Dichiarazione universale dei diritti umani, art. 1 Tótt i cristiàn i nàsen lébber e cumpàgn in dignitê e dirétt. I én dutèdi ed ragiòun e d'cusèinsa e i gh'àn da cumpurtères l'un vérs cl'èter in cum s'i fóssen fradèl.
Il dialetto modenese (nome nativo dialàt mudnés) è una varietà dialettale della lingua emiliana parlata nella città di Modena e nella parte centrale della provincia omonima; più specificamente, è articolato in un sottogruppo di parlate che, con il reggiano, forma un complesso più ampio definito emiliano centrale.
Storia
Il dialetto modenese è di origine neo-latina, formata dal latino volgare che si è innestato sull'idioma parlato dai precedenti abitanti, i Galli Boi, nel momento dell'occupazione dell'Emilia da parte dei Romani.
Nel sesto secolo d.C. la città viene invasa dai Longobardi; essi introducono, oltre a nuovi lemmi[1]
, l'uso di vocali semiaperte, come la á di páss (leggasi pæss). Tuttavia, il triangolo Soliera-Castelnuovo-Brescello resistette a questi influssi linguistici, tant'è che né il dialetto reggiano, né il modenese della parte ovest della provincia, hanno mai subito quest'influenza.
Nel 1859Vittorio Emanuele II annette il Ducato al Regno di Italia; il dialetto subisce moltissimo l'influenza dell'italiano, influenza che persiste fino ai giorni nostri. Questa "italianizzazione forzata" ha causato un notevole impoverimento del dialetto modenese, che ha perso molti suoi termini arcaici in favore di nuovi italianismi.
Diffusione
Il modenese, nelle sue numerose varianti, è diffuso in quasi tutta la provincia di Modena. Nel comune di Castelfranco Emilia (che comprende anche Piumazzo, comune autonomo fino al 1861) si parla un dialetto bolognese rustico occidentale. Ciò non è particolarmente sorprendente, in quanto la località fece parte della provincia di Bologna fino al 1929, e ancora oggi appartiene all'Arcidiocesi di Bologna. Una particolare forma di transizione modenese-bolognese è parlata a Savignano sul Panaro. A Finale Emilia, infine, si parla un dialetto di tipo ferrarese.
Secondo Ethnologue e l'ISTAT, il numero di persone che conoscono questo dialetto è stimabile intorno ai 330.000 locutori (2005), ossia circa il 51% degli abitanti della provincia di Modena (escluso Castelfranco Emilia); questo numerò è in calo, in quanto il numero dei parlanti era stimato in 380.000 unità nel 1980 (78%) e in 430.000 nel 1950 (99%). Il dialetto è ancora molto diffuso nei piccoli paesi della provincia, sia della Bassa sia dell'Appennino, mentre lo è meno a Modena città e nei comuni più urbani.Nei primi decenni del XXI secolo, il dialetto modenese pare oggetto di rinnovata attenzione degli abitanti della provincia, come dei media e degli enti locali. L'emittente televisiva locale TRC-Telemodena trasmette dal 2004 la trasmissione "Mo pensa te", dedicata al dialetto modenese e all'ambito culturale emiliano-romagnolo, e nel 2016 il comune di Modena ha inserito una versione in dialetto modenese nell'opuscolo turistico della Ghirlandina (accanto all'italiano e alle traduzioni in inglese, russo e cinese[2][3][4]).
Nel resto della provincia sono diffuse quattro macrovarianti che, pur presentando chiare affinità con il modenese, sono troppo caratterizzate da tratti propri per essere considerate sue parlate rustiche:
in montagna (nei 18 comuni delle Comunità montane del Frignano, dell'Appennino Ovest e dell'Appennino Est) è diffuso il Frignanese, varietà decisamente frammentaria e maggiormente divergente rispetto al modenese urbano.
Queste varianti sono intelligibili tra loro e, in ogni caso, i confini tra una parlata e l'altra sono sfumati e graduali.
