La pellicola, girata principalmente in dialetto bergamasco da attori non professionisti, fu poi dagli stessi doppiata in italiano al termine delle riprese.[2]
In una cascina di pianura a Palosco, nella campagna bergamasca, tra l'autunno 1897 e la primavera 1898, vivono quattro famiglie di contadini.
Episodi
Il film è strutturato in quattro differenti episodi che ripercorrono le vicende delle quattro famiglie che abitano la cascina dove il film è ambientato. Gli episodi si intersecano tra loro nella narrazione degli eventi che proseguono e si alternano col trascorrere le stagioni, proprio come le stagioni determinavano il passare della vita contadina nelle campagne.
La famiglia Batistì
Mènec, un bimbo di sei anni sveglio e intelligente, deve fare 6 chilometri per andare a scuola. Un giorno torna a casa con uno zoccolo rotto. Non avendo soldi per comprare un nuovo paio di scarpe, il padre Batistì decide di tagliare di nascosto un albero di ontano[5] per fare un nuovo paio di zoccoli al figlio. Il padrone della cascina però viene a saperlo e alla fine viene scoperto il colpevole: la famiglia di Mènec, composta dal padre Batistì, dalla moglie Battistina e dai tre figli di cui uno ancora in fasce, caricate le povere cose sul carro, viene cacciata dalla cascina.
La vedova Runc
Accanto a questa vicenda che apre, chiude e dà il titolo al film, si alternano episodi dell'umile vita contadina della cascina, contrassegnata dal lavoro nei campi e dalla preghiera. La vedova Runc, a cui è da poco mancato il marito, è costretta a lavorare come lavandaia per poter sfamare i suoi sei figli, il maggiore dei quali, di 14 anni, viene assunto come garzone al mulino. Anche in questa situazione d'indigenza non viene mai a mancare la carità verso i più poveri, come Giopa, un mendicante che si reca da loro in cerca di cibo. A peggiorare la situazione, la mucca da latte della famiglia si ammala, tanto che il veterinario, fatto chiamare dal paese, consiglia loro di macellarla, considerandola spacciata. Tuttavia la vedova riempie un fiasco d'acqua presso un fontanile benedetto che scorre accanto alla cappellina del locale lazzaretto implorando la grazia al Signore e fa bere l'acqua benedetta alla mucca. L'animale dopo alcuni giorni guarisce. Con loro vive anche nonno Anselmo, padre della vedova, un ingegnoso e saggio contadino. Sostituendo in gran segreto, con la complicità della nipote Bettina, lo sterco di gallina a quello di mucca come concime, riesce a far maturare i propri pomodori un mese prima degli altri. Anselmo è molto amato dai bambini ed è il continuatore della cultura popolare, fatta di proverbi e filastrocche, che si tramanda oralmente di generazione in generazione.
Stefano e Maddalena
Altra vicenda narrata è il timido corteggiamento di Stefano a Maddalena, fatto d'intensi e casti sguardi e pochissime parole. Significativo è il loro primo incontro in cui Stefano, dopo aver seguito a pochi passi di distanza Maddalena lungo il sentiero per un lungo tratto, le chiede il permesso di salutarla: la giovane, dopo un breve silenzio, dà l'assenso, Stefano allora la saluta, lei ricambia il saluto e si separano. I due alla fine si sposano e si recano il giorno stesso in barca a Milano, agitata dai moti del maggio 1898 con la repressione del generale Fiorenzo Bava Beccaris,[6] per andare a trovare in un convento di bambini esposti suor Maria, zia di lei. Su richiesta della religiosa adottano un bambino di nome Giovanni Battista.
La famiglia Finard
La quarta e ultima famiglia che vive nella cascina è quella del Finard. Essa è composta da padre, madre, tre figli e il nonno. Una peculiarità di questa famiglia sono i litigi, frequenti e violenti, tra il padre autoritario e il figlio maggiore accusato di non lavorare mai abbastanza (è alcolista). Un giorno Finard, alla festa del paese in mezzo alla folla che assiste a un comizio socialista, trova una moneta d'oro da 20 lire (un marengo). Tornato in cascina, la nasconde nello zoccolo del suo cavallo. Dopo qualche tempo cerca di recuperare la moneta. Accortosi che non c'è più, incomincia a inveire contro il cavallo che s'imbizzarrisce. Per calmare il Finard, che si è preso un malanno per la rabbia, la moglie chiama la donna del segno che gli dà una pozione.
