Il conclave dell'ottobre 1978 venne convocato a seguito della morte improvvisa, dopo soli 33 giorni di pontificato, di papa Giovanni Paolo I, avvenuta il 28 settembre dello stesso anno. Si svolse nella Cappella Sistina dal 14 al 16 ottobre e, dopo otto scrutini, venne eletto papa il cardinale polacco Karol Wojtyła, arcivescovo di Cracovia, che assunse il nome di Giovanni Paolo II. L'elezione venne annunciata dal cardinale protodiaconoPericle Felici.
Situazione generale
I giorni precedenti l'inizio del conclave furono fitti di incontri informali fra i porporati, ancora scossi per l'improvvisa scomparsa di Giovanni Paolo I. Come nel conclave precedente, anche questa volta diversi cardinali conservatori avrebbero manifestato una sorta di malcontento di fronte ad alcuni atteggiamenti di Paolo VI, spesso percepito come indeciso e insicuro, e avrebbero fatto emergere la necessità di sostituire la figura titubante del defunto pontefice con qualcuno che operasse interventi decisi per risolvere i problemi della Chiesa, come la crisi delle vocazioni e le disobbedienze nate a seguito del Concilio Vaticano II.[1]
Il blocco supportato dai cardinali di curia e da molti porporati europei, che puntavano a una restaurazione dottrinale per far rientrare le derive più progressiste del Concilio era a favore dell'elezione del cardinale Giuseppe Siri. Accanto a essi circolavano altri nomi, frutto di candidature spontanee non organizzate da gruppi, come quella del cardinale Sebastiano Baggio.
Da segnalare la convinzione del cardinale Joseph Ratzinger, arcivescovo di Monaco di Baviera, che, in un'intervista pubblicata sul Frankfurter Allgemeine Zeitung dell'8 ottobre 1978, affermava che il conclave si sarebbe trovato a dover fronteggiare «pressioni delle forze di sinistra», le quali avrebbero spinto verso l'elezione di un papa favorevole al cosiddetto compromesso storico fra Democrazia Cristiana e Partito Comunista Italiano. La posizione del cardinale tedesco sembrava potersi collegare all'ala che sosteneva la necessità di una restaurazione all'interno della Chiesa; secondo il vaticanista Giancarlo Zizola, tuttavia, Ratzinger avrebbe espresso la sua preferenza per Benelli.[1]
Il cardinale Thiandoum ricordò: «Benelli è il candidato più quotato, sia nel terzo mondo, sia nell'est europeo, escluso Tomášek. Se lo fanno subito, è Benelli il papa. Altrimenti Poletti o Pappalardo. Ma se nessuno degli italiani riuscisse, allora si andrebbe al candidato straniero, per esempio Wojtyła. A Basil Hume osta il fatto che non sa l'italiano».[4] Le possibilità di Karol Wojtyła di accedere al soglio pontificio erano già state intuite dal segretario di Stato Jean Villot che, cinque mesi prima, durante i festeggiamenti per il suo 58º compleanno, gli confidò: «Lei, eminenza, è l'unico che possa raggiungere i due terzi in conclave».[5] L'arcivescovo di Cracovia, infatti, risultava gradito all'Opus Dei, che sarebbe poi stata elevata, sotto il suo pontificato, a prelatura personale.[5]
La maggioranza del collegio cardinalizio, tuttavia, conosceva Wojtyła soltanto in maniera superficiale («Fino a due giorni prima di entrare in conclave non avevo udito fare il nome di Wojtyła», disse il cardinale Siri;[6] «Me ne parlarono quarantott'ore prima di entrare nella Sistina», ricordò il cardinale Sergio Pignedoli;[7] «Ho sentito parlare di un cardinale che pare si chiami Bottiglia, o qualcosa del genere, ma chi è?», chiese il cardinale Mario Casariego y Acevedo),[8] in quanto la sua figura era generalmente ritenuta secondaria e veniva messa in ombra dal prestigio personale dell'anziano cardinale Stefan Wyszyński, primate di Polonia.[9]
