il vicariato di San Giuseppe comprende quattro unità pastorali e 16 parrocchie: Santa Maria della Stella in Orvieto, Sant'Andrea in Orvieto, San Domenico in Orvieto, San Giovenale in Orvieto, Sferracavallo, Ponte del Sole, Ciconia, Prodo, Orvieto Scalo, Morrano, San Faustino, Montecchio, Civitella del Lago, Tenaglie, Baschi, Corbara;
il vicariato di San Fortunato comprende quattro unità pastorali e 24 parrocchie: Santissima Annunziata in Todi, Santissimo Crocifisso in Todi, San Giorgio in Todi, Santa Maria in Todi, Maria Santissima Assunta a Montesanto di Todi, San Nicolò in Todi, Santa Prassede in Todi, Pontecuti, Quadro, Collevalenza, San Damiano, Pian di San Martino, Montemolino, Ponterio, Duesanti, Ilci, Fiore, Izzalini, Torregentile, Vasciano, Camerata, Massa Martana, Colpetrazzo, Villa San Faustino, Viepri;
il vicariato di Santa Cristina comprende quattro unità pastorali e 12 parrocchie: Santi Giorgio e Cristina in Bolsena, Santissimo Salvatore in Bolsena, Castel Giorgio, Castel Viscardo, Monterubiaglio, Viceno, Porano, Canale, Sugano, Torre San Severo, Allerona, Allerona Scalo;
il vicariato della Beata Vanna comprende due unità pastorali e 11 parrocchie: Fabro, Fabro Scalo, Ficulle, Montegabbione, Parrano, Collelungo di San Venanzo, Ospedaletto, Ripalvella, Rotecastello, San Venanzo, San Vito in Monte;
il vicariato di San Terenziano comprende tre unità pastorali e 17 parrocchie: Ammeto, Fratta Todina, Montecastello di Vibio, Spineta, Doglio, Collepepe, Casalalta, Collazzone, Gaglietole, Pantalla, Piedicolle, Ripabianca, San Terenziano, Grutti, Marcellano, Pozzo.
Storia
L'odierna diocesi nasce nel 1986 dall'unione di due antiche sedi episcopali, Orvieto e Todi, storicamente attestate nel V e VI secolo.
Diocesi di Orvieto
L'odierna Orvieto ha origini antichissime e fu un centro etrusco con il nome di Velzna, in latino Volsinii. Distrutta dai Romani nel III secolo avanti Cristo, la popolazione si spostò lungo le sponde del lago per fondare Volsinii novi, oggi Bolsena. L'antico insediamento di Velzna ricompare nei documenti nel VI secolo d. C. con il nome di Urbs vetus, ossia Orvieto.
Le prime testimonianze cristiane risalgono al IV secolo-V secolo. Il primo vescovo noto è Giovanni, episcopus de Urbe Vetere, destinatario di una lettera di Gregorio Magno nel dicembre 590, che lo invitava a soccorrere il monastero di San Giorgio e a non vietarvi la celebrazione delle messe e l'inumazione dei morti. Oltre a quello di San Giorgio, l'epistolario gregoriano ricorda anche il monastero dei Santi Severo e Martirio nei pressi della città.
Successivamente, le lettere di papa Gregorio menzionano il vescovo Candido, nel 591 e nel 596 come episcopus de Urbe Vetere, nel 595 come episcopus civitatis Bulsinensis. Secondo Louis Duchesne[9], a causa della distruzione della loro città ad opera dei Longobardi (573-575)[10], i vescovi di Bolsena trasferirono la loro sede a Orvieto, continuando per un certo periodo a portare l'antico titolo episcopale. Ancora nel 680, durante il concilio romano indetto da papa Agatone, il vescovo orvietano Agnello portava il titolo Bulsinensis.
