Stefan Zweig (Vienna, 28 novembre 1881 – Petrópolis, 22 febbraio 1942) è stato uno scrittore, drammaturgo, giornalista, biografo, storico e poeta austriaco naturalizzato britannico.
All'apice della sua carriera letteraria, tra gli anni venti e trenta del XX secolo, è stato mediatore fra le culture, animato da sentimenti pacifisti e umanisti;[1] è noto come autore di novelle e biografie. Politicamente era internazionalista, cosmopolita ed europeista, espressioni di alcuni sentimenti diffusi durante la Belle Époque, periodo della sua formazione al quale guardò sempre con rimpianto per la pace che regnava specialmente nella Mitteleuropa, sotto l'Impero austro-ungarico prima dello scoppio della prima guerra mondiale.
Nel primo dopoguerra fu un oppositore fermo dei totalitarismi nascenti, in particolare un convinto antifascista. Abbandonò l'Austria dopo l'Anschluss, anche per le sue origini ebraiche, e lasciò l'Europa continentale dopo l'avvento al potere del nazionalsocialismo e con la seconda guerra mondiale imminente; rifugiatosi poi negli Stati Uniti e infine in Brasile, qui si suicidò nel 1942 assieme alla sua seconda moglie.
Stefan Zweig nacque a Vienna, capitale dell'Impero austro-ungarico assieme a Budapest, il 28 novembre 1881 in un'agiata famiglia ebraica, secondo e ultimo figlio dell'industriale Moritz Zweig (1845-1926) e della sua consorte Ida Brettauer (1854-1938), nata ad Ancona da una famiglia originaria di Hohenems, dov'era proprietaria di una banca.[2] La sua gioventù fu influenzata dalla sicurezza economica della famiglia e dal clima artistico e intellettuale della Vienna di fine Ottocento, molto più che dalla scuola, che trovava monotona. Come la maggior parte dei suoi coetanei, si interessava poco dei problemi politici e sociali coevi.
Nel 1900 iniziò gli studi di filosofia all'Università di Vienna, che continuò dal 1902 a Berlino, in Germania. Si laureò nel 1904 con una tesi sulla filosofia di Hippolyte Taine. Finiti gli studi, con l'appoggio dei genitori fece diversi viaggi, conoscendo l'Europa e diventando a sua detta "a poco a poco europeo". Si fermò per lunghi periodi a Parigi e a Londra, ed ebbe occasione di incontrare Émile Verhaeren, Georges Duhamel, Auguste Rodin e Hermann Hesse.
Tra il 1908 e il 1909 fece un viaggio in Asia, seguito da uno in America nel 1911. Tornato in Europa, fece amicizia con Romain Rolland e conobbe Friderike Maria von Winternitz, infelicemente coniugata, con la quale si sposò nel 1920.
Lo scoppio della Grande guerra fu per Zweig un dramma:
«Ich mußte wehrloser, machtloser Zeuge sein des unvorstellbaren Rückfalls der Menschheit in längst vergessen gemeinte Barbarei mit ihrem bewußten und programmatischen Dogma der Antihumanität.»
«Inerme e impotente, dovetti essere testimone della inconcepibile ricaduta dell'umanità in una barbarie che si riteneva da tempo obliata e che risorgeva invece col suo potente e programmatico dogma dell'anti-umanità.»
