In una votazione organizzata dalla società nel 2016 per eleggere la miglior squadra della propria storia, è stato eletto dai tifosi del Deportivo come Miglior Giocatore della storia del club entrando così di diritto nella Hall of Fame ufficiale della squadra[7][8].
Centrocampista difensivo[4] dalla grandissima resistenza fisica[2][9], è dotato di notevole intelligenza tattica[9] e grande tempismo negli interventi[3]; ha svolto per tutta la carriera il ruolo di mediano in un centrocampo a due[10] (le "dighe" di centrocampo che ha formato con i connazionali Flavio Conceicao[11][12] negli anni di maggior successo al Deportivo e Dunga in Nazionale[13][14] sono entrate nell'immaginario popolare grazie alla loro grande efficacia[3][9]). Sebbene dotato di ottima tecnica individuale e di una buona proprietà di palleggio nel breve[3], la scarsa visione di gioco ed una scarsa propensione all'inserimento[3] ne hanno limitato l'impiego principalmente al ruolo di equilibratore della squadra[2], sia in nazionale che nei club.
Grazie alla sua professionalità nel lavoro quotidiano ed al grande temperamento mostrato in campo[3][9], risulta spesso un leader per il resto della squadra[4].
Dopo una lunga trafila nel settore giovanile del Guarani, entra a far parte della prima squadra senza tuttavia riuscire ad imporsi; nel 1990 viene acquistato dal Bragantino, allenato da Wanderlei Luxemburgo[16]. L'allenatore brasiliano intuisce le qualità di Silva nonostante la giovane età e la poca esperienza e in poco tempo ne fa uno dei perni della squadra[16]. A seguito di due stagioni disputate su ottimi livelli, condite dalla vittoria di un Campionato Paulista, Silva conquista la nazionale maggiore e desta l'interesse di numerose squadre spagnole[16], all'epoca molto vigili sul mercato brasiliano.
Affermazione al Deportivo
Nell'estate del 1992 viene acquistato dal Deportivo la Coruna e presentato assieme ai connazionali Donato e Bebeto, anch'essi future leggende del club galiziano; Silva si impone subito come uomo chiave della formazione del mister Arsenio Iglesias[16][17], che, guidata dai goal di Bebeto, capocannoniere del torneo, centra la terza posizione in campionato dopo un lungo testa a testa per il primato in classifica col Barcellona di Cruijff, alla terza affermazione consecutiva[17].
La seconda stagione in Spagna di Silva conferma il suo ruolo di leader della squadra, che conquista la vetta della classifica alla quattordicesima giornata[17] per mantenerla fino all'ultima, dove il Deportivo, primo a pari punti con il Barcellona (ma avente il vantaggio negli scontri diretti), pareggia clamorosamente per 0-0 sul campo del Valencia[17], a causa dell'errore dal dischetto nei secondi finali di Miroslav Djukic, presentatosi alla battuta in seguito all'assenza di Donato ed al rifiuto di Bebeto[17][18]. Il titolo finisce cosi nuovamente al Barcellona, che sconfigge agevolmente il Siviglia per 5-2[17].
Il primo trofeo con la formazione biancoblu giunge alla terza stagione, nel 94/95: il Deportivo sconfigge per 2-1 il Valencia nella finale di Copa del Rey, conquistando anche la Supercoppa pochi mesi più tardi, sconfiggendo il Real Madrid[17]. Silva prende parte esclusivamente al doppio match di Supercoppa, saltando la finale di Copa del Rey per un problema fisico[16].
L'addio di Iglesias e gli anni intermedi
In seguito alla vittoria in Coppa nazionale, Arsenio Iglesias lascia la guida tecnica della squadra al gallese John Toshack; nelle successive stagioni i risultati del club sono piuttosto deludenti, con piazzamenti che vanno dal nono posto del 95-96 al terzo posto del 96-97. Silva si afferma come vice-capitano della squadra, indossando la fascia quando capitan Donato risulta indisponibile.
La nascita del Superdeportivo e la conquista della liga
L'inizio della stagione 98/99 vede il basco Javier Irureta assumere la guida tecnica della squadra[16][17]; il nuovo allenatore inaugura un nuovo corso per il club galiziano, schierando una squadra spregiudicata e molto offensiva proprio grazie alla presenza di Silva a centrocampo[16][17]: dopo una prima stagione di assestamento, conclusa al quinto posto in campionato, il Deportivo riesce nell'impresa di vincere il campionato, il primo e finora unico successo del club nel campionato spagnolo[16][17][18], al quale si aggiunge la Supercoppa dello stesso anno; Silva è ancora una volta uno dei giocatori chiave della squadra, assieme al capocannoniere Maakay ed al fantasista brasiliano Djalminha[18].
La storica impresa appena compiuta convince il presidente Augusto Cesar Lendoiro ad investire ancora di più[18]: nei successivi 5 anni il Deportivo conquista due secondi posti e due terzi posti[17][18], partecipando stabilmente alla Champions League e raggiungendo le semifinali dell'edizione 2003/2004, dopo aver eliminato agli ottavi di finale i vicecampioni della Juventus (vincendo entrambi i match per 1-0)[19] e ai quarti i campioni in carica del Milan, clamorosamente rimontati al Riazor per 4-0 dopo aver vinto agevolmente per 4-1 la partita d'andata a Milano[17][18]; Silva, nonostante i 36 anni, gioca una delle migliori partite della sua carriera[16], riuscendo ad annullare il connazionale Kakà.
A partire dalla stagione 2003-2004, a seguito del ritiro di Donato, Silva viene nominato capitano della squadra.
Annuncia il ritiro al termine della stagione 2004-2005, a 37 anni, dopo 428 partite ufficiali con la maglia del club di La Coruna (369 in campionato) e 5 titoli vinti, tra cui un campionato, due coppe nazionali, e le tre relative Supercoppe.
Nazionale
Entra a far parte stabilmente della selezione brasiliana nel 91, grazie all'intuizione dell'allenatore ed ex bandiera della RomaPaulo Roberto Falcao[16]. Silva conquista, sin dalla Copa America del 91(persa in finale con i rivali dell'Argentina), il posto da titolare accanto al capitano Dunga[16].
Ai mondiali del 94 il Brasile si presenta con una squadra molto criticata dalla stampa locale, lontana dai concetti classici del calcio verdeoro[16]: si tratta di una squadra tecnicamente povera, con molti "faticatori" ( titolari a centrocampo erano tre mediani come Silva, Dunga e Mazinho)[16] ed in cui l'intero peso offensivo della manovra era sulle spalle del duo d'attacco composto da Romario e Bebeto. La "Selecao" , nonostante le basse aspettative, si dimostra una squadra estremamente cinica ed organizzata, laureandosi vincitrice sconfiggendo ai rigori l'Italia in finale[16].
Nonostante venga incluso in rosa per le partite di qualificazione al mondiale del 2002, il CT Scolari non lo inserisce nei convocati per la rassegna iridata, esclusione che lo porta all'abbandono della nazionale[16]; termina la sua carriera internazionale con all'attivo 58 partite in maglia verdeoro, con un Mondiale ed una Copa America conquistati.