In seguito, nella Roma occupata dai nazisti, curò l'introduzione e la pubblicazione clandestina di questo documento fondamentale per lo sviluppo dell'idea federalista europea.
Colorni frequentò il Liceo Ginnasio Statale Alessandro Manzoni di Milano. Durante gli anni del liceo, si appassionò al Breviario di estetica di Benedetto Croce. La sua formazione adolescenziale - come raccontò egli stesso nella Malattia filosofica - fu influenzata dal rapporto intrattenuto con i cugini Enrico, Enzo Sereni ed Emilio Sereni, tutti più grandi di lui. Fu Enzo, che era un convinto socialista sionista, ad esercitare su di lui una forte influenza ideale e religiosa, tanto da far avvicinare il quattordicenne Eugenio, seppur per breve tempo, al sionismo.[1]
Nel 1926 si iscrisse presso la facoltà milanese di Lettere e filosofia. Giuseppe Antonio Borgese e Piero Martinetti furono suoi insegnanti prediletti. Col secondo dei due si laureò in filosofia nel 1930, discutendo una tesi su Sviluppo e significato dell'individualismo leibniziano; a Leibniz dedicherà poi gran parte dei suoi studi.
Nel 1933, conclusa la tesi di perfezionamento sulla filosofia giovanile di Leibniz, vinse il concorso per l'insegnamento di storia e filosofia nei licei; dopo una prima assegnazione al liceo Grattoni di Voghera, nel 1934 ottenne la cattedra di filosofia e pedagogia all'istituto magistrale "Giosuè Carducci" di Trieste; qui conobbe e frequentò, fra gli altri, Umberto Saba (ritratto poi in Un poeta) ed anche Pier Antonio Quarantotti Gambini, Bruno Pincherle ed Eugenio Curiel.
Nel 1934, nella collana scolastica che Giovanni Gentile diresse per Sansoni, pubblicò una traduzione della Monadologia di Leibniz, preceduta da una lunga introduzione intitolata Esposizione antologica del sistema leibniziano. Come scrisse Eugenio Garin, «Leibniz lo costrinse ad affrontare studi di logica e di matematica, a rimettere in discussione il modo stesso di concepire la scienza, e i rapporti fra scienza e filosofia. [...] Ripartì da Kant e dalla problematica kantiana, e meditò sulle conseguenze che la fisica teorica e la psicanalisi potevano avere per la dissoluzione di impostazioni filosofiche tradizionali».
Quando, come si legge in Un poeta, Umberto Saba gli domanderà «Perché fa filosofia?», Colorni concluse: «Da quel giorno, io non faccio più filosofia», o come ebbe a dire lo stesso Garin, «In realtà non era la filosofia che rifiutava, ma un orientamento legato a quell'idealismo di cui erano seguaci [...] Croce come Gentile e Martinetti».
Attività politica
A partire dal 1935, Colorni intensificò il proprio impegno politico contro il regime fascista.
Nell'aprile del 1937, dopo gli arresti di Luzzatto e Morandi, Colorni divenne, di fatto, il responsabile del Centro.
Nell'estate del 1937, in occasione del "IX Congresso internazionale di filosofia" di Parigi, ebbe modo d'incontrare di persona Carlo Rosselli, Angelo Tasca, Pietro Nenni ed altri esponenti della direzione del PSI, del quale entrò poi a far parte, mantenendosi su un'originale posizione autonomista. Con vari pseudonimi, ma soprattutto con quello di Agostini, tra il 1936 ed il 1937, pubblicò importanti articoli su Politica socialista e sul Nuovo Avanti.
L'8 settembre del 1938, all'inizio della campagna razziale promossa dal regime, fu arrestato dall'OVRA a Trieste, in quanto ebreo ed anti-fascista militante, venendo pertanto rinchiuso nel carcere di Varese. I giornali pubblicarono la notizia con gran risalto, sottolineando che egli «di razza ebraica, manteneva rapporti di natura politica con altri ebrei residenti in Italia e all'estero»; in questa campagna giornalistica contro di lui si distinsero, con articoli di particolare livore anti-semita, Il Piccolo di Trieste ed il Corriere della Sera[3]. La sottolineatura sul "complotto ebraico" serviva a giustificare la legislazione anti-semita appena varata in Italia dal regime, per potersi così allineare alla linea politica seguita dagli alleati nazisti.
