TT320 (precedentemente indicata come DB320) (Theban Tomb 320 o Deir Bahari 320) è la sigla che identifica una delle Tombe dei Nobili[N 1][1] ubicate nell'area della cosiddetta Necropoli Tebana, sulla sponda occidentale[N 2] del Nilo dinanzi alla città di Luxor[N 3][2], in Egitto. Per via dei faraoni che vi furono traslati in segreto per nasconderli dai predoni che profanavano la Valle dei Re, questa tomba è anche conosciuta come Nascondiglio reale (Royal cache).
Destinata a sepolture di nobili e funzionari connessi alle case regnanti, specie del Nuovo Regno, l'area venne sfruttata, come necropoli, fin dall'Antico Regno e, successivamente, sino al periodo Saitico (con la XXVI dinastia) e Tolemaico.
TT320/DB320 era la tomba di:
Inhapi era, verosimilmente, sposa del re Ahmose I. Nessun'altra notizia biografica è ricavabile.[3]
La TT320, precedentemente nota come DB320, è costituita da un pozzo verticale e da un appartamento sotterraneo. Si è a lungo ritenuto che la TT320 fosse la tomba della regina Inhapi e solo successivamente utilizzata come deposito per oltre cinquanta mummie reali di dinastie successive alla XVIII cui la regina apparteneva; il fatto che la sua mummia sia stata perciò rinvenuta molto vicina all'ingresso, come depostavi per ultima, ha fatto sorgere il dubbio che, in realtà, anche il corpo della regina sia stato qui nuovamente sepolto provenendo da altra tomba[3]. È stato perciò ipotizzato che la sepoltura fosse originariamente stata prevista, durante la XXI dinastia, per il Primo profeta di Amon Pinedjem II, e per sua moglie Neskhons. La morte di Pinedjem risale al 969 a.C., periodo di turbolenze politico-sociali che comportarono la necessità di sottoporre le tombe reali a verifiche per constatarne l'integrità e salvaguardare, eventualmente, i corpi degli occupanti. Ne derivò l'opportunità di trasferire alcuni dei re in questa che divenne, perciò, una sorta di deposito, o nascondiglio, in cui trovarono posto oltre cinquanta mummie.
Venne originariamente scoperta, verosimilmente nel 1860, dalla famiglia Abd el-Rasul che ne depredò gli occupanti ponendo sul mercato clandestino molte delle suppellettili con cui erano stati sepolti. Proprio tale mercato attirò l'attenzione delle autorità locali che vi posero fine quando, nel 1881, la tomba venne nuovamente scoperta dall'archeologo Émile Brugsch, che ne individuò il pozzo verticale, nascosto sotto vari strati di pietrame. Nel 1938 la tomba venne nuovamente esplorata e dal 1988 è oggetto di lavori di restauro a cura di una squadra russo-tedesca diretta dall'egittologo Erhart Graefe.[5] Gaston Maspero nei suoi appunti registra tre graffiti in ieratico, nel pozzo verticale (oggi distrutti), facenti riferimento alla sepoltura della principessa Eskhonsu nell'anno V, probabilmente di Siamon, e alla sepoltura di Pinedjem nell'anno X di Siamon. Altro graffito faceva riferimento alla regina Inhapi[6]; Maspero riferisce di analogo graffito riferito alla regina nella camera funeraria[7]. Venne inoltre repertato un sigillo in argilla recante il titolo di un prete sem[N 7] del Ramesseum durante il regno di Siamon.
[11]; mummia Museo del Cairo (cat. CG 61067)
Nella TT320 vennero inoltre repertate ulteriori suppellettili[13]:
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