L'Ortografia moderna, o semplificata o nuova, è una maniera di scrivere i dialetti della lingua lombarda.
Finora, malgrado siano stati fatti tanti tentativi, non si è ancora trovato un accordo definitivo sulla maniera di trascrivere graficamente la lingua lombarda e i suoi dialetti, a differenza delle lingue ufficiali. Questo perché il lombardo è una lingua più parlata che scritta, ma specialmente perché non è mai esistita una istituzione ufficiale, autorevole e riconosciuta che abbia potuto mettere un po' d'ordine e fissare delle regole uniche e definitive. Di fatto, ancora oggi, esiste ancora tra gli autori lombardi tanta differenza nello scrivere.
Il problema è di trovare un sistema grafico che, senza troppe complicazioni, dimostri, anche se approssimativamente ma in maniera soddisfacente i suoni del dialetto. Per quanto riguarda la scelta dei segni da usare, si preferiscono le normali lettere dell'alfabeto, che possono essere facilmente lette e scritte, anche con le moderne tastiere del computer.
Storia
Francesco Cherubini è stato il primo autore che ha notato il problema della indeguatezza della maniera di scrivere tradizionale, ma ha rinunciato a mettere mano ad una riforma e a fare proposte [1].
Francesco Angiolini [2] ha fatto il primo tentativo di riforma, però complessivamente il suo sistema lascia piuttosto perplessi: elimina sì le doppie all'interno della parola, ma usa parecchi segni come l'accento e il puntino che restano difficili da usare.
Il Comitato per il Vocabolario Italiano - Milanese presieduto da Claudio Beretta ha proposto nel 1979 una grafia che, senza scostarsi troppo dall'ortografia tradizionale, cerca di superare le tre principali difficoltà: le consonanti doppie, le sibilanti (s, ss, z, zz) e le vocali e ed o con le loro differenti variazioni. Ecco le più importanti innovazioni:
u: rappresenta la u italiana [u] (tôss > tuss - tosse).
ü: rappresenta la vocale anteriore chiusa arrotondata [y], chiamata anche u lombarda (vun > vün - uno).
ö: rappresenta la vocale anteriore semichiusa non arrotondata [ø] (pioeugg > piögg - pidocchio).
s: rappresenta la esse aspra [s] (mezz > mess - mezzo).
ʃ: rappresenta la esse dolce [z] (tôsa > tuʃa - ragazza).
o: rappresenta la o aperta [ɔ] (zòpp > sopp - zoppo).
le consonanti doppie sono mantenute alla fine delle parole e parzialmente all'interno, le vocali doppie solo alla fine.
Infine Francesco Nicoli [3] presenta, pur senza usarla nella sua totalità, la riforma che viene mostrata di seguito.
Principi generali
La ö e la ü prendono il posto della oeu e della u (fioeu > fiöö - ragazzo, pugn > pügn - pugno). La u prende il posto della ô (tôsa > tusa - ragazza).
L'accento grafico viene usato solo sulla parola tronca che termina con vocale, ad eccezione della ö e della ü (fradèll > fradell - fratello, ancamò > ancamò - ancora, sù > sü - su).
Abolizione dell'h e della j. L'h viene mantenuta solo per rappresentare il suono gutturale della c e della g davanti alla i ed alla e.
Si mantengono i digrammi gl, gn, ch, gh, ci, gi, sc, sg e qu.
Viene mantenuta la s'c e la s'g (s'cepà - spaccare, s'gelà - sgelare).
Eliminazione dell'apostrofo in tutti gli altri casi di elisione, troncamento e aferesi (l om - l'uomo, un oltra dona - un'altra donna, gnurant - 'gnorante).
Abolizione delle doppie, ad eccezione della n alla fine della parola, per rappresentare il suono nasal-dentale (fiffa > fifa - paura, finii > fini - finito, pan - pane, donn - donne).
Certamente non esiste il sistema grafico perfetto e per facilitare l'ortografia bisogna rendere i segni accessibili a tutti, anche alla tastiera del computer. Però la semplificazione fatta è stata adottata da pochi autori lombardi nella sua interezza. Tanti, sempre con molta differenza tra uno e l'altro, mantengono l'apostrofo e le doppie almeno alla fine della parola, o la j e la h.
Per chi è abituato a scrivere nella maniera classica trova molta difficoltà ad adattarsi, però l'ortografia moderna si prefigge solo di semplificare la grafia senza dare indicazioni di timbro o di tono: in caso di difficoltà, come in caso di omonimia, sarà il contesto che aiuterà il lettore ad una esatta interpretazione.
«... era qui il caso di umilmente innovare nell'ortografia del nostro dialetto ma, confesso il vero, io non mi sentii coraggio bastante per abbattere d'un sol colpo tutta intera la pseudografia dei miei antecessori ...»