L'Albania fu a lungo di notevole importanza strategica per il Regno d'Italia. Gli strateghi navali italiani desideravano ardentemente il porto di Valona e l'isola di Saseno, situata all'ingresso della baia di Valona, poiché avrebbero concesso all'Italia il controllo dell'ingresso al Mare Adriatico e una base adatta per le operazioni militari nei Balcani.[6] Nel tardo periodo ottomano, con un indebolimento locale dell'Islam, il movimento nazionalista albanese ottenne il forte sostegno delle due potenze marittime adriatiche, l'Austria-Ungheria e l'Italia, che erano preoccupate per il panslavismo nei Balcani e anche per l'egemonia anglo-francese, presumibilmente rappresentata nell'area attraverso la Grecia.[7] Prima della prima guerra mondiale, l'Italia e l'Austria-Ungheria sostennero la creazione di uno stato albanese indipendente.[8] Allo scoppio della guerra, l'Italia aveva colto l'occasione per occupare la metà meridionale dell'Albania per evitare che venisse conquistata dagli austro-ungarici. Quel successo non durò a lungo, poiché la resistenza albanese durante la successiva guerra di Valona e i problemi interni del dopoguerra costrinsero l'Italia a ritirarsi nel 1920.[9] Il desiderio di compensare questo fallimento sarebbe stato uno dei principali motivi di Mussolini nell'invasione dell'Albania.[10]
L'Albania era importante culturalmente e storicamente per gli obiettivi nazionalisti dei fascisti,[senza fonte] poiché il territorio dell'Albania era stato a lungo parte dell'Impero romano, anche prima dell'occupazione dell'Italia settentrionale da parte dei romani. Successivamente, durante l'Alto Medioevo, alcune aree costiere (come Durazzo) vennero per molti anni influenzate e possedute da potenze italiane, principalmente il Regno di Napoli e la Repubblica di Venezia (cfr. Albania Veneta). Il regime fascista legittimò la sua pretesa sull'Albania attraverso studi che proclamavano l'affinità razziale di albanesi e italiani, soprattutto in contrasto con gli slavi jugoslavi.[11]I fascisti sostennero che gli albanesi fossero legati agli italiani attraverso un'eredità etnica dovuta ai legami che esistevano tra le popolazioni protostoricheitaliche ed illiriche, e che la grande influenza esibita dagli imperi romano e veneziano sull'Albania giustificava il diritto dell'Italia di possederla.[senza fonte]
Quando Mussolini prese il potere in Italia, si rivolse con rinnovato interesse verso l'Albania. L'Italia iniziò la penetrazione dell'economia albanese nel 1925, quando l'Albania accettò di consentire all'Italia di sfruttare le sue risorse minerarie.[12] Quest'azione venne seguita dalla firma del primo trattato di Tirana nel 1926 e dalla firma del secondo del 1927, in base ai quali l'Italia e l'Albania stipularono un'alleanza difensiva.[12] Tra l'altro, il governo e l'economia albanese erano sovvenzionati da prestiti italiani ed il Regio Esercito albanese non solo era addestrato da istruttori militari italiani, ma la maggior parte dei suoi ufficiali erano italiani; altri italiani occupavano posizioni elevate nel governo albanese. Un terzo delle importazioni albanesi proveniva dall'Italia.[13]
Nonostante la forte influenza italiana, re Zog I rifiutò di cedere completamente alle pressioni italiane.[14] Nel 1931 si oppose apertamente agli italiani, rifiutandosi di rinnovare il trattato di Tirana del 1926. Dopo che l'Albania firmò accordi commerciali con Jugoslavia e Grecia nel 1934, Mussolini fece un tentativo fallito d'intimidire gli albanesi con l'invio di una flotta di navi da guerra.[15]
