Il conclave del 1958 venne convocato a seguito della morte del papa Pio XII, avvenuta a Castel Gandolfo il 9 ottobre dello stesso anno. Si svolse alla Cappella Sistina dal 25 al 28 ottobre e, dopo undici scrutini, elesse papa il cardinale Angelo Giuseppe Roncalli, patriarca di Venezia, che assunse il nome di Giovanni XXIII. L'elezione venne annunciata dal cardinale protodiaconoNicola Canali.
Situazione generale
Benché negli ultimi anni le condizioni di salute di Pio XII apparissero precarie, la straordinaria personalità del pontefice non aveva permesso il formarsi di una linea alternativa alla sua visione della Chiesa. Il papa, infatti, non creava nuovi cardinali dal concistoro del 12 gennaio 1953, con il risultato che importanti prelati quali l'arcivescovo di Milano Giovanni Battista Montini e il pro-segretario di Stato Domenico Tardini, essendo privi della porpora cardinalizia, risultavano "di fatto" esclusi da una possibile successione. L'orientamento generale della maggior parte del collegio cardinalizio, dopo il quasi ventennale pontificato di Pio XII, quindi, propendeva verso l'elezione di un papa anziano, di transizione.[1] Questo orientamento ricorreva già da anni nei rapporti diplomatici che le ambasciate accreditate in Vaticano inviavano ai loro governi per tenerli aggiornati sugli orientamenti a proposito del nuovo papa.[2]
Anche l'ambasciatore italiano Francesco Giorgio Mameli, in un rapporto del 1954 al ministro degli affari esteriAttilio Piccioni, parlò della tendenza dei cardinali a orientarsi verso un porporato anziano per un papato di transizione.[2] Tale rapporto indicava tre possibili papabili nei cardinali Alfredo Ottaviani, Giacomo Lercaro ed Ernesto Ruffini, con l'arcivescovo di Napoli Marcello Mimmi come possibile outsider. Qualora fosse prevalsa la preferenza per una personalità proveniente dalla diplomazia, il rapporto identificava nel patriarca di Venezia Angelo Giuseppe Roncalli e nel cardinale armeno naturalizzato libanese Krikor Bedros XV Aghagianian coloro che avrebbero potuto riscuotere i maggiori consensi.[3]
Dal 1941, con la morte del cardinale Lorenzo Lauri, era rimasta vacante la carica di camerlengo, che avrebbe dovuto presiedere agli affari ordinari e curare l'organizzazione del conclave. Il giorno stesso della morte del pontefice, pertanto, i cardinali della curia elessero camerlengo Benedetto Aloisi Masella, arciprete di San Giovanni in Laterano e prefetto della congregazione per la disciplina dei sacramenti. I cardinali, giunti a Roma, trovarono la città turbata da uno spiacevole episodio accaduto alla morte del papa. L'archiatra pontificio Riccardo Galeazzi Lisi, infatti, aveva fotografato il corpo nudo di Pio XII durante le procedure dell'imbalsamazione e venduto il tutto ai giornali, i quali pubblicarono anche un resoconto delle procedure stesse. Galeazzi Lisi tenne anche una conferenza stampa dove fornì i dettagli tecnici più crudi dell'imbalsamazione, fino a provocare reazioni di sdegno, venendo licenziato in tronco dal Collegio cardinalizio e radiato dall'Ordine dei Medici per indegnità.[4]
Prima del conclave venne avanzata la candidatura del "delfino" di Pio XII, il cardinale Giuseppe Siri. L'iniziativa sarebbe partita dai cardinali Ignazio Gabriele I Tappouni, Gaetano Cicognani e Benedetto Aloisi Masella. Secondo Cicognani, Siri sarebbe stato «l'unico candidato in grado di continuare il magistero di Pio XII».[1][5] L'età di Siri, appena 52 anni, tuttavia, male si sarebbe conciliata alla prospettiva di un pontificato breve.[6]
L'elezione alla carica di camerlengo del cardinale Aloisi Masella ebbe l'effetto di indirizzare una parte delle preferenze dei curiali in favore di quest'ultimo; un'altra parte sembrava propendere per Agagianian. Roncalli, invece, sembrava riscuotere i favori dei cardinali francesi che, comunque, erano solo sei, oltre al "decano" Eugène Tisserant.[7] Il cardinale Clemente Micara propose anche il nome dell'arcivescovo di Milano Giovanni Battista Montini, benché non fosse ancora cardinale, ma forse più per una sorta di dimostrazione affettiva che per una reale intenzione di voto.[7]