Un'iscrizione mutila del VI o VII secolo rinvenuta presso Orvieto potrebbe, secondo Giovanni Battista de Rossi, far riferimento ad un anonimo vescovo orvietano, che visse 40 anni prima di diventare vescovo, e che mantenne questa carica per 11 anni.[11]
Pochi sono i vescovi conosciuti nel periodo altomedievale, che per lo più presero parte ai concili indetti a Roma dai pontefici. Almeno fino all'inizio del XII secolo i vescovi orvietani esercitarono anche il potere civile sulla città e il suo territorio; questa autorità ebbe fine con l'ascesa del comune e la sua alleanza con il capitolo dei canonici contro il vescovo Ildebrando (1140-1154). Lo stesso vescovo intraprese una lunga controversia, che dette luogo anche a conflitti armati, con i vescovi di Soana circa la giurisdizione su alcuni contadi al confine tra le due diocesi.
Nella lotta tra guelfi e ghibellini, che animò la città nel corso dei secoli centrali del Medioevo e che portò alla cruenta uccisione del podestà guelfo Pietro Parenzo (1199), sulla cattedra orvietana riuscì ad imporsi un vescovo ghibellino, stabilito dall'antipapa Anacleto II, e si diffusero contestualmente movimenti ereticali, tra cui i catari, contro i quali ebbe poca fortuna la dura repressione messa in atto dal vescovo Riccardo (1179-1200); papa Innocenzo III dovette comminare l'interdetto alla città e scomunicare i capi del comune.[12] «Le lotte politico-religiose con alterni esiti continuarono anche nel XIII secolo, fino a quando, successivamente al 1260, il comune non divenne definitivamente guelfo e finché, dopo l'istituzione dell'Inquisizione (1249 ai domenicani; dal 1260 ai francescani), gli eretici non furono definitivamente sconfitti (1263).»[10]
Nel corso del XIII secolo, periodo di maggior espansione politica ed economica di Orvieto, arrivarono in diocesi gli ordini mendicanti. I Francescani fondarono San Pietro, fuori le mura cittadine, nel 1227, chiesa che poi passò ai Servi di Maria, e in città costruirono San Francesco, consacrata nel 1266. I Domenicani posero la loro sede nella chiesa di Santa Pace, nel cui monastero fu attivo uno studium dove insegnò anche Tommaso d'Aquino; e nel 1268 fu consacrata la chiesa di San Domenico. In campo femminile, Orvieto accolse le clarisse (1232), le agostiniane (1286) e le benedettine. Contestualmente si diffuse anche il movimento della penitenza, che ebbe la sua maggior esponente nella beata Vanna, terziaria domenicana, morta nel 1306.[10]
Il XIII secolo è anche il secolo che vide la trasformazione edilizia della città: fu ricostruita l'antica collegiata di Sant'Andrea sulle rovine di una chiesa paleocristiana; venne ampliato il palazzo episcopale e furono costruiti il palazzo del Soliano e il palazzo papale, che ospitò la curia pontificia con papa Urbano IV (1261-1264); all'epoca del vescovo Francesco Monaldeschi (1280-1295) fu intrapresa la ricostruzione della cattedrale, arricchita in seguito dagli affreschi del Beato Angelico e soprattutto di Luca Signorelli.
Nel corso del XIII secolo sono documentate anche alcune visite pastorali dei vescovi orvietani; durante il suo episcopato, il vescovo Giacomo (1258-1269) visitò Capodimonte sul lago di Bolsena, dove amministrò la cresima e riscosse le decime; altre visite effettuarono i vescovi Aldobrandino Cavalcanti nel 1274 e Francesco Monaldeschi nel 1280-81, nel 1283 e nel 1290-91; altre visite effettuarono i vescovi nella prima metà del XIV secolo.[14] Di notevole rilevanza fu anche il livello di organizzazione burocratica della curia vescovile orvietana in questo periodo.[15]
In base ad alcune ricostruzioni topografiche, la diocesi di Orvieto, tra la fine del XIII secolo e il XIV secolo, era tra le più grandi dell'Umbria, dopo quelle di Spoleto, Città di Castello e Perugia, estendendosi su un territorio di circa 1.079 km² e comprendendo un totale di 94 chiese, di cui 17 nei centri urbani e 77 nei centri rurali.[16]
Nel 1369 la diocesi orvietana cedette una porzione del suo territorio a vantaggio dell'erezione della diocesi di Montefiascone.
