Quando fu stabilita la missione i francescani portoghesi furono gli unici ad accettare di farsi carico della colonia, che mancava dei mezzi di sussistenza e assistenza sanitaria ed era piagata dalla malaria, ma l'azione pastorale si limitò all'assistenza dei portoghesi che vivono nella cittadine lungo la costa. Nonostante cinque secoli di dominazione portoghese, le popolazioni locali non erano state evangelizzate. Solo alcuni meticci e indigeni assimilati ai portoghesi, si erano fatti «cristón», pur rimanendo quasi del tutto pagani. Avevano formato una sorta di nuova tribù. L'islam invece riusciva ad avere conversioni fra le tribù legate ai culti tradizionali. Il 25 maggio 1947 giunsero a Bissau i primi missionari non portoghesi, i padri italiani del Pontificio istituto missioni estere. Avrebbero voluto rivolgere la loro azione alla popolazione locale, ma trovarono una certa ostilità da parte dei francescani portoghesi, da cui, in forza del vigente regime del Padroado, dipendevano tutte le decisioni. I missionari italiani ricevevano una retribuzione insufficiente per far crescere la missione ed erano costretti a predicare soltanto in portoghese, lingua che non era compresa dalla popolazione locale. All'inizio degli anni 1950 la missione fu divisa in due vicarie, una a Bissau affidata ai francescani e una a Bafatá affidata al Pime. Ai missionari italiani furono attribuite la missione di Suzana tra i felupe (1952) e quella di Bubaque tra i bijagós delle isole omonime (1954). Progressivamente i missionari italiani furono lasciati liberi di predicare nelle linguae locali, tuttavia perduravano i contrasti con i francescani portoghesi.[1]
Negli anni prima dell'indipendenza la Guinea-Bissau viveva in un clima di guerriglia, che rendeva pressoché impossibile l'evangelizzazione delle popolazioni locali, anche per gli ostacoli frapposti dalla polizia politica portoghese, la PIDE. Dopo l'indipendenza prese il potere il regime filo-sovietico e filo-cubano del Partito Africano per l'Indipendenza della Guinea e di Capo Verde, di chiara impronta comunista: nacque una dittatura ideologica e poliziesca del partito, con la statalizzazione dell'economia e dei servizi pubblici. La scuola e le organizzazioni giovanili vennero orientate ideologicamente anche verso l'ateismo di stato. Alla Chiesa vennero sottratti i servizi fino ad allora erogati a tutti i cittadini, scuole, internati, dispensari e ospedali, ma lo Stato non fu in grado di gestirli soprattutto per la mancanza di personale formato, pertanto il Paese patì penose conseguenze economiche e la qualità di vita peggiorò. Il principale problema per la Chiesa erano quello dell'insegnamento ateo nelle scuole, tuttavia il regime comunista non perseguitò la Chiesa e concesse l'ingresso di nuovi missionari. Quasi tutta la classe dirigente aveva frequentato le scuole della missione; molti erano stati mandati in Portogallo o in Italia a studiare a spese della Chiesa; alcuni missionari erano ben inseriti nelle strutture del partito e altri vollero collaborare attivamente con lo stato.[1]
In questo modo la Chiesa ha potuto proseguire la sua opera di evangelizzazione, ma ha anche trasmesso conoscenze agricole e tecniche per il miglioramento delle condizioni di vita delle popolazioni locali, si è occupata delle strade della regione, ha promosso il valore della donna. Negli anni 1980 è tornata a gestire scuole, fra cui l'importante liceo "Giovanni XXIII" di Bissau, e strutture sanitarie, particolarmente preziose durante le epidemie di colera del 1987 e del 1994. Il 31 dicembre 1982 fu ordinato il primo sacerdote guineense, don José Câmnate na Bissign, che il 18 novembre 1999 diventerà anche il primo vescovo guineense.[1]
Nel 1990 la Chiesa cattolica in Guinea-Bissau ha ricevuto la visita pastorale di papa Giovanni Paolo II.
Durante la guerra civile del 1998-1999 la Chiesa mediò tra le parti in lotta, cercando una risoluzione del conflitto.[1]
La Chiesa cattolica in Guinea-Bissau al termine dell'anno 2012 su una popolazione di 1.740.000 abitanti contava 202.400 battezzati, corrispondenti all'11,63% del totale.[2]
Michael Wallace Banach, arcivescovo titolare di Memfi (22 agosto 2016 - 3 maggio 2022 nominato nunzio apostolico in Ungheria)
Waldemar Stanisław Sommertag, arcivescovo titolare di Maastricht, dal 6 settembre 2022
Conferenza episcopale
Guinea-Bissau non ha una Conferenza episcopale propria, ma il suo episcopato è parte della Conferenza dei Vescovi del Senegal, della Mauritania, di Capo Verde e di Guinea-Bissau (Conférence des Evêques du Sénégal, de la Mauritanie, du Cap-Vert et de Guinée-Bissau), come stabilito il 1º febbraio 1992 dal decreto Cum nuper della Congregazione per l'evangelizzazione dei popoli.[3]