(Stefan Zweig, "Prefazione", Il mondo di ieri. Ricordi di un europeo; in questo brano Zweig descrive il proprio sconforto per lo scoppio della grande guerra nel 1914[3])
All'inizio del conflitto ritornò a Vienna dal Belgio, dov'era stato con Verhaeren. Dal 1917 fino alla fine della guerra passò la maggior parte del tempo in Svizzera, in particolare a Zurigo e a Ginevra, dove tenne contatti con Hermann Hesse, James Joyce e Ferruccio Busoni. Il rapporto con un italiano, in tempo di guerra, comportava pregiudizi su ambedue i lati della frontiera bellica, pregiudizi che furono così rievocati da Zweig, da sempre anti-nazionalista, nel suo capolavoro autobiografico:
«Quando nel maggio 1915 l'Italia dichiarò guerra alla sua antica alleata Austria, si scatenò da noi un'ondata d'odio. Si inveì contro tutto quanto era italiano. Per caso furono pubblicate in quel tempo le memorie di un giovane italiano del Risorgimento, Carlo Poerio, il quale raccontava una sua visita a Goethe. Per poter dire, fra l'urlio dell'odio, che gli italiani avevano sempre avuto le migliori relazioni con la nostra cultura, scrissi un articoletto intitolato ostentatamente: "Un italiano da Goethe" e poiché quel libro aveva una prefazione di Benedetto Croce, approfittai della coincidenza per dedicare a Croce alcune parole di devoto rispetto. Ammirazione per un italiano nell'Austria di quel tempo, quando non era lecito prodigare alcun riconoscimento ad un erudito nemico, era naturalmente un atto dimostrativo e come tale fu sentito anche oltre confine. Croce mi narrò più tardi che un funzionario del Senato, che non conosceva il tedesco, gli aveva comunicato con gran turbamento che nel massimo giornale del nemico c'era uno scritto contro di lui, giacché non poteva concepire una citazione che non fosse ostile. Croce si fece venire la Neue Freie Presse e fu dapprima stupito, poi sinceramente divertito di trovarvi invece un omaggio reverente.[4]»
Dopo la guerra, in cui non combatté ma che considerò un trauma perché dissolse l'Europa in cui era cresciuto e vissuto, tornò in Austria e si stabilì a Salisburgo insieme alla moglie. Zweig cominciò la sua militanza pacifista, che sarebbe continuata fino al 1939.[1]
Ebbe inizio il suo grande successo come scrittore: divenne l'autore più tradotto nel mondo della sua epoca.[senza fonte] Il successo non cancellò la grande sfiducia di Zweig verso sé stesso come autore. Viaggiò molto e rimase impressionato dal suo viaggio nella Russia sovietica in occasione del centenario di Lev Tolstoj nel 1928, in cui incontrò Maksim Gor'kij per la prima volta. Ripetutamente soggiornò in Italia e in Francia, incontrando nuovamente Gor'kij a Sorrento e Joseph Roth a Cap d'Antibes.
La sua situazione finanziaria gli consentì di ampliare la collezione di manoscritti originali, acquistando scritti autografi di Wolfgang Amadeus Mozart, Johann Sebastian Bach, Ludwig van Beethoven, Johann Wolfgang von Goethe e Honoré de Balzac.
Nel 1933, in Germania, con la salita al potere di Hitler, le opere di Zweig furono bruciate dai nazisti. Zweig fu fiero di condividere questa sorte con celebrità come i fratelli Thomas e Heinrich Mann, Franz Werfel, Sigmund Freud e Albert Einstein. Nel 1934 lasciò l'Austria per raggiungere Londra senza la sua famiglia. Nel 1938, dopo l'annessione dell'Austria al Terzo Reich, chiese e ottenne la cittadinanza britannica. Nello stesso anno divorziò dalla moglie Friderike e nel 1939 sposò la giovane segretaria Lotte (Charlotte) Altmann (1908-1942), con la quale l'anno dopo, disilluso e rassegnato, andò ad abitare a New York, ben sapendo che non avrebbe più rivisto l'Europa.[1] Terminò l'autobiografia il giorno stesso dell'inizio della guerra.
Nel 1941 si spostò a Petrópolis, in Brasile, dove si suicidò, con un'overdose di barbiturici (Veronal), insieme alla sua seconda moglie nella notte tra il 22 e il 23 febbraio 1942:
«Abbiamo deciso, uniti nell'amore, di non lasciarci mai, nella certezza di andare incontro a una grande tranquillità e a una grande pace.»
(Dalla lettera all'amico Alfred Altmann, 22 febbraio 1942[5])
Soffriva, come la moglie, di crisi depressive, dovute anche all'esilio e alla sua mancanza di speranza per il futuro dell'Europa, dominata da violenza e autoritarismo.[6] I corpi dei coniugi Zweig furono ritrovati vestiti e composti sul letto, vicini e come addormentati serenamente. Alcune incongruenze fecero inizialmente pensare alla polizia brasiliana all'omicidio per mano di simpatizzanti o agenti segreti della Germania nazista che lo riteneva "l'intellettuale ebreo più pericoloso", ma in seguito si accettò la versione ufficiale.[7]
Accanto al letto fu trovato un biglietto d'addio, autografo e riconosciuto autentico, intitolato Declaraçao ("Dichiarazione" in portoghese) che recitava:
«Saluto tutti i miei amici! Che dopo questa lunga notte possano vedere l'alba! Io che sono troppo impaziente, li precedo. (...) Penso sia meglio concludere in tempo e in piedi una vita in cui il lavoro intellettuale significava la più pura gioia e la libertà personale il bene più alto sulla Terra.[8]»
Nell'arco della quarantennale eclettica attività letteraria di Zweig si riscontra continuativamente il segno della scuola della Jungwien, il cui classicismo si esprime nella correttezza e precisione del linguaggio, nell'esposizione brillante e scorrevole, non priva di punte poetiche.