Nella seconda metà del XV secolo Orvieto si dotò di un monte di pietà (1463), tra i primi fondati in Umbria, e di un monte frumentario (1490), istituto di beneficenza che aveva lo scopo di favorire i contadini più poveri attraverso il prestito di grano o di derrate, da restituire poi al tempo del raccolto.[17]
Nel corso del XVI secolo i vescovi si impegnarono per attuare in diocesi i decreti di riforma promossi dal concilio di Trento. Tra questi si possono ricordare «Sebastiano Vanti (1562-1570), che partecipò al concilio di Trento; Pietro Paolo Crescenzi (1621-1644), che accolse in diocesi i gesuiti (1621); il domenicano Giuseppe della Corgna (1656-1676), che tenne un sinodo diocesano nel 1660, Giuseppe dei conti di Marsciano (1734-1754) e Antonio Ripanti (1762-1780) che si adoperarono per fondare il seminario, che fu inaugurato solo nel 1778, usufruendo dei beni del soppresso collegio dei gesuiti, e affidato ai dottrinari, presenti in diocesi dal 1588.»[10]
Durante il periodo napoleonico, il vescovo Giovanni Battista Lambruschini, per il suo rifiuto a sottoscrivere il giuramento di fedeltà, fu deportato in Francia. Invece, durante la Repubblica Romana (1849), il vescovo Giuseppe Maria Vespignani fu incarcerato.
Nel 1973 il territorio di Torre Alfina passò dalla diocesi di Orvieto a quella di Acquapendente, mentre le frazioni orvietane di Tordimonte e di Sant'Egidio furono cedute dalla diocesi di Bagnoregio a quella di Orvieto.[18]
In epoca romana il territorio diocesano coincise con quello dell'antica Tuder, Colonia Fida Julia, già municipio. Il cristianesimo vi si diffuse presto da Roma a motivo della via Flaminia, della via Amerina, e degli altri antichi itinerari per Orvieto, Baschi e Spoleto. Oltre ad importanti ricordi etruschi e romani, sulla via Flaminia si trova un piccolo cimitero ipogeo e nel territorio un gruppo di chiese cimiteriali dedicate ai santi Terenziano, Antimo, Illuminata, Fidenzio e Terenzio, Felice, Faustino, Arnaldo. Nel IV secolo un possedimento detto Angulas, donato secondo il Liber Pontificalis dall'imperatore Costantino, pagava un tributo alla basilica di Santa Croce in Gerusalemme a Roma. Il papa martire San Martino I (649-656) nacque in un villaggio della diocesi sulla destra del Tevere, oggi detto Piano di San Martino; a lui furono dedicate anche varie antiche cappelle.
Secondo la tradizione, la serie episcopale tuderte inizia con un elenco di santi vescovi, tra i quali san Terenziano, considerato il protovescovo della diocesi, da attribuire probabilmente al IV secolo (Lanzoni). Il primo vescovo storicamente documentato è Cresconio, episcopus ecclesiae Tudertinae, che prese parte ai concili celebrati a Roma da papa Felice III nel 487 e da papa Simmaco nel 499, nel 501 e nel 502, e che fu inviato nel 496 a Costantinopoli per incarico di papa Anastasio II. Verso la metà del VI secolo è noto il vescovo san Fortunato, menzionato nei Dialoghi di Gregorio Magno.
