Patrona principale della diocesi è la Madonna, venerata con il titolo di "Maria Santissima delle Vittorie"; patrono secondario è san Gaetano da Thiene.
Territorio
La diocesi comprende 12 comuni in 2 liberi consorzi comunali:
Il territorio si estende su 2.003 km² ed è suddiviso in 75 parrocchie. La città di Gela con i suoi 78.000 abitanti costituisce da sola oltre un terzo dell'intera popolazione diocesana con 14 parrocchie. Per estensione, Piazza Armerina è la seconda diocesi siciliana.
Storia
La nascita della diocesi di Piazza Armerina faceva parte del piano di ampliamento delle diocesi siciliane per favorire la cura pastorale delle popolazioni, deciso dal parlamento di Sicilia e presentato al re Ferdinando III il 5 aprile 1778.[1] Il re, favorevole al progetto, dette incarico alla Deputazione del Regno di studiare la fattibilità dell'operazione, previa una indagine conoscitiva in vista di un riesame complessivo delle diocesi dell'isola. L'iter di fondazione delle nuove diocesi fu interrotto durante il periodo della rivoluzione francese e ripreso dal parlamento siciliano il 24 marzo 1802, quando fu presentata una nuova istanza per il riordino delle diocesi siciliane, accolta anche questa volta favorevolmente dal re.[2]
In questa seconda occasione, la cittadinanza di Piazza Armerina presentò ufficialmente a re Ferdinando la richiesta di avere un proprio vescovado (1805), richiesta che fu prontamente inoltrata alla Santa Sede. Nel gennaio del 1807papa Pio VII incaricò l'arcivescovo di PalermoRaffaele Mormile di esaminare il progetto di fondazione della diocesi. L'annuncio dell'erezione della nuova sede episcopale suscitò l'opposizione della curia diocesanacatanese, dal cui territorio doveva essere ricavata la diocesi, e della città di Enna, che invece desiderava avere per sé la sede episcopale. Intanto Piazza Armerina non rimase ad attendere; il senato e i nobili della città, prima ancora che fosse istituita la diocesi, predisposero la dotazione annua per il vescovo e votarono la cessione degli edifici per il seminario e il palazzo episcopale (1808).
Primo vescovo fu nominato Girolamo Aprile Benso, originario di Caltagirone, che ebbe l'incarico di organizzare la diocesi e di fondare le sue strutture principali. Tra i vescovi successivi si ricordano: Cesare Agostino Sajeva, che fondò l'odierno seminario nell'ex convento dei domenicani (1859). Dopo la morte di mons. Sajeva nel 1867 la sede vacante si protrasse a lungo, anche per i tentativi del governo liberale di intervenire nella nomina dei vescovi, che era soggetta all'exequatur e alla pretesa di subentrare nel regio patronato ai precedenti monarchi, ossia di godere del diritto di presentazione dei vescovi. Dopo la frattura tra Chiesa e Stato con la presa di Porta Pia del 20 settembre 1870, la Santa Sede rifiutò di concordare le nomine dei vescovi e tra il 1871 e il 1872 procedette a nomine unilaterali per le diocesi siciliane.[4]Papa Pio IX scelse Saverio Gerbino: nel 1875 non aveva ancora ricevuto l'exequatur e pertanto aveva ricevuto l'ingiunzione di lasciare il palazzo arcivescovile. Un'eventuale resistenza avrebbe potuto comportare non solo l'uso della forza, ma anche l'allontanamento coatto dalla diocesi e l'affidamento della diocesi a un vicario capitolare.[5] Indisse il primo sinodo diocesano nel 1878 e dette un impulso culturale, disciplinare e spirituale al seminario.
Figura di rilievo fu quella del vescovo Mario Sturzo (1903-1941), fratello del fondatore del Partito Popolare. Uomo di «ampia cultura filosofica e di profondo zelo pastorale... attraverso le numerose lettere pastorali e i quattro sinodi celebrati diede alla diocesi un'impronta pastorale di grande apertura alle questioni del tempo e di conseguente impegno sociale oltre che di formazione spirituale per il laicato... A lui si deve la fondazione della teoria filosofica del neo-sintetismo e del periodico "Rivista di autoformazione"».[6] Al vescovo Sebastiano Rosso si deve la celebrazione di un congresso eucaristico diocesano e la fondazione, nel 1976, dell'Istituto Superiore di Scienze Religiose.