Con i primi insediamenti cristiani nel territorio, Eclano divenne sede vescovile nel IV secolo.
Il primo vescovo di cui ci è giunta notizia è Memore, marito di Giuliana, nobildonna locale, e padre di Giuliano, suo probabile successore. Memore ebbe buoni rapporti con Paolino di Nola, che compose un carme (circa 400/404[1]) in occasione del matrimonio di Giuliano con Tizia, figlia di Emilio, vescovo di Benevento, ed anche con Agostino d'Ippona, a cui chiese una copia del suo De musica per il figlio Giuliano divenuto diacono e da cui ricevette una lettera[2] (circa 408/409[3]). Memore morì prima di marzo 417, periodo in cui morì papa Innocenzo I, che consacrò vescovo Giuliano.[4]
Il personaggio certamente più importante legato alla diocesi di Eclano fu il vescovo Giuliano, protagonista di un'accesa diatriba con sant'Agostino a causa dell'eresia pelagiana di cui era accusato. Papa Zosimo (417-418) dichiarò eretiche le tesi di Pelagio, che sminuivano la caducità umana seguita al peccato originale ed esaltavano invece le capacità dell'uomo; Giuliano, insieme ad altri diciotto vescovi, non vollero firmare il documento del pontefice, e si condannarono ad un esilio volontario in Asia Minore sul finire del 418. Di Giuliano rimangono alcune lettere della corrispondenza con Agostino, e diverse opere del teologo africano, tra cui il Contra Julianum e l'Imperfectum opus. Morì dopo il 439, all'epoca dell'imperatoreValentiniano III († 455).[5]
Le scoperte epigrafiche attestano l'esistenza della Chiesa di Eclano tra V e VI secolo. Un'epigrafe del 494 ricorda un lector Sanctae Ecclesiae Aeclanensis; due epigrafi databili al VI secolo menzionano un subdiaconus e una praeposita[8]; un esorcista è ricordato in un'epigrafe del 511, mentre un'altra del 529 registra l'accolito Murrasio.[9] Gli scavi archeologici hanno messo in luce un complesso basilicale, databile tra IV e V secolo, a tre navate con abside e fonte battesimale, restaurato nei primi decenni del VI secolo.[10]
In seguito non si conosce più nulla della sede di Eclano, che andò incontro alle incursioni longobarde e alla distruzione da parte dei Bizantini.[11] Lo stesso toponimo scompare dalle fonti coeve: infatti un documento di papa Gregorio II, databile tra il 715 e il 724, parla del monastero di San Pietro, fondato dai Longobardiin civitate diruta quintodecimo miliario apud dictam Beneventanam civitatem («nella città distrutta al quindicesimo miglio dalla città di Benevento»); è opinione degli studiosi che la "città distrutta" sia quella di Eclano. Ben presto l'espressione utilizzata dal papa si trasformò nel toponimo Quintodecimo, già attestato nel 722, e poi ancora nel 724, nel 745 e nel 746.[12]
Nel corso del IX secolo Quintodecimo divenne un importante centro amministrativo del ducato di Benevento ed è probabilmente in questo contesto che divenne sede vescovile, in continuità con l'antica sede di Eclano.[13] La diocesi di Quintodecimo è menzionata per la prima volta nella bolla che papa Giovanni XIII scrisse al metropolita beneventano Landolfo I nel 969, nella quale concesse al prelato la facoltà di consacrare i suoi vescovi suffraganei, fra cui anche quello di Quintodecimo.[14] La dipendenza di Quintodecimo, diocesi della quale non è noto alcun vescovo, dalla provincia ecclesiastica dell'arcidiocesi di Benevento è ripetuta nelle bolle pontificie fino a quella di papa Stefano IX del 1058.[15] Tre anni dopo, nel concilioprovinciale celebrato a Benevento nel mese di giugno 1061, erano presenti tutti i vescovi suffraganei beneventani: manca il vescovo di Quintodecimo, mentre appare per la prima volta quello di Frigento.[16] Gli storici sono concordi nello stabilire che, contestualmente all'arrivo dei Normanni, tra il 1058 e il 1061 la sede vescovile fu traslata da Quintodecimo a Frigento, nuovo centro amministrativo della regione.