Il cardinale Siri, a conclave terminato, ricordò che «Nell'ultimo conclave erano cinque i cardinali che aspiravano al papato: Benelli, Baggio, Poma, Ursi di Napoli e l'olandese Willebrands. Uno di loro uscì distrutto dalla Sistina per non essere stato eletto».[10]
Ascesa e declino della candidatura di Giuseppe Siri
Il 1º ottobre, in un'intervista rilasciata al quotidiano Il Lavoro di Genova, Siri fornì di sé un'immagine rassicurante: «Non sono né conservatore né progressista e ho spesso osservato che queste definizioni sono superficiali. [...] Se dovessi qualificarmi, vorrei essere considerato un indipendente, un uomo che marcia da solo e non fa parte di gruppi. Cerco di osservare, e di fare osservare, la legge di Cristo».[11] Siri, inoltre, aveva abbozzato un breve programma, indicando, come problemi maggiori per il nuovo papa, quelli di «difendere la purezza della dottrina di Cristo, difendere la legge cristiana della vita e la disciplina interna della Chiesa, che è molto mal combinata».[12] Arrivato a Roma, Siri elogiò papa Luciani, nel novendiale del 5 ottobre, per il suo «richiamo non casuale, ma organico e coerente, alla dottrina di Dio e alla spiritualità».[11]
Secondo il vaticanista Giancarlo Zizola, il 9 ottobre si sarebbe raggiunto un compromesso fra diversi cardinali della curia romana, cardinali italiani e cardinali europei per eleggere Siri. In suo favore si sarebbe schierato anche l'autorevole gruppo dei porporati tedeschi, uno dei più influenti sui cardinali provenienti dal resto del mondo. Sempre secondo Zizola, in base a questo accordo, l'arcivescovo di Genova sarebbe entrato in conclave con una base di circa 50 voti già sicuri.[13]
L'Osservatore Romano, uscito il 13 ottobre, prese posizione a favore di un papa che si impegnasse a sviluppare la collegialità episcopale nel governo della Chiesa, la partecipazione dei laici e l'ecumenismo.[14] Siri, seguendo l'appello alla discrezione che il camerlengoJean Villot aveva raccomandato ai cardinali, nei giorni precedenti l'inizio del conclave evitò i giornalisti e non rilasciò interviste.[15]
Nel pomeriggio del 13 ottobre, tuttavia, l'arcivescovo di Genova incontrò casualmente un giornalista della Gazzetta del Popolo, Gianni Licheri, che da oltre una settimana chiedeva insistentemente di essere ricevuto. Nonostante il diniego di Siri, Licheri riuscì ugualmente a strappargli alcune dichiarazioni informali.[16] L'arcivescovo di Genova, tuttavia, ordinò a Licheri che un eventuale articolo con le sue parole avrebbe dovuto essere pubblicato solo dopo l'inizio del conclave, tenendo così fede all'appello di Villot.[17] L'intervista, però, venne pubblicata già la mattina del giorno dopo, a poche ore dall'inizio del conclave.
Nel presentare l'articolo, Gianni Licheri qualificò l'arcivescovo di Genova come «punto di riferimento di tutta quella corrente della Chiesa che, prendendo a spunto una certa esigenza di "rimettere ordine", tenta con questo conclave di tornare alla Chiesa preconciliare».[18] Nella trascrizione di Licheri, l'arcivescovo di Genova appariva molto lontano dal ritratto del futuro papa tratteggiato il giorno prima da L'Osservatore Romano, mostrandosi apertamente discorde alle riforme scaturite dal Concilio e affermando: «Non so neppure cosa voglia dire lo sviluppo della collegialità episcopale».[18] Nella stessa intervista, l'arcivescovo di Genova aggiunse: «Il Sinodo non potrà mai diventare istituto deliberativo nella Chiesa perché non è contemplato nella costituzione divina della Chiesa. Potrà al massimo divenire, se il diritto canonico lo ammetterà, un'istituzione ecclesiastica, ma non di diritto divino».[18]