Il sassolese e il fioranese
Questa varietà è parlata nell'area compresa tra Sassuolo e Fiorano. Essa, pur modenese di genesi, possiede elementi che l'accostano al dialetto della vicina area reggiana Scandiano-Rubiera-Castellarano. Tali caratteristiche sono il dittongo ou in finale di parola e il dittongo ei. "Dunque" è tradotto dounca al contrario del donca nel modenese, "fiore" è tradotto fiour al contrario del modenese fior, "amore" è tradotto amour al contrario del modenese amor, "sopra" è tradotto souver al contrario del modenese sover, "sole" è tradotto soul al contrario del modenese sôl, e "giovane" è tradotto souven al contrario del modenese sôven. Allo stesso modo, "mese" è tradotto meis al contrario del modenese mês, "paese" è tradotto paeis al contrario del modenese paes e "spesa" è tradotto speisa al contrario del modenese spesa.
Questa varietà è parlata nella bassa vicino a Mirandola, nel nord della provincia; ha subito qualche influenza dal mantovano e dal ferrarese, rendendo la pronuncia delle vocali più aperte. Risulta invece assente nel mirandolese la palatalizzazione della vocale latina tonica a che invece caratterizza il resto della regione.
Scarsa ma importante la produzione letteraria redatta in questo dialetto: si ricorda il celebre Barnardon, uno dei più antichi lunari d'Italia pubblicato tutt'oggi, La divino commedia, traduzione di Gianni Bellini dell'Inferno di Dante.
Note anche le poesie di Brunetta Panzani Quand al Sgnòr al girava pr'il stradi (Vilmo Cappi, 1979) e La coa dal gatt e alti storii.
Di singolare importanza è anche Il nuovo vocabolario mirandolese-italiano di Eusebio Meschieri, pubblicato nel 1932. La prima versione del "vocabolario Mirandolese - Italiano" compilato da Eusebio Meschieri (maestro normale superiore) risale al 1876 (Bologna - Regia Tipografia).
Questa varietà viene parlata nelle vicinanze di Carpi, nella parte occidentale della provincia; ha subito una forte influenza dal dialetto reggiano e, a sua volta, influenza parecchio il reggiano di Correggio.
Differisce dal modenese soprattutto per quanto riguarda le vocali: quando una vocale accentata ha un suono intermedio tra a ed o oppure tra a ed e, in modenese si sceglierà (graficamente) di scrivere sempre a e si tenderà a pronunciarlo come tale; in carpigiano, invece, si tenderà a scrivere e pronunciare o nel primo caso, e nel secondo.
Degno di nota è il libro Poesie in dialetto carpigiano di Argia Montorsi.
Lo spazio vocalico del dialetto modenese di città corrisponde a quello dell'italiano, comprendendo le sette vocali: /a/, /ɛ/, /e/, /i/, /ɔ/, /o/, /u/. Esse possono tutte presentarsi in posizione tonica, mentre, per quanto riguarda la posizione atona, l’inventario si riduce a /a/, /e/, /i/, /o/, /u/, in accordo con quanto accade in italiano. La differenza più significativa rispetto all’italiano è legata alla presenza di una opposizione di durata fonologicamente distintiva delle vocali toniche /a/, /ɛ/, /e/, /ɔ/, /o/ (/V/ vs /V:/, cioè vocale breve vs. vocale lunga). Le vocali /i/ e /u/, invece, si presentano esclusivamente nelle rispettive versioni lunghe (/i:/ e /u:/) in posizione tonica.[5]. Nell'ortografia, tale differenza viene marcata tramite l'uso di accenti e diacritici sulle vocali toniche, anche se a tutt'oggi non esiste una convenzione di scrittura universalmente accettata. Le vocali atone sono sempre brevi e si scrivono e si leggono come in italiano.
Il sistema consonantico del modenese non si discosta molto da quello italiano, presentando comunque importanti differenze, come l'assenza della fricativa post-alveolare sorda [ʃ]. La differenza più significativa rispetto all'italiano è l'assenza delle consonanti geminate (le cosiddette "doppie") nel sistema fonologico del modenese, anche se l'ortografia tende comunque a presentare lettere doppie, in analogia con le corrispondenze in italiano e per ragioni etimologiche.
G', C', Gh, Ch
Dal punto di vista dell'ortografia, in finale di parola le lettere /g/ e /c/ aggiungono una h per indicare le occlusive velari, un apostrofo (') per indicare le affricate palatali.
Le lettere sz indicano le due fricative alveo-dentali [s] e [s̪]. Spesso nell'ortografia tradizionale si usa un puntino per indicare le fricative alveo-dentali sonore [z] e [z̪].
