Com'era ormai prassi da qualche anno nei campionati esteri,[1] da questa stagione anche la Serie A diede il via libera agli sponsor di maglia;[2] anche per venire incontro a una situazione debitoria che per vari club, dalla fine del precedente decennio, si era fatta ormai insostenibile.[3] La Lega Nazionale Professionisti permise accordi con un solo marchio pubblicitario per squadra, apposto sul petto e per lo spazio massimo di 100 cm².[2]
Calciomercato
Con la succitata liberalizzazione pubblicitaria, nuovi gruppi imprenditoriali si avvicinarono alla disciplina e il calciomercato si movimentò: anche realtà non di primo piano come l'Udinese e il Cesena potevano ora permettersi, rispettivamente, rinforzi del calibro di Causio o l'ingaggio di affermati giocatori stranieri come l'austriaco Schachner.[5]
La Juventus campione uscente si limitò al piccolo cabotaggio acquistando il promettente sammarinese[N 1]Bonini e il momentaneamente squalificato Rossi, richiamando in sua vece Virdis.[7] Sull'altra sponda cittadina, fecero ritorno al Torino diversi ex quali Ferri, Dossena e Beruatto: nel difficile tramonto dell'era Pianelli le ristrettezze economiche costrinsero infatti a ripensare le geometrie della squadra granata. Fu così la rinnovata e ambiziosa Fiorentina dei Pontello ad assicurarsi Pecci e Graziani,[8] oltre all'ex juventino Cuccureddu: questi esperti elementi facevano parte di una corposa campagna acquisti che annoverava anche validi giovani quali Vierchowod, Massaro e Monelli.[9]
Il mercato delle provinciali vide il Catanzaro, reduce dal più che positivo precedente campionato, sostituire il summenzionato Palanca col promettente Bivi pescato in Serie C2;[10] l'Ascoli affidò le chiavi della porta al rientrante Brini, anch'egli reduce da un'esperienza in quarta serie; attinse dalle categorie inferiori pure l'Avellino col terzino Favero. L'Udinese, come accennato, scommise sul maturo Causio il quale, smentendo chi ne pronosticava un ormai avviato declino, al contrario in provincia vivrà una «seconda giovinezza»[11] fino a venire eletto migliore giocatore del torneo.[12]
Infine tra le neopromosse spiccarono le manovre delle due blasonate: il Milan, non nascondendo ambizioni d'immediato ritorno ai piani alti della classifica, chiamò al timone Luigi Radice così come in attacco, fallita una trattativa per Zico, ingaggiò lo scozzese Jordan dagli inglesi del Manchester Utd,[13] mentre il Genoa puntò sul nazionale belga Vandereycken.[14]
Avvenimenti
Girone di andata
La Juventus partì decisa inanellando sei vittorie di fila, tra cui un 6-1 al debutto al neopromosso Cesena, ma gli equilibri nel girone di andata furono presto modificati da defezioni importanti.
Al neojuventino Rossi fu negato uno sconto di pena per i fatti del Totonero, costringendolo a rinviare il rientro in campo alla successiva primavera;[15] il milanista Franco Baresi fu costretto allo stop dopo quattro giornate poiché affetto da un raro virus;[13] a fine ottobre la Roma perse per infortunio Ancelotti,[16] elemento cardine del suo centrocampo, e, nonostante tra il settimo e l'ottavo turno i capitolini saliranno comunque in testa alla classifica (espugnando peraltro il terreno degli scudettati uscenti),[17] abbandonarono presto la vetta per poi declinare le loro ambizioni tricolori;[9] a inizio novembre lo juventino Bettega si lesionò il ginocchio durante un incontro di Coppa dei Campioni,[18] chiudendo precocemente la stagione;[15] infine al termine dello stesso mese, il capitano viola Antognoni ebbe un violento contrasto di gioco con il portiere del Genoa, Martina, subendo due fratture al cranio che fecero addirittura temere per la vita del calciatore.[9]
Fiorentina e Juventus si assestarono comunque in testa, e mantennero la vetta senza troppi patemi. Furono i toscani di Giancarlo De Sisti a concludere il girone di andata al primo posto, con un punto di vantaggio. Sul fronte opposto della classifica, la zona salvezza annoverava illustri compagini: incontravano infatti difficoltà il Torino, un Milan troppo sterile in attacco[13] e un traballante Bologna; i felsinei, in particolare, erano sorretti unicamente dalla qualità espressa dal giovane Mancini, uno dei nomi nuovi che si stavano mettendo in mostra in quest'edizione del torneo[19] insieme allo juventino Galderisi, fantasista giocoforza promosso da Giovanni Trapattoni dalla squadra Primavera onde sopperire alla sventura occorsa all'attacco piemontese.[15]
Girone di ritorno
