De gloria Atheniensium è una declamazione di Plutarco, compresa nei suoi Moralia[1].
Struttura
L’operetta prende le mosse da un semplice interrogativo: la gloria di Atene è da attribuire all'operato dei suoi uomini politici e d’armi o ai suoi illustri artisti e uomini di cultura? Plutarco sin dalle prime battute assegna il primato agli uomini politici e ai grandi strateghi della storia cittadina, affermando che il ruolo della città è diretta conseguenza del prestigio politico-militare che raccolse in particolare tra V e IV secolo a.C..
Analisi critica
Le edizioni critiche moderne concordano nel fissare la composizione agli anni giovanili, quando Plutarco soggiornò ad Atene per approfondire i suoi studi presso l’Accademia platonica sotto la guida di Ammonio di Alessandria. Il riferimento chiaro ad Atene presente in 345F e la notizia riportata ne La E di Delfi[2] lascerebbero supporre che Plutarco compose e declamò l’orazione nel 66 d.C.
Secondo Plutarco non è possibile immaginare l’opera artistica, soprattutto se encomiastica, senza presupporre l’atto eroico. L'autore paragona l’opera dello storico a quella del pittore: entrambi producono una creazione che è imitazione degli eventi, utilizzando la propria maestria per dare vivacità alla propria creazione e aggiungendo pathos alla rappresentazione di imprese e personaggi[3]. Tuttavia[4] l’oggetto della mìmesis nell’opera storica non è il mito, come nella poesia, bensì la realtà del passato.
Note
- ^ 345C–351B.
- ^ 385B.
- ^ 347A-E.
- ^ 348A-B.
Bibliografia
- Plutarco, La gloria di Atene, a cura di Italo Gallo e Maria Mocci, Napoli, D'Auria, 2003, ISBN 88-7092-178-6.
- Plutarco, Tutti i Moralia, a cura di E. Lelli e G. Pisani, Milano, Bompiani, 2017 - ISBNː 978-88-4529-281-1.
Voci correlate