Sede arcivescovile è la città di Agrigento, dove si trova la cattedrale di San Gerlando. In città si trova anche l'antica cattedrale bizantina, oggi chiesa di Santa Maria dei Greci. In arcidiocesi sorgono tre basiliche minori: la basilica dell'Immacolata ad Agrigento, la basilica di Maria Santissima del Soccorso a Sciacca, e la basilica di San Calogero a Monte di Sciacca. Allo stesso santo è dedicata una chiesa ad Agrigento, dichiarata santuario diocesano nel 1972.
Il territorio dell'arcidiocesi è uno dei più vasti della Sicilia. Si estende su una superficie di 3.041,89 km² ed è suddiviso in 194 parrocchie, raggruppate in 5 zone pastorali e 10 vicariati foranei.
Zona 1/San Gerlando (3 vicariati foranei):
Agrigento
Aragona
Porto Empedocle
Zona 2/Sant'Angelo (1 vicariato foraneo):
Licata
Zona 3/Padre Gioacchino La Lomia (2 vicariati foranei):
Canicattì
Ravanusa
Zona 4/San Giacinto Giordano Ansalone (2 vicariati foranei):
Cammarata
Santo Stefano Quisquina
Zona 5/San Calogero (2 vicariati foranei):
Ribera
Sciacca
Storia
Sull'origine della Chiesa agrigentina non ci sono notizie precise; ma i monumenti antichi, come le catacombe di Agrigento e Naro, le tombe sicuramente cristiane di parecchie zone del territorio e, soprattutto, una piccola basilica paleocristiana e altri reperti archeologici provenienti da varie zone della provincia forniscono elementi per dare come certa la presenza di una solida comunità cristiana nell'Agrigentino, tra il II e il III secolo.
Secondo la tradizione il primo vescovo fu san Libertino martirizzato non oltre la persecuzione di Gallieno e Valeriano (metà del III secolo). La basilica paleocristiana per alcuni studiosi era una memoria martyrum nella quale furono sepolti san Libertino e san Pellegrino in due loculi posti nel pavimento. Il primo vescovo storicamente certo è Eusanio nella seconda metà del VI secolo, deposto da papa Pelagio II per aver usurpato i beni della Chiesa.
Prima dell'invasione degli arabi non ci sono molte notizie sulla diocesi. Tra i vescovi agrigentini storicamente sicuri ci sono: san Gregorio II, di cui parla nelle sue lettere papa Gregorio Magno (tra il 591 ed il 603) e autore di un commento in greco sull'Ecclesiaste; Felice, che partecipò al sinodo di Roma del 649; Giorgio, che prese parte ai concili romani del 679 e del 680; Giovanni, che fu tra i padri del secondo concilio di Nicea (787).
Già dai tempi di Gregorio Magno, la Sicilia faceva parte dell'impero bizantino; tuttavia, come emerge dalle lettere del pontefice, le diocesi siciliane non avevano un metropolita e dipendevano tutte da Roma. Solo dalla prima metà dell'VIII secolo, in seguito alle controversie sull'iconoclastia, la Sicilia fu sottratta dall'imperatoreLeone III Isaurico alla giurisdizione di Roma e sottomessa al patriarcato di Costantinopoli (circa 732). Così fu anche per Agrigento, che appare tra le suffraganee di Siracusa nella Notitia Episcopatuum redatta all'epoca dell'imperatore Leone VI e databile all'inizio del X secolo.[1] La situazione descritta da questa Notitia Episcopatuum è tuttavia puramente ideale; infatti a partire dall'827 l'isola venne progressivamente conquistata dagli Arabi e delle sue diocesi non si hanno più notizie.
Dopo la dominazione araba (828-1086), la diocesi fu restaurata dal "gran conte" normannoRuggero I d'Altavilla, che ne definì il territorio con un diploma del 1093[2]; la diocesi si estendeva sino alle porte di Palermo includendo anche Termini Imerese, ed era chiamata diocesi bimare, in quanto a sud si affacciava sul Canale di Sicilia e sul Tirreno a nord. L'antica diocesi di Triocala non fu più restaurata ed in epoca Normanna il suo territorio fu incorporato in quello di Agrigento. La rifondazione della diocesi fu approvata da papa Urbano II il 10 ottobre 1098.[3] Primo vescovo fu san Gerlando (1093-1100).