La cronotassi episcopale di Todi per il primo millennio si riduce a qualche nome, grazie alla presenza dei vescovi ai concili romani di questo periodo. Nel 760, tramite un legato pontificio, venne ratificato il confine tra le diocesi di Todi e di Spoleto, che ricalcava probabilmente il confine che un secolo prima divideva il ducato di Spoleto dall'esarcato bizantino di Roma.[20]
In base ad alcune ricostruzioni topografiche, la diocesi di Todi, tra la fine del XIII secolo e il XIV secolo, occupava un territorio di media grandezza tra le varie diocesi umbre, estendendosi per circa 797 km² e comprendendo 19 pievi (nel 1332) e un totale di 154 chiese, di cui 18 nei centri urbani e 136 nei centri rurali.[16]
Dal 1523 al 1606 la diocesi fu retta da vescovi della famiglia Cesi. Tra questi si distinse in modo particolare Angelo Cesi (1566-1606), che si impegnò per l'applicazione in diocesi dei decreti di riforma sanciti dal concilio di Trento, convocò un sinodo diocesano nel 1568, istituì le riunioni mensili per i preti della diocesi (1597), restaurò la cattedrale ed edificò il nuovo palazzo vescovile. Il suo successore, il cardinaleMarcello Lante, fondò il seminario nel 1608.[10] Nel 1629 il vescovo Ludovico Cenci commissionò al pittore tudertino Andrea Polinori gli affreschi della cappella privata e della galleria nel palazzo vescovile con episodi della storia di Todi, le allegorie e la carta topografica del territorio di Todi, il proprio ritratto e quello di Marcello Lante. Sempre nella prima metà del Seicento, Giovanni Battista Altieri (1643-1654) celebrò un sinodo nel 1647 e indisse due visite pastorali nel 1648 e nel 1650.[21]
Il 24 luglio 1796 la Madonna del Campione, che da secoli si venerava presso il palazzo comunale di Todi, dove si conservavano i campioni di pesi e misure, fu vista aprire e chiudere gli occhi. Seguì un regolare processo canonico che confermò il fatto miracoloso.
Nel periodo napoleonico, anche il vescovo tuderte, Francesco Maria Gazzoli, come il suo collega di Orvieto, venne esiliato in Corsica.
Al momento dell'unione con Orvieto, la diocesi di Todi comprendeva per intero i comuni di Todi, Baschi, Montecchio, Avigliano Umbro, Montecastrilli, Massa Martana, Collazzone, Monte Castello di Vibio e Fratta Todina, e in parte i comuni di Marsciano, Deruta, Gualdo Cattaneo e Acquasparta. L'unione fu anche l'occasione per una revisione del numero delle parrocchie, ridotte a 57.[22]
Diocesi di Orvieto-Todi
Il 12 luglio 1972 Virginio Dondeo, già vescovo di Orvieto, fu nominato anche vescovo di Todi, sede vacante da alcuni anni: le due diocesi furono così unite in persona episcopi.
Il 30 settembre 1986, con il decreto Instantibus votis della Congregazione per i Vescovi, fu stabilita la plena unione delle diocesi di Todi e Orvieto e la nuova circoscrizione ecclesiastica ha assunto il nome attuale.
Cronotassi dei vescovi
Si omettono i periodi di sede vacante non superiori ai 2 anni o non storicamente accertati.
La diocesi nel 2021 su una popolazione di 91.212 persone contava 84.900 battezzati, corrispondenti al 93,1% del totale.
anno
popolazione
presbiteri
diaconi
religiosi
parrocchie
battezzati
totale
%
numero
secolari
regolari
battezzati per presbitero
uomini
donne
diocesi di Orvieto
1950
58.000
58.000
100,0
76
56
20
763
5
215
57
1970
53.000
53.000
100,0
59
43
16
898
20
200
57
1980
44.200
45.200
97,8
56
40
16
789
1
26
174
57
diocesi di Todi
1950
63.000
63.720
98,9
113
77
36
557
42
116
98
1970
53.000
53.000
100,0
116
71
45
456
50
225
101
1980
53.600
54.000
99,3
106
60
46
505
51
191
102
diocesi di Orvieto-Todi
1990
93.000
93.300
99,7
140
95
45
664
3
50
302
94
1999
89.650
90.600
99,0
139
95
44
644
11
56
210
94
2000
89.650
90.800
98,7
133
94
39
674
11
48
214
94
2001
89.650
90.800
98,7
132
96
36
679
12
43
236
94
2002
89.500
90.800
98,6
137
101
36
653
12
43
236
114
2003
89.500
90.800
98,6
132
98
34
678
12
41
236
95
2004
89.500
90.800
98,6
135
101
34
662
18
37
236
95
2013
90.100
93.200
96,7
132
87
45
682
20
46
258
92
2016
90.000
95.000
94,7
107
58
49
841
19
50
250
92
2019
84.500
90.473
93,4
109
61
48
775
20
51
218
92
2021
84.900
91.212
93,1
90
59
31
943
20
34
165
92
Note
^Non fanno parte della diocesi la parrocchia dei Santi Filippo e Giacomo nella frazione Portaria e la parrocchia di Santa Maria in Rupis nella frazione Firenzuola, che appartengono all'arcidiocesi di Spoleto-Norcia.