Mentre la Germania nazistaannetteva l'Austria e si muoveva contro la Cecoslovacchia, l'Italia notò che stava diventando il membro minore del Patto d'Acciaio.[16] Nel frattempo, l'imminente nascita di un erede albanese minacciava di dare a Zog l'opportunità di stabilire una dinastia duratura. Dopo che il 15 marzo 1939 Hitler invase la Cecoslovacchia senza avvisare Mussolini in anticipo, quest'ultimo decise di procedere con la sua annessione dell'Albania.[senza fonte] Il re Vittorio Emanuele III criticò il piano di conquistare l'Albania, affermando che si trattava di un rischio estremamente inutile per un guadagno quasi trascurabile.[17] Roma, tuttavia, consegnò a Tirana un ultimatum il 25 marzo 1939, chiedendo che acconsentisse all'occupazione italiana dell'Albania.[18]Zog rifiutò di accettare denaro in cambio del permesso di una totale acquisizione italiana e della colonizzazione dell'Albania.[senza fonte]
Il governo albanese cercò di tenere segreta la notizia dell'ultimatum italiano.[senza fonte] Mentre Radio Tirana trasmetteva con insistenza affermazioni che non stava accadendo nulla, la gente s'insospettì; la notizia dell'ultimatum italiano venne diffusa da fonti ufficiose. Il 5 aprile 1939 nacque il figlio del re e la notizia della sua nascita venne annunciata da colpi di cannone. Allarmata, la gente si riversò nelle strade, ma la notizia della nascita del principe li calmò. Il popolo sospettava che stesse accadendo qualcos'altro, il che condusse nello stesso giorno ad una manifestazione anti-italiana a Tirana. Il 6 aprile si svolsero diverse manifestazioni nelle principali città albanesi. Quello stesso pomeriggio, 100 aerei italiani sorvolarono Tirana, Durazzo e Valona, lanciando volantini che istruivano il popolo a sottomettersi all'occupazione italiana. Il popolo s'infuriò per questa dimostrazione di forza e chiese al governo di resistere all'occupazione italiana e di rilasciare gli albanesi arrestati perché sospettati di essere "comunisti". La folla gridava: "Dateci le armi! Siamo stati venduti! Siamo stati traditi!". Mentre veniva proclamata una mobilitazione delle riserve, molti ufficiali di alto rango lasciarono il paese.[senza fonte] Il governo iniziò a dissolversi. Il ministro dell'Interno, Musa Juka, lasciò il paese e si trasferì in Jugoslavia nello stesso giorno. Mentre re Zog annunciava alla nazione che avrebbe opposto resistenza all'occupazione italiana, la sua gente sentiva di essere stata abbandonata dal governo.[19]
I piani italiani originali per l'invasione prevedevano un contingente massimo di 50.000 uomini, supportati da 51 unità navali e 400 aeroplani. Alla fine, la forza d'invasione crebbe a 100.000 uomini, sostenuti da 600 aeroplani,[22] ma solo 22.000 presero parte all'invasione.[23] Il 7 aprile le truppe di Mussolini, guidate dal generale Alfredo Guzzoni, invasero l'Albania, attaccando contemporaneamente tutti i porti albanesi.[24] Le forze navali italiane coinvolte nell'invasione erano costituite dalle corazzate Giulio Cesare e Conte di Cavour, tre incrociatori pesanti, tre incrociatori leggeri, nove cacciatorpediniere, quattordici torpediniere, un dragamine, dieci navi ausiliarie e nove navi da trasporto.[25] Le navi vennero divise in quattro gruppi, che effettuarono sbarchi a Valona, Durazzo, San Giovanni di Medua e Saranda, inclusa la concessione ivi data alla Romania nel 1934. Tuttavia, l'esercito reale rumeno non venne mai schierato nell'area e la concessione venne conquistata dall'Italia, insieme al resto dell'Albania, durante l'invasione.[25]
Dall'altra parte, l'esercito regolare albanese disponeva di 15.000 soldati scarsamente equipaggiati che erano stati precedentemente addestrati da ufficiali italiani. Il piano di re Zog era di organizzare una resistenza sulle montagne, lasciando indifesi i porti e le principali città, ma agenti italiani collocati in Albania come istruttori militari sabotarono questo piano. Gli albanesi scoprirono che i pezzi di artiglieria erano stati disabilitati e che non c'erano munizioni.[senza fonte] Di conseguenza, la resistenza principale venne opposta dalla Gendarmeria reale albanese e da piccoli gruppi di patrioti.
