La riforma del campionato di Serie A prevista per la stagione 1967-1968, col passaggio delle squadre da 18 a 16, costrinse la B a due tornei di transizione; in questa prima annata si ridusse a due il numero delle promozioni tra le vedette, mentre venne aumentato a quattro quello delle retrocessioni in Serie C.
Il campionato vedeva ai nastri di partenza anche una debuttante assoluta, l'Arezzo, e due formazioni di ritorno dopo lunghi purgatori, la Salernitana e il Savona (ultima presenza tra i cadetti per la squadra ligure), assenti rispettivamente da dieci e diciannove stagioni.
Calciomercato
Sulle pagine del Corriere dello Sport, Ivo Bocca contava «tre o quattro» società «sicure della loro forza, in dipendenza della quale non ammettono altro risultato che la promozione»[2]. Favorita era la Sampdoria, reduce dalla sua prima e rocambolesca retrocessione tra i cadetti, che aveva confermato l'allenatore Bernardini, campione d'Italia solo due anni prima, e tutti i titolari, cui aggiunse l'esperto portiere Matteucci e l'ala Francesconi della Roma[3]. Lo stesso Bernardini, all'inizio del campionato, dichiarò: «Dobbiamo andare in A, non perché l'abbiamo appena lasciata e perché ci spetti, ma perché sappiamo che abbiamo la forza per arrivarci»[3]. Coi blucerchiati, facevano gruppo il Catania che, rinforzato l'attacco e dotatosi di «rincalzi importanti», affidò la guida tecnica a Dino Ballacci, reduce da un'importante stagione al Catanzaro[3], il Genoa ed il Verona, grandi deluse dell'annata precedente[2].
Bocca individuava poi un gruppo di possibili outsider, formato dal Modena, dal Padova, dal Varese e dalle due calabresi[2]; la Reggina, rivelazione del precedente torneo, partiva sostanzialmente invariata[4], mentre il Catanzaro, pur rinforzato, incappò nell'ammutinamento, dovuto a questioni d'ingaggio, di alcuni suoi titolari pochi giorni prima dell'inizio del torneo[5].
Avvenimenti
Girone di andata
Se la critica aveva manifestato «legittimi dubbi» in merito alle possibilità del Varese («ha rinnovato più che ha potuto»)[3], cinque vittorie iniziali proiettarono la compagine lombarda in vetta. Scriveva Ivo Bocca: «Arcari ha già dato un volto al Varese. Se l'avversario non osa, il Varese dilaga; se l'avversario alla sconfitta non vuole starci, il Varese si muove prudente, controlla il gioco e colpisce in contropiede. Una squadra che misura le forze e i movimenti con accortezza, senza presunzione»[6]; importante per l'economia della squadra il boom del diciottenne Pietro Anastasi, che Cesare Lanza descrisse «di statura piccola, tocca la palla come Meroni, di destro e di sinistro, magari con minore fantasia del Beatle comasco, ma, spesso, con superiore altruismo; ritorna pure, ed inventa palle gol»[7].
La sola a reggere il confronto fu la Sampdoria, poiché le rincorse di Modena e Potenza declinarono troppo presto, mentre quelle di Catanzaro e Catania partirono tardivamente. Verona e Genoa si ritrovarono addirittura invischiate nelle zone calde della classifica.
Girone di ritorno
Nel girone di ritorno il Varese e la Sampdoria aumentarono il distacco sulle concorrenti, gestendo la situazione senza troppi patemi; a dieci giornate dalla fine vantavano un vantaggio di otto punti su Catanzaro, Modena e Potenza, destinato ad aumentare nelle battute finali. «In testa son finite le squadre migliori», commentò La Stampa, «la Sampdoria ha una solida intelaiatura che può reggere anche nella massima divisione. Ha dominato nettamente sbaragliando il campo con la regolarità e l'impietosità dei suoi risultati [...], il Varese è una sorta di fedele accompagnatore della squadra regina»[8].
Meno scontata fu la lotta per la salvezza: la Salernitana, in preda a dissesto economico e crisi dirigenziale[9], subì nelle ultime dieci gare altrettante sconfitte e cadde per prima; vano fu il tardivo tentativo di rimonta dell'Arezzo. Le retrocessioni meno scontate furono quelle di Alessandria e Savona; la formazione piemontese, guidata inizialmente da «un nome illustre ed esperto» come Puricelli[10], malgrado disponesse di un «organico più forte rispetto al campionato precedente» con in attacco «un quintetto che potrebbe giocare in Serie A»[11], visse un'annata travagliata per «preparazione trascurata»[11] e problemi difensivi[10], che ebbe il suo momento più critico nella debacle interna contro il Genoa, coi rossoblù capaci di rimontare due reti di svantaggio nei minuti finali di gara[10].
Rocambolesca e definitiva fu la caduta del Savona, secondo attacco del campionato e forte di elementi come Prati e Furino[12], artefice di una rimonta che la portò ad affiancare nelle giornate finali un folto gruppo di squadre formato da Verona, Pisa, Livorno e Novara e infine crollato sul campo di un demotivato Catania, a quattro minuti della fine del campionato, per una "papera" del portiere Ferrero[13]. Caddero così tutte le tre neopromosse, mentre l'Alessandria tornava in terza serie dopo quattordici stagioni.
Due punti a vittoria, uno a pareggio, zero a sconfitta.
Era in vigore il pari merito. In caso di parità per l'assegnazione di un titolo sportivo (sia per la promozione che per la retrocessione) era previsto uno spareggio in campo neutro.
^La Sampdoria era già legalmente proprietaria di altri due titoli cadetti, quelli vinti dalla Sampierdarenese nel 1934 e nel 1941 (il secondo fu ottenuto con la denominazione Liguria).
^abcdeIvo Bocca, Obiettivo comune: centro classifica, da Corriere dello Sport, 203 (XLVII), 6 settembre 1966, p. 3
^abcdefgIvo Bocca, Quelli della rivincita, da Corriere dello Sport, 199 (XLVII), 1º settembre 1966, p. 7
^abIvo Bocca, La Reggina delle battaglie, da Corriere dello Sport, 200 (XLVII), 2 settembre 1966, p. 5
^abcIvo Bocca, Catanzaro e Potenza, i guastafeste, da Corriere dello Sport, 204 (XLVII), 7 settembre 1966, p. 6
^Ivo Bocca, Nuovo boom del Potenza, da Corriere dello Sport, 215 (XLVII), 20 settembre 1966, p. 7
^Cesare Lanza, Autogol rocambolesco stronca il Catanzaro, da Corriere dello Sport, 226 (XLVII), 3 ottobre 1966, p. 9
^Forse non retrocedono le squadre più deboli, da Stampa Sera, 144 (IC), 19 giugno 1967, p. 8
^Nino Petrone, Salernitana al fallimento?, da Corriere dello Sport, 3 (XLVIII), 4 gennaio 1967, p. 6