Zweig scrisse le sue prime poesie, influenzate da Hugo von Hofmannsthal e Rainer Maria Rilke, mentre frequentava ancora il liceo. Nel 1901 venne pubblicato il primo volume di poesie col titolo Silberne Saiten (Corde d'argento). Ottenne notorietà per la prima volta con alcuni articoli, novelle e saggi pubblicati sul giornale Neue Freie Presse di Vienna.
Negli anni seguenti pubblicò racconti, drammi, biografie e traduzioni di poesie e novelle di autori francesi, soprattutto di Paul Verlaine, e poi anche dei belgi Émile Verhaeren, sul quale più tardi scrisse una monografia, e Camille Lemonnier.
Una prima raccolta di quattro novelle venne pubblicata nel 1904 con il titolo Die Liebe der Erika Ewald (L'amore di Erika Ewald), seguita da un'altra raccolta di poesie nel 1906, Die frühen Kränze, e nell'anno dopo dal dramma Tersites.
Nel periodo immediatamente precedente lo scoppio della prima guerra mondiale vennero rappresentati per la prima volta i drammi Der verwandelte Komödiant e Das Haus am Meer, e vennero pubblicate le novelle Mondscheingasse e Brennendes Geheimnis (Un bruciante segreto).
Influenzato dall'esperienza di guerra scrisse il dramma Jeremias, finito nel 1917, che considerava la sua opera più personale. Si tratta di una tragedia, che non è in prima linea pacifista, ma in cui mostra la "superiorità morale del vinto". Il tema biblico significava per lui anche una riscoperta delle sue radici ebraiche.
Dopo la guerra venne pubblicata la raccolta di biografie Drei Meister (Balzac, Dickens, Dostoevskij), oltre a racconti e testi biografici fra l'altro su Romain Rolland e Frans Masereel. Nel 1925 seguì Der Kampf mit dem Dämon (Hölderlin, Kleist, Nietzsche) (La lotta col demone - Hölderlin, Kleist, Nietzsche). È invece del 1926 l'adattamento teatrale del romanzo Volpone di Ben Jonson, dal quale fu tratto il film L'avventuriero di Venezia (Volpone, 1941).
Il grande successo di Zweig come autore ebbe inizio con la pubblicazione delle novelle Amok e Lettera di una sconosciuta del 1922, e della raccolta di novelle Verwirrung der Gefühle (Sovvertimento dei sensi) nel 1927. Nello stesso anno la raccolta di miniature storiche Sternstunden der Menschheit. Vierzehn historische Miniaturen[9] (Momenti fatali. Quattordici miniature storiche) raggiunse una tiratura di 250.000 esemplari. Nel 1928 venne pubblicata la collezione di biografie Dichter ihres Lebens (Casanova, Stendhal, Tolstoj).
La sua prima grande biografia fu Joseph Fouché. Bildnis eines politischen Menschen (Fouché. Ritratto di un uomo politico), pubblicata nel 1929, studio di carattere e quadro preciso dell'epoca napoleonica, inteso anche come ammonimento per il presente. Nello stesso anno Zweig scrisse la tragicommedia Das Lamm des Armen (L’agnello di un povero), anch'essa ambientata nell'era napoleonica.
Seguì poi la raccolta Die Heilung durch den Geist (La guarigione spirituale) con biografie di Franz Anton Mesmer, Mary Baker Eddy e Sigmund Freud, particolarmente ammirato da Zweig. Contemporaneamente iniziò il lavoro al libretto La donna silenziosa insieme a Richard Strauss.
La seconda grande biografia Marie Antoinette. Bildnis eines mittleren Charakters (Maria Antonietta - Una vita involontariamente eroica), sull'ultima regina di Francia nell'ancien régime, pubblicata nel 1932, fu il maggiore successo letterario di Zweig. La successiva grande biografia, Triumph und Tragik des Erasmus von Rotterdam, venne pubblicata nel 1934, seguita l'anno successivo da Maria Stuart (Maria Stuarda), scritta a Londra. In seguito realizzò una biografia di Arturo Toscanini.