L'arcivescovo di Vienna, Franz König, confermò che l'articolo di Licheri «circolò all'interno del conclave».[19] I contenuti dell'articolo, pubblicato anticipatamente, crearono sconcerto fra i cardinali. Le insistenze dei monsignori Mario Grone, segretario di Siri, e Giacomo Barabino, vescovo ausiliare per la diocesi di Bobbio, fecero in modo che la sala stampa della Santa Sede, verso mezzogiorno del 14 ottobre, diramasse ai giornali una smentita ufficiale: «L'intervista, da non ritenersi tale essendosi trattato di un casuale incontro, non corrisponde a verità. Il mio pensiero, di cui pienamente rispondo, l'ho espresso nell'omelia del 5 ottobre per i novendiali di Papa Giovanni Paolo I, al quale ancora oggi mi sento legato da sincera, grande e devota ammirazione».[20]
La puntualizzazione, tuttavia, non poté essere letta dai cardinali, in quanto le porte della Cappella Sistina si chiusero nel pomeriggio dello stesso giorno.[20] Siri stesso, che successivamente definì l'intervista «estorta, deformata»,[21] ricordò: «Vede, sono caduto in un tranello. Stavo uscendo dall'abitazione del giornalista Emilio Rossi, genovese, allora direttore della Rete Uno, convalescente. Era stato ferito alle gambe dalle brigate rosse. L'ascensore era rotto, scesi a piedi e un giornalista mi pregò fino alla supplica di rispondere ad alcune domande. Rifiutai. Lui non si rassegnò: mi promise che l'articolo sarebbe uscito dopo l'entrata in conclave. Non mantenne la promessa».[16]
Alcuni vaticanisti, tuttavia, non credono che Siri possa aver compiuto un'imprudenza del genere, ritenendo più verosimile che l'arcivescovo di Genova avesse rilasciato quell'intervista per rimarcare le sue tesi critiche, in quanto già consapevole che, in ogni caso, non avrebbe avuto la maggioranza necessaria per ottenere l'elezione.[22] Altri, invece, avanzano anche l'ipotesi che Siri, con quelle affermazioni, avesse voluto in qualche modo autoescludersi dai papabili.[23]
Le votazioni
Le procedure di scrutinio iniziarono la mattina di domenica 15 ottobre con le uniche due candidature organizzate in grado di raccogliere i consensi più numerosi, quella dell'arcivescovo di Genova Giuseppe Siri e quella dell'arcivescovo di Firenze Giovanni Benelli. Secondo il vaticanista Benny Lai, infatti, il cardinale più votato al primo scrutinio sarebbe stato Siri, immediatamente seguito da Benelli, poi da Pericle Felici e da alcuni italiani e stranieri.[24] Il vaticanista Giancarlo Zizola, prendendo come fonte Le Point del 23 ottobre, L'Express del 28 ottobre, Newsweek e Time del 30 ottobre, conferma la presenza di due grandi blocchi contrapposti, con timide esplorazioni di altre candidature, riportando anch'egli 30 voti guadagnati da Siri e circa altrettanti da Benelli. Nel secondo scrutinio le preferenze dei dispersi iniziarono a coagularsi sugli arcivescovi di Genova e di Firenze, seguiti a distanza da Giovanni Colombo, Sergio Pignedoli, Sebastiano Baggio e Corrado Ursi. Alla terza votazione, dopo pranzo, secondo Benny Lai il cardinale Siri avrebbe ricevuto 59 voti, mentre Benelli poco più di 40.[25]
Giancarlo Zizola sostiene che, nonostante le dichiarazioni che precedettero il conclave, al quarto scrutinio si sarebbe verificata una notevole convergenza di voti sul cardinale Siri, al quale sarebbero mancate pochissime preferenze - non più di quattro o cinque - per essere eletto papa.[26] Anche padre Damaso Testa, per anni confessore del cardinale Siri, il 16 febbraio 1981 confermò a Benny Lai che, nell'ultimo scrutinio del 15 ottobre, all'arcivescovo di Genova mancarono solo quattro o cinque voti per raggiungere il quorum di 75 preferenze, necessario a ottenere il papato.[27] Sempre secondo Lai, Siri avrebbe potuto essere eletto se avesse lasciato trasparire la possibilità di nominare Benelli segretario di Stato.[27] Dopo il termine del quarto scrutinio, la sera del 15 ottobre, apparve chiaro che i voti per Siri e per Benelli avevano raggiunto, ciascuno, il massimo delle proprie possibilità, e che dovevano quindi essere cercate soluzioni alternative.[27]
