L'edificazione del suo nucleo centrale, del quale sono tuttora identificabili le tracce, è iniziata nel XII secolo per conto della famiglia comitale dei San Martino, originari del Canavese.
Nel 1939 lo Stato acquistò dalla Casa Reale il castello che venne adibito a museo. Negli anni ottanta è stato oggetto di un ulteriore delicato restauro. Attualmente è stato sottoposto ad importanti lavori di consolidamento statico e restauro che impedivano la visita di buona parte delle sale. Fa parte del circuito dei castelli del Canavese e, dal 1997, è parte del sito UNESCO Residenze Sabaude. Nel 2016 ha fatto registrare 44 323 visitatori[1].
Nel XