Il prefetto del pretorio, infatti, era secondo in comando all'imperatore e responsabile per le uniche forze militari presenti nella città di Roma: i pretoriani ovvero la guardia del corpo dell'imperatore. Nei primi anni del suo incarico ebbe certamente la fiducia di Caracalla, tuttavia, poiché l'imperatore lo derideva completamente, in seguito cominciò a complottare contro di lui.
Nel 217Caracalla si recò in oriente per preparare una campagna contro l'Impero partico. Macrino era al suo seguito con altri membri della guardia pretoriana. In aprile Caracalla si recò a visitare un tempio, presso il luogo di una precedente battaglia, accompagnato solo dalla sua guardia del corpo, Macrino compreso. Gli eventi non sono chiari, ma è certo che Caracalla fu ucciso a tradimento da un soldato, Marziale, in una pausa del viaggio. Al ritorno, l'11 aprile, non essendoci né discendenti diretti di Caracalla, né altri candidati più autorevoli, Macrino si proclamò imperatore.
Fu il primo imperatore ad ascendere al trono senza essere membro dell'Ordine Senatorio. Macrino nominò cesare e successore il proprio figlio Diadumeniano. I primi mesi di regno non furono fortunati. Alla notizia della morte di Caracalla, i Parti invasero i territori romani che avevano perduto negli anni precedenti. Macrino decise allora di trattenersi in oriente, mentre lo scontento cominciava a manifestarsi a Roma.
Anche il rapporto con le legioni non era tranquillo, a causa di una riforma del sistema di pagamento che favoriva i veterani rispetto alle reclute. I membri restanti della famiglia imperiale dei Severi, di cui faceva parte Caracalla, ricevettero l'ordine di lasciare il palazzo imperiale e tornare nel luogo di origine della loro famiglia, a Emesa in Siria: si trattava di Giulia Mesa, sorella di Giulia Domna madre di Caracalla, e le figlie Giulia Soemia Bassiana e Giulia Mamea.
Macrino tuttavia non riuscì a consolidare il suo trono, mentre le donne cominciarono a complottare in favore del figlio di Giulia Bassiana, Eliogabalo, spargendo la voce che si trattasse di un figlio naturale di Caracalla. La ribellione cominciò il 15 maggio; l'8 giugno del 218 le truppe di Macrino furono sconfitte nella battaglia di Antiochia dalle legioni del pretendente. Macrino cercò di organizzare la fuga e inviò il figlio Diadumeniano come ambasciatore alla corte partica mentre egli stesso si dirigeva a Roma per garantirsene l'appoggio. Catturato in Anatolia, presso la regione costiera della Cappadocia, dopo un tentativo di fuga, fu giustiziato come usurpatore, dopo aver saputo che il figlio Diadumeniano era stato ucciso a Zeugma dai Parti.
Wolfang Kunkel, Linee di storia giuridica romana, Edizioni Scientifiche Italiane, Napoli 1973, pp. 77–79.
Cesare Letta, La dinastia dei Severi in: AA.VV., Storia di Roma, Einaudi, Torino, 1990, vol. II, tomo 2; ripubblicata anche come Storia Einaudi dei Greci e dei Romani, Ediz. de Il Sole 24 ORE, Milano, 2008 (v. il vol. 16°)
Santo Mazzarino, L'Impero romano, vol. II, Bari, Laterza, 1973.