Tre anni dopo Enrico morì, e per un anno Costanza restò sola a governare la Sicilia. Pochi mesi prima della morte incoronò il figlio di quattro anni Federico II, posto sotto tutela papale dalla morte della regina. Aveva così inizio nel 1198 la nuova dinastia degli Svevi in Sicilia.
Come reggente, governò la madre Costanza, fino alla sua morte nel 1198.
Papa Innocenzo III affidò il giovane re a un consiglio di reggenza, riconoscendogli la successione al trono siciliano. Dal 1201 al 1206 Federico fu sotto la tutela di Marcovaldo e poi di Guglielmo di Capparone
Federico II solo nel 1208, divenuto quattordicenne, assunse di fatto il regno.
Durante il suo regno si assistette all'espulsione e alla deportazione dei musulmani rimasti in Sicilia, iniziatasi nel 1220, e conclusasi nel 1239 con le ultime deportazioni a Lucera.
Il suo regno fu tuttavia caratterizzato dalle lotte contro il Papato e i Comuni italiani, nelle quali riportò vittorie o cedette a compromessi, organizzando la quarta crociata e dotando l'isola e il meridione di castelli e fortificazioni. Volle essere sepolto nella cattedrale di Palermo, quando nel 1250 si concluse improvvisamente la sua vita.
Manfredi di Svevia
Federico II nel suo testamento nominava il figlio secondogenito Corrado IV erede universale e suo successore sul trono imperiale, su quello di Sicilia e su quello di Gerusalemme, e lasciò al figlio naturale Manfredi il Principato di Taranto con altri feudi minori, e inoltre la luogotenenza del regno di Sicilia. Nell'ottobre 1251 Corrado si mosse verso la penisola dove incontrò i vicari imperiali, e nel gennaio 1252 sbarcò a Siponto, proseguendo poi insieme a Manfredi nella pacificazione del Regno. Nel 1253 riportarono sotto il loro controllo le riottose contee di Caserta e Acerra, conquistarono Capua e nell'ottobre infine anche Napoli. Il 21 maggio Corrado morì di malaria[1] lasciando il figlio Corradino sotto la tutela del papa. Il Papato, che continuava a non vedere di buon occhio l'insediamento della casa imperiale di Svevia promise il regno a Edmondo il gobbo purché occupasse il regno con un esercito proprio. Manfredi grazie però alla fine abilità diplomatica ereditata dal padre, concluse con il pontefice un accordo, che vide l'occupazione pontificia con una semplice riserva dei diritti di Corradino e propri. Manfredi, non ritenendosi sicuro di fronte al papa, arruolò un ingente esercito per muovere guerra all'esercito pontificio, che sconfisse presso Foggia. Nel corso del 1257 la guerra procedette vantaggiosamente per gli Svevi, Manfredi sbaragliò l'esercito pontificio e domò le ribellioni interne.
Diffusasi nel 1258, probabilmente per opera stessa di Manfredi[2], la voce della morte di Corradino, i prelati e i baroni del regno invitarono Manfredi a salire sul trono ed egli fu incoronato il 10 agosto nella cattedrale di Palermo. Tale elezione non venne riconosciuta dal papa Alessandro IV che ritenne pertanto Manfredi un usurpatore. Fra il 1258 e il 1260 la potenza di Manfredi, diventato ovunque capo della fazione ghibellina, si estese in tutta la penisola, la sua potenza fu aumentata anche dal matrimonio della figlia Costanza con Pietro III d'Aragona (1262).
La fine del regno svevo
Manfredi venne scomunicato, e nel 1263 il francese papa Urbano IV offrì la corona a Carlo I d'Angiò, fratello del Re di Francia Luigi IX. Questi promosse una spedizione militare per conquistare il Regno. Manfredi venne sconfitto nella decisiva battaglia di Benevento, avvenuta il 26 febbraio 1266.
