505 a.C. – Trasferimento in Roma del sabino Atto Clauso (noto successivamente con il nome latinizzato di Appio Claudio) che conduce con sé 5.000 clienti.
486 a.C. – Alleanza con la popolazione degli Ernici, per occupare una posizione strategica nella guerra contro Sabini, Volsci ed Equi;
470 a.C. – Publilio Volerone Vocifera a favore di una modifica riguardo ai funzionamento dell'assemblea dei plebei:
Si adotta il voto per Tribù, al posto del voto per testa. Così l'assemblea prende il nome di Comizi Tributi.
I Tribuni passano da due a quattro.
459 a.C. – il collegio dei Tribuni della Plebe è portato da due a dieci componenti;
451 a.C. – I plebei richiedono la codificazione delle leggi. Si istituisce così la prima commissione decemvirale (composta da soli patrizi) incaricata di mettere per iscritto le norme vigenti (Decemviri Legibus Scribundis).
445 a.C. – Grazie alla Lex Canuleia, che prende il nome dal Tribuno Canuleio, autore del celeberrimo discorso[2], sono legalizzati i matrimoni misti tra patrizi e plebei.
444 a.C. – Il Potere Consolare venne attribuito ai Tribuni consolari[3], che sostituiranno i consoli. Essi possono essere anche plebei. Nel Lexicon del Suida leggiamo invece che questo evento avvenne nel 438 [Trecentis et quindecim annis ab urbe condita elapsis, tribuni militares (confulari potestate) summam rerum Romæ adminiſtrare coeperunt.][4]
443 a.C. – Istituzione della Censura, magistratura aperta esclusivamente ad ex-consoli, eletti annualmente in numero di 2;
437 a.C./ 426 a.C. – Seconda fase della Battaglia di Veio. Si registra la conquista romana di Fidenae;
367 a.C. – Promulgato un pacchetto di leggi, (chiamate Leges Liciniae Sextiae dai nomi dei proponenti Lucio Sextio Laterano e Gaio Licinio Calvo Stolone) il cui fine ultimo è quello di risolvere alcune problematiche che pressano la comunità plebea: la spartizione dei bottini di guerra, la servitù per debiti (Nexum) e l'accesso al consolato.
Inizia la prima guerra sannitica. Roma interviene in aiuto di Capua (tramite l'espediente della devotio), la cui libertà è messa a rischio dai sanniti.
Roma inizia la guerra latina e si allea con i Sanniti. La guerra viene vinta dai romani che trionfano nella battaglia decisiva presso Suessa Aurunca. La Lega Latina viene sciolta;
Viene fondata la Confederazione italica, una lega gerarchica che sostituirà la Lega Latina. Roma possiede un ruolo di egemonia in essa;
Promulgata la Lex Poetelia-Papiria che abolisce il nexum; è uno dei pochi casi di abrogazione retroattiva nella legislazione romana;
Inizia la seconda guerra sannitica. I romani intervengono in aiuto di Napoli, osteggiata dagli osci. I romani riescono a liberare la città;
321 a.C. – Nel cercare di stanare i Sanniti dalle loro sedi montane, l'esercito romano subisce un'imboscata e arriva una cocente sconfitta nella Battaglia delle Forche Caudine;A seguito dell'umiliazione subita, i romani procedono a riformare l'esercito adottando lo Schieramento Manipolare.
Censura di Appio Claudio Cieco che annulla le differenze tra senatori ordinari e senatori aggiunti; aggiunge, inoltre nell'albo senatorio alcuni figli di Liberti;
Roma fonda le nuove colonie di Alba Fucens e Carseoli per controllare il centro e sud Italia;
Con il "ius Flaviorum" Gneo Flavio, rende per la prima volta pubbliche le procedure giudiziarie, seguite da quella del Calendario, precedentemente di esclusività patrizia;
Gaio Mario viene eletto console per la sesta volta; tuttavia, uno scandalo politico riguardante Lucio Appuleio Saturnino lo costringe a ritirarsi dalla vita pubblica.
Giulio Cesare nasce a Roma, nel quartiere della Suburra, il 13 luglio.
52 - Sono completati in gran parte i lavori del nuovo emissario Fucino
52 - Grande inaugurazione di Claudio del nuovo emissario fucense. Per la grande occasione con tutta la corte imperiale presente, viene data in scena una gigantesca e nefasta naumachia sulle acque del Lago Fucino.
