Centro attivo nei settori dell'industria enologica e olearia, sorge nella parte nord-occidentale della provincia leccese, a 20 km dal capoluogo, e comprende la frazione (abbandonata) di Monteruga.
Il territorio comunale, situato nella parte nord-occidentale della pianura salentina a circa 10 km dalla costa ionica, si estende su una superficie di 61,35 km². Confina a nord con i comuni di Salice Salentino e Campi Salentina, a est con i comuni di Novoli e Carmiano, a sud con il comune di Leverano, a ovest con il comune di Nardò.
Dal punto di vista meteorologico Veglie rientra nel territorio del Salento occidentale che presenta un clima mediterraneo, con inverni miti ed estati caldo umide. In base alle medie di riferimento, la temperatura media del mese più freddo, gennaio, si attesta attorno ai +12.5 °C, mentre quella del mese più caldo, agosto, si aggira sui +26 °C. Le precipitazioni, frequenti in autunno ed in inverno, si attestano attorno ai 626 mm di pioggia/anno. La primavera e l'estate sono caratterizzate da lunghi periodi di siccità. Facendo riferimento alla ventosità, i comuni del Salento orientale sono influenzati fortemente dal vento attraverso correnti fredde di origine balcanica, oppure calde di origine africana[6].
Il toponimo deriverebbe da Elos, forma greco-bizantina per indicare la palude. L'origine del nome si può ricondurre anche a Velio o Velia, nome comune dell'onomastica romana. Francesco Ribezzo avanzò invece l'ipotesi che il nome si riferisca ad una radice premessapica "vel" di origine mediterranea (e quindi ausonia o sicula) che significa "altura"; infatti, il nucleo storico di Veglie sorge su una leggera altura.
Nel 1460, con la morte di Tristano di Chiaromonte, la contea passò alle dipendenze del re di Napoli Ferdinando I il quale, riconoscente per l'aiuto avuto nella lotta contro gli Angioini, la donò a Bernardo Castriota. Nel 1468 fu infeudata a Pirro del Balzo, al quale, dopo aver preso parte alla congiura dei baroni, furono confiscate tutte le sue proprietà. Veglie, con bolla di Federico d'Aragona del 1487 passò alle dipendenze dirette della corona.
Nel 1498 la contea di Copertino, e quindi anche Veglie, fu concessa ai Castriota Granai e con Alfonso fu ristrutturata la cinta muraria e ricostruita la porta principale, che fu chiamata per questo Porta Nuova. L'opera di fortificazione fu eseguita dall'architetto militare Evangelista Menga. Nel 1549 ritornò alle dipendenze della corona, allora governata da Carlo V, e nel 1557 fu acquistata dagli Squarciafico, una famiglia di commercianti genovesi. Nei secoli successivi, per diritto ereditario, Veglie e tutta la contea di Copertino, passò ai Pinelli, ai Pignatelli e ai Granito di Belmonte che furono padroni e signori fino all'eversione della feudalità nel 1806[7].
Simboli
Lo stemma è stato concesso con regio decreto del 27 maggio 1929.[8]
«D'azzurro, al cannone sul suo affusto, addestrato da tre palle una su due, il tutto al naturale. Ornamenti esteriori da Comune.»
La bombarda nello stemma fu scelta nel XVII dai feudatari locali come simbolo di fortezza; a questa furono aggiunte nella seconda metà del 1800 le tre palle di cannone che si vedono oggi. In passato era presente in capo una stella che però non è stata riportata nel decreto di concessione.[9] Fino al 1943 lo scudo era sormontato dalla corona di marchese[10] che si riferiva a Stefano Squarciafico, feudatario di Veglie, insignito il 29 giugno 1562 dal re di Spagna Filippo III del titolo di marchese di Galatone.
Il gonfalone è un drappo di azzurro.
Monumenti e luoghi d'interesse
Architetture religiose
Chiesa madre di San Giovanni Battista e Santa Irene
La fondazione della chiesa madre, dedicata a san Giovanni Battista e santa Irene, risale all'XI secolo. Fu ricostruita nel 1565 e portata a compimento nel XVIII secolo. La facciata è arricchita da un rosone e dal portale rinascimentale attribuibile alla scuola di Gabriele Riccardi. Il portale è sormontato da una lunetta in cui è contenuto un pregevole gruppo scultoreo raffigurante la Madonna col Bambino, tra i santi Pietro e Paolo, che porge un libro[11]. L'interno, a croce latina e a navata unica, fu rimaneggiato in epoca barocca e compromesso dai lavori eseguiti nel XX secolo. Nella navata si aprono tre brevi cappelle per lato con altari. Particolare importanza riveste l'altare barocco del Santissimo Sacramento, nel braccio sinistro del transetto. Fu collocato in questa chiesa nella seconda metà del XIX secolo, proveniente da un'altra chiesa salentina. Escludendo il coronamento, tutto il rimanente corpo scultoreo dell'altare è attribuito a Giuseppe Zimbalo o alla sua scuola. Troneggia un Crocefisso ligneo del XV secolo, con l'Addolorata e san Giovanni Evangelista in pietra policroma. Tra le numerose opere, degni di nota sono i cinquecenteschi affreschi di Sant'Antonio Abate e Sant'Antonio da Padova, e le tele l'Immacolata di Didaco Bianco del 1762, la Natività di Maria e l'Annunciazione di Oronzo Tiso[12].