^Appartiene alla diocesi solo la parrocchia della Santissima Trinità nella frazione di Ripabianca.
^Appartengono alla diocesi le parrocchie di Santa Maria di Agello (frazione di Grutti), dei Santi Andrea apostolo e Alfonso Maria de' Liguori (frazioni di Marcellano e Collesecco), di Santa Maria del Popolo (frazione di Pozzo) e dei Santi Terenziano, Giorgio e Pietro (frazione di San Terenziano).
^Appartiene alla diocesi solo la parrocchia di Santa Maria Assunta nella località Ammeto; il resto del territorio comunale appartiene all'arcidiocesi di Perugia-Città della Pieve.
^Nicola D'Acunto, Le sedi episcopali nell'Umbria del XIII secolo, in «L'Umbria nel XIII secolo», pp. 80-81.
^L. Riccetti, Il laboratorio orvietano: i vescovi Giovanni (1211-1212) e Ranerio (1228-1248) e i loro notai, in «Quaderni di storia religiosa», 11 (2004), pp. 87-115.
^abA. Bartoli Langeli, L'organizzazione territoriale della Chiesa nell'Umbria, in Orientamenti di una regione attraverso i secoli: scambi, rapporti, influssi storici nella struttura dell'Umbria. Atti del X convegno di studi umbri (Gubbio, 1976), Perugia, 1978, pp. 420 e 438.
^Gazzetta ufficiale, Serie generale, Anno 127, nº 218, decreto dell'8 settembre 1986, art. 1, pp. 12-13.
^D. A. Bullough, Dalla romanità all'alto medioevo: l'Umbria come crocevia, in «Orientamenti di una regione attraverso i secoli: scambi, rapporti, influssi storici nella struttura dell'Umbria. Atti del X convegno di studi umbri (Gubbio 1976)», Perugia, 1978, p. 186.
^abcdefghijVescovo inserito da Ughelli nella sua cronotassi dei vescovi orvietani, ma senza addurre documentazione coeva della sua esistenza; escluso da Schwartz, Die besetzung der bistümer Reichsitaliens unter den sächsischen und saliche kaisern, pp. 259-260.
^abcdSchwartz, Die besetzung der bistümer Reichsitaliens unter den sächsischen und saliche kaisern, pp. 259-260.
^Tra Albertino e Filippo Ughelli inserisce un vescovo di nome Giovanni nel 1066. Questo personaggio è in realtà frutto di un equivoco; infatti il vescovo Giovanni, che nel 1212 sottoscrisse un transunto di una bolla del 1066, fu spacciato per vescovo orvietano dell'XI secolo. Fumi, Codice diplomatico, p. 5. Schwartz, Die besetzung der bistümer…, p. 260.
^abSecondo Schwartz (Die besetzung der bistümer…, p. 260) è esistito un solo vescovo di nome Guglielmo, documentato dal 1103 al 1126, ed esclude dalla cronotassi orvietana quel Giovanni III che Ughelli menziona nel 1121 senza apportare prove della sua esistenza.
^Questo vescovo è citato da Ughelli senza documentazione a sostegno della sua esistenza. Fumi (Codice diplomatico, pp. 17-18) riporta un diploma orvietano di agosto 1137 sottoscritto da Rodolfo, vescovo di Perugia. Secondo lo stesso autore, Rodolfo rappresentava in questa occasione il vescovo di Orvieto; per Cappelletti, in quell'anno il vescovo perugino reggeva anche la chiesa orvietana, e ne deduce che Antonio deve essere spostato al 1139.
^Questo vescovo è citato da Ughelli senza documentazione a sostegno della sua esistenza. Il precedente Ildebrando era ancora in carica nel 1154 (Fumi, Codice diplomatico, pp. 20-21).
^Questo vescovo è citato da Ughelli senza documentazione a sostegno della sua esistenza; dopo due anni di governo, la sede orvietana sarebbe rimasta vacante per sette anni. Gams lo esclude dalla sua cronotassi, mentre inserisce al 1161 il vescovo Lanfranco (Monumenta Germaniae Historica, ScriptoresArchiviato l'11 aprile 2019 in Internet Archive., vol. XIX, p. 269).
