Nel corso del 1935 l'ingegnere spagnolo Wilfredo Ricart sostituì l'ingegner Giustino Cattaneo,[N 1] alla testa del reparto motori aeronautici (Servizio Studi Speciali) dell'Alfa Romeo.[2] Appena arrivato dovette subito occuparsi dei problemi emersi nello sviluppo del nuovo modello, l'AR 135 RC., che erogava 1 400 CV.[3] Le continue modifiche ai capitolati volute dai militari consigliarono una riprogettazione del motore, e nel 1939 Ettore Pagani completò uno studio relativo ad un motore con cilindrata totale di 50 litri, erogante una potenza superiore ai 2.100 CV.[3] Inizialmente noto come modello 101,[3] fu poi definitivamente denominato 1101 e il suo sviluppo cominciò all'inizio del 1940.[3] Affidato al capo dei calcolatori Orazio Satta, in collaborazione con Giuseppe Busso, e sotto la supervisione di Ricart e Gobbato, il prototipo del motore fu completato per la fine del 1941,[3] girando al banco per la prima volta il giorno di Natale[2] di quell'anno,[N 2] mentre secondo Giuseppe Busso ciò avvenne nei primi giorni del gennaio 1942.[3]
L'ingegnere Busso, entrato in Alfa Romeo nel 1939,[2] aveva calcolato le possibilità di sviluppo del nuovo propulsore, prevedendo versioni con compressore a due stadi e due velocità eroganti 2 300 CV, una versione turbo composita da 2 600 CV[N 3] una versione maggiorata a 60 000 cc e ipotizzato uno sviluppo del motore dotato di 42 cilindri da 70 000 cc.[2] Il precipitare della situazione bellica, portò al decentramento del Servizio Studi Speciali nello stabilimento di Armeno, vicino al lago d'Orta, avvenuto all'inizio del 1943.[3] La firma del successivo armistizio dell'8 settembre 1943, e la costituzione della Repubblica Sociale Italiana portarono al rallentamento definitivo, e poi al successivo abbandono, del lavoro sul modello 1101. Il 18 giugno 1944 un attacco dei partigiani distrusse lo stabilimento di Armeno, insieme a buona parte della documentazione tecnica e dei pezzi per realizzare la serie 0 di 20 esemplari.[3]
Note
Annotazioni
^Cattaneo aveva lasciato l'Alfa Romeo nel corso del 1935, per fondare una sua propria impresa industriale, la CABI-Cattaneo.
^Secondo la testimonianza di un tecnico presente quel giorno in fabbrica.
^Dove 3 dei 5 turbocompressori restituivano la potenza direttamente all'albero portaelica, i 2 rimanenti costituivano il primo stadio di sovralimentazione, mentre il secondo era sempre composto dal compressore centrifugo; il motore era dotato di iniezione diretta e scambiatore di calore per l'aria compressa di alimentazione.