In un documento del 746 si fa menzione della chiesa di Santa Maria, identificata con l'antica cattedrale di Eclano.[17] Con la scomparsa di Eclano è probabile che l'edificio e il suo battistero si siano conservati come chiesa plebana, fino alla ricomparsa della diocesi, con il nome di Quintodecimo, di cui divenne nuovamente cattedrale.[18] Quando anche Quintodecimo fu abbandonata, nel nuovo centro di Aquaputida (Acquaputrida), l'odierna Mirabella Eclano, fu edificata una chiesa anch'essa dedicata a Santa Maria, in ricordo dell'antica cattedrale di Eclano/Quintodecimo (XII secolo).[19]
^T. Alimonti e L. Carrozzi, Opere di Sant'Agostino. Le Lettere, Nuova Biblioteca Agostiniana XXI, Roma 1969, pp. 940-947.
^Pietri, Prosopographie de l'Italie chrétienne, II, pp. 1493-1494.
^Pietri, Prosopographie de l'Italie chrétienne, I, pp. 1175-1186.
^Epifanio appare come vescovo di Eclano in tutte le liste di presenza alle sedute del concilio del 536 e nelle sottoscrizioni degli atti conciliari (Acta Conciliorum Oecumenicorum. Collectio Sabbaitica, vol. III, pp. 126 e seguenti), ad eccezione della lista delle sottoscrizioni della quinta seduta, dove viene indicato, forse per un errore dei copisti, come vescovo di Ascoli nel Piceno; questo ha indotto molti autori, tra cui Ughelli, Gams e Cappelletti, a inserire Epifanio nella cronotassi dei vescovi della diocesi picena.
^Pietri, Prosopographie de l'Italie chrétienne, I, p. 651.
^«Figura legata alla gestione delle basiliche funerarie e degli spazi cimiteriali annessi» (Lo Pilato, Il territorio di Aeclanum in età tardoantica ed altomedievale, p. 63).
^Chiara Lambert, Studi di epigrafia tardo antica e medievale in Campania, vol. I, 2008, pp. 134-135.
^V. Di Giovanni, Aeclanum romana: le evidenze archeologiche, in Avellino e Irpinia, 1996, pp. 243-250.
^Contro il luogo comune, che vuole molte città dell'Apulia distrutte dall'imperatore Costante II nel 663, vedere: P. Corsi, La spedizione in Italia di Costante II: fonti e problemi, in Nicolaus 3 (1975), pp. 169-198 e 343-392; E. Cuozzo, Le diocesi di Aeclanum, Quintodecimo e Frigento, in Rassegna Storica Irpina, I, pp. 22-26. La distruzione di Eclano nel 663 da parte di Costante II è un'«ipotesi da tempo abbandonata dalla letteratura scientifica» (Lo Pilato, Il territorio di Aeclanum in età tardoantica ed altomedievale, p. 69).
^Ebanista, Dati preliminari sul territorio di Frigento fra Tarda Antichità e Alto Medioevo, pp. 121-122.
^Ebanista, Dati preliminari sul territorio di Frigento fra Tarda Antichità e Alto Medioevo, p. 122. Lo Pilato, Il territorio di Aeclanum in età tardoantica ed altomedievale, p. 72.
^Ebanista, Dati preliminari sul territorio di Frigento fra Tarda Antichità e Alto Medioevo, p. 122 e note 114-145.
^P. Peduto, La Campania, in P. Pergola (ed.), Alle origini della parrocchia rurale (IV-VIII sec.), Atti della giornata tematica dei Seminari di Archeologia Cristiana (Ecole Française de Rome, 19 marzo 1998), Città del Vaticano, p. 372.
^Lo Pilato, Il territorio di Aeclanum in età tardoantica ed altomedievale, p. 73.
Inscriptiones christianae Italiae 8. Regio II Hirpini, Introduzione, edizione e commento a cura di Antonio Enrico Felle, Bari, 1993, pp. 67 e sgg.
(FR) Charles Pietri, Luce Pietri (ed.), Prosopographie chrétienne du Bas-Empire. 2. Prosopographie de l'Italie chrétienne (313-604), École française de Rome, Roma, 1999-2000
Carlo Ebanista, Dati preliminari sul territorio di Frigento fra Tarda Antichità e Alto Medioevo, in « La Campania fra Tarda Antichità e Alto Medioevo. Ricerche di archeologia del territorio. Atti della giornata di studio, Cimitile 10 giugno 2008 », a cura di Carlo Ebanista e Marcello Rotili, Tavolario Editore 2009, pp. 103–127
Sandra Lo Pilato, Il territorio di Aeclanum in età tardoantica ed altomedievale, in « Mons. Nicola Gambino (1921-2000). Sacerdote e storico dell'Irpinia antica nel ricordo di amici ed estimatori. Atti del Convegno di Studi. Rocca San Felice, 10 dicembre 2011 », a cura di Gennaro Passaro, Grottaminarda 2013, pp. 59–96