^Fumi, Codice diplomatico, pp. 32-48. Secondo la Cronaca scritta dal vescovo Ranerio, riccardo governò la Chiesa orvietana per 24 anni e sarebbe morto nel 1201.
^Secondo Cappelletti (vol. V, p. 480), Matteo è storicamente documentato in due occasioni, nel 1206 e nel 1208. Anche Sbaraglia, p. 597.
^Giovanni III è documentato come vescovo eletto nel mese di ottobre e novembre 1211 (Cappelletti V, p. 481; Fumi p. 59). La sua ultima memoria è di novembre 1212 (Fumi, op. cit., pp. 63-64).
^Vescovo di Grasse, venne nominato al posto di Pietro Bohier, che nel 1387 era passato all'obbedienza romana ed era stato deposto dall'antipapa Clemente VII il 31 agosto 1387.
^Succede a Pietro Bohier, deposto da papa Urbano VI per aver aderito all'obbedienza avignonese.
^Presunto vescovo, indicato al 431 da Gams e Cappelletti, al 451 da Ughelli e Lanzoni; quest'ultimo ritiene che non ci siano prove storiche della sua esistenza.
^Vescovo spurio, da un falso diploma di Gregorio Magno. Un vescovo Sabiniano è comunque spesso documentato nell'epistolario di papa Gregorio, ma non era vescovo Tudertinus, ma Jadertinus, ossia Zara in Dalmazia (Sbaraglia p. 649).
^Il nome di questo vescovo appare in un diploma spurio di papa Leone VIII. Per questo motivo Schwartz lo esclude dalla cronotassi dei vescovi tuderti (Die besetzung der bistümer Reichsitaliens unter den sächsischen und saliche kaisern, p. 294).
^Il nome di questo vescovo deriverebbe da un'iscrizione redatta in un'epoca molta più tarda rispetto agli avvenimenti narrati. Per questo motivo Schwartz lo esclude dalla cronotassi dei vescovi tuderti (Die besetzung der bistümer Reichsitaliens unter den sächsischen und saliche kaisern, p. 294).
^abcdeSchwartz, Die besetzung der bistümer Reichsitaliens unter den sächsischen und saliche kaisern, pp. 294-295.
^Vescovo menzionato da Cappelletti, che avrebbe preso parte ad un sinodo romano nel 1027; Schwartz tuttavia esclude questo vescovo, perché negli atti del sinodo non appare nessun vescovo di Todi.
^Il successivo vescovo Gotifredo menzionato da Cappelletti al 1074 o 1075, è in realtà lo stesso vescovo Rodolfo (Ughelli e Schwartz).
^abcSulla cronologia circa i vescovi Oddo, Lorenzo II e Ottone esiste una notevole differenza tra Cappelletti e Schwartz. Oddo è documentato unicamente nel 1109; Cappelletti, secondo documenti dell'archivio tuderte, indica la sua morte al 26 giugno 1115. A lui segue Lorenzo II, già indicato da Ughelli, di cui non si sa nulla; Cappelletti, sempre in base a documenti d'archivio, segnala la sua morte al 5 gennaio 1118. Segue poi Ottone, documentato unicamente nelle lettere dell'antipapa Anacleto II nel 1130, e che Cappelletti dice morto l'11 ottobre 1144. Secondo Schwartz (Die besetzung der bistümer…, p. 295), escluso Lorenzo non attestato storicamente, esiste un solo vescovo di nome Oddo o Otto, documentato dal 1109 al 1130.
^Contestualmente nominato vescovo titolare di Sabiona.
^Durante la vacanza della sede, essa fu governata dall'arcivescovo di Spoleto Ugo Poletti, in qualità di amministratore apostolico, dal 1967 al 1969 e dal presbitero Decio Lucio Grandoni, in qualità di vicario capitolare, dal 1969 al 1972.
(FR) Charles Pietri, Luce Pietri (ed.), Prosopographie chrétienne du Bas-Empire. 2. Prosopographie de l'Italie chrétienne (313-604), École française de Rome, 2 volumi, Roma, 1999-2000