Completò gli studi ginnasiali e liceali al Collegio dei Gesuiti di Roma. Si laureò all'Università La Sapienza in legge.
Ricevette uno dei suoi primi incarichi nel 1690, quando il papa Alessandro VIII lo inviò a Venezia a consegnare al dogeFrancesco Morosini un'ambita benemerenza pontificia, lo stocco (abbinato, come di consueto, al “berrettone”).
Il successore Innocenzo XII lo introdusse nella prelatura e gli affidò vari incarichi nelle province dello Stato pontificio.
Trascorse undici anni (1698-1709) in Portogallo come nunzio apostolico. Sembra che qui si sia formato il suo giudizio critico nei confronti dell'ordine dei gesuiti, che ebbe tanta importanza successivamente[4]. Fu creato cardinale il 7 giugno 1706 dal papa Clemente XI.
Cronologia incarichi
Cameriere d'onore di Alessandro VIII
14 agosto 1691: è referendario del Tribunale della Suprema Segnatura
Il conclave si aprì il 31 marzo. Alla fase finale parteciparono 56 cardinali, ma all'ultima votazione presero parte solo 40 porporati. Durante i lavori si formarono quattro gruppi: gli zelanti, i filo-borbonici (i Borbone regnavano allora, fra l'altro, in Francia e Spagna), i filo-imperiali, un gruppo guidato dal cardinale camerlengo Annibale Albani (i “clementini”). La fazione filo-imperiale, guidata da Michele Federico Althann, pose il veto su nome di Fabrizio Paolucci, che nella prima votazione era giunto a soli tre voti dall'elezione. Gli imperiali giudicavano Paolucci troppo vicino agli interessi della Francia[5].
L'8 maggio 1721 la maggioranza dei voti confluì sul cardinale Conti, per le sue doti umane e spirituali. Egli inoltre non era apertamente schierato con nessuno dei due gruppi principali, non era cioè né filofrancese né filoimperiale; ottenne infatti alla fine il voto unanime di tutto il Sacro Collegio. In onore del papa Innocenzo III, a cui lo accomunava il lignaggio, scelse il nome pontificale di Innocenzo XIII.
Innocenzo XIII confermò la condanna dei riti malabarici e dei riti cinesi emessa dal predecessore Clemente XI. I gesuiti furono i più danneggiati da tale proibizione. Il generale dell'Ordine, padre Michelangelo Tamburini, ricevette il 13 settembre 1723 dal segretario della Congregazione per l'evangelizzazione dei popoli, Pier Luigi Carafa juniore (1677-1755), un precetto formale con il quale si vietò l'ulteriore ammissione nella Compagnia di Gesù di novizi nonché l'invio di missionari nelle Indie orientali fino a quando non fosse stata dimostrata l'obbedienza dei gesuiti alle proibizioni dei riti cinesi pubblicate da Clemente XI[4], in particolare con la Bolla Ex illa die del 19 marzo 1715. Innocenzo XIII si convinse della bontà del resoconto del legato pontificioCarlo Ambrogio Mezzabarba, secondo il quale i gesuiti residenti presso la corte imperiale di Pechino avrebbero istigato l'imperatore Kangxi a fare imprigionare i missionari inviati dalla Congregazione di Propaganda Fide.
Interrotto da 25 anni il Capitolo generale della Famiglia francescana[6] il papa decise di riunirlo a Roma. Intervenne all’apertura e presiedette all'elezione del ministro generale. Il capitolo si riunì nel convento dell’Ara Coeli e terminò il 15 maggio 1723. Nello stesso anno consacrò la chiesa di Santa Maria della Presentazione di Vignanello, nell'alto Lazio.
Il 23 marzo 1723 pubblicò la costituzione apostolicaApostolici ministerii sulle funzioni sacerdotali e la disciplina ecclesiastica. Il provvedimento fu emesso dietro le sollecitazioni di alcuni vescovi spagnoli, preoccupati del rilassamento dei costumi del clero iberico, sia secolare che regolare[7].