Nel girone di ritorno viola e bianconeri allungarono il passo sulle inseguitrici, mantenendo una marcia fatta di continui agganci e allunghi. I torinesi, grazie a una nuova striscia di sei successi consecutivi culminata nel 3-0 con cui violarono l'Olimpico di Roma, si ripresero la vetta solitaria a metà marzo;[20] i gigliati, a loro volta in serie positiva, e passato indenni lo scontro diretto di Firenze,[21] li riagganciarono un mese dopo facendo loro di misura il derby dell'Appennino;[22] ancora la Vecchia Signora riguadagnò la prima piazza alla terz'ultima giornata, vincendo in rimonta 5-1 a Udine nella partita che segnò, inoltre, il ritorno in campo (e al gol) di Rossi;[23] appena la settimana dopo, tuttavia, il passo falso interno contro il Napoli permise un nuovo aggancio dei toscani, a loro volta vittoriosi sui succitati friulani.[24]
Le due squadre si presentarono dunque al turno conclusivo alla pari, con 44 punti e due trasferte da affrontare. In una volata finale non priva di polemiche,[N 2] la Fiorentina non riuscì a scardinare la retroguardia di un pericolante Cagliari ancora in lotta per la salvezza, mentre a un quarto d'ora dal termine la Juventus trasformò con l'irlandese Brady, alla sua ultima gara in bianconero, il rigore che permise di battere un pugnace Catanzaro,[15] da par suo, artefice della migliore stagione della sua storia col settimo posto finale, trascinato dalle reti del giovane Bivi il quale chiuse la classifica marcatori al secondo posto,[10] dietro al romanista Roberto Pruzzo capocannoniere per il secondo anno consecutivo.
I bianconeri esorcizzarono così la prospettiva di uno spareggio e si aggiudicarono il loro ventesimo titolo, quello della seconda stella; di contro, a Firenze, l'epilogo del campionato portò lo storico livore anti-juventino della tifoseria viola a uno dei suoi apici.[28] Al di fuori delle polemiche tra le due fazioni, gli addetti ai lavori individuarono nella prolungata assenza di Antognoni, di fatto leader insostituibile, l'episodio che precluse alla Fiorentina la strada verso il tricolore; dall'altra parte la Juventus, pur privata del bomber Bettega per quasi tutta la stagione, trovò invece nella forza e unione del collettivo la spinta per rimanere ai vertici, aiutata anche dai gol della giovane scoperta Galderisi.[29]
L'ultima giornata fu decisiva anche per conoscere gli esiti di una zona retrocessione, oltremodo affollata, e con il solo Como già rassegnato al declassamento. Con quattro squadre in bilico, i risultati furono a sorpresa fatali per due tra le compagini all'epoca più titolate nell'albo d'oro del campionato: il Bologna, sconfitto nel finale ad Ascoli Piceno, dopo 73 anni retrocesse in Serie B per la prima volta nella sua storia, accompagnato dal Milan (alla sua seconda retrocessione, ma questa volta con il verdetto sancito dal campo) vittorioso sì a Cesena, ma condannato dai concomitanti pareggi del Cagliari contro i gigliati e del Genoa sul campo del Napoli, quest'ultimo giunto a 5' dalla fine.[30] Con la retrocessione dei felsinei, Inter e Juventus rimasero le uniche squadre ad aver partecipato a tutti i campionati di Serie A a girone unico fin lì disputati. Furono i partenopei ad aggiungersi al novero delle squadre qualificate alle coppe europee per l'anno successivo: grazie alla rinuncia degli albanesi del Flamurtari Valona, infatti, gli azzurri occuparono un terzo slot e raggiunsero in Coppa UEFA Fiorentina e Roma.[31]
Lo spirito di gruppo dei neocampioni d'Italia convinse il commissario tecnico della nazionale, Enzo Bearzot, ad affidarsi ancora al Blocco-Juve per il fortunato mondiale di Spagna 1982 alle porte,[15] scommettendo in questo senso sul rientrante Rossi, reduce da tre sole presenze nel finale di campionato, e preferendolo ad altri elementi messisi maggiormente in luce sottorete nell'arco del torneo: su tutti Pruzzo,[32] capocannoniere uscente ma non congeniale alle idee del citì, oltreché Beccalossi, Bivi e Pellegrini.[33]
Il sorteggio del calendario di Serie A e di Serie B avvenne il 23 luglio 1981.[38] Il Cagliari richiese la riscrittura del calendario, in quanto non sarebbe stata inserita tra le "teste di serie", a loro dire spettante a seguito del piazzamento maturato nel campionato precedente;[39] il presidente della Lega Nazionale Professionisti, Renzo Righetti, invitò i dirigenti della squadra sarda a un confronto:[40] l'eccessivo numero di richieste effettuate dalle diverse squadre, in merito alla compilazione del calendario, nelle prime giornate, aveva costretto a far uscire la squadra rossoblù dal novero delle teste di serie, costringendola a un calendario iniziale impegnativo.[41] Il calendario non venne modificato.