Il Tribunale speciale non riuscì però ad imbastire un formale processo nei suoi confronti. Venne quindi assegnato al confino per la durata massima, ovvero cinque anni.[4]
Il confino a Ventotene
Dal gennaio del 1939 all'ottobre del 1941, Colorni fu confinato nell'isola di Ventotene, dove proseguì i suoi studi filosofico-scientifici e discusse intensamente con gli altri compagni confinati, Ernesto Rossi, Manlio Rossi Doria e Altiero Spinelli: un'eco fedele di quelle discussioni si ritrova nei sette Dialoghi di Commodo, scritti in collaborazione con Spinelli e pubblicati postumi.
Risale a questo periodo la sua adesione alle idee federaliste europee propugnate da Spinelli e Rossi, con i quali, nel 1941, partecipò alla stesura del Manifesto per un’Europa libera e unita, meglio noto come Manifesto di Ventotene. Nel 1944, a Roma, nel mezzo della lotta partigiana, Colorni riuscì a pubblicare clandestinamente un volumetto dal titolo Problemi della Federazione Europea, che raccoglieva il Manifesto ed altri scritti sul tema dello stesso Spinelli. Nella sua "Prefazione" al Manifesto, auspicò la nascita di una politica federalista europea di respiro universalista, come scenario democraticamente praticabile dopo la catastrofe della guerra. In tale ottica, la creazione di una federazione di Stati europei era da lui considerata come condizione indispensabile per un profondo rinnovamento sociale, anche per iniziativa popolare, che partendo dagli enti territoriali avrebbe coinvolto tutta l’Italia e, quindi, l’intera Europa.
Circa le dinamiche che portarono alla stesura del Manifesto, è generalmente ricondotto ai soli Spinelli e Rossi il contributo maggioritario del testo, sebbene, alcuni recenti studi storiografici, abbiano seriamente rivalutato il suo ruolo:
«Di trinità si tratta, e lo spirito santo della situazione è Eugenio Colorni, che partecipò alle discussioni preparatorie alla stesura del Manifesto assieme a poche altre persone, ed ebbe una parte di rilievo, soprattutto nella funzione di stimolo e di critica, dal suo punto di vista di socialista autonomista, verso i due autori del documento, fino al suo trasferimento a Melfi, nell'ottobre del 1941, benché comunque i contatti non cessassero del tutto»
Nell'ottobre del 1941, grazie anche all'intervento di Giovanni Gentile, riuscì ad essere trasferito a Melfi, in provincia di Potenza, dove, nonostante lo stretto controllo della polizia, riuscì ad avere contatti con alcuni degli anti-fascisti locali.
Nel 1942, assieme con Ludovico Geymonat, elaborò il progetto di una rivista di metodologia scientifica.
La resistenza romana e l'assassinio
Il 6 maggio del 1943 riuscì a fuggire da Melfi, rifugiandosi a Roma, dove visse da latitante.
«[...] io ero da poco stato nominato segretario della Federazione Giovanile Socialista per suggerimento e per decisione di Sandro Pertini, che era membro della segreteria del partito in quell'epoca. Avevamo organizzato una... chiamiamola brigata, anche se era un gruppo armato che era comandato da Eugenio Colorni che poi è stato assassinato alla vigilia della liberazione di Roma [...]»