Nella parlata di città le due consonanti sono tipicamente realizzate in modo simile alle fricative alveolari [s] e [z], con un punto di articolazione particolarmente dentalizzato. Bisogna notare come la pronuncia vari sensibilmente da zona a zona: ad esempio, dette consonanti possono essere realizzate come fricative alveolari, corrispondenti a [s] e [z], o come affricate alveolari [ts] e [dz].
S'c
Il suono [ʃ] non esiste in modenese, quindi, a differenza dell'italiano, le grafie sci, sce, scio ecc. corrispondono alle pronunce [sʧi], [sʧe], [sʧo] ecc.. Spesso in questi casi si aggiunge un apostrofo per evitare confusione con la pronuncia italiana.
La grammatica modenese presenta alcune differenze da quella dell'italiano standard. Essa presenta molti costrutti di carattere tipicamente francese e altre influenze galliche.
Morfologia
Articoli
Per quanto riguarda gli articoli, il modenese ha una struttura piuttosto simile all'italiano; tuttavia esistono, in aggiunta agli altri, gli articoli indeterminativi plurali, che corrispondono circa al nostro [del/della/degli/delle].
Determinativo Singolare
Indeterminativo Singolare
Determinativo Plurale
Indeterminativo Plurale
Maschile
al, l'
un
i, gli
d'i
Femminile
la, l'
ónna, 'na
él, éj, j, le
d'él
Pronomi
I pronomi dimostrativi sono:
Singolare:
M
quást [questo];
quáll [quello];
chelò, chilò [colui];
F
quásta [questa];
quálla [quella];
chelê, chelê [colei];
Plurale:
M
quìst [questi];
quî [quelli];
chelôr, chilôr [coloro];
F
quìsti [queste];
quìli [quelle];
chelôr, chilôr [coloro];
Pronomi personali
Per quanto riguarda i pronomi personali, nel modenese la faccenda si fa più complessa: al contrario dell'italiano, occorre sempre esplicitare il soggetto in presenza del verbo. Inoltre i pronomi personali esistono in due forme: la prima forma è uguale all'italiano, mentre la seconda forma è una sorta di rafforzativo che si interpone tra la prima ed il verbo.
Italiano
Prima Forma
Seconda Forma
Io
Mè
A
Tu
Tè
Te / Et
Lui
Lò
Al / L' / L / El
Lei
Lê
La / L'
Esso (Imp.)
-
A
Noi (m.)
Nuèter
A
Noi (f.)
Nuètri
A
Voi (m.)
Vuèter
A
Voi (f.)
Vuètri
A
Essi
Lôr
É / I / El
Esse
Lôr
J / Li / L'
La prima è utilizzata in assenza di verbo e quando il pronome non è il soggetto, la seconda in caso contrario; le due forme possono ricorrere assieme. Esempio:
Chi à ciacarê? Mè! - Chi ha parlato? Io! (1ª forma)
A sun andê a cà - Sono andato a casa. (2ª forma)
Mè a sun andê a cà - Io sono andato a casa. (1ª + 2ª forma)
In certi casi si interpone una I eufonica tra pronome e verbo.
A-i-avám pérs al treno - Abbiamo perso il treno.
La forma impersonale si usa nelle locuzioni di questo tipo:
A piôv - piove.
Aggettivi
Gli aggettivi in italiano hanno due generi (maschile e femminile) e due numeri (singolare e plurale). Concordano per genere e numero col sostantivo a cui si riferiscono.
Classe
genere
desinenza singolare
desinenza plurale
1ª
maschile
/ (röss, rosso)
- (röss, rossi)
1ª
femminile
-a (rössa, rossa)
-i (rössi, rosse)
Gli aggettivi possessivi sono:
persona
maschile singolare
femminile singolare
maschile plurale
femminile plurale
1ª singolare
mê
mê
mê
mê
2ª singolare
tô
tô
tô
tô
3ª singolare
sô
sô
sô
sô
1ª plurale
nòster
nòstra
nòster
nòstri
2ª plurale
vòster
vòstra
vòster
vòstri
3ª plurale
sô
sô
sô
sô
Gli aggettivi dimostrativi sono:
Singolare:
M
sté, st' [questo];
cal, cl' [quello];
F
sta, st' [questa];
cla, cl' [quella];
Plurale:
M
sti [questi];
chi [quelli];
F
st'al [queste];
cal [quelle];
Esempi:
M
Sté lébber chè l'è s'cianchê (Questo libro è strappato);
Cal lébber lè l'è s'cianchê (Quel libro è strappato);
Sti lébber chè i éin s'cianchêdi (Questi libri sono strappati);
Chi lébber lè i éin s'cianchêdi (Quei libri sono strappati).