Secondo Zizola sarebbero allora emersi i nomi del vicario per la diocesi di Roma, Ugo Poletti, e dell'arcivescovo di Utrecht, Johannes Willebrands, facendo esprimere al vaticanista la convinzione dell'esistenza di una contrapposizione fra schieramenti (quello conservatore e quello progressista) piuttosto che un'antitesi fra Siri e Benelli.[26] Nelle stessa serata, sempre secondo Zizola, si sarebbe registrato il rifiuto a essere candidati da parte di Colombo, di Willebrands e dell'arcivescovo di Vienna Franz König. Il cardinale François Marty, arcivescovo di Parigi, ricordò che «Si è perduta una giornata per sapere se ci dirigevamo in Italia oppure no», alludendo all'elezione di un cardinale italiano.[25]
Fu König, principalmente, a prendere in considerazione la candidatura dell'arcivescovo di Cracovia, Karol Wojtyła, proponendola prima al primate di Polonia Stefan Wyszyński, e poi ai cardinali tedeschi, francesi e spagnoli. A proporla ai sudamericani provvide il cardinale brasiliano Lorscheider.[5] Secondo König, la candidatura di un porporato straniero venne proposta per uscire dalla situazione di stallo che si era creata fra i due blocchi italiani: «Nei nostri paesi, di questa parte del mondo, ciò che si usa chiamare civiltà è ormai al tramonto. Stiamo andando giù e il futuro non è più da questa parte. Sono convinto che il rinnovamento dei valori, e la stessa religione cristiana, verrà dall'Europa, dalla stessa Russia, da quella parte del mondo attualmente a regime socialista, e nella quale l'ateismo di Stato non è riuscito a far breccia e i giovani si risvegliano alla trascendenza».[28]
Nella tarda serata di domenica 15 e nella prima mattinata di lunedì 16 ottobre il gruppo di cardinali che intendeva sostenere la candidatura di Wojtyła fece alcuni sondaggi allo scopo di accertarne le concrete possibilità. Giulio Andreotti, infatti, anni dopo ricordò una lettera che, a conclave terminato, gli aveva scritto un cardinale francese: «[...] fino a lunedì mattina abbiamo dato i suffragi a nostri confratelli italiani, specialmente a due di loro che raccoglievano cospicui consensi. La verificata impossibilità di unificazione dei consensi portò, nell'intervallo, alla convinzione che fosse maturo il momento per una scelta diversa».[29]
L'ipotesi che lunedì 16 ottobre fosse stato raggiunto un accordo è desumibile anche da alcune dichiarazioni rilasciate, a conclave terminato, dal cardinale Paul Joseph Marie Gouyon, arcivescovo di Rennes: «Andando lunedì al conclave, sapevo che alla sera avremmo avuto il papa».[30] La mattina del 16, al quinto scrutinio, l'arcivescovo di Cracovia ottenne 11 voti.[31] Al sesto scrutinio la candidatura del cardinale polacco doveva già essere ben sostenuta se Wyszyński, che fino ad allora aveva votato per Siri, disse a Wojtyła: «Se ti eleggono, ti prego, non rifiutare».[32] Le ultime resistenze vennero vinte nel tardo pomeriggio del 16 ottobre, quando i sostenitori di Benelli riversarono i propri voti sull'arcivescovo di Cracovia, che venne eletto papa all'ottavo scrutinio con 99 voti su 111.[33]
Karol Wojtyła accettò la sua elezione con le parole: «Obbedendo nella fede a Cristo mio Signore, abbandonandomi alla dolcissima Madre di Cristo e della Chiesa, consapevole delle grandi difficoltà, accetto».[5] Al momento di scegliere il nome, Wojtyła avrebbe espresso la volontà di chiamarsi Stanislao I in onore del santo patrono della Polonia. Tuttavia, dopo che i cardinali gli fecero notare che era un nome del tutto estraneo alla tradizione romana,[34] scelse il nome di Giovanni Paolo II in memoria del suo predecessore. È stato il primo papa non italiano dai tempi dell'olandese Adriano VI, che regnò dal 1522 al 1523, nonché il primo polacco.