Fu redattore capo dell'Avanti! clandestino; così Sandro Pertini ricordò il suo impegno per la stampa del giornale socialista:
«Ricordare l'Avanti! clandestino di Roma vuol dire ricordare prima di tutto due nostri compagni che a forte ingegno univano una fede purissima, entrambi caduti sotto il piombo fascista: Eugenio Colorni e Mario Fioretti. Ricordo come Colorni, mio indimenticabile fratello d'elezione, si prodigasse per far sì che l'Avanti! uscisse regolarmente. Egli in persona, correndo rischi di ogni sorta, non solo scriveva gli articoli principali, ma ne curava la stampa e la distribuzione, aiutato in questo da Mario Fioretti, anima ardente e generoso apostolo del Socialismo. A questo compito cui si sentiva particolarmente portato per la preparazione e la capacità della sua mente, Colorni dedicava tutto se stesso, senza tuttavia tralasciare anche i più modesti incarichi nell'organizzazione politica e militare del nostro Partito. Egli amava profondamente il giornale e sognava di dirigerne la redazione nostra a Liberazione avvenuta e se non fosse stato strappato dalla ferocia fascista, egli sarebbe stato il primo redattore capo dell'Avanti! in Roma liberata e oggi ne sarebbe il suo direttore, sorretto in questo suo compito non solo dal suo forte ingegno e dalla sua vasta cultura, ma anche dalla sua profonda onestà e da quel senso di giustizia che ha sempre guidato le sue azioni. Per opera sua e di Mario Fioretti, l'Avanti! era tra i giornali clandestini quello che aveva più mordente e che sapeva porre con più chiarezza i problemi riguardanti le masse lavoratrici. La sua pubblicazione veniva attesa con ansia e non solo da noi, ma da molti appartenenti ad altri partiti, i quali nell'Avanti! vedevano meglio interpretati i loro interessi.[8]»
Il 22 gennaio del 1944, nella Roma occupata dalle forze naziste, in una tipografia nascosta di Monte Mario, fece stampare 500 copie di un libriccino di 125 pagine intitolato Problemi della Federazione Europea, contenente il "Manifesto di Ventotene".[9]
Il 28 maggio del 1944, pochi giorni prima della liberazione della capitale, venne fermato in via Livorno, a poca distanza da piazza Bologna, da una pattuglia di militi fascisti della famigerata banda Koch: tentò di fuggire, ma fu raggiunto e ferito gravemente da tre colpi di pistola. Trasportato all'Ospedale San Giovanni, morì il 30 maggio, a soli 35 anni, sotto la falsa identità di Franco Tanzi.
«Indomito assertore della libertà, confinato durante la dominazione fascista, evadeva audacemente dedicandosi quindi a rischiose attività cospirative. Durante la lotta antinazista, organizzato il centro militare del Partito Socialista Italiano, dirigeva animosamente partecipandovi, primo fra i primi, una intensa, continua e micidiale azione di guerriglia e di sabotaggio. Scoperto e circondato da nazisti li affrontò da solo, combattendo con estremo ardimento, finché travolto dal numero, cadde nell'impari gloriosa lotta.» — Roma, 28 maggio 1944.[11]
Commemorazioni
Nel 2014, in occasione del 70º anniversario della morte, il Comune di Melfi, la locale Sezione ANPI e l'Associazione "Francesco Saverio Nitti" hanno celebrato la Festa della Liberazione dedicando la ricorrenza del 25 aprile al ricordo della figura e dell'opera di Eugenio Colorni.[12]
In via Livorno a Roma, luogo dove Colorni venne ferito a morte, una lapide commemora l'accaduto.[13]
Il coraggio dell'innocenza, a cura di Luca Meldolesi, La Città del Sole (Istituto Italiano per gli Studi Filosofici), Napoli, 1998
Un poeta e altri racconti, con prefazione di Claudio Magris, Il Melangolo, Genova, 2002
La malattia della metafisica. Scritti filosofici e autobiografici, a cura di Geri Cerchiai, Einaudi, Torino, 2009
Microfondamenta. Passi scelti dell'epistolario, a cura di Luca Meldolesi, Rubbettino, Soveria Mannelli, 2016.
La scoperta del possibile. Scritti politici, a cura di Luca Meldolesi, Rubbettino, Soveria Mannelli, 2017.
Note
^Numerosi sono i riferimenti a Colorni nel carteggio tra i fratelli Sereni: Cfr. Enzo Sereni, Emilio Sereni, Politica e utopia. Lettere 1926-1943, a cura di D. Bidussa e M. G. Meriggi, La Nuova Italia, 2000.
