Tuttavia, se si tiene conto delle dimensioni di variazione idiomatica, non bisogna concepire tali dialetti come delle varietà linguistiche unitarie e univocamente circoscritte a singole aree geografiche, ma piuttosto come un continuum di varietà, il cui contatto reciproco (nonché l'interazione con gli altri gruppi dialettali italoromanzi) è determinato da diversi fattori geografici e socio-economici; tale fenomeno è definito variazione diatopica dagli studiosi della geografia linguistica.
Del resto l'area campana è attraversata per tutta la sua larghezza da un buon numero di isoglosse, disposte per lo più in senso sudovest-nordest e particolarmente addensate lungo la linea Salerno-Lucera, la quale funge così da separatore (sia pur in modo tutt'altro che netto) tra un gruppo napoletano-laziale meridionale-beneventano e un gruppo irpino-cilentano. Ragioni di ordine storico o amministrativo hanno poi determinato ulteriori fratture, fino a giungere, in molti casi, a una vera e propria frammentazione vernacolare.
Diffusione
Diffusione in Campania
Nell'ambito della regione Campania i dialettologi enumerano quattro idiomi fondamentali[2]:
napoletano, parlato nella città di Napoli (già capitale del Regno dal XIII al XIX secolo) e in numerosi territori circostanti, anche al di fuori della città metropolitana; presenta molte varietà, ampiamente diffuse nei distretti vulcanici e nelle aree di pianura, così come nella fascia costiera e nelle prospicienti isole dell'arcipelago;
beneventano, parlato a Benevento (città appartenuta per lunghi secoli allo Stato della Chiesa) e in parte della relativa provincia; è relativamente uniforme. Secondo una minoranza di linguisti (tra cui il Pellegrini) costituirebbe una semplice varietà del dialetto irpino;
talune parlate locali nell'estremità sud-occidentale del Molise (valle del Volturno, già parte dell'antica Terra di Lavoro, al confine con l'odierna Campania);
^Per avere un riferimento sulla complessità e la frammentazione linguistica dell'area: G. Di Massa, I dialetti della Ciociaria attraverso la poesia, Tecnostampa, Frosinone 1990; F. Avolio Il confine meridionale dello Stato Pontificio e lo spazio linguistico Campano, "Contributi di filologia dell'Italia mediana VI" 1992; A. Schanzer, Per la conoscenza dei dialetti del Lazio sud-orientale: lo scadimento vocalico alla finale (primi risultati) , "Contributi di filologia dell'Italia mediana III" 1989.
^Il circondario di Minturno, nel territorio della provincia di Latina, presenta marcate affinità linguistiche con i dialetti italiani mediani, come l'assenza dello scevà e la metafonia sabina propria dei dialetti laziali centro-settentrionali, nonché l'articolo determinativo singolare maschile di area mediana gliù e i troncamenti verbali, come sto a fa' per sto a fare (cfr. B. Fedele, Minturno: storia e folklore, CAM, Napoli 1958, p. XIII). In particolare, per gli adiacenti tenimenti di Castelforte e Santi Cosma e Damiano, che presentano anch'essi alcuni caratteri mediani, cfr. R. Di Bello, Suio, borgo medioevale: glió paese meio, Kennedy, Castelforte 2004; A. Di Tano, Il nostro linguaggio dialettale, Edizioni Emmegi, Castelforte 2007.