F
Sta scràna chè l'è ràta (Questa sedia è rotta);
Cla scràna lè l'è ràta (Quella sedia è rotta);
St'él scràni chè él-i-èin ràti (Queste sedie sono rotte);
Cal scràni lè él-i-èin ràti (Quelle sedie sono rotte).
Preposizioni
Le preposizioni semplici sono:
ed, de [di]
a [a]
da [da]
in d, in t [in]
cun [con]
só [su]
per, pr' [per]
tra [tra]
fra [fra]
NOTA: localmente la preposizione "sò" può diventare "ed coo" o, verso il Bolognese, "in vàta".
L'infinito è la forma del verbo che si trova nei vocabolari, e ne distingue l'appartenenza, a seconda della desinenza all'infinito, ad una coniugazione.
Nel modenese esistono tre coniugazioni verbali: la prima (desinenza -èraccentata), la seconda (desinenza -ernon accentata) e la terza (desinenza -ir).
Tuttavia, come in latino, e a differenza dell'italiano, nel modenese esistevano anticamente quattro coniugazioni: la prima coniugazione aveva desinenza -ar; in seguito, causa la palatizzazione della [a] in [e] propria dei dialetti emiliani, essa è collassata interamente in -èr ed è scomparsa.
Modo indicativo
L'indicativo è composto da quattro tempi, ossia il presente, l'imperfetto, passato remoto ed il futuro; inoltre vi sono i quattro tempi composti, che sono passato prossimo (presente + pp), trapassato prossimo (imperfetto + pp), trapassato remoto (passato rem. + pp) e futuro anteriore (futuro + pp)[6]. Come avvenuto per molte lingue settentrionali il passato remoto è stato, nel tempo, rimpiazzato dal passato prossimo sopravvivendo solo nei contesti più formali.
Essere:
Presente
Imperfetto
Passato Rem.
Futuro
Mè a
sun
-i éra
fó
srò
Tè t'
è
ér
fóss
srê
Lò 'l
è
éra
fó
srà
Nuèter a
sámm
i-éren
fónn
srámm
Vuèter a
sî
i-éri
fóssi
srî
Lôr i
én
éren
fónn
srân
Avere:
Presente
Imperfetto
Passato Rem.
Futuro
Mè a
-i ò
-i avíva
-i avè
-i avrò
Tè t'
ée
avìv
avéss
avrê
Lò 'l
â
avìva
avè
avrâ
Nuèter a
-i avámm
-i avíven
-i avénn
-i avrámm
Vuèter a
-i avî
-i avívi
-i avéssi
-i avrî
Lôr i
ân
avíven
avénn
avrân
1ª Coniugazione: Cantêr (cantare)
Presente
Imperfetto
Passator Rem.
Futuro
Mè a
cant
cantèva
canté
cantarò
Tè t'
cant
cantèv
cantéss
cantarê
Lò 'l
canta
cantèva
canté o cantò
cantarà
Nuèter a
cantámm
cantèven
cantén
cantarámm
Vuèter a
cantê
cantèvi
cantéssi
cantarî
Lôr i
cànten
cantèven
cantén o cantòn
cantarân
2ª Coniugazione: Lèżer (leggere)
Presente
Imperfetto
Passato Rem.
Futuro
Mè a
lèż
liżíva
liżè
liżrò
Tè t'
lèż
liżív
liżéss
liżrê
Lò 'l
lèż
liżíva
liżè
liżrà
Nuèter a
liżámm
liżíven
liżén
liżrámm
Vuèter a
liżî
liżívi
liżéssi
liżrî
Lôr i
léżen
liżíven
liżén
liżrân
3ª Coniugazione: Durmîr (dormire)
Presente
Imperfetto
Passato Rem.
Futuro
Mè a
dòr(e)m
durmíva
durmé
durmirò
Tè t'
dòr(e)m
durmív
durméss
durmirê
Lò 'l
dòr(e)m
durmíva
durmé
durmirâ
Nuèter a
durmámm
durmíven
durmén
durmirámm
Vuèter a
durmî
durmívi
durméssi
durmirî
Lôr i
dòrmen
durmíven
durmén
durmirân
Modo congiuntivo
Il congiuntivo ha due tempi, ossia il presente e l'imperfetto; inoltre vi sono i due tempi composti, che sono il passato (presente + pp) e trapassato (imperfetto + pp).
