La religione ebraica prescrive numerose festività, intese come giorni in cui si ricorda un avvenimento particolare o un particolare momento dell'anno. Il termine festività non deve far pensare che tutte queste ricorrenze siano felici: alcuni infatti sono giorni di lutto e Digiuno ebraici a ricordo di momenti tragici nella vita del popolo ebraico.
Essendo riferite al calendario ebraico, di tipo calendario lunisolare e non anno solare come il comune calendario gregoriano, le feste ebraiche non corrispondono ai giorni secondo i mesi non ebraici dell'anno detto anche "civile": quindi le ricorrenze ebraiche non corrispondono a quelle di altre religioni, almeno non nei vari calendari, come descritto. Le festività possono essere divise in vari gruppi a seconda della loro importanza.
Così come lo spazio sacro è organizzato attraverso i santuari, il tempo sacro viene scandito dalle feste.
Le fonti bibliche che fanno riferimento alle feste sono di due tipi diversi: esistono le prescrizioni dei libri apodittici e quanto sta scritto nei libri storici. Ma solo alcune delle feste ebraiche che si conoscono sono nominate in questi testi: la Pasqua e la festa degli Azzimi, quella delle Settimane, il Capodanno e la festa delle Capanne. Per questi tre momenti festivi, secondo il dettato di Deuteronomio, 16 era prescritta la visita del santuario
I tre periodi di festa (Pasqua, Pentecoste e feste autunnali) che menziona la Bibbia sono "legate al ritmo annuale dell'economia agropecuaria". La pesaḥ è una festa primaverile, che celebra la ricchezza del gregge in espansione. Pentecoste è una festa delle primizie della terra. In autunno si svolgono il Capodanno ("festa dello squillo di tromba" o "festa della grande adunanza") e la festa delle Capanne (festa del raccolto). Si tratta di feste che si svolgono in più giorni e che prevedono l'astensione dal lavoro e dalle pratiche del sacrificio. La prescrizione di vivere in capanne è comune ad altre feste di popoli mediterranei.
Nella Bibbia è ravvisabile un tentativo di rilettura delle antiche feste tradizionali in funzione di collegamento agli episodi più significativi della storia del popolo ebraico, anche se solo la Pasqua è legata in modo esplicito alla fuga dall'Egitto. Oltre a poter presumere che lo schema delle feste pre-esiliche fosse appunto scandito dai tempi dell'agricoltura, non si può definire meglio questo calendario: un documento epigrafico, detto Calendario di Gezer (probabilmente del X secolo a.C.), scoperto ai primi del XX secolo dall'irlandese Robert Alexander Stewart Macalister, non aiuta a intendere lo schema delle feste, poiché non le menziona.[1]
C'è infine da tenere conto della sacralità del sabato, fondata sul dettato di Genesi, 2.2-3[2]: anche l'uomo si asterrà dal lavoro, così come accade nei periodi di festa. È inoltre vietato accendere fuochi. Diversi sono i passi biblici che fanno riferimento al riposo settimanale[3]. Il ciclo del sette si ripete: il settimo anno è anno sabbatico[4] e prevede la remissione dei debiti fra Israeliti (la terra alienata veniva riconsegnata a chi l'aveva perduta). Inoltre, i campi riposavano: poveri e animali si nutriranno dei prodotti spontanei. Infine, il settimo anno sabbatico era il giubileo.[5]
Nota anche come Pentecoste (traslitterazione del greco πεντηκοστή, cinquantesimo) in quanto ricorre 50 giorni dopo la Pasqua. Anticamente celebrava la fine del raccolto dei cereali
Si sono aggiunte, in epoca moderna, alcune feste non a carattere prettamente religioso ma legate all'esistenza dello Stato di Israele o di ciò che, in epoca moderna, è accaduto al popolo ebraico: