La storia dell'iniezione diretta ha origine risalenti e legate al mondo aeronautico prima, e delle competizioni automobilistiche poi. Denominato GDI (gasoline direct injection), permetteva di ottenere potenze elevate, ed è stato quindi modificato ed utilizzato, fin dagli anni cinquanta, da diversi costruttori. Mercedes e Ferrari lo impiegarono per vetture da F1, Sport, salvo traslarlo nel mondo delle vetture di serie ad alte prestazioni. Dopo anni di abbandono a causa degli alti costi di gestione e progettazione, furono gli ingegneri giapponesi a riprenderlo con l'idea di permettere una riduzione dei consumi (un esempio è la Mitsubish Carisma del 1996). Contestualmente, e seguendo una filosofia volta al recupero delle prestazioni, gli ingegneri Alfa Romeo (confluiti all'epoca in Fiat) e quelli di Porsche[1] ripresero il concetto, sviluppandolo sulla base di motori già esistenti.
Profilo e caratteristiche
Il sistema JTS vero e proprio è stato progettato e brevettato (assieme al marchio) in Fiat, ed utilizzato su due generazioni successive di motori, concepiti su due basamenti diversi. In entrambi i casi, però, il progetto possedeva la medesima caratteristica: una testata con un sistema di iniezione diretta della benzina nel cilindro, ad alta precisione e pressione, ottenendo una combustione magra in un rapporto aria-benzina stechiometrico di 14,7: 1 (da qui il nome JTS, dove - nell'acronimo - S sta per Stoichiometric)[2].
Il risultato è un incremento delle prestazioni, con il mantenimento di cilindrata e consumi invariati anche se il motore è stato afflitto da una serie di problematiche, coinvolgenti soprattutto i primi propulsori della prima generazione.
La prima generazione di motori in cui la nuova tecnologia è stata usata viene denominata "Pratola Serra"; la versione riguarda progetti interamente italiani, derivando dal motore twin spark (a sua volta basato sul classico bialbero), con basamento in ghisa. La riprogettazione - da parte dei tecnici di Alfa Romeo, oramai Fiat - ha riguardato l'intera testata. Sono stati commercializzati nella cilindrata 1970 cc (2000 JTS)[2] con potenza di 119 Kw, elevata a 122 Kw dopo il ridisegno di una serie di parti, nel 2007.
Seconda versione: 1.9, 2.2., 3.2 JTS
La seconda generazione, subentrata in corso d'opera, fu invece basata su un diverso propulsore, di derivazione General Motors, con la nuova testata innestata sul basamento (in alluminio) di un progetto della casa americana per l’australiana Holden. Questi propulsori di riferimento erano stati ottenuti da Fiat grazie agli accordi all'epoca in vigore, fin dal 2000, con la casa americana stessa[2]. Le motorizzazioni interessate sono state le cilindrate 1.9, 2.2. a quattro cilindri e 3.2 sei cilindri, JTS.
Si tratta del primo modello di motore presentato con tecnologia JTS, l'unico di derivazione Alfa Romeo, quasi interamente riprogettato in Fiat.
Il basamento in ghisa prodotto a Pratola Serra, deriva dal 2.0 Twin Spark 16V della 155 progettato dall'Alfa Romeo nel periodo Fiat, a propria volta derivante dal bialbero Fiat.
Nuovamente rivisto e interamente ridisegnato per quanto riguarda la testata, il motore è stato l'ultimo sviluppato dai tecnici Alfa Romeo senza forniture esterne; è stato montato su vari modelli di Alfa Romeo progettate alla fine degli anni 90 e entrate in produzione negli anni a cavallo del nuovo millennio: Alfa 156 seconda serie, Alfa GT, Alfa GTV e Alfa Spider. È stato installato, dopo il 2007, in una versione modificata per supplire alle problematiche emerse, e portata a 165 CV - fino a fine produzione, nel 2011 - anche nelle scocche rimanenti di Alfa GT che venivano ancora assemblate esclusivamente per il mercato estero, sebbene il modello non fosse più in catena di montaggio e non più ordinabile per l'Italia. È stato successivamente dismesso.
È il più compatto dei nuovi motori a quattro cilindri, con basamento e testata costruiti in lega leggera; fu montato anche sull'Alfa 159. Con una cilindrata pari a 1859 cm³ e con potenza pari a 160 CV, veniva prodotto ridimensionando il più grande 2.2. Come quest'ultimo, il 1.9 litri era un progetto General Motors prodotto dalla Holden[3] e modificato in Italia per quanto riguardava la parte relativa alla testata.
È il più potente quattro cilindri a benzina della gamma JTS dell'Alfa Romeo e veniva montato sulle Alfa 159 e Brera e Spider. Con basamento e testa in lega leggera, il motore 2.2 con cilindrata totale di 2198 cm³, era già impiegato dalla General Motors su modelli della Opel su alcune versioni della Vectra e della Signum; successivamente questa unità avrebbe equipaggiato anche l'ultima Fiat Croma. I tecnici Alfa-Fiat, come per il propulsore 1.9, presero il motore GM e ne progettarono nuovamente la testata utilizzando la tecnologia JTS.
È il più potente dei JTS e fu pensato per sostituire, sull'Alfa 159, Brera, e Spider (939) il V6 Busso, giunto quest'ultimo al suo massimo sviluppo sulle 156, 147 e GT. Il nuovo motore 3.2 deriva da una variante di cilindrata di uno dei propulsori progettati dalla General Motors, prodotto in Australia dalla Holden e commercializzato con il nome in codice GM HFV6. Utilizzato dall'Alfa Romeo grazie agli accordi di inizio millennio fra il Gruppo Fiat e la casa americana, la versione trasformata in JTS del 3.2 V6 deriva dalla variante 3.2 del GM HFV6, denominato Alloytec 3.2 HFV6. Sull'Alloytec, utilizzato originariamente sull'Opel Antara 3.2 V6 Cosmo e sulla Holden Captiva 3.2 V6, i tecnici italiani sono intervenuti apportando una serie di modifiche relative alla parte riguardante la testata del motore. Rimane in produzione fino al 2011.