Minor numero di pareggi: Juventus, Roma e Udinese (8)
Minor numero di vittorie: Como (3)
Maggior numero di sconfitte: Como (16)
Peggiore attacco: Como (18 reti fatte)
Peggior difesa: Como (42 reti subite)
Peggior differenza reti: Como (-24)
Miglior sequenza di partite utili: Fiorentina (22, dalla 9ª alla 30ª giornata)
Partita con più reti: Juventus-Cesena 6-1 (1ª giornata)
Individuali
Classifica marcatori
Nel corso del campionato furono segnate complessivamente 474 reti (di cui 22 su autorete e 40 su calcio di rigore) da 142 diversi giocatori, per una media di 1,97 gol a partita. Di seguito la classifica dei marcatori.[45]
Media spettatori della Serie A 1981-82: 31 941.[46]
Club
Pos.
Media
Napoli
1
58.267
Fiorentina
2
47.660
Milan
3
45.781
Roma
4
45.289
Inter
5
43.970
Juventus
6
37.500
Genoa
7
34.767
Udinese
8
31.838
Cagliari
9
26.425
Bologna
10
25.917
Torino
11
24.105
Avellino
12
23.303
Cesena
13
20.222
Ascoli
14
17.506
Catanzaro
15
16.123
Como
16
12.301
Note
Esplicative
^Fino al 1988, anno di affiliazione della FSGC alla UEFA, i calciatori sammarinesi erano assimilati agli italiani e pertanto non influivano sul numero di stranieri in rosa.[6]
^In merito agli eventi dell'ultima giornata, la Fiorentina recriminò veemente per un gol annullato a Francesco Graziani,[9] «ma già la moviola di Carlo Sassi alla Domenica Sportiva fa notare il movimento dell'argentino [Daniel Bertoni, ndr] a disturbare Corti, che Mattei ben piazzato rileva abbastanza chiaramente». Oggetto di controversia fu anche l'intervento dello juventino Sergio Brio su Carlo Borghi, «che le moviole della sera dissezioneranno con impassibilità da entomologo: di gomitata si trattava, e dunque di rigore»;[25] la carta stampata ebbe una posizione simile circa quest'ultimo episodio,[26][27] anche se rimarcò come l'arbitro di quell'incontro, Claudio Pieri, «alla settima giornata [...] aveva concesso alla Fiorentina un gol-fantasma utile ai viola per battere il Torino».[27] In generale, gli episodi più discussi nell'arco del campionato e messi sotto la lente d'ingrandimento dagli addetti ai lavori videro un prevalere di decisioni a favore della Fiorentina.[26][27]
Giuseppe Bagnati, Vito Maggio e Vincenzo Prestigiacomo, Il Palermo racconta: storie, confessioni e leggende rosanero, Palermo, Grafill, 2004, ISBN88-8207-144-8.
Arrigo Beltrami (a cura di), Almanacco illustrato del calcio 1983, Modena, Panini, 1982.
Massimo Coppola e Alberto Piccinini, Atlante illustrato del calcio italiano '80, Milano, Isbn Edizioni, 2010.
Paolo Facchinetti, Amarcord: nelle mani del Trap, in Guerin Sportivo, 1999, pp. 48-49.
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