Cripta della Madonna della Favana
La cripta della Madonna della Favana risale al IX-XI secolo. La denominazione è legata alla malattia del favismo; originariamente il complesso cultuale era dedicato a Santa Maria di Veglie la cui immagine affrescata di stile bizantino era venerata dai fedeli contro il grave male del favismo. Alla cripta, scavata in un banco calcarenitico, si accede per mezzo di un dromos in cui è stata ricavata una scala di tredici gradini. Presenta una pianta a navata unica monoabsidata e orientata a est, secondo lo schema liturgico greco. Entrando, a sinistra, c'è il pastophorion (vano di servizio per la liturgia). Il pavimento è in terra battuta. Le pareti sono ricoperte da un vasto ciclo pittorico databile al XV secolo, raffigurante una Madonna col Bambino, una Madonna allattante e diversi santi (san Michele Arcangelo, santo Stefano, sant'Andrea apostolo, sant'Antonio abate, SS. Trinità, san Francesco d'Assisi, san Pietro e san Paolo). La presenza di santi appartenenti ai culti orientale e occidentale, oltre alle scritte in greco e in latino, esprime l'intreccio culturale che ha contraddistinto questo insediamento rupestre. Il soffitto piano reca un'immagine del Cristo Pantocratore attorniato da quattro angeli e dai simboli dei quattro evangelisti. La struttura ipogea fu custodita per alcuni secoli dai Frati Minori Conventuali del vicino convento[13].
Architetture militari
Porta Nuova
Porta Nuova o di Tramontana fu ristrutturata nella seconda metà del XVIII secolo dai feudatari Pinelli-Pignatelli, il cui stemma partito è incastonato sulla sommità dell'arco. La porta fu edificata originariamente da Tristano di Chiaromonte nel 1430, insieme al primo sistema difensivo di Veglie, e fu ricostruita nel 1540 da Evangelista Menga per volere di Alfonso Castriota. Nel 1904, in occasione del 50º anniversario del dogma dell'Immacolata fu collocata in cima una statua in pietra della Vergine risalente al XVII secolo. Sul lato destro della Porta rimane ancora un breve tratto delle antiche mura sul quale insiste una abitazione più recente presumibilmente edificata al posto della torre di guardia.
Architetture civili
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L'economia di Veglie è prevalentemente agricola. Il territorio è caratterizzato da estesi oliveti e vitigni che determinano tutt'oggi la centralità di olivicoltura e viticoltura. una qualche importanza riveste anche l'artigianato e la piccola industria, che conta gelaterie e aziende tessili e meccaniche.[16]
Infrastrutture e trasporti
I collegamenti stradali principali sono rappresentati dalle strade provinciali: SP 14 per Carmiano, SP 15 per Novoli e Trepuzzi, SP 17 che collega Veglie da un lato a Salice Salentino e dall'altro a Leverano, Copertino, Nardò e Gallipoli. Le altre strade provinciali che interessano il territorio vegliese sono la SP 110 per Torre Lapillo, la SP 111 per Monteruga e San Pancrazio Salentino, la SP 113 per Porto Cesareo e la SP 353 per Albaro.
Amministrazione
Di seguito è presentata una tabella relativa alle amministrazioni che si sono succedute in questo comune.
La principale squadra di calcio della città è l'A.S. Veglie che milita in Promozione. È una delle più antiche società calcistiche della provincia, essendo stata fondata nel 1948, sebbene appena due anni dopo interruppe l'attività federale stante l'assenza di un adeguato campo di gioco. Solo con la costruzione del campo sportivo comunale "S.Ten. Flavio Minetola" nel 1959 si posero le basi per la rifondazione della società, che avvenne l'anno successivo. Da allora, l'A.S Veglie ha militato nei campionati dilettantistici pugliesi.
^Luigiantonio Montefusco, Le successioni feudali in Terra d'Otranto, Istituto Araldico Salentino, 1996.
^Veglie, su Archivio Centrale dello Stato. URL consultato il 26 agosto 2023.
^ll podestà cav. Giuseppe Negro (1858–1945), in seguito a ripetute sollecitazioni da parte del prefetto di Lecce Giovanni Maria Formica, adottò una deliberazione con la quale chiedeva al re, per il tramite del capo del governo, il riconoscimento ufficiale dello stemma civico di Veglie: «…questo comune usa da tempo immemorabile il proprio stemma ultrasecolare, consistente in un cannone in affusto con tre palle sferiche sul terreno in vicinanza inquartato in un'ellisse ornamentata sormontata da una corona, che sembra, giusta l’araldica, quella ducale».
L. A. Montefusco, Le successioni feudali in Terra d'Otranto, Istituto Araldico salentino, Lecce, 1994.
Salento. Architetture antiche e siti archeologici, Edizioni del Grifo, 2008.
Veglie - Provincia di Lecce - guida storica, fascicolo a cura del "Circolo Culturale Eie nuesciu" e patrocinato dall'Amministrazione Comunale di Veglie, novembre 1996.
L. Mazzotta, Veglie. Cripta della Favana - Guida storico turistica, Veglie, Centro Studi "Terra Veliarum", 1982.
Antonio De Benedittis, Il palazzo Cacciatore a Veglie, Congedo, 2002.
Antonio Catamo, Appunti e spunti per una storia di Veglie, Editrice L'Orsa Maggiore, 1969.
Antonio Catamo, Un tesoro che si perde. La cripta della Favana, Il Parametro Editore, 1998.
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