^Stefano Miccolis, Eugenio Colorni ventenne e Croce, Relazione tenuta al convegno su «Eugenio Colorni e la cultura italiana fra le due guerre» (Milano, 15-16 ottobre 2009), organizzato dal Consiglio Nazionale delle Ricerche, pubblicata in Belfagor: rassegna di varia umanità, anno LXV, n. 4, 31 luglio 2010 (n. 388), 2010 (Firenze: L. S. Olschki, 2010), p. 416.
^cfr. Commissione di Trieste, ordinanza del 21.12.1938 contro Eugenio Colorni ("Attività antifascista"). In: Adriano Dal Pont, Simonetta Carolini, L'Italia al confino 1926-1943. Le ordinanze di assegnazione al confino emesse dalle Commissioni provinciali dal novembre 1926 al luglio 1943, Milano 1983 (ANPPIA/La Pietra), vol. II, p. 620
^cfr. Pietro S. Graglia, Colorni, Spinelli e il federalismo europeo, in Eugenio Colorni dall'antifascismo all'europeismo socialista e federalista, a cura di Maurizio Degl'Innocenti, Lacaita, 2010, p. 215.
^Intervista di Sonia Schmidt ad Altiero Spinelli, su portale.democraticinelmondo.eu, Democratici Nel Mondo, 1982. URL consultato il 21 agosto 2016 (archiviato dall'url originale il 4 marzo 2016).
Elvira Gencarelli, Profilo politico di Eugenio Colorni, in «Mondo Operaio», n. 7, luglio 1974, pp. 49–54
Elvira Gencarelli, Eugenio Colorni, voce in Il Movimento Operaio Italiano. Dizionario Biografico, Editori Riuniti, Roma, 1976, vol. II, pp. 74–81
Leo Solari, Eugenio Colorni. Ieri e sempre, Marsilio, Venezia, 1980
Eugenio Garin, Colorni, Eugenio, in «Dizionario Biografico degli Italiani», XXVII, Istituto dell'Enciclopedia italiana, Roma, 1982
Norberto Bobbio, Maestri e compagni, Passigli Editori, Firenze, 1984
Nunzio Dell'Erba, L'itinerario politico di Eugenio Colorni, in Id., Il socialismo riformista tra politica e cultura, Franco Angeli, Milano 1990, pp. 135–150
Massimo Orlandi, Il socialismo federalista di Eugenio Colorni, tesi di laurea (inedita), Università degli studi di Firenze, Anno Accademico 1991-1992
Gaetano Arfé, Eugenio Colorni, l'antifascista, l'europeista, in AA. VV., Matteotti, Buozzi, Colorni. Perché vissero, perché vivono, Franco Angeli, Milano, 1996, pp. 58–77
Sandro Gerbi, Tempi di malafede. Una storia italiana tra fascismo e dopoguerra. Guido Piovene ed Eugenio Colorni, Einaudi, Torino 1999 e Hoepli, Milano, 2012.
Geri Cerchiai, L'itinerario filosofico di Eugenio Colorni, in «Rivista di Storia della Filosofia», n. 3, 2002
Stefano Miccolis, Eugenio Colorni ventenne e Croce, in «Belfagor», 4, LXV, 31 luglio 2010, pp. 415–434
Geri Cerchiai, Alcune riflessioni su Eugenio Colorni, in «Rivista di Storia della Filosofia», LXVII 2012, pp. 351–360.
Michele Strazza, Melfi terra di confino. Il confino a Melfi durante il fascismo, Melfi, Tarsia, 2002.
Maurizio Degl'Innocenti (a cura di), Eugenio Colorni dall'antifascismo all'europeismo socialista e federalista, Lacaita, 2010, ISBN 9788889506899.
Antonio Tedesco, Eugenio Colorni: un partigiano dell'unità europea in Id., Morire per l'Europa. Le storie dimenticate di cinque pionieri dell'unità europea durante il fascismo, Arcadia Edizioni, Roma 2024, pp. 201-281