Fronte clandestino di resistenza dei carabinieri

Il Fronte clandestino di resistenza dei carabinieri (FCRC) è stata una formazione militare clandestina italiana, nota anche come Organizzazione Caruso o Banda Caruso, attiva in Italia durante la seconda guerra mondiale poco prima dell'armistizio di Cassibile dell'8 settembre 1943, nell'ambito della resistenza romana.

Storia

La funzione dei carabinieri anche dopo l'8 settembre 1943 era prevista dalle convenzioni internazionali: garantire la tutela dell'ordine pubblico, proteggere le caserme e i depositi di viveri, difendere i cittadini anche in una situazione di occupazione militare [1]. Molti carabinieri, quando si resero conto di non potersi opporre efficacemente ai tedeschi, disertarono e abbandonarono le caserme; alla data dell'armistizio, in città vi erano 11.000 carabinieri, mentre ai primi di ottobre ne sarebbero rimasti solo 5.000[1]. Nel mese di settembre i carabinieri non avevano sequestrato nessuna arma o denunciato alcun italiano; spesso avevano avvertito i cittadini delle operazioni di rastrellamento e aiutato i rastrellati a evadere; le armi che altri avevano sequestrato venivano messe fuori uso prima di essere consegnate ai tedeschi e quelle automatiche venivano nascoste e passate alla resistenza[1].

Episodi di resistenza avvennero già nei giorni dell'armistizio. Un gruppo di allievi carabinieri, guidati dal Capitano Orlando De Tommaso, comandante della 4ª compagnia, aveva combattuto presso il ponte della Magliana contro i tedeschi, tra l'8 e il 10 settembre 1943. In quella circostanza morirono 28 carabinieri, altri morirono in altre zone di Roma negli scontri con i paracadutisti tedeschi [1].

Già il 23 settembre 1943, fu costituito il Fronte militare clandestino, con l'intento di raccordare e organizzare la resistenza da parte dei militari appartenenti alle varie Armi dell'Esercito italiano, agli ordini del colonnello di stato maggiore Giuseppe Cordero Lanza di Montezemolo. Lo stesso giorno vi fu l'episodio di Salvo D'Acquisto che, assumendosi la responsabilità di un attentato che non aveva compiuto, salvò la vita a 22 ostaggi a Torre in Pietra.

La creazione, sempre a Roma, del Fronte clandestino di resistenza dei carabinieri avvenne il mese successivo: esso fu costituito da militari dei Carabinieri Reali guidati dal generale Filippo Caruso, da pochi mesi in pensione.
Responsabile del "Nucleo informativo" del FCRC, in collegamento con il Comando carabinieri Italia Meridionale, era il colonnello Ugo Luca[2], del SIM (Servizio informazioni militare). Capo di stato maggiore era Ugo De Carolis.

Il 6 ottobre 1943 era stato emesso per i Carabinieri l'ordine di disarmo (Deportazione dei carabinieri romani), era stata disposta la loro sostituzione con la Polizia dell'Africa italiana, cui era seguita la deportazione di circa 2.000-2.500 carabinieri romani nei lager tedeschi e polacchi[3][4]. Le ragioni del disarmo furono molteplici. Herbert Kappler, comandante delle SS a Roma dopo l'occupazione della città, riteneva che i carabinieri fossero inaffidabili e che avrebbero ostacolato la deportazione degli ebrei, prevista per il 16 ottobre. I suoi timori erano legati non solo agli episodi di resistenza dell'8 settembre, ma anche ai fatti di Napoli, quando i carabinieri avevano aiutato la popolazione in rivolta contro i tedeschi. I carabinieri di Napoli infatti non avevano disarmato la popolazione, malgrado l'ordine ricevuto, avevano anzi fatto evadere i rastrellati e avevano avvertito coloro che potevano essere arrestati[1]. I fascisti, inoltre, erano ostili ai carabinieri, ritenuti fedeli al Re e non a Mussolini; accusavano gli ufficiali e i sottufficiali di salutare con la mano alla visiera e non con il saluto romano, di aver arrestato il duce[5], di essere stati i suoi carcerieri al Gran Sasso e di aver ucciso il colonnello Ettore Muti, gerarca e ex-legionario di Fiume, durante un'irruzione nella sua villa di Fregene[1].

Il fronte di resistenza dei Carabinieri, denominato anche Banda Caruso, era operativo non solo a Roma ma anche nel resto dell'Italia centrale, in collegamento con bande partigiane di varie regioni. Composta da una forza di circa 6.000 uomini, era articolata in due formazioni:

  1. il "Raggruppamento territoriale", che organizzava e svolgeva l'attività informativa sui movimenti nemici;
  2. il "Raggruppamento mobile", costituito da piccole squadre che mettevano a segno operazioni di guerriglia e sabotaggio.

Nel maggio del 1944 Caruso fu arrestato e torturato dalle SS, riuscendo tuttavia dopo pochi giorni a fuggire e a riprendere il comando dell'organizzazione clandestina fino alla Liberazione. Per il suo operato all'interno della Resistenza fu insignito nel dopoguerra della medaglia d'oro al valor militare.

Persone legate al FCRC

Tra i caduti della Banda Caruso 12 furono tra le 335 vittime dell'eccidio delle Fosse Ardeatine del 24 marzo 1944:

tutti insigniti di Medaglia d'oro al valor militare alla memoria.

Note

  1. ^ a b c d e f Anna Maria Casavola, 7 ottobre 1943. La deportazione dei Carabinieri romani nei lager nazisti, Edizioni Studium, Roma, 2009
  2. ^ A. Politi, La Guerra di Liberazione - Città aperta ma oppressa, Fascicolo n. 18 (dal sito www.carabinieri.it) Archiviato il 23 ottobre 2014 in Internet Archive.
  3. ^ Ordine del Ministero della Difesa nazionale del 6 ottobre 1943 (prot.Ris.Pers. 269). Oggetto:disarmo dei carabinieri di Roma. Il ministro della difesa nazionale Rodolfo Graziani scrive al generale Presti, comandante della P.A.I. (Polizia dell'Africa italiana). Le motivazioni addotte sono “inefficienza numerica morale e combattiva dell'Arma dei carabinieri a Roma”. Nella notte tra il 6 e il 7 ottobre tutti i carabinieri dovranno essere disarmati e sostituiti dalla P.A.I. Il disarmo sarà effettuato dalla PAI nelle stazioni di servizio e dal generale Delfini nelle caserme. I militari dell'Arma dovranno rimanere disarmati nelle stazioni o nelle caserme e sotto il controllo di chi ha eseguito il disarmo. Gli ufficiali dovranno rimanere consegnati nei loro alloggi. In caso di disobbedienza saranno uccisi e le loro famiglie arrestate.
  4. ^ Ordine del Comando Generale dei carabinieri del 6 ottobre 1943 (Prot. Riservato 1/1). Oggetto: disarmo dei carabinieri della città aperta di Roma. Il generale di brigata Casimiro Delfini, che stava sostituendo il comandante generale Armando Mischi in visita da Mussolini a Rocca delle Camminate, scrive ai diversi comandi dei carabinieri di Roma e, per conoscenza, a Rodolfo Graziani e al generale Umberto Presti, in modo che sia evidente il suo rispetto degli ordini ricevuti e in ottemperanza degli accordi tra le autorità germaniche e italiane. Il disarmo dovrà concludersi entro le 8.15 del 7 ottobre. Le armi dovranno essere trasportate presso la caserma Castro Pretorio (sede delle autorità tedesche). Procedure del disarmo: 1. Saranno riuniti tutti i militari, ufficiali compresi, nelle rispettive caserme, anche quelli sposati e domiciliati fuori delle stesse; subito dopo saranno disarmati. 2. 10 ufficiali, alle 5.00 del mattino del 7, saranno prelevati dalla caserma Podgora e condotti dalla PAI a Ponte Milvio, dove si troverà un'autocolonna di 30 autocarri tedeschi. Essi dovranno trasferire tutti i carabinieri presso le caserme Podgora, Lamarmora, Pastrengo, Vittorio Emanuele e Giacomo Aequa. Tra le 8.45 e le 11.00, verrà comunicato il numero preciso dei militari disarmati e delle armi confiscate; le autorità tedesche provvederanno alla consegna di viveri per la giornata. 2. Al fine di poter portare a termine l'operazione nei limiti di tempo prestabiliti, durante la notte verranno soppressi tutti i servizi prestati dai carabinieri in città. 3. Concluse le operazioni di trasferimento alle ore 8.15, saranno posti di guardia davanti alle caserme reparti di paracadutisti tedeschi con l'ordine di far fuoco contro chiunque tentasse di evadere.
  5. ^ Da ricordare che il colonnello Giovanni Frignani, il maggiore Ugo De Carolis e il capitano Raffaele Aversa, esecutori dell'arresto di Mussolini furono trucidati alle Fosse Ardeatine
  6. ^ Giuseppe Smriglio - Croce al Valor Militare (JPG), su decoratialvalormilitare.istitutonastroazzurro.org. URL consultato il 6 dicembre 2022.

Voci correlate

Collegamenti esterni