Nel 1921 passò nell'Arma dei Carabinieri e prestò servizio a Trento e a Trieste. Nel 1924 fu trasferito in Tripolitania, prendendo parte alle operazioni di riconquista della colonia e svolgendo anche incarichi politici.[1] Rientrato in Patria nel 1926, prestò successivamente servizio nella Legione di Roma e presso la Scuola centrale di Firenze.[1] Promosso capitano nel 1934, il 22 febbraio 1936 partì volontario per la Guerra d'Etiopia e in Somalia partecipò all'offensiva dell'Ogaden, distinguendosi alla testa della 4ª Banda autocarrata Reali Carabinieri nella conquista di Gunu Gadu e conseguendo la Medaglia di bronzo al valor militare.[1]
Conobbe nel 1935 Rosa Marturano,[N 2] che sposò a Taranto, nella cattedrale di San Cataldo, il 3 luglio del 1937. L'anno seguente nacque il primogenito, Paolo; in seguito nasceranno i gemelli Nicoletta ed Enrico.
Il 23 gennaio del 1944, a seguito di una delazione, fu catturato dalla Gestapo a casa di Elena Hoehn, amica di famiglia del colonnello Giovanni Frignani,[3] assieme a quest'ultimo, a sua moglie e al capitano Raffaele Aversa. De Carolis, Frignani ed Aversa avevano partecipato all'arresto di Mussolini il 25 luglio 1943; tutti e tre furono torturati dai nazisti del colonnello Herbert Kappler nell'edificio di via Tasso.
ad Alcamo: la caserma della locale compagnia dei Carabinieri, che De Carolis comandò dal gennaio 1935 al febbraio 1936,[5] e la via adiacente;
a Civitavecchia: la sede, oggi dismessa, dell'allora 11º Battaglione Trasmissioni "Leonessa" (l'odierno 11º Reggimento Trasmissioni, di stanza nella stessa città).
«Capo di S.M. del Comando dei CC.RR. del fronte militare della resistenza diede tutto se stesso all’organizzazione. Sprezzante dei gravissimi rischi cui si esponeva, affrontò impavido i pericoli e le insidie della polizia nazifascista che lo perseguitava e lo ricercava. Arrestato dalla « Gestapo », subì per due mesi nelle prigioni di via Tasso le più inumane torture per mantenere il segreto dell’attività clandestina dei CC.RR. Martoriato, con lo spirito fieramente drizzato contro i nemici della Patria, piegava il corpo solo sotto la mitraglia del plotone di esecuzione. Fronte della Resistenza - Fosse Ardeatine, ottobre 1943 - 24 marzo 1944.[6]»
«In ripetute giornate di lotta, prima alla testa del suo plotone e poi quale comandante volontario di varie pattuglie di combattimento, compì brillantemente le sue mansioni, battendosi con valore e riportando utili informazioni. Ferito al capo, mentre animosamente era riuscito a fugare un gruppo di mitraglieri nascosti nel grano, continuava nella lotta, resistendo agli inviti di recarsi al posto di medicazione dove fu poi trasportato per esplicito ordine del suo comandante. Fossetta e capo d'Argine (Piave), 17-18 luglio 1918.» — Regio Decreto 31 maggio 1923[7]
«Comandante di Centuria CC.RR autocarrata la guidò con slancio, valore e perizia durante un aspro combattimento, contribuendo validamente all'esito vittorioso dell'azione. Gunu Gadu, 24 aprile 1936.» — Regio Decreto 2 dicembre 1937[8]
Note
Annotazioni
^Due fratelli maggiori, Enrico e Paolo, morirono durante la prima guerra mondiale.
^Originaria di Taranto figlia di Marturano e di Aure Messina (figlia del generale Giuseppe Messina). Ugo e Rosa erano cugini di terzo grado, poiché la moglie del generale era Adele de Carolis, cugina del padre di Ugo.
Mario Avagliano, Enrico Nistri e Marco Rossi, Il partigiano Montezemolo. Storia del capo della resistenza militare nell'Italia occupata, Milano, Baldini & Castoldi s.r.l., 2014, ISBN88-6865-424-5.
Aldo Cazzullo, Possa il mio sangue servire. Uomini e donne della resistenza, Milano, Rizzoli, 2015.
Roberto Battaglia, Storia della Resistenza italiana, Torino, Einaudi, 1964.
Alessandro Portelli, L'ordine è già stato eseguito: Roma, le Fosse Ardeatine, la memoria, Roma, Donzelli editore, 1999, ISBN88-7989-457-9.
Mario Ragionieri, Enrico Nistri e Marco Rossi, 25 luglio 1943: il suicidio inconsapevole di un regime, Roma, Ibiskos Editore, 2007, ISBN88-546-0152-7.
Periodici
Carlo Maria Magnani, Le fosse ardeatine, in Il Nastro Azzurro, n. 4, Roma, Istituto del Nastro Azzurro, luglio-agosto 2013, pp. 8-9.