L'annuncio
Alle 18:18 del 16 ottobre, dal comignolo della Cappella Sistina, si levò la fumata bianca. Poco meno di mezz'ora dopo, alle 18:45, il cardinale protodiacono Pericle Felici, con la tradizionale locuzione latina Habemus Papam, annunciò l'elezione di Karol Wojtyła. Quando Felici pronunciò il nome Carolum, alcuni tra la folla pensarono che fosse stato eletto l'anziano cardinale Carlo Confalonieri, che non aveva partecipato al conclave a causa del raggiunto limite di età. Quando venne detto il cognome Wojtyła, invece, qualcuno pensò a un papa africano.[35]
Il cardinale Felici, nel comunicare il nome pontificale scelto da Wojtyła, non pronunciò la parola "secundi", ma disse solo "Ioannis Pauli" (egli leggeva sul grande libro che un cerimoniere gli teneva aperto davanti, che conteneva solo la dicitura "N" in luogo del nome dell'eletto). Lo stesso cardinale aveva, un mese e mezzo prima, annunciato la nomina di Albino Luciani, scandendo le parole "Ioannis Pauli primi". Rientra infatti nella tradizione che, qualora l'eletto scelga lo stesso nome dell'immediato predecessore, all'annuncio se ne ometta il numerale, ritenuto implicito: era avvenuto così anche al termine del conclave del 1939, quando papa Pio XII, successore di Pio XI, fu annunciato solamente come "Pium" dal protodiacono Camillo Caccia Dominioni.[36]
Giovanni Paolo II apparve al balcone alle 19:15, e, rompendo la tradizione che voleva il papa in silenzio, fece un breve discorso prima della benedizione Urbi et Orbi:[37]
«Sia lodato Gesù Cristo! Carissimi fratelli e sorelle, siamo ancora tutti addolorati dopo la morte dell'amatissimo papa Giovanni Paolo I. Ed ecco gli eminentissimi cardinali hanno chiamato un nuovo vescovo di Roma. Lo hanno chiamato di un paese lontano... Lontano, ma sempre così vicino per la comunione nella fede e nella tradizione cristiana. Io ho avuto paura di ricevere questa nomina, ma l'ho fatto nello spirito dell'obbedienza verso il nostro Signore e nella fiducia totale alla sua madre, Madonna Santissima. Anche non so se potrei bene spiegarmi nella vostra... la nostra lingua italiana. Se mi sbaglio... se mi sbaglio mi corigerete! E così mi presento a voi tutti, per confessare la nostra fede comune, la nostra speranza, la nostra fiducia alla Madre di Cristo e della Chiesa e anche a incominciare di nuovo su questa strada della storia e della Chiesa, di incominciare con l'aiuto di Dio e con l'aiuto degli uomini.»
Questa è la lista dei cardinali ultraottantenni alla morte di papa Paolo VI, il 6 agosto 1978. Essi, secondo il motu proprioIngravescentem aetatem del 21 novembre 1970 e la costituzione apostolicaRomano Pontifici Eligendo del 1º ottobre 1975, non hanno potuto partecipare al conclave a causa del raggiunto limite di età.
Poiché Giovanni Paolo I morì dopo soli 33 giorni di pontificato senza aver creato alcun cardinale, e poiché nessuno dei cardinali compì ottant'anni durante il suo pontificato, gli elenchi dei cardinali ultraottantenni per i due conclavi del 1978 sono identici.
^abcGianni Licheri, Io Papa? Siri alla Gazzetta. Un'intervista esclusiva all'arcivescovo di Genova che entra oggi favorito nella Cappella Sistina, sulla Gazzetta del Popolo, Torino, 14 ottobre 1978.
Giulio Andreotti, A ogni morte di papa. I papi che ho conosciuto, Milano, Rizzoli, 1980, ISBN88-178-5097-7.
Benny Lai, I segreti del Vaticano. Da Pio XII a Giovanni Paolo II, Milano, Laterza, 1984, ISBN non esistente.
Benny Lai, Il Papa non eletto: Giuseppe Siri, cardinale di Santa Romana Chiesa, Roma e Bari, Laterza, 1993, ISBN88-420-4267-6.
Raimondo Spiazzi, Il cardinale Giuseppe Siri, arcivescovo di Genova dal 1946 al 1987. La vita, l'insegnamento, l'eredità spirituale, le memorie, Bologna, Edizioni Studio Domenicano, 1990, ISBN978-88-7094-018-3.
Giancarlo Zizola, Il conclave, storia e segreti, Roma, Newton & Compton, 1997, ISBN88-8183-425-1.
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