Fu avventuroso il lungo episcopato di Urso a cavallo tra il XII e il XIII secolo: per tre volte fu privato dei beni della Chiesa ed esiliato, fu poi rapito dai saraceni, che lo tennero prigioniero per quattordici mesi, finché non fu pagato un cospicuo riscatto. Nelle incursioni saracene furono distrutte la cattedrale e il palazzo episcopale, ricostruiti dal successore Raynaldo d'Acquaviva; questi, per aver incoronato re Manfredi, fu scomunicato da papa Alessandro IV.
Nessuno dei vescovi agrigentini fu presente al concilio di Trento, perché dal 1544 al 1564 la diocesi era vacante ed amministrata dal cardinaleRodolfo Pio di Carpi. Il vescovo Luigi Suppa (1565-1569) iniziò ad applicare i decreti tridentini; Cesare Marullo fondò il seminario diocesano nel 1577, trasferito nella sede attuale da Vincenzo Bonincontro nel 1611; il vescovo Juan Orozco Covarrubias y Leiva (1594-1606) impiantò in città la prima tipografia, e protesse letterati e artisti; nuovo slancio alla formazione catechistica fu dato con l'introduzione del catechismo di Roberto Bellarmino tradotto in siciliano nel 1725.
Importante anche l'episcopato di Francesco Gisulfo, che arricchì la cattedrale di oggetti preziosi e di due organi e comprò per la città di Agrigento l'esenzione perpetua della gabella della farina. Francesco Ramírez (1697-1715) celebrò un sinodo i cui statuti rimasero in vigore fino al 1948, e fondò il collegio dei Santi Tommaso e Agostino per la formazione del clero e dei parroci. Verso la metà del XVIII secoloAndrea Lucchesi Palli eresse il palazzo vescovile e una biblioteca pubblica.
Nel corso dell'Ottocento la diocesi rimase vacante per diversi anni, nei periodi 1835-1837, 1839-1844. Rimase ancora vacante nel 1860 per la morte di mons. Domenico Maria Lo Jacono, anche per i tentativi del governo liberale di intervenire nella nomina dei vescovi, che era soggetta all'exequatur e alla pretesa di subentrare nel regio patronato ai precedenti monarchi, ossia di godere del diritto di presentazione dei vescovi. Nel 1865 il governo propose in colloqui informali di promuovere alla sede di Girgenti Michele Montuoro, presbitero della stessa diocesi, ma non si trovò un accordo con la Santa Sede. Dopo la frattura tra Chiesa e Stato con la presa di Porta Pia del 20 settembre 1870, la Santa Sede rifiutò di concordare le nomine dei vescovi e tra il 1871 e il 1872 procedette a nomine unilaterali per le diocesi siciliane, scegliendo per Girgenti il sacerdote palermitano Domenico Turano (1872-1885).[4] Durante il suo episcopato la diocesi fu sconvolta dal cosiddetto "scisma di Grotte" guidato dal sacerdote Luigi Sciarratta contro l'autorità del vescovo e a favore di un'elezione popolare dei parroci; lo scisma si concluse con la scomunica di Sciarratta.
Nonostante l'aumento della popolazione, a causa di particolari vincoli giuridici, all'inizio del Novecento il numero delle parrocchie era rimasto molto esiguo. Papa Pio XI conferì al vescovo Giovanni Battista Peruzzo speciali poteri per aumentarne il numero, che durante il suo episcopato da 48 salì a 139.
L'arcidiocesi nel 2022 su una popolazione di 413.503 persone contava 387.452 battezzati, corrispondenti al 93,7% del totale.
anno
popolazione
presbiteri
diaconi
religiosi
parrocchie
battezzati
totale
%
numero
secolari
regolari
battezzati per presbitero
uomini
donne
1948
?
?
?
485
350
135
?
?
?
?
?
