Vittore Branca nasce a Savona nel 1913, ma trascorre gran parte della sua infanzia sul lago di Como[2].
Dopo essersi diplomato al liceo classico "Gabriello Chiabrera" di Savona, nel 1931 sostiene l'esame d'ammissione alla Scuola Normale Superiore di Pisa. In quegli anni entra a far parte della FUCI. In segno di protesta, il giovane Branca si presenta dinnanzi alla commissione esaminatrice indossando il distintivo di Azione Cattolica, i cui circoli giovanili erano stati soppressi dal regime fascista. In quest'occasione ha il suo primo incontro con Giovanni Gentile, che diventerà suo maestro e con il quale, nonostante le profonde divergenze ideologiche, stringerà una particolare amicizia. Nel 1933 rischia l'espulsione dalla scuola, fatto che tuttavia viene scongiurato da un intervento dello stesso Gentile[3]. Si laurea nel 1935 col massimo dei voti.
Due anni dopo, è a Firenze per collaborare con l'Accademia della Crusca all'edizione nazionale delle opere di Boccaccio. Sempre nel capoluogo toscano inizia a insegnare nelle scuole superiori.
Nel luglio 1943 prese parte ai lavori che portarono alla redazione del Codice di Camaldoli. Dopo l'arresto di Mussolini (eseguito due giorni dopo il completamento del Codice), Branca collabora attivamente alla Resistenza. I suoi cordiali rapporti con monsignor Giovanni Battista Montini (il futuro papa Paolo VI) e, per mediazione di questi, con Alcide De Gasperi, lo rendono un membro di spicco dell'antifascismo fiorentino, permettendogli di rappresentare l'area cattolica della resistenza nella direzione toscana del CNL.
Nel 1944 viene contattato da Gentile, ora presidente dell'Accademia d'Italia, che lo invita a collaborare "per carità di patria" alla rivista Nuova Antologia. Branca, nonostante il profondo legame col filosofo, rifiuta l'offerta, decidendo di proseguire la lotta contro il nazifascismo[3]. Gentile viene ucciso da alcuni partigiani nell'aprile dello stesso anno.
L'agosto seguente, Branca partecipa ai drammatici eventi dell'insurrezione di Firenze, che poi porteranno alla liberazione della città.[4]
Negli anni di formazione della Repubblica, De Gasperi gli propone l'incarico di vicesegretario della Democrazia Cristiana. Branca declina l'invito per dedicarsi attivamente agli studi e alla carriera accademica.[5]
Tra il 1968 e il 1972 è rettore dell'Università di Bergamo. Nel 1968 presiede un comitato ordinatore per stabilire nell'ateneo l'"Istituto di lingue e letterature straniere".[6] Fino al 1970 collabora a più riprese con l'UNESCO.
Muore a Venezia il 28 maggio 2004 all'età di 90 anni. I suoi funerali vengono celebrati nella chiesa di Santo Stefano della città lagunare. A Padova, nel 2014, gli erano stati dedicati la Biblioteca dell'ESU di Padova, che ha cambiato più volte sede, e un'attigua aula-studio, ora chiusa definitivamente. Ha lasciato la sua biblioteca come fondo speciale alla Biblioteca della Scuola Normale Superiore. Questa è in libero accesso e comprende circa 20.000 volumi e 15.000 estratti riguardanti prevalentemente la letteratura italiana e la storia dell'arte.
Studi e attività accademica
Fondamentali sono stati i contributi di Branca nella ricerca su Boccaccio. Nel 1962 identifica nel codice Hamilton 90 un preziosissimo autografo del Decameron, scritto da Boccaccio attorno al 1370. Del 1998 invece è la scoperta di un idiografo, sempre del Decameron, però concepito a metà degli anni cinquanta del 1300 e materialmente redatto verso il 1360.[1][7][8]
Gli studi di Branca hanno influenzato anche l'ambito filologico. Si devono a lui le definizioni di tradizione caratterizzata (vale a dire lo studio di una tradizione manoscritta fine a sé stessa) e di tradizione caratterizzante (i modi e i motivi per cui si è venuta a creare quella data tradizione, anche da un punto di vista delle arti visuali e musicali).
^abL'autografia era stata in verità già proposta da Alberto Chiari, Un autografo del Decameron?, in La fiera letteraria, vol. 3, 11 luglio 1948, p. 27. Branca, assieme con Pier Giorgio Ricci, recuperò la teoria e la dimostrò: Vittore Branca e Pier Giorgio Ricci, Un autografo del Decameron (Hamiltoniano 90), Firenze, Leo S. Olschki, 1962, ISBN9788822204295.