Lasciò l'Argentina nella stagione 1949-50 per approdare nel Genoa. Nella stagione in Italia Boyé si mise in luce per le sue indiscusse doti realizzative andando a segno in 18 partite 12 volte, 4 nella sola sfida interna dell'8 gennaio 1950 contro la Triestina, una squadra sino a quel momento settima miglior difesa del campionato in corso[1] e considerata dal Corriere dello Sport dotata di una difesa "tra le migliori d'Italia"[2], terminata 6-2[3]; tale partita fu l'ultima in cui segnò. Abbandonò infatti a stagione in corso la compagine con una fuga rocambolesca, facendo ritorno in Argentina per ragioni familiari[4]. Si parla soprattutto di nostalgia della moglie Elsa per l'Argentina e la sua vita mondana, al confronto con la tranquilla Genova. Celebre la sua frase «En Italia me muero.». Altre cause potrebbero probabilmente essere la delusione dello stesso Boyè per la scarsa competitività della compagine rossoblu, che alla fine del girone d'andata era al quindicesimo posto in classifica, a 7 punti dall'ultima in classifica e 18 dalla capolista[3].
Ritorno nell'America Latina
Trova ingaggio in Colombia col Millonarios nel periodo del cosiddetto El Dorado, dove rimane pochi mesi, giocandovi alcune amichevoli; arriva però ad un accordo con il Racing Club con cui giocherà dal 1950 al 1953, diventandone un giocatore importante e aggiungendo ai suoi successi altri due campionati argentini, 1950 e nel 1951. Chiude l'esperienza nel club di Avellaneda nel 1953 per passare nel 1954 al Huracán per tornare nel 1955 al Boca Juniors. Nel campionato nazionale del 1951, anno in cui chiude la carriera agonistica, segnò un gol nella finale.
Nel 1960 tornò brevemente al Boca Juniors come manager.
Nazionale
Boyé vestì la maglia albiceleste 17 volte mettendo a segno 7 reti, debuttando in una partita terminata 4-2 contro l'Ecuador, il 31 gennaio 1945. La sua avventura in nazionale coincise con il dominio assoluto dell'Argentina che portò alla vittoria di tre Coppe America consecutive dal 1945 al 1947.