Produzione
Sceneggiatura
«L'albero degli zoccoli è la prima sceneggiatura che scrivo per il cinema, subito dopo la morte di mia nonna Elisabetta: una donna straordinaria che ha rappresentato molto per me. Ho voluto fissare per sempre ciò che aveva scritto su carta»
«nel 1964, ho scritto un soggetto di cui non ero pienamente soddisfatto: la mia storia sembrava troppo personale, una sorta di album di famiglia. Sei anni fa, nel 1976 ho trovato quasi per caso delle note e da quel momento mi sono impegnato a stenderne una versione definitiva.»
Da quel momento,
«ho considerato questo compito come una testimonianza.»
Qui, Olmi parla di un mondo contadino in cui ha vissuto. Poi, opponendosi alla fine di questo mondo come prospettato da Visconti ne La Terra trema, ci dice:[8]
«sono semplicemente tornato tra la gente da cui provengo, e loro hanno recitato bene, raccontando la cultura contadina che è anche la mia.»
La cascina, il luogo principale del film, è la cascina Roggia Sale, così chiamata perché si affaccia sulla roggia stessa. Si trova in territorio di Palosco, al confine con Cividate al Piano.[10]
Essa è stata trovata dopo ricerche infruttuose e solo per caso, appunto quando Ermanno Olmi stava ritornando a Martinengo:[10][11]
«da un giro pomeridiano per la campagna tra Martinengo, Cividate e Palosco, si perse nella nebbia fitta e percorrendo in auto un viottolo a fondo cieco, finì proprio davanti ad un cancello chiuso. Era solo, scese per rendersi conto di dove potesse essere finito e si accorse di trovarsi davanti ad una tipica cascina lombarda abbandonata che ricordava la cascina della sua giovinezza e pianse per la commozione.
Quella fu la cascina che avrebbe scelto per girarvi tutto il film.»
Nei titoli di coda vengono ringraziati i comuni di Martinengo e Palosco.
Effetti speciali
Gli effetti speciali sono stati eseguiti esclusivamente durante il film. Nelle scene del film ambientate in inverno è stata aggiunta neve artificialmente tirandola con un rastrello, mentre per le scene di pioggia sono state utilizzate due canne dell'acqua collegate ma poste ad una differente altezza.[17]
Colonna sonora
La colonna sonora, composta di brani per organo di Johann Sebastian Bach, eseguita all'organo da Fernando Germani e di canzoni popolari e contadine, risulta poco invadente quanto efficace nel rimarcare alcune situazioni salienti come il taglio dell'albero[2][18].
«Già mentre scrivevo la sceneggiatura mi resi conto che la scelta delle musiche per questo film sarebbe stato un momento delicato: non avevo idee precise e anche le poche soluzioni che mi venivano in mente non mi piacevano e le scartavo quasi subito. Durante le riprese mi tornava ogni tanto il pensiero di "quale musica" ma ogni volta rinviavo ad un altro momento aspettando che quasi fosse la musica a trovare me invece del contrario. E si può dire che è avvenuto proprio così. Per avere un'idea del ritmo di montaggio di certe sequenze di solito provo ad accostare alle immagini brani di musica qualsiasi e la cosa più o meno funziona sempre.. Questa volta, stranamente, il film rifiutava qualsiasi tipo di musica, come se le atmosfere della campagna e le vicende dei contadini appartenessero ad un mondo diverso (a una cultura diversa). Alla fine quasi per rassegnazione, provai con una Sonata per organo di Bach, e subito mi resi conto che avevo finalmente trovato la musica per il mio film. Qualcuno ha detto che Bach è forse un tocco eccessivamente aristocratico per un film sui contadini. Non sono d'accordo. Credo che la grandezza di Bach, come la poesia, non sia né aristocratica né popolaresca ma semplice ed essenziale come la verità. Perciò sono convinto che il mondo contadino e la musica di Bach si conoscessero e andassero d'accordo ancora prima che si incontrassero nella colonna sonora dell'Albero degli Zoccoli.»
(nota del regista sulla copertina del disco delle Edizioni Musicali EDI-PAN stereo CS 2006)
Album
Tracce
Adagio della cantata op. 156
Nun freut euch, lieben Christen g'mein (Ora gioite, amati cristiani insieme)
Wachet auf, ruft uns die Stimme (Alzatevi, la voce ci chiama)
Kyrie, Gott Vater in Ewigkeit (Kyrie, Dio padre in eterno)
Nun komm', der Heiden Heiland (Vieni, redentore delle genti)
Liebster Jesu, wir sind hier (Amato Gesù, noi siamo qui)
Fuga in sol minore BWV 578
Komm, süsser Tod (Vieni dolce morte)
Kyrie, Gott Vater in Ewigkeit (Kyrie, Dio Padre in eterno)
Corale dalla cantata op. 147
Erbarm' dich mein, o Herre Gott (Abbi pietà di me, o Signore Iddio)[19]
Distribuzione
Data di uscita
Le date di uscita internazionali nel corso degli anni sono state:
28 agosto 1978 in Canada (The Tree of Wooden Clogs / L'arbre aux sabots)
21 settembre 1978 in Italia (L'albero degli zoccoli)
12 novembre 2015 in Grecia (Το δένδρο με τα τσόκαρα; To déndro me ta tsókara)
Divieti
Ci sono scene in cui vengono mostrate la macellazione e l'eviscerazione di un maiale[21] e la decapitazione di un'oca[N 3]. Non sono presenti nudità di adulti, ma in due occasioni ci sono brevi scene di ragazzini nudi: uno è sistemato in una vasca da bagno e l'altro, a distanza, viene mostrato mentre urina in un vaso da notte tenuto da sua madre.
A causa di queste due tipi di scene ci sono state le seguenti valutazioni:
Uscita originariamente in videocassetta, dopo una prima versione in DVD negli anni 2000, il 18 dicembre 2018 è uscita l'edizione in Blu-ray Disc per il 40º anniversario del film, con doppia traccia audio mono Dolby Digital sia in bergamasco che in italiano e con l'aggiunta di un'intervista a Ermanno Olmi nei contenuti speciali.[23]
Accoglienza
Incassi
In Italia al botteghino ha incassato l'equivalente di 7,9 milioni di euro.[24]
Critica
Il film è uscito due anni dopo il film Novecento di Bernardo Bertolucci con un tema simile. Ma il film di Olmi ha attirato più attenzione e ha suscitato molte recensioni entusiaste. D'altra parte, alcuni critici[quali critici?]
hanno accusato Olmi di una visione egocentrica e miope della storia basata sulla nostalgia, negando problemi storici e sociali, trovando rifugio nel cattolicesimo severo.
Il film non è stato presentato in anteprima in Finlandia fino al 1979, quando ha ottenuto il secondo maggior numero di voti dai critici cinematografici finlandesi nel sondaggio organizzato dalla rivista del club Projektion per i migliori film dell'anteprima dell'anno[N 4][25].
Nel 2004 il New York Times ha votato L'albero degli zoccoli come uno dei mille migliori film di tutti i tempi.[26]
Il critico Damir Radic cita L'albero degli zoccoli come uno dei suoi dieci film preferiti:[27]
«È il più grande film cristiano immanente di sempre. Un film di una spiritualità che raramente si è vista, così nobile, così umile, la più bella dedica agli strati più nobili dell'anima umana.»
«Diciamo che il film è un capolavoro intendendo che riguarda persone che compiangiamo e rispettiamo. È una reazione che capisco senza però condividerla. Olmi si gioca il tutto per tutto in questo film - ovviamente voleva fare qualcosa di grande, osare il massimo - e poiché simpatizziamo per lui, vogliamo dire che ci è riuscito. Ma L'albero degli zoccoli richiede una risposta più complessa di questa. Se è davvero molto buono, non liquidiamolo con uno sbrigativo elogio umanitario.»
«L'azione non è così importante come guardare i contadini legarsi l'uno con l'altro e sopravvivere alla prova della vita. È un dolce racconto del tormento dei contadini che mantiene il suo messaggio marxista in bella vista e riesce a non essere né noioso né eccitante.»
«Considerata una delle maggiori opere del cinema italiano, L'albero degli zoccoli è il film che Ermanno Olmi aveva dentro da più di vent'anni. Molto attaccato alle sue origini contadini e bergamasche il cineasta traspone qui i racconti di sua nonna e i suoi ricordi d'infanzia. Un anno di riprese, con contadini che parlano il loro dialetto, un film che dura quasi tre ore. L'albero degli zoccoli richiama per certi versi il precedente film La terra trema di Luchino Visconti. Ma, in realtà, le similitudini son soltanto apparenti: il film non rispecchia in alcun modo il cinema neorealista e non si proietta nell'attualità contemporanea, ma piuttosto verso tempi ormai passati. Questa storia è una meditazione lirica sulla civiltà contadina del secolo scorso: essa mette in evidenza una dimensione spirituale che abbiamo perduto. Il mondo contadino è visto dall'interno attraverso i suoi riti, la sua pietà i suoi miti Olmi scruta i dettagli con minuzia in una fedeltà assoluta alla verita storica ed etnografica.»
Il regista non mette i contadini sulla griglia di un'ideologia politica.[32]
«Quando uomini e donne si conoscono, il calore condiviso in una comunità fondata sulla famiglia e sulla religione, gioca una funzione consolatrice: la storia non ha ancora colpito questo universo chiuso»
«A ciò delicatamente, Olmi non fa che allusioni, il suo film si concentra su un tempo, un luogo, uno svelamento della realtà precisa e lascia deliberatamente fuori campi il momento della gloria estiva, dell'esuberanza dei raccolti, dei cori della festa: non prede ritmo e semplicità persino l'umorismo, d'una recita di vecchiaia.»
«Senza scostarsi dal quotidiano per fare la lezione alla storia o a certi contadini che la scrivono, senza caricare di positività un eroe o un commentato "chiarendo le prospettive" il film parla con voce univoca della fine delle vecchie tradizioni, dei destini personali e intelligenze, segnando l'introduzione in campagna dei rapporti basati sul rapido profitto.»
Il cineasta britannico Mike Leigh ha elogiato il film nella rubrica del Daily Telegraph: creatori della pellicola su pellicola in serie di interviste, il 19 ottobre 2002.[34] Leigh rende omaggio all'umanità del film, al realismo, e vasta scala.[34] Ha definito il film
«questo ragazzo (Olmi) è un genio, e questo è tutto quello che c'è da fare.»
Leigh ha descritto l'epopea della vita contadina nella Lombardia di Olmi come il film impegnato per eccellenza:[35]
«Direttamente, obiettivamente, ma compassionevolmente, mette sullo schermo la grande, dura, vera avventura di vivere e sopravvivere di giorno in giorno, e di anno in anno, l'esperienza della gente comune ovunque. La fotocamera è sempre esattamente al posto giusto, ma la grande domanda, che nasce da queste interpretazioni veritiere e assolutamente convincenti realizzate da attori non professionisti, rimane sempre: come ci riesce?»
Quando ad Al Pacino fu chiesto dall'AFI quale fosse il suo film preferito, ammise che[36]
«gli piaceva da sempre L'albero degli zoccoli.»
È stato selezionato dal Vaticano nella categoria "valori" della sua lista di 45 "grandi film"[37] e incluso tra i 1001 film da vedere prima di morire[38], a cura di Steven Schneider. Questo film fa parte della Criterion Collection, alla posizione 854.[39]
Il successo internazionale del film fu spiegato con il ricorso alla teoria dell'inconscio collettivo dello psicanalistaJung: avrebbe risvegliato le origini contadine, presenti in ognuno di noi.[40]
Il film è stato riproposto in prima serata su Rai 3 in segno di solidarietà ai bergamaschi (duramente colpiti dall'emergenza COVID-19) il 10 aprile 2020.[2][45]
Disposizione cognome nome di attori e personaggi nei titoli di coda
I nomi di battesimo degli attori, e anche quelli dei personaggi che interpretano, contrariamente alla regola che vuole il nome posto sempre davanti al cognome, sono fatti scorrere nei titoli di coda dopo il cognome per una precisa scelta poetica del regista, che intendeva in questo modo rappresentare in prospettiva storica la condizione umile e assoggettata dei contadini.[46]
Scelta degli attori
Tutti gli attori sono non professionisti, contadini e non, accomunati soltanto dal non avere alcuna precedente esperienza cinefila e/o di recitazione.[2][22] Tra di essi vi è anche Carmelo Silva, vignettista de il Popolo Cattolico, il Calcio Illustrato e la Gazzetta dello Sport, che interpreta il prete.[22][47]
Note
Annotazioni
^Tale scelta fu meramente dettata da esigenze cinematografiche in quanto il Naviglio Grande, più antico, si presentava naturalmente più scenografico.
^ Assessorato alla Cultura della Città di Treviglio, Dietro le quinte de L'albero degli zoccoli, a cura di Museo civico Ernesto e Teresa Della Torre, Treviglio, Leonardo Facco, 28 febbraio 2003, pp. 47, 51.
^Colonna sonora, su infoalberodeglizoccoli.it. URL consultato il 12 aprile 2020.
^Carmelo Silva, su museobolognacalcio.it. URL consultato il 12 aprile 2020.
Bibliografia
Fernaldo Di Giammatteo, Dizionario del cinema italiano. Dall'inizio del secolo a oggi i film che hanno segnato la storia del nostro cinema, Roma, Editori Riuniti, 1995, ISBN88-359-4008-7.
Assessorato alla Cultura della Città di Treviglio, Dietro le quinte de L'albero degli zoccoli, a cura di Museo civico Ernesto e Teresa Della Torre, Treviglio, Leonardo Facco, 28 febbraio 2003.