Nel 1936 venne pubblicato Castellio gegen Calvin oder Ein Gewissen gegen die Gewalt (Castellio contro Calvino, ovvero una coscienza contro la forza), in cui il poco conosciuto umanista francese Sébastien Castellion rappresenta un'immagine ideale dell'autore stesso, mentre il riformatore Giovanni Calvino ha i chiari tratti di Adolf Hitler. Il libro venne bene accolto da autori antifascisti come Lion Feuchtwanger, ma fu molto criticato, in particolare in Svizzera, a causa del modo in cui è rappresentato Calvino. Nel 1938 seguì Magellan. Der Mann und seine Tat (Magellano).
L'unico romanzo di Zweig, Ungeduld des Herzens (L'impazienza del cuore), venne pubblicato nel 1939.
Nel 1982 esce postumo in Germania Estasi di libertà, assemblando una prima parte ad una seconda scritta a distanza di anni e mai rivista dall'autore (Rausch der Verwandlung il titolo scelto dall'editore tedesco dell'82, Postfräuleingeschichte il titolo pensato provvisoriamente da Zweig[10]).
A Petrópolis scrisse Amerigo. Geschichte eines historischen Irrtums e la famosa Novella degli scacchi (Schachnovelle).
Come ebreo laico, Zweig propugnava una pacifica assimilazione degli ebrei[11]. Non si sentì perciò di aderire al sionismo nazionalista[12] di Theodor Herzl pur ammirando l'ideologo austriaco che sognava la terra di Palestina quale patria di uno stato ebraico. In proposito, nel Mondo di ieri scrisse: "Ho sempre considerato particolare onore che un uomo dell'importanza eccezionale di Theodor Herzl sia stato il primo a sostenermi in pubblico, da un posto ben visibile e quindi di alta responsabilità. Fu per me una decisione penosa non poter aderire, mostrando apparente ingratitudine e malgrado il suo desiderio, con l'azione, persino nella direzione, al suo movimento sionistico. Ma io non riuscivo a sentirmi veramente unito a quel moto"[13].
«Ho conosciuto il grado e la forma più alta della libertà individuale, per vederla poi al più basso livello cui sia scesa da secoli; sono stato festeggiato e perseguitato, libero e legato, ricco e povero.»
(Stefan Zweig)
L'autobiografia di Zweig, Il mondo di ieri. Ricordi di un europeo, completata nel 1941, parte offrendo impressioni di vita viennese e mitteleuropea dagli anni del liceo, nel decennio anteriore alla prima guerra mondiale e ultimo strascico della rimpianta Belle Époque, descrivendo l'integrazione della cultura di origine ebraica nella società asburgica e il multiculturalismo di quest'ultima.
Il libro, che si sofferma più sugli eventi sociali e culturali[14] dell'epoca che sui ricordi personali della sua vita privata, segnala anche senza indulgenze i difetti e le contraddizioni della società della Belle Époque (povertà di gran parte della popolazione europea, stato di minorità delle donne, ipocrisia sessuale ma contemporanea diffusione della prostituzione, ecc.), ma anche il crollo della mitologia del progresso indefinito, che animava la fine di secolo e che mostrò la corda nel carnaio della Grande guerra.
Zweig descrive i contatti tentati durante il primo conflitto mondiale con ambienti culturali lungo i due lati del campo di battaglia, allo scopo di mantenere una koinè che prescindesse dalla guerra. I titoli di molti capitoli (Eros matutinus, Universitas vitae) evocano una cultura umanista che riemerge - assai intaccata - dalla Grande guerra, in una serie di circoli letterari che saranno le prime vittime dell'insorgente dittatura nazista.
Zweig termina la narrazione esattamente il 1º settembre 1939, data dell'attacco della Germania nazista alla Polonia e inizio della seconda guerra mondiale, che l'autore apprese mentre si trovava allo sportello dell’ufficio anagrafe di Bath, poiché necessitava di alcuni documenti per poter recarsi a Stoccolma per un convegno del Pen Club. Per Zweig l'evento rappresentava la realizzazione delle sue peggiori paure e la fine di tutte le sue speranze.
Sono state inserite soltanto le opere conosciute pubblicate in italiano, per un elenco completo delle opere originali si rimanda alla consultazione della pagina Wikipedia in lingua tedesca ed anche ai siti utilizzati come fonti.[15][16][17][18]
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