievale si indicava una zona molto più ampia dell'attuale Lombardia, comprendente genericamente l'intero Nord-Italia
^abGiulia Petracco Siccardi, Gli elementi fonetici e morfologici settentrionali nelle parlate gallo-italiche del mezzogiorno, in «Bollettino del Centro Studi Filologici e Linguistici Siciliani», X, pp. 326-358.
^Migrazioni interne: i dialetti galloitalici della Sicilia, Centro di studio per la dialettologia italiana, Unipress, Padova 1994, p. 20.
^Girolamo Caracausi, Dizionario onomastico della Sicilia. Repertorio storico-etimologico di nomi di famiglia e di luogo, Centro di Studi Filologici e Linguistici Siciliani, Palermo, 1993, p. 1425.
^Carmela Bonanno (a cura di) Apollonia, indagini archeologiche sul monte di San Fratello 2003-2005, L'Erma di Bretschneider, Roma.
^abGiovan Battista Pellegrini, Toponomastica italiana: 10000 nomi di città, paesi, frazioni, regioni, contrade, fiumi, monti spiegati nella loro origine e storia, Hoepli, Milano 1990.
^Si noti che in Lombardo fratello è fradel, fredèl, mentre in Piemontese è fratèl, fradèl.
^Con il toponimo Alunzium o Altuntium si identifica anche l'antica cittadina romana nei pressi delle vicina San Marco d'Alunzio.
^Anche nominati come Elfo, Cerino e Filadelfo. Cfr. C. Trasselli, Porti e scali in Sicilia, in AA.VV., Les grandes escales, XXXIII, Deuxième partie Les temps moderne, Bruxelles 1972, p. 273.
^Giuseppe Carnevale, Storia e descrizione del regno di Sicilia, Napoli, 1591. Caltanissetta 1987, Lib. II, p. 153
^Salvatore C. Trovato, Convegno di studi su Dialetti galloitalici dal Nord al Sud: realtā e prospettive, Volume 2 di Progetto Galloitalici, Università di Catania, cattedra di geografia linguistica, Lunario, Catania 1999, p. 162.
^Chiamati tutti genericamente lombardi, in quanto corruzione di longobardi. Con Lombardia, difatti, fino a qualche secolo fa si intendeva un territorio molto più vasto dell'omonima regione, un'area più vasta dell'Italia settentrionale, che comprendeva, oltre la Lombardia vera e propria, anche il Piemonte, l'Emilia e la Liguria.
^Maria Adele Di Leo, Feste popolari di Sicilia, Newton & Compton, 1997, p. 215.
^Riccardo Filangieri, I registri della Cancelleria angioina: ricostruiti da Ricardo Filangieri con la collaborazione degli archivisti napoletani Regia Cancelleria, L'Accademia Pontaniana, Napoli 1957, p. 263.
^Vincenzo Palizzolo Gravina, «Il blasone in Sicilia, ossia raccolta araldica», Visconti e Huber, Palermo, 1871-1875, p. 122
^abGiovanni Luca Barberi, I capibrevi, II, I feudi di Val Demone (a cura di G. Silvestri), Palermo, 1886.
^Luigi Vasi, Delle origini e vicende di San Fratello, Palermo 1882, pp. 239-310.
^Karl Jaberg, Jakob Jud, Atlante linguistico ed etnografico dell’Italia e della Svizzera meridionale, vol. I, Milano 1987, p. 161.
^La lunga "quaestio" sui luoghi di origine dei migranti che portarono a San Fratello la sua parlata appassionò molti linguisti e glottologi, che si confrontarono tra la fine dell'800 e l'inizio del '900 (1884-1910). Con varie tesi, si cimentarono nella discussione i glottologi Giacomo De Gregorio, Giuseppe Morosi, Carlo Salvioni, Whilelm Meyer Lübke, ma si registrano anche gli apporti di storici, quali M. Amari, di folkloristi come Giuseppe Pitrè e Lionardo Vigo, nonché di studiosi locali come Remigio Roccella e Luigi Vasi. La ricostruzione del dibattito è fedelmente descritta in: Domenico Santamaria, «Graziadio Isaia Ascoli e il dibattito sui dialetti galloitalici della Sicilia», in Salvatore C. Trovato, (a cura di), «Progetto Galloitalici. Saggi e Materiali - 2. Convegno di Studi su Dialetti galloitalici dal Nord al Sud. Realtà e prospettive, Piazza Armerina, 7-9 aprile 1994», Enna Il Lunario, pp. 227-275. Oggi gli studiosi sono concordi nell'identificare la zona di origine dei flussi migratori settentrionali con un'area di contatto tra il Piemonte meridionale e una zona montana della Liguria occidentale (vedi: Giulia Petracco Siccardi, «Gli elementi fonetici e morfologici "settentrionali" nelle parlate gallo-italiche del Mezzogiorno», in «Bollettino del Centro Studi Filologici e Linguistici Siciliani», X, pp. 326-358, e Max Pfister, «Galloromanische Sprachkolonien in Italien und Nordspanien», Mainz/Stuttgart, Akademie der Wissenschaften und der Literatur/Steiner, 1988)
^Gli stessi sanfratellani, come gli altri gallo-italici della Sicilia, per riferirsi a se stessi hanno usato nel corso dei secoli l'appellativo di lombardi o franzais.
Girolamo Caracausi, «Dizionario onomastico della Sicilia. Repertorio storico-etimologico di nomi di famiglia e di luogo», Centro di Studi Filologici e Linguistici Siciliani, Palermo, 1993
Giacomo De Gregorio, Sulla varia origine dei dialetti gallo-italici di Sicilia, con osservazione sui pedemontani e gli emiliani, in Archivio Storico Siciliano, XXII, 1897
Giacomo De Gregorio, Ultima parola sulla varia origine del Sanfratellano, Nicosiano e Piazzese. in Romania. XVIII, 1899
Giacomo De Gregorio, Ancora sulle cosiddette Colonie lombarde – Replica a Luigi Vasi, in Archivio Storico Siciliano, XXV, 1900
Bruno Di Bartolo, Salvatore Mangione, L'epopea dei Lombardi in Sicilia, 1997
Salvatore Di Fazio, Personaggi storici di San Fratello, 2006
Benedetto Di Pietro, Â taburnira (All'imbrunire), poesie nel dialetto galloitalico di San Fratello, 2001
Benedetto Di Pietro, Faräbuli – 42 favole di Jean De la Fontaine scelte e riscritte nel dialetto galloitalico di San Fratello, 2004
Benedetto Di Pietro, I primi canti lombardi di San Fratello, Montedit, 2007
Pierpaolo Faranda, Città-giardino: il piano di Acquedolci. Storia e urbanistica di una città siciliana fondata in era fascista (1922-1932), Qanat, Palermo 2010.
Giulia Petracco Siccardi, "Gli elementi fonetici e morfologici settentrionali nelle parlate gallo-italiche del mezzogiorno", in «Bollettino del Centro Studi Filologici e Linguistici Siciliani», X, pp, 326-358.
Max Pfister, «Galloromanische Sprachkolonien in Italien und Nordspanien», Mainz/Stuttgart, Akademie der Wissenschaften und der Literatur/Steiner, 1988.
Luigi Vasi, Del dialetto sanfratellano, discorso, G. Barravecchia, 1875