Essere:
Presente
Imperfetto
(Mè) ch'a
sia
fóss
(Tè) ch'ét
sî
fóss
(Lò) ch'al
sia
fóss
(Nuèter) ch'a
sámma
fóssen
(Vuèter) ch'a
sìdi
fóssi
(Lôr) ch'i
sìen
fóssen
Avere:
Presente
Imperfetto
(Mè) ch'a
i-àva
i-avéss
(Tè) ch'ét
àv
avéss
(Lò) ch'al
àva
avéss
(Nuèter) ch'a
i-avámma
i-avéssen
(Vuèter) ch'a
i-avìdi
i-avéssi
(Lôr) ch'i
i-àven
i-avéssen
1ª Coniugazione: Cantêr (cantare)
Presente
Imperfetto
(Me) ch'a
canta
cantéss
(Tè) ch'ét
cant-
cantéss
(Lò) ch'al
canta
cantéss
(Nuèter) ch'a
cantámma
cantéssen
(Vuèter) ch'a
cantèdi
cantéssi
(Lôr) ch'i
canten
cantéssen
2ª Coniugazione: Lèżer (leggere)
Presente
Imperfetto
(Mè) ch'a
lèża
liżéssa
(Tè) ch'ét
lèż-
liżéss
(Lò) ch'al
lèża
liżéssa
(Nuèter) ch'a
liżámma
liżéssen
(Vuèter) ch'a
liżìdi
liżéssi
(Lôr) ch'i
léżen
liżéssen
3ª Coniugazione: Durmîr (dormire)
Presente
Imperfetto
(Mè) ch'a
dòrma
durméssa
(Tè) ch'ét
dòrem-
durméss
(Lò) ch'al
dòrma
durméssa
(Nuèter) ch'a
durmámma
durméssen
(Vuèter) ch'a
durmìdi
durméssi
(Lôr) ch'i
dòrmen
durméssen
Modo condizionale
Il condizionale ha un solo tempo, il presente, più un tempo composto, il passato, formato da presente + pp.
Essere:
Presente
Mè a
srèv
Tè t'
sréss
Lò 'l
srèv
Nuèter a
srèven
Vuèter a
srèssi
Lôr i
srèven
Avere:
Presente
Mè a
i-avrèv
Tè t'
avèss
Lò 'l
avrèv
Nuèter a
i-avrèven
Vuèter a
i-avrèssi
Lôr i
avrèven
1ª Coniugazione: Cantêr (cantare)
Presente
Mè a
cantarèv
Tè t'
cantarèss
Lò 'l
cantarèv
Nuèter a
cantarèven
Vuèter a
cantarèssi
Lôr i
càntarèven
2ª Coniugazione: Lèżer (leggere)
Presente
Mè a
liżrèv
Tè t'
liżréss
Lò 'l
liżrèv
Nuèter a
liżrèven
Vuèter a
liżrèssi
Lôr i
liżrèven
3° Coniugazione: Durmîr (dormire)
Presente
Mè a
durmirèv
Tè t'
durmirèss
Lò 'l
durmirèv
Nuèter a
durmirèven
Vuèter a
durmirèssi
Lôr i
durmirèven
Modo imperativo
L'imperativo ha un solo tempo, il presente, e difetta della 1ª singolare[6].
Essere:
Imperativo
(Tè)
sî!
(Ló)
Al sia!
(Nó)
sámm!
(Vó)
sie o sièdi o sìdi!
(Lôr)
i sîn!
Avere:
Imperativo
(Tè)
àv o abi!
(Ló)
l'abia!
(Nó)
avámm!
(Vó)
avìdi o avì o abiè!
(Lôr)
i àbien!
1ª Coniugazione: Cantêr (cantare)
Imperativo
(Tè)
canta!
(Ló)
al canta!
(Nó)
cantamm!
(Vó)
cantè!
(Lôr)
cànten!
2ª Coniugazione: Lèżer (leggere)
Imperativo
(Tè)
léż!
(Ló)
al léża!
(Nó)
liżàmm!
(Vó)
lizî!
(Lôr)
léżen!
