Secondo la ricostruzione del giornalista Marco Zeni, basata su un'intervista che questi ha avuto con la Dalser, il bambino venne riconosciuto a Milano dal padre l'11 gennaio del 1916, con atto del notaio Giuseppe Buffoli di Monza, così come riportato da annotazione trascritta l'8 aprile 1916 nel registro delle nascite del Comune di Milano [3]. Tuttavia l'atto di riconoscimento non è mai stato trovato[4][5]. Nel 1925 Benito Mussolini, da circa tre anni capo del governo, nello stesso anno del suo matrimonio religioso con Rachele Guidi, avrebbe assegnato al piccolo Benito Albino una dote di centomila lire in Buoni del Tesoro[6] ma, al di fuori di questa elargizione, non si occupò direttamente del bambino. I rapporti con Benito Albino furono invece tenuti dal fratello del Duce, Arnaldo, che ebbe nei confronti del nipote un comportamento affettuoso.
Benito Albino visse con la madre in varie località fino al 1926, quando la donna, che non aveva rinunciato a proclamarsi legittima consorte del capo del fascismo, fu internata nel manicomio di Pergine Valsugana e, successivamente, in quello di San Clemente nella laguna veneziana. Dopo il primo ricovero coatto della madre, il bambino fu mandato in collegio prima a Moncalieri dai padri Barnabiti poi, dopo la morte dello zio Arnaldo, nel 1931, in un collegio di minore prestigio. Nel 1932 fu adottato, su ordine di Mussolini, da Giulio Bernardi, commissario prefettizio di Sopramonte, che ne divenne anche il tutore[7]. Benito Albino non riuscì mai più a rivedere la madre e, secondo Zeni, sarebbe vissuto nel desiderio costante di essere riconosciuto dal padre.
Dopo aver frequentato il corso di telegrafia[8] a La Spezia, insieme a Giacomo Minella, nipote del padre adottivo, si arruolò nella Regia Marina e si imbarcò con il compagno sull'esploratore Quarto, in navigazione verso la Cina. Secondo le testimonianze di Minella, Benito Albino manifestò più volte ai commilitoni la sua stretta parentela con il Duce. Fatto rimpatriare, fu anch'egli, come la madre, rinchiuso in un istituto psichiatrico a Mombello di Limbiate (l'allora manicomio provinciale di Milano), dove morì nel 1942 per consunzione[9]. Nel 2006 quotidiano La Repubblica ha definito la sua scomparsa, studiata dal giornalista Alfredo Pieroni del Corriere della Sera, "un delitto di regime".[10]
Il 3 luglio 2009 gli è stata dedicata una puntata nella trasmissione Enigma, condotta da Corrado Augias.
Note
^M.Zeni, La moglie di Mussolini, Trento, Effe e Erre, 2005
^Copia archiviata, su raiplay.it. URL consultato il 13 ottobre 2020 (archiviato dall'url originale il 26 ottobre 2020).
^Carlo Piu, Mombelllo di Limbiate Passato e presente di una comunità delle Groane, pag.122 , Associazione Padre Monti, Divisione Stampa Digitale, Saronno, maggio 2010
^Sulla rivista Storia illustrata, Arnoldo Mondadori Editore, numero 259, giugno 1979, nell'articolo Gli arricchiti all'ombra di Palazzo Venezia di Silvio Bertoldi, nella pagina 97, viene citato un certificato del comune di Milano, del 21 ottobre 1916, nel quale si dichiara: "... la famiglia del militare Mussolini Benito è composta dalla moglie Dalser Ida e di numero 1 figli ..."
^Sulla rivista Historia, nell'articolo citato in bibliografia, si fa sempre riferimento a un documento del comune di Milano, verosimilmente il medesimo della nota precedente, riportato in forma più estesa: "Il sindaco del suddetto comune attesta che la famiglia del militare Mussolini è composta da moglie e da numero uno figli e ha diritto pel primo lunedì al soccorso di lire 7,70 e per ogni lunedì successivo di lire 2,45 [...] Li 21 ottobre 1916".
^Fonte: Maria Antonietta Serena, articolo citato in bibliografia. La cifra, rapportata al potere di acquisto dell'anno 2007 (ultimo anno disponibile) secondo i coefficienti di trasformazione Istat, equivale a circa 73.000 Euro.
^ Roberto Olla, Dux, Rizzoli, 4 aprile 2012, ISBN978-88-586-2492-0. URL consultato il 31 agosto 2024.
^Nel medesimo numero della rivista Storia illustrata, citato nella nota precedente, nella pagina 96, compaiono due foto: una di Ida Dalser, l'altra di Benito Albino nella divisa della Regia Marina. Sul berretto del ragazzo si legge la scritta "TELEGRAFISTI".
^Secondo la testimonianza di Riccardo Paicher, cognato di Ida Dalser, l'espressione usata per descrivere la causa del decesso fu marasma una sorta di estremo deperimento organico. Fonte: Maria Antonietta Serena, articolo citato in bibliografia. Nell'articolo di Rendina (vedi "Collegamenti esterni") la morte del giovane, secondo le cartelle cliniche ritrovate, sarebbe da imputare alle ripetute iniezioni di insulina, che lo mandarono ripetutamente in coma, sino a provocarne il decesso. È da tener presente che l'insulina era utilizzata in molti paesi, sin dal 1935, per la cura della schizofrenia. Vedi: Terapia elettroconvulsivante, sezione Storia.
Pieroni, Alfredo. Il figlio segreto del Duce: la storia di Benito Albino Mussolini e di sua madre Ida Dalser. Milano, Garzanti, 2006. ISBN 88-11-60050-2.
Serena, Maria Antonietta. L'"altra moglie" del duce. Historia, giugno 1968, numero 127, pp. 60–61. Edizioni Cino del Duca.
Zeni, Marco. La moglie di Mussolini. Trento, Effe e Erre, 2004. ISBN 88-901945-0-2.
Dinelli, Umberto, La Mussolina. I fuochi di una donna, le ceneri di un regime, Cierre Edizioni, 2010