Nell'edizione 2022 è entrato a far parte della Hall of Fame dell'Inter.[2]
Caratteristiche tecniche
Giocatore
Bordon era un portiere freddo e affidabile,[3] dotato di un ottimo senso della posizione;[4] i suoi notevoli riflessi gli valsero il soprannome Pallottola, coniato da Sandro Mazzola.[5] Il suo stile di gioco ricalcava quello di Lido Vieri, suo predecessore nell'Inter: in proposito, Bordon ebbe a dire che «se oggi vedo dei filmati di partite dell’Inter di quegli anni, faccio fatica a capire se sono io o Lido, tanto il mio stile assomigliava al suo».[5]
Carriera
Giocatore
Club
Fu scoperto da Elio Borsetto[senza fonte], già compagno di squadra di suo padre nel Venezia, durante la sua militanza nella Juventina Marghera, società in cui mosse i primi passi[1].
Nell'estate del 1966 passò all'Inter; inizialmente impiegato nelle formazioni giovanili e nel Campionato De Martino, approdò in prima squadra nel 1970. Fece il suo esordio nel massimo campionato l'8 novembre dello stesso anno, nel derby Milan-Inter (3-0), rimanendo in nerazzurro fino al 1983, per un totale di 388 partite, di cui 281 in campionato.
Una delle sue prime gare da titolare con i nerazzurri fu il ritorno degli ottavi di finale di Coppa dei Campioni 1971-1972 contro il Borussia M'gladbach, in cui si ritrovò a sostituire Lido Vieri: la gara finì 0-0 dopo che all'andata l'Inter aveva vinto 4-2. Con i milanesi conquistò due scudetti (1970-1971, 1979-1980) e due Coppa Italia (1977-1978, 1981-1982). Nel corso della stagione 1979-1980 rimase imbattuto per 686 minuti (tra la 4ª e l'11ª giornata), all'epoca un record nella storia interista.[6]
Dopo la militanza in nerazzurro, giocò per tre stagioni nella Sampdoria, dal 1983 al 1986, ancora in Serie A, con cui vinse la Coppa Italia 1984-1985. Accantonato dai blucerchiati, rimase fermo alcuni mesi in attesa di riscattare il cartellino e dal gennaio 1987 difese la porta della Sanremese in Serie C2[7]. Chiuse la carriera nel 1989, dopo due campionati di Serie B nel Brescia.
Nel 1999 seguì quindi Lippi e Peruzzi all'Inter, rimanendo nello staff nerazzurro per il successivo biennio. Nel 2001 tornò alla Juventus, ancora al seguito del tecnico toscano;[10] stavolta rimase a Torino fino al 2004, allenando Gianluigi Buffon e partecipando, nel secondo ciclo Lippi a Torino, alle vittorie di altri due scudetti (2001-2002 e 2002-2003).
Infine dal 2004 al 2006 seguì ancora Lippi nello staff tecnico della nazionale italiana, lavorando in azzurro con Buffon, Peruzzi e Amelia durante il vittorioso campionato del mondo 2006 in Germania. Per questo ruolo, l'11 dicembre dello stesso anno venne premiato dalla FIGC con una Panchina d'oro speciale.[11]
Dopo il ritiro
Nel 2020 scrisse, con la collaborazione di Jacopo Dalla Palma, l'autobiografia In presa alta.[12]
Portiere con la più lunga striscia di imbattibilità in Serie A con l'Inter (686 minuti di imbattibilità, dal 7º minuto della 4ª giornata fino al 63º minuto della 11ª giornata della Serie A 1979-1980).[13]