Nelle giornate immediatamente precedenti all'apertura del conclave Roncalli registrò nel proprio diario un "gran movimento di farfalle" intorno alla sua persona, alludendo alle molteplici visite ricevute nel suo alloggio di via Aurelia. Gli fece visita due volte l'anziano cardinale Elia Dalla Costa di Firenze, comunicandogli il suo appoggio, insieme a quello del cardinale Maurilio Fossati. Anche numerosi porporati francesi dichiararono la disponibilità del loro gruppo a votarlo.[8] Prima del conclave Roncalli ebbe colloqui personali anche con Tardini, Ottaviani e Masella.[9] Secondo diverse fonti, Roncalli si aspettava di essere eletto. Ad esempio, il cardinale Silvio Oddi affermò che «Roncalli entrò in conclave ben sicuro di diventare papa e non esitò a comunicare questa sua quasi certezza ad alcuni amici».[10] Il cardinale Giuseppe Siri accennò a un incontro fra diversi prelati, alcuni giorni prima del conclave, durante il quale sarebbe stato deciso «di promuovere l'elezione di Roncalli al pontificato e di Tardini a segretario di Stato».[11] Un ulteriore riscontro è fornito anche da una lettera che, il 24 ottobre 1958, lo stesso Roncalli scrisse al vescovo di Faenza Giuseppe Battaglia, nella quale il patriarca di Venezia impartì istruzioni relative al proprio nipote don Battista: «Quando sentiste dire che ho dovuto cedere al volo dello Spirito Santo, espresso dalle volontà riunite, vogliate lasciar venire don Battista a Roma».[12]
Le votazioni
In totale c'erano 53 cardinali elettori ma, a causa delle restrizioni imposte dai governi comunisti, al cardinale ungherese József Mindszenty e al croato Alojzije Viktor Stepinac non fu permesso recarsi a Roma per il conclave. Di conseguenza parteciparono solo 51 cardinali e il quorum per l'elezione venne fissato a 35 voti. Roncalli fu l'ultimo a entrare in conclave, prima dell'extra omnes. Le votazioni iniziarono il 25 ottobre 1958 con le candidature principali di Roncalli e di Agagianian, fiancheggiate da quelle di Aloisi Masella, Ruffini e altri, quanto meno nei primi turni.[8]
Per Roncalli ci sarebbero stati inizialmente una ventina di voti, diciotto per Agagianian, quattro per Giacomo Lercaro, due a Giovanni Battista Montini e altri a Valerio Valeri.[8] I due candidati principali erano stati scelti per le loro qualità diplomatiche, piuttosto che per l'età avanzata, essendoci, in conclave, ben 19 cardinali più anziani di Roncalli (77 anni), mentre Agagianian era uno dei più giovani (63 anni).[3] Nelle prime votazioni i nomi di Roncalli e di Agagianian si sarebbero alternati in testa alle preferenze dei cardinali, come raccontò il 1º febbraio 1959 lo stesso Roncalli, ormai divenuto papa Giovanni XXIII, in un discorso al collegio armeno di Roma: «Sapete che il vostro cardinale e io eravamo come appaiati nel conclave dello scorso ottobre? I nostri nomi si avvicendavano or su, or giù, come i ceci nell'acqua bollente».[13] «Al mattino si disfaceva quel che s'era concluso alla sera», commentò il cardinale John Francis D'Alton alludendo alla difficoltà di trovare una maggioranza.[14]
Al settimo scrutinio, la mattina del 27 ottobre, su proposta del cardinale decano Eugène Tisserant, avrebbe preso corpo la candidatura di Benedetto Aloisi Masella (79 anni, due più di Roncalli), che avrebbe raggiunto circa diciotto voti, senza però intaccare il pacchetto di voti di Agagianian. Quello di Roncalli, invece, dovette leggermente contrarsi, pur restando consistente. Già in serata, però, i consensi di Masella si sarebbero erosi, scendendo a circa dieci.[8]
Agagianian e Masella, secondo il vaticanista Giancarlo Zizola, sarebbero stati i candidati dell'area curiale, molto vicina al raggiungimento del quorum qualora avesse trovato una candidatura comune. Al nono-decimo scrutinio, tuttavia, sarebbero scesi intorno alla decina anche i voti in favore di Agagianian, con un progressivo smottamento a favore di Roncalli, che sarebbe tornato in testa con trentuno-trentadue voti.[8] Tra la sera del 27 ottobre e la pausa pranzo del giorno successivo i cardinali avrebbero raggiunto l'intesa su Roncalli. Sembra che il cardinale Clemente Micara, nella Sala Regia, intorno a mezzogiorno, avrebbe declamato a voce alta, data la sua sordità: «È fatta! Stasera avremo Roncalli papa!».[15] Nel pomeriggio del 28 ottobre, infatti, all'undicesimo scrutinio, con trentasei voti,[16] il patriarca di Venezia superò il quorum necessario e fu eletto al soglio pontificio.[8]
A titolo di mera curiosità è da segnalare anche l'esistenza di una teoria minoritaria, diffusa in ambienti sedevacantisti statunitensi,[17] secondo la quale il cardinale Giuseppe Siri sarebbe stato eletto papa in questo conclave, ma sarebbe stato costretto a rinunciare al papato.[18] Siri non alimentò mai questa teoria, restando sempre fedele ai diversi pontefici che si susseguirono nel corso degli anni e sempre in piena comunione con Roma.[19] La teoria, inoltre, non è accreditata da alcuno storico.[20]
^Benny Lai, Vaticano sottovoce, Editrice Longanesi, pagina 280.
^Esiste anche una teoria secondo la quale il cardinale Giuseppe Siri sarebbe stato eletto in questo conclave, ma sarebbe stato costretto a rinunciare al papato. Questa teoria, comunque, non è accreditata né dagli storici, né dai vari biografi di Siri. I misteri del conclave, su corriere.it. URL consultato il 26 marzo 2013.