A Durazzo una forza di 500 albanesi, inclusi gendarmi e volontari armati, guidata dal maggiore Abaz Kupi (comandante della gendarmeria di Durazzo) e da Mujo Ulqinaku, un sergente della marina, cercò di fermare l'avanzata italiana. Dotati di armi leggere e di tre mitragliatrici e supportati da una batteria costiera, i difensori resistettero per alcune ore, prima di essere sopraffatti con l'ausilio del fuoco d'artiglieria delle navi italiane.[22] La Regia Marina albanese di stanza a Durazzo era composta da quattro motovedette (ognuna armata di mitragliatrice) e da una batteria costiera con quattro cannoni da 75 mm, anche quest'ultima coinvolta nei combattimenti.[26] Mujo Ulqinaku, comandante della motovedetta Tiranë, usò la sua mitragliatrice per uccidere e ferire gli invasori italiani, fino a quando non venne ucciso da un proiettile di artiglieria sparato da una nave da guerra italiana.[26][27] Alla fine, un gran numero di carri armati leggeri venne scaricato dalle navi italiane. Successivamente, la resistenza iniziò a sgretolarsi e nel giro di cinque ore gli italiani avevano conquistato la città.[28]
Dalle 1:30 del primo giorno tutti i porti albanesi erano in mani italiane. Lo stesso giorno, re Zog, sua moglie, la regina Geraldine Apponyi, e il loro figlio infante Leka fuggirono in Grecia, portando con loro una parte delle riserve auree della Banca Centrale albanese. Alla notizia, una folla inferocita attaccò le prigioni, liberò i prigionieri e saccheggiò la residenza del re. Alle 9:30 dell'8 aprile le truppe italiane entrarono a Tirana e conquistarono rapidamente tutti gli edifici governativi. Colonne di soldati italiani marciarono poi verso Scutari, Fier ed Elbasan. Scutari si arrese la sera dopo 12 ore di combattimento. Tuttavia, due ufficiali di guarnigione al castello di Rozafa si rifiutarono di obbedire all'ordine di cessate il fuoco e continuarono a combattere fino a quando non finirono le munizioni. Le truppe italiane, in seguito, resero omaggio alle truppe albanesi a Scutari che avevano fermato la loro avanzata per un giorno intero.[senza fonte] Durante l'avanzata italiana verso Scutari, la folla assediò la prigione e liberò circa 200 prigionieri.[29]
Il numero di vittime in queste battaglie è controverso. I rapporti militari italiani affermarono che a Durazzo 25 italiani vennero uccisi e 97 feriti, mentre gli abitanti di Durazzo affermarono che vennero uccisi circa 400 italiani.[30] Le vittime per gli albanesi furono 160 morti e diverse centinaia di feriti.[30]
Il 12 aprile 1939 il parlamento albanese votò per deporre Zog e unire la nazione con l'Italia "in unione personale", offrendo la corona albanese a Vittorio Emanuele III.[31] Il parlamento elesse il più grande proprietario terriero dell'Albania, Shefqet Vërlaci, come primo ministro. Vërlaci servì come capo di stato ad interim per cinque giorni, fino a quando Vittorio Emanuele III non accettò formalmente la corona albanese in una cerimonia al palazzo del Quirinale a Roma. Vittorio Emanuele III nominò Francesco Jacomoni di San Savino, ex ambasciatore in Albania, per rappresentarlo in Albania come "luogotenente generale del re" (in effetti un viceré).
In generale, l'invasione italiana fu mal pianificata e mal eseguita e riuscì solo perché la resistenza albanese era debole. Come commentò sarcasticamente Filippo Anfuso, assistente capo del conte Ciano: "[...] se solo gli albanesi avessero posseduto vigili del fuoco ben armati, avrebbero potuto respingerci nell'Adriatico".[4][32][33]
Il 15 aprile 1939 l'Albania si ritirò dalla Società delle Nazioni, dalla quale l'Italia si era già ritirata nel 1937. Il 3 giugno 1939 il Ministero degli Esteri albanese venne fuso al Ministero degli Esteri italiano e al ministro degli Esteri albanese, Xhemil Dino, venne assegnato il rango di ambasciatore italiano. Dopo la conquista dell'Albania, Benito Mussolini dichiarò la creazione ufficiale dell'Impero italiano e re Vittorio Emanuele III venne incoronato re degli albanesi, oltre al suo titolo d'imperatore d'Etiopia, che era stata occupata dall'Italia tre anni prima. L'esercito albanese venne posto sotto comando italiano e fuso formalmente con l'esercito italiano nel 1940. Inoltre, le Camicie Nere formarono quattro legioni di Milizia albanese, reclutando inizialmente coloni italiani che vivevano in Albania e successivamente anche albanesi.