Costantino e Licinio emanano il cosiddetto Editto di Milano, mettendo fine alle persecuzioni contro i Cristiani e proclamando la tolleranza religiosa in tutto l'Impero;
360 – A causa di un imminente guerra contro la Persia, Costanzo II ordina a Giuliano di mandare diverse legioni come supporto; l'esercito si ammutina e proclama GiulianoAugusto;
361 – Costanzo II muore, nominando Giuliano come suo successore; Giuliano si dichiara apertamente pagano, ma il suo tentativo di ristabilire il paganesimo fallisce;
363 – Giuliano invade la Persia ma è costretto a retrocedere e viene ferito a morte in un combattimento; i soldati nominano Gioviano imperatore;
364 – Gioviano muore sulla strada del ritorno; i soldati nominano Valentiniano, che a sua volta associa al potere il fratello Valente;
395 – Teodosio I, in punto di morte, divide definitivamente l'impero in due parti, affidando al figlio maggiore Arcadio la pars orientis e al minore Onorio la pars occidentis.
411 – Costanzo III, diventato magister militum, batte Costantino "III" e i suoi alleati, riprendendosi parte dei territori usurpati nelle Gallie e in Hispania, ma non la Britannia, definitivamente abbandonata;
Il generale germanico Odoacre uccide Oreste, costringe Romolo Augusto ad abdicare e si proclama Rex Gentium;
Tradizionale data per la caduta dell'Impero romano d'Occidente;
480 – Giulio Nepote, pretendendo ancora di essere imperatore, viene ucciso in Dalmazia; fine de iure dell'Impero romano d'Occidente;
486 - Rimaneva in mano romano-occidentale parte della Gallia settentrionale (Regno di Soissons), governata da Siagro. Siagro venne sconfitto dai Franchi nella battaglia di Soissons e anche questa parte di impero cadde in mano barbara.
^"Cum maxime haec in senatu agerentur, Canuleius pro legibus suis et adversus consules ita disseruit: "Quanto opere vos, Quirites, contemnerent patres, quam indignos ducerent qui una secum urbe intra eadem moenia viveretis, saepe equidem et ante videor animadvertisse, nunc tamen maxime quod adeo atroces in has rogationes nostras coorti sunt, quibus quid aliud quam admonemus ciues nos eorum esse et, si non easdem opes habere, eandem tamen patriam incolere? Altera conubium petimus, quod finitimis externisque dari solet; nos quidem civitatem, quae plus quam conubium est, hostibus etiam victis dedimus;--altera nihil novi ferimus, sed id quod populi est repetimus atque usurpamus, ut quibus velit populus Romanus honores mandet. Quid tandem est cur caelum ac terras misceant, cur in me impetus modo paene in senatu sit factus, negent se manibus temperaturos, violaturosque denuntient sacrosanctam potestatem? Si populo Romano liberum suffragium datur, ut quibus velit consulatum mandet, et non praeciditur spes plebeio quoque, si dignus summo honore erit, apiscendi summi honoris, stare urbs haec non poterit? De imperio actum est? Et perinde hoc valet, plebeiusne consul fiat, tamquam seruum aut libertinum aliquis consulem futurum dicat? Ecquid sentitis in quanto contemptu Vivatis? Lucis vobis huius partem, si liceat, adimant; quod spiratis, quod vocem mittitis, quod formas hominum habetis, indignantur; quin etiam, si dis placet, nefas aiunt esse consulem plebeium fieri. Obsecro vos, si non ad fastos, non ad commentarios pontificum admittimur, ne ea quidem scimus quae omnes peregrini etiam sciunt, consules in locum regum successisse nec aut iuris aut maiestatis quicquam habere quod non in regibus ante fuerit? En unquam creditis fando auditum esse, Numam Pompilium, non modo non patricium sed ne ciuem quidem Romanum, ex Sabino agro accitum, populi iussu, patribus auctoribus Romae regnasse? L. deinde Tarquinium, non Romanae modo sed ne Italicae quidem gentis, Demarati Corinthii filium, incolam ab Tarquiniis, vivis liberis Anci, regem factum? Ser. Tullium post hunc, captiua Corniculana natum, patre nullo, matre serua, ingenio, virtute regnum tenuisse? Quid enim de T. Tatio Sabino dicam, quem ipse Romulus, parens urbis, in societatem regni accepit? Ergo dum nullum fastiditur genus in quo eniteret virtus, creuit imperium Romanum. Paeniteat nunc vos plebeii consulis, cum maiores nostri advenas reges non fastidierint, et ne regibus quidem exactis clausa urbs fuerit peregrinae virtuti? Claudiam certe gentem post reges exactos ex Sabinis non in civitatem modo accepimus sed etiam in patriciorum numerum. Ex peregrinone patricius, deinde consul fiat, civis Romanus si sit ex plebe, praecisa consulatus spes erit? Utrum tandem non credimus fieri posse, ut vir fortis ac strenuus, pace belloque bonus, ex plebe sit, Numae, L. Tarquinio, Ser. Tullio similis, an, ne si sit quidem, ad gubernacula rei publicae accedere eum patiemur, potiusque decemviris, taeterrimis mortalium, qui tum omnes ex patribus erant, quam optimis regum, novis hominibus, similes consules sumus habituri?"
Livio, Ab Urbe Condita LIbri 4,3,1-7