Ebbe però il suo fulgore nella prima metà del XIII secolo, presso la corte di Federico II di Svevia, con esponenti come Giacomo da Lentini, Cielo d'Alcamo, Guido delle Colonne. L'impianto non fu accademico, nel senso che non si trattò di una Scuola in senso istituzionale, assumendo piuttosto i contorni di un movimento culturale. La poesia lirica della scuola, in volgare siciliano aulico, ebbe anche il merito di introdurre il sonetto. Federico fu letterato egli stesso, autore di un trattato di falconeria, il De arte venandi cum avibus. Anche il figlio Manfredi ha lasciato segni e documenti della sua liberale predisposizione nei confronti delle arti e della cultura, così come un altro figlio di Federico, Enzo di Svevia, che si dilettò a scrivere poesie secondo i canoni della scuola poetica siciliana.
Teodoro d'Antiochia approdò alla corte di Federico II nel 1230, dove venne nominato consigliere naturale del re con funzioni di astrologo, di indovino e di medico; il suo incarico di consigliere sostituiva quello di Michele Scoto, oramai deceduto[3].
Nel periodo tra il 1230 - 1240 nella Magna Curia lo studio astronomico venne poi oltrepassato all'astrologia[4]. Il matematico J.E. Montucla annovera Federico II come un fomentatore dell'astronomia[5] e lo loda per la traduzione dalla versione araba alla latina dell'Almagesto di Tolomeo[6], con una nuova traduzione dell'opera poi donata dal re all'Università di Bologna. Negli studi astronomici Federico II portava sempre un globo con costellazioni, orbite e movimenti dei pianeti, così da istruirsi in astronomia. La magnifica curiosità per le predizioni astrologiche[7] lo portava a circondarsi di numerosi e dotti astrologi. Nel 1236 si fece predire da quale porta della città di Vicenza dovesse uscire la sua armata,[8] mentre nel 1239 la predizione dell'ora per muovere il suo esercito da Padova a Castelfranco venne comandata a Maestro Teodoro per mezzo dell'astrolabio[9]. Consultava gli astrologi anche per edificare le città come ad esempio Vittoria presso Parma, poi distrutta; si fece inoltre predire il luogo della sua morte avvenuta a Castel Fiorentino, Puglia in una torre con porte di ferro[10].
L'imperatore conversava con gli intellettuali e i dotti europei più rinomati dell'epoca tra cui Michele Scoto[11], che tradusse dall'arabo scritti di Aristotele quali l'Historia animalium integrata dalla traduzione dell'Abbreviatio Avicennae de animalibus[12], elevando la Sicilia a luogo di studio del sapere e luogo di ricerche alchemiche e fisiognomiche[13]
Il matematico Leonardo Fibonacci divulgò il sistema delle cifre numeriche indo-arabe, e sviluppò metodi algebrici, problemi indeterminati e analisi pubblicate nel Liber abaci, nel Flos e nel Liber quadratorum. Lo spunto dei trattati proveniva dai tornei matematici che a base di equazioni si organizzavano a corte. Se il torneo assumeva una dimensione internazionale coinvolgeva anche i centri culturali islamici, gli "enigmi sapienziali" venivano inviati in Africa, Egitto, Siria, Asia Minore e Yemen[14]. La prassi dei quiz mondiali era indice dei pacifici contatti intercorrenti fra l'imperatore e i sultani del mediterraneo[15].
Su questioni metafisiche e cosmologiche l'imperatore si rivolgeva alle cerchie dell'esoterismo islamico. Alcuni suoi quesiti i cosiddetti «Quesiti Siciliani» conservati in un codice arabo[16] giunsero a Ceuta ed in Marocco. Nel 1240 secondo lo storico arabo Ibn Washya, ben cinque questioni fra cui alcune sulla creazione del mondo e l'immortalità dell'anima furono poste da Federico II. « Il primo » dei quesiti era sul tema della metafisica aristotelica, la prova aristotelica in favore dell'eternità dell'Universo; «il secondo», il fine e i presupposti della teologia per gli antichi greci e i sufi; «il terzo» riguardava i significato e il numero delle categorie di Aristotele; «il quarto», la prova dell'immortalità dell'anima e le differenze tra la teoria di Aristotele e quella di Alessandro di Afrodisia; « il quinto » quesito era sulla curiosità cioè quale era il significato dell'affermare « il cuore del credente è fra due dita del Misericordioso ». Ai quesiti ed all'ultimo ḥadīth la risposta pervenne dal mistico Ibn Sab'in con «Le due dita rappresentano l'una il bene e l'altra il male... e Dio le rivolta come vuole!»[17]
Gli svevi nelle città
A Catania
La nobiltà catanese non ebbe un rapporto felice con gli Hohenstaufen; nemmeno con il grande Federico II al quale si ribellò nel 1232. L'astio verso il potere imperiale fece nascere diverse leggende tra le quali quella che vuole che il castello Ursino sia stato voluto da Federico II per tenere a bada la popolazione. Avvenimento importante per il futuro della città fu l'inserimento di Catania tra le città demaniali. Finiva così la totale egemonia del vescovo-conte.