Dopo l'occupazione dell'Albania e l'insediamento di un nuovo governo, le economie dell'Albania e dell'Italia vennero collegate attraverso un'unione doganale che portò alla rimozione della maggior parte delle restrizioni commerciali.[34] Attraverso un'unione tariffaria, venne istituito in Albania il sistema tariffario italiano.[34] A causa delle previste perdite economiche in Albania dovute all'alterazione della politica tariffaria, il governo italiano fornì all'Albania 15 milioni di lek albanesi ogni anno a titolo di risarcimento.[34] Le leggi doganali italiane dovevano applicarsi in Albania e solo l'Italia da sola poteva stipulare trattati con terzi.[34] Il capitale italiano poteva dominare l'economia albanese.[34] Di conseguenza, le società italiane potevano detenere il monopolio nello sfruttamento delle risorse naturali albanesi.[34] Tutte le risorse petrolifere in Albania passavano attraverso l'Agip, l'azienda petrolifera statale italiana.[35]
Il 10 giugno 1940 l'Albania seguì l'Italia nella guerra contro Gran Bretagna e Francia. L'Albania servì come base per l'invasione italiana della Grecia nell'ottobre del 1940 e le truppe albanesi parteciparono alla campagna di Grecia, ma disertarono massicciamente la linea del fronte. Le aree meridionali del paese (comprese le città di Argirocastro e Coriza) vennero temporaneamente occupate dall'esercito greco durante quella campagna. Nel maggio 1941 l'Albania venne ampliata con l'annessione del Kosovo, di parte del Montenegro e della Banovina del Vardar, facendo molta strada verso la realizzazione delle rivendicazioni nazionalistiche per una "Grande Albania". La parte della costa occidentale dell'Epiro chiamata Ciamuria non venne annessa, ma posta sotto un Alto Commissario albanese che ne esercitò il controllo nominale. Quando l'Italia abbandonò l'Asse nel settembre del 1943, le truppe tedesche occuparono immediatamente l'Albania dopo una breve campagna, con una resistenza relativamente forte.[36]
Durante la seconda guerra mondiale, dopo l'autunno 1942, i partigiani albanesi, compresi alcuni gruppi nazionalisti, combatterono sporadicamente contro gli italiani e, successivamente, sporadicamente contro i tedeschi. Nell'ottobre del 1944 i tedeschi si erano ritirati dai Balcani meridionali in risposta alle sconfitte militari da parte dell'Armata Rossa, al crollo della Romania e alla caduta imminente della Bulgaria.[37] Dopo che i tedeschi lasciarono l'Albania a causa della rapida avanzata delle forze comuniste albanesi, i partigiani albanesi schiacciarono la resistenza nazionalista e il leader del Partito Comunista Albanese, Enver Hoxha, divenne il leader del paese.[38]
Riferimenti culturali
Gli eventi che riguardano l'annessione italiana dell'Albania furono l'ispirazione per l'ottavo volume dei fumetti di Le avventure di Tintin, intitolato Lo scettro di Ottokar, con una trama basata sull'immaginario paese balcanico di Syldavia e le tensioni inquiete con il suo vicino più grande Borduria.[39] Anche l'autore del fumetto di Tintin, Hergé, insistette sul fatto che il suo editore pubblicasse il lavoro per trarre vantaggio dagli eventi attuali nel 1939, ritenendo che "Syldavia è l'Albania".[39]
^"[...] L'occupazione militare dell'Albania ha avuto luogo mediante lo sbarco [...] di circa 22.000 uomini [...] scarsa e disorganizzata resistenza albanese". Ufficio Storico Stato Maggiore dell'Esercito, Le truppe italiane in Albania (1914-1920 e 1939), relazione sull'ispezione compiuta in Albania tra il 19 e il 26 giugno 1939, Ufficio del Capo di Stato Maggiore Generale 29 giugno 1939, n. protocollo 4533
«Περιορίζοντας τις αρχικές του ισλαμιστικές εξάρσεις, το αλβανικό εθνικιστικό κίνημα εξασφάλισε την πολιτική προστασία των δύο ισχυρών δυνάμεων της Αδριατικής, της Ιταλίας και της Αυστρίας, που δήλωναν έτοιμες να κάνουν ό,τι μπορούσαν για να σώσουν τα Βαλκάνια από την απειλή του Πανσλαβισμού και από την αγγλογαλλική κηδεμονία που υποτίθεται ότι θα αντιπροσώπευε η επέκταση της Ελλάδας.»
(IT)
«Limitando il carattere islamico, il movimento nazionalista albanese si assicurò la protezione civile dalle due potenti forze dell'Adriatico, Italia e Austria, pronte a fare il possibile per salvare i Balcani dalla minaccia del panslavismo e della tutela anglofrancese che avrebbe dovuto rappresentare la sua estensione attraverso la Grecia.»
(Mihalis Kokolakis, Το ύστερο Γιαννιώτικο Πασαλίκι: χώρος, διοίκηση και πληθυσμός στην τουρκοκρατούμενη Ηπειρο (1820–1913) [Il tardo pascialato di Giannina: Territorio, amministrazione e popolazione nell'Epiro sotto il potere ottomano (1820–1913)])
«As a result of the Ottoman collapse, a group of Albanians, with Austrian and Italian support, declared Albanian independence at Valona (Vlorë) on 28 November 1912.»
«The invasion of Albania in 1939 resulted in the addition of territory on the Adriatic, a compensation for the territory Italy had not been given in the 1919 peace settlement. These policies were, however, carried out at immense cost, which eventually shattered the regime's limited infrastructure. There are also examples of direct»
(EN) Bernd Jürgen Fischer, Albania at War, 1939-1945, Purdue University Press, 25 febbraio 2015, ISBN1-55753-141-2. Traduzione italiana L'Anschluss italiano. La guerra in Albania (1939-1945), Lecce, Besa, 2019, ISBN978-88-6280-278-9.
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