Dispose l'annullamento della scismatica elezione del nuovo pseudo-arcivescovo di Utrecht. Il capitolo della cattedrale di Utrecht era sospeso dal 1704; nonostante questo aveva eletto senza il consenso della Santa Sede Cornelius van Steenoven (27 aprile 1723). Quest'ultimo chiese al papa di riconoscerlo, ottenendo un rifiuto.
Decisioni in materia dottrinale e liturgica
Giansenismo
Il pontefice confermò la bolla Unigenitus Dei Filius del predecessore Clemente XI (1713) che condannava come eretiche le tesi di Giansenio. Quando sette vescovi francesi che si erano appellati contro la bolla lo contattarono con una petizione affinché fosse invece ritirata (1722) Innocenzo non solo respinse la richiesta ma condannò tale petizione e richiese in modo incondizionato l'ottemperanza ai dettami della bolla pontificia.
All'indomani dell'elezione, il 27 maggio 1721, il pontefice indisse un giubileo straordinario.[8]
Con la costituzione apostolicaEx injuncto nobis il pontefice proibì agli ebrei di tessere la seta, di acquistarla e di venderla, e li obbligò a commerciare solo nei generi usati[9].
Innocenzo non riuscì tuttavia a ottenere che l'imperatore rinunciasse ai diritti della Sicula Monarchia, né a riavere Comacchio (cittadina dell'Alto Adriatico sottratta alla Santa Sede durante il pontificato di Clemente XI). L'imperatore impose inoltre che anche il ducato di Parma e Piacenza, da diversi secoli nella sfera dello Stato Pontificio e governato dalla famiglia Farnese, fosse considerato feudo imperiale[10]. Il papa protestò contro l'obbligo di tenervi una guarnigione austriaca, tra l'altro a spese dei Farnese, ma fu inutile. L'investitura del ducato fu conferita all'Infante di SpagnaCarlo III.
L'avvicendamento del nunzio presso la corte portoghese fu causa di attriti e tensioni. Nel 1720 il pontefice scelse di sostituire Vincenzo Bichi, da undici anni a Lisbona, con Giuseppe Firrao. Il re Giovanni V si oppose e proibì a Bichi di lasciare il Paese. La scottante questione, irrisolta, passò così al successore di Innocenzo XIII.
Inghilterra
Innocenzo XIII concesse a Giacomo Francesco Edoardo Stuart, pretendente giacobita al trono d'Inghilterra, un vitalizio di ottomila scudi romani. Residente a Roma, dove viveva in esilio dal 1719, lo Stuart era figlio dell'ultimo re cattolico d'Inghilterra, Giacomo II. Innocenzo assicurò inoltre allo Stuart un fondo di circa centomila ducati per armarsi e riconquistare il regno.
Venezia e Malta
Il pontefice aiutò i veneziani e soprattutto l'isola di Malta nelle loro lotte contro gli Ottomani.
In occasione del trecentocinquantesimo anniversario della nascita (1655-2005), si è a lungo parlato dell'eventualità di presentare alla Santa Sede una richiesta formale per l'introduzione della causa di beatificazione di Innocenzo XIII.
In adempimento della promessa fatta alla parte francese in conclave, creò cardinale Guillaume Dubois (1721)[10], nonostante fosse noto come uomo dai costumi libertini. Il papa, obbligato a effettuare la nomina, ordinò tuttavia che nella cerimonia di consegna della berretta, si procedesse alla pubblica lettura di una bolla in cui elencava le dissolutezze del Dubois, esortando il ministro a cambiare stile di vita.
Innocenzo XIII inoltre provvide al graduale reinserimento nella curia del cardinale Giulio Alberoni, che era stato esautorato da Clemente XI a causa di problemi diplomatici insorti nelle corti europee[14].
^Gli atti del processo su Alberoni furono portati a Castel Sant'Angelo, mentre lui stesso fu tenuto per breve tempo in prigione, come chiesto esplicitamente dalla Spagna, ma poi rilasciato.
Bibliografia
Claudio Rendina, I papi, Roma, Ed. Newton Compton, 1990
John N.D. Kelly, Gran Dizionario Illustrato dei Papi, Casale Monferrato (AL), Edizioni Piemme S.p.A., 1989, ISBN 88-384-1326-6
G. Cascioli, Memorie storiche di Poli, Roma, 1896, pp. 215 - 226.