Solferino è un comune situato alle propaggini settentrionali della Pianura Padana, nell'Alto Mantovano e al confine con la provincia di Brescia. Il territorio comunale, esteso per 13,08 km², fa parte dell'anfiteatro morenico del lago di Garda, situato qualche chilometro a nord. L'altitudine in corrispondenza del municipio è di 124 m s.l.m.
Le origini del toponimo vanno ricercate nell'aggettivo medievale sulphurinus, che dovrebbe indicare un torrentello solforoso, con probabile riferimento alle emanazioni sulfuree dell'anfiteatro morenico del Garda.[7]
Solferino appartenne ai vescovi di Mantova nell'XI secolo e ai Conti di Montichiari nel XII secolo. Nel XIV secolo entrò nelle proprietà dei Bonacolsi e successivamente dei Gonzaga, che con Orazio divenne feudo autonomo.
La battaglia di Solferino e San Martino del 24 giugno 1859 fu la più grande battaglia dopo quella di Lipsia del 1813, avendovi partecipato complessivamente più di 234 000 soldati che si combatterono per circa 12-14 ore e che lasciò sul campo circa 29 000 uomini (14 000 austriaci-veneti e 15 000 franco-sardi) e circa 10 000 prigionieri (8 000 austriaci-veneti e 2 000 franco-sardi). Per quoziente di perdite supera la battaglia di Waterloo.
Henry Dunant era uomo d'affari svizzero si era recato in Lombardia per incontrare Napoleone III per affari. Contrariamente a quanto erroneamente supposto e divulgato, Dunant non è stato testimone della battaglia di Solferino né ha visto il campo di battaglia coperto di morti e feriti. Lo afferma lui stesso nei suoi diari, ritrovati dopo la sua morte e pubblicati nel 1971 da Bernard Gagnebin nel libro dal titolo Memoires; il libro appare in Italia nel 2001. Dunant arriva a Castiglione delle Stiviere il 25 giugno 1859 (giorno successivo alla battaglia) proveniente da Brescia e vi rimane fino al 30 assistendo i feriti, qui trasportati dal campo di battaglia che venivano soccorsi dalla popolazione locale. Nel libro Un Souvenir de Solferino rende onore alle donne di Castiglione delle Stiviere che curavano tutti i feriti senza distinzione di nazionalità: "Tutti fratelli" ripetevano. E "Tutti fratelli" è diventato il motto della Croce Rossa. Dunant racconta che il 27 giugno lascia momentaneamente Castiglione per recarsi al quartier generale di Napoleone III. È in questa occasione che per la prima volta attraversa il territorio di Solferino, alla cui descrizione dedica soltanto poche righe. Il giorno successivo ritorna a Castiglione e quindi necessariamente ripassa per Solferino, ma nel libro questo suo secondo e ultimo passaggio è del tutto ignorato.
Dopo la fine della guerra, Dunant tornò a Ginevra, ma non riuscì a dimenticare le atrocità viste a Castiglione delle Stiviere. Raccontò quella esperienza castiglionese nel libro Un souvenir de Solferino.[9] Anni dopo, insieme ad altri quattro cittadini svizzeri (Gustave Moynier, Henry Dufour, Louis Appia e Theodore Maunoir) creò il Comitato ginevrino di soccorso dei militari feriti, detto dei cinque, predecessore del Comitato Internazionale della Croce Rossa.
Il 20 novembre 2016 i cittadini di Solferino e di Castiglione delle Stiviere sono stati chiamati alle urne per esprimersi, con un referendum, a favore o contro la fusione dei due comuni.[10] L'esito del referendum, tra gli elettori solferinesi, è stato contrario alla fusione.[11] Il 4 giugno 2009 il comune ha ricevuto la Medaglia commemorativa del 150º anniversario della battaglia di Magenta con la seguente motivazione: Per essere stato, assieme a Magenta, il teatro principale dei primi scontri del risorgimento italiano che aprirono le porte al processo di unificazione nazionale.
Simboli
In occasione del conferimento del titolo di Città, a Solferino è stato concesso lo stemma attualmente in uso con decreto del presidente della Repubblica 24 luglio 2007.[12]
«Di azzurro, alla torre di argento, murata di nero, vista di spigolo, priva di merli, finestrata di nero, due finestre in fascia nella facciata a destra, due finestre ugualmente poste nella facciata a sinistra, chiusa dello stesso a sinistra, essa torre fondata sul basamento poliedrico, a tre facce visibili, di porpora, fondato in punta, e accompagnata in capo nel canton destro dal sole d'oro, e nel canton sinistro dalla crocetta scorciata di rosso. Sotto lo scudo, su lista bifida e svolazzante di azzurro, il motto, in lettere maiuscole di nero, Lux communis hic propria. Ornamenti esteriori da Città.»
(D.P.R. 24.07.2007 concessione di stemma e gonfalone)
La torre raffigurata è la celebre Rocca di Solferino, mentre il sole allude alla paretimologia dotta dal latino sol ferens ("che porta il sole").
Il gonfalone è un drappo partito di rosso e di bianco.
Oltre alla lingua italiana, a Solferino è abbastanza utilizzato il dialetto locale. Essendo la località posta nell'Alto Mantovano, ma al confine con la provincia di Brescia, si parla un vernacolo bresciano con minimi influssi del mantovano.[7]
Pierino Pelati, Acque, terre e borghi del territorio mantovano. Saggio di toponomastica, Asola, 1996.
Massimo Marocchi, Storia di Solferino, Castiglione delle Stiviere, 1994. ISBN non esistente.
Renato Bonaglia, Mantova, paese che vai..., Mantova, 1985. ISBN non esistente.
Augusta Busico, Il tricolore: il simbolo la storia, Presidenza del Consiglio dei Ministri, Dipartimento per l'informazione e l'editoria, 2005.
Henry Dunant: Un Ricordo di Solferino, Comitato Internazionale della Croce Rossa - Ginevra.
Paolo Vanni, Maria Grazia Baccolo e Raimonda Ottaviani: Henry Dunant MEMORIE del primo premio Nobel per la pace.
Maria Simonetta Bondoni Pastorio e Giulio Busi: Orientalista e Viaggiatore Henry Dunant a Castiglione delle Stiviere.
Giovanni Telò (a cura di), Sulle ali di Colomba. Gli 80 anni delle Suore Benedettine di Carità a Solferino, Nuvolento, Nadir 2.0, 2021. ISBN non esistente.