A Enna
Nell'allora Castrogiovanni, l'odierna Enna, gli svevi impressero notevolissime tracce della loro presenza, specialmente nell'architettura militare che apportarono alla città. Federico II di Svevia, infatti, scelse Enna come residenza estiva, e a tale scopo ristrutturò completamente il Castello di Lombardia, facendo rinforzare le sue mura di ben 20 torri e costruendovi un suo palazzo e una cappella vescovile, dove convocò il primo Parlamento siciliano. Sempre all'imperatore svevo si deve la Torre di Federico II di Enna, uno dei più mirabili esempi d'architettura federiciana in Sicilia.
A Siracusa
La conquista sveva di Siracusa avviene solo nel 1221. Precedentemente, Siracusa è stata inclusa nei domini genovesi per 15 anni. La dominazione genovese favorisce l'incremento del commercio. Sotto i normanni, Siracusa rafforza la sua posizione di bastione militare, si avvia la costruzione del Castello Maniace, nonché l'edificazione di diversi edifici: il primo impianto di palazzi storici come quello Vescovile e il palazzo Bellomo.
Ad Augusta
Il castello di Augusta fu costruito sotto Federico II. Indagini archeologiche rivelarono una torre ottagonale nella parete sud del cortile (i resti si trovano dentro l'edificio nell'ala costruita dagli spagnoli). Lui trovò una dimora nel forte Garcia e mentre l'altro forte Vittoria appartenne a sua moglie la regina Vittoria.
Ricerca
Alcuni tra i più noti ricercatori tedeschi della storia siciliana sotto gli Svevi furono Ernst Kantorowicz e Willy Cohn.
Note
^Corse voce che Manfredi avesse fatto avvelenare il fratello, ma al riguardo non si hanno prove.
^Importante opera astronomica scritta nel 150 da Claudio Tolomeo che per più di mille anni costituì la base delle conoscenze astronomiche
^Le predizioni al secolo erano ritenute come "follie di cotali impostori"
^La predizione gli fu scritta in un bigliettino chiuso, da aprire subito dopo al di fuori le mura cittadine (cit. da Antonio Godi in Antica Cronaca di Vicenza, 1236 circa)
^La previsione venne fatta con la frase "alle porte di ferro, in luogo con il nome dal fiore" - (cit. da frate Francesco Pipino del 1320)
^Studioso britannico formatosi alla scuola di Toledo in Spagna
^De animalibus dello scrittore Ibs Sina noto come Avicenna
^Lo studio di M. Scoto era nella continuazione dell'opera di Gerardo da Cremona
^La risoluzione pervenne dal califfo Almohade-Abd-al-Wahid-ar-Rashid (nel 1232-1242) tramite il mistico Ibn Sab'in un sufi andaluso di Murcia che inviò i suoi toni ironici per i vizi di forma nei quesiti.
^Le relazioni col sultano Ayyubide-al-Malik-al-Kamil nella "Crociata diplomatica" del 1229 portarono ad una tregua decennale che permise all'imperatore di indossare la corona di Gerusalemme restituendo alla cristianità Betlemme e Nazaret(cit. da V. Bianchi, L'Islam in Italia, Milano, 2002)
^Il codice fu scoperto e parzialmente tradotto da Michele Amari nel 1853
^cit. dal Trattato, Domande II:traduzione e commento e da Archivio Storico Siciliano del 1975