1955
467.520
469.864
99,5
403
320
83
1.160
115
730
154
1970
480.481
483.484
99,4
380
314
66
1.264
103
628
197
1980
482.000
487.700
98,8
321
259
62
1.501
1
80
945
199
1990
480.000
492.093
97,5
303
253
50
1.584
11
50
585
194
1999
464.200
473.100
98,1
284
234
50
1.634
23
60
516
194
2000
464.200
473.100
98,1
280
235
45
1.657
24
49
575
194
2001
463.900
473.100
98,1
280
234
46
1.656
25
56
470
194
2002
463.400
473.000
98,0
290
239
51
1.597
25
63
432
194
2003
463.700
473.200
98,0
294
240
54
1.577
31
66
433
194
2004
463.200
473.200
97,9
292
237
55
1.586
34
79
437
194
2006
449.000
461.000
97,4
286
237
49
1.569
34
59
443
194
2012
469.000
479.000
97,9
272
228
44
1.724
45
49
391
194
2015
428.670
448.830
95,5
269
228
41
1.593
44
51
294
194
2018
415.518
431.875
96,2
244
210
34
1.702
39
44
255
194
2020
410.330
434.870
94,4
243
209
34
1.688
38
41
226
194
2022
387.452
413.503
93,7
245
210
35
1.581
36
42
197
194
Note
^(FR) Jean Darrouzès, Notitia 7, in Notitiae episcopatuum Ecclesiae Constantinopolitanae. Texte critique, introduction et notes, Parigi, 1981, p. 278, nº 277 (Akragantos)..
^Testo del diploma in: Pirri, Sicilia sacra, I, p. 695.
^Kehr, Italia Pontificia, X, p. 264, nº 9. Testo della bolla in: Pirri, Sicilia sacra, I, pp. 695-696.
^Questo vescovo non è documentato storicamente, ma menzionato, assieme a Severo di Catania, unicamente nella Vita e traslazione di santa Agrippina, testo agiografico tardivo; secondo Lanzoni (La diocesi d'Italia..., p. 641) è una retroproiezione del santo vescovo Gregorio d'Agrigento, la cui vita è stata scritta dal monaco Leonzio di San Saba (Roma).
^Ricordato in un sinassario costantinopolitano al 24 novembre, potrebbe essere la traduzione del nome Felice, il vescovo vissuto nel VII secolo (sito web della diocesi).
^I vescovi san Potamione e Teodosio sono menzionati nella vita di san Gregorio d'Agrigento, scritta dal monaco Leonzio di San Saba (Roma); in questa vita, Teodosio è l'immediato predecessore del santo. Se il santo vescovo è lo stesso Gregorio menzionato nell'epistolario di Gregorio Magno, allora la loro collocazione cronologica è il VI secolo. Alcuni autori tuttavia spostano san Gregorio fra VII e VIII secolo; ne consegue che anche l'episcopato dei vescovi Potamione e Teodosio deve essere trasferito al secolo successivo.
^Questo vescovo è documentato nell'epistolario di papa Gregorio Magno, che ricorda che venne deposto da Pelagio II, papa dal 579 al 590, per aver usurpato i beni della Chiesa; nello stesso epistolario, Eusanio è chiamato praedecessor Gregorii.
^Pirri, e gli autori che ne dipendono, ritengono che san Gregorio d'Agrigento e il vescovo Gregorio dell'epistolario gregoriano siano due personaggi distinti; per cui anticipano l'episcopato del santo a metà del VI secolo, all'epoca di Giustiniano I; di conseguenza il vescovo documentato nell'epistolario gregoriano è Gregorio III.
^Ritenuto successore di san Gregorio II da Lancia di Brolo (Storia della chiesa in Sicilia nei primi dieci secoli del Cristianesimo, I, Palermo, 1880, p. 389).
^Questo vescovo è menzionato da Pirri al 616, e il suo nome sarebbe ricavato da presunte Tabulae agrigentinae.
^Mansi X 866 e 1163. Pirri gli assegna erroneamente l'anno 651.
^(DE) Wilhelm Levison, Die Akten der römischen Synode von 679, in Zeitschrift der Savigny-Stiftung fur Rechtsgeschichte. Kanonistische Abteilung, n. 2, 1912, p. 278 (archiviato dall'url originale il 4 marzo 2016).
^È considerato l'ultimo vescovo di Agrigento prima della dominazione araba. Onorato come martire il 24 novembre.
^abcdefNorbert Kamp, Kirche und Monarchie..., pp. 1146-1163.
^Deposto da papa Alessandro IV per aver consacrato re Manfredi a Palermo, è ancora documentato come vescovo nel febbraio 1266, mentre era già stato nominato un nuovo vescovo, Goffredo, il quale tuttavia non poté prendere possesso della sede agrigentina prima di questa data.
^Kamp, Kirche und Monarchie..., p. 1163, nota 140. Secondo questo autore, Gualtiero substitutus episcopi menzionato nelle Rationes decimarum potrebbe aver sostituito Goberto, spesso assente nella sua diocesi.
^Rafael Lazcano, Episcopologio agustiniano, Guadarrama (Madrid), Agustiniana, 2014, vol. I, p. 422.