3ª Coniugazione: Durmîr (dormire)
Imperativo
(Tè)
dòr(e)m!
(Ló)
al dòrma!
(Nó)
durmàmm!
(Vó)
durmî!
(Lôr)
dòrmen!
Modo gerundio
Il gerundio ha un solo tempo, il presente, più un tempo composto formato da presente + pp.
Come l'infinito, è impersonale.
Essere
Avere
essánd
avánd
1ª Coniugazione: Cantêr (cantare)
2ª Coniugazione: Lèżer (leggere)
3ª Coniugazione: Durmîr (dormire)
cantánd
liżánd
durmánd
Modo participio
Il participio ha un solo tempo, il passato.
Essere
Avere
sté
avú
1ª Coniugazione: Cantêr (cantare)
2ª Coniugazione: Lèżer (leggere)
3ª Coniugazione: Durmîr (dormire)
canté
liżù o lét
durmì
Come per l'italiano questo modo risulta essere estremamente irregolare, non sono infrequenti, a tal proposito, eccezioni alle regole. Tra quelle più comuni figurano:
Vàdder (vedere) con forma vèst.
Tór (torre, cioè togliere, usato spesso nell'accezione di prendere) con forma tólt.
Vocabolario
Admàn (talvolta Dmàn): domani;
Bèle: di già;
Bicér: bicchiere;
Cà: casa;
Catēr: trovare;
Ciàcri: chiacchiere;
Ciòch: rumore;
Cultēl: coltello;
Desfèr: rompere;
Dōp-meżdè (talvolta Dōp prànż o Bassóra): pomeriggio;
Dutōr: dottore;
Gabiàn: gabbiano;
Gninta: niente;
Incō: oggi;
Mánd: mondo;
Marî: marito;
Mèdra: madre;
Mujéra: moglie;
Pamdòr: pomodoro;
Pèder: padre;
Prēda: pietra
Putèin, putèina: bambino, bambina;
Patàca: patata;
Ragazōl, ragazōla: ragazzo, ragazza;
Ravanèl: rapanello;
Scràna: sedia;
S'cianchēr: rompere;
Tèvla: tavolo;
Óss: porta;
Vèc', vècia: vecchio, vecchia;
Zampòun: zampone;
Zēl: cielo;
Zitè: città.
Qualche frase in modenese:
A-n dîr dal caiunèdi!: Non dire stupidaggini!
'Sa vōt? raramente C'sa vōt?: Cosa vuoi?
Ca t' gnîs un càncher!: "Che ti venisse un accidente", frase di disprezzo (anche scherzosa) rivolta a qualcuno;
Ciapèr la bàla: "Ubriacarsi"
Druvèr 'na carióla quànd l'è bèle s'cianchèda: "Usare una carriola quando è già rotta", aspettare troppo ad usare le cose
In du' vēt?: Dove vai?
L'aqua la fà i caplètt: "L'acqua fa i cappelletti", riferito allo spruzzo di forma circolare che fanno le gocce d'acqua quando piove forte.
Tîn bòta: "Tieni botta", resisti.
Stàm só d'adòs! "Stammi su d'addosso", lasciami in pace.
Esempi
L'inféren ed Dante
In d'al mêz d'al camîn d'la nostra vétta a-m sun catê in d'na furèsta bura, c'l'a-s s'éra pèrsa la strèda drétta.
Ahi, niànch a dìrel, la strêda l'è dura ed quèst bôsch, selvâg' e oscûr c'al sôl pinsêr al fa gnîr pòra!
Tant' él amêr che pòch pió l'è la mòrt; ma per ciacarêr d'al bèin ch'a g'ò catê, a drò ed quáll c'a-i-ò vést tentànd la sòrt.
A-n sun mia bòun ed ridîr cum a sun entrê, tant' a-i-éra asunê a quel pùnt c'la bòuna strèda a-i-ò abandunê.
Ma po' a sun arivê a i pê ed 'na muntàgna, là, in duv l'éra finî la vâl c'la m'avìva rimpî al côr d'ogni magàgna,
a-i-ò guardê in èlt e a-i-ò vést al piân vistî d'i râg' d'al sôl c'i culpìssen la fàża d'ogni cristiân...
Non esiste una grafia certa del dialetto modenese, come accade per molti dialetti. Le convenzioni qui utilizzate sono un mix estrapolato da varie fonti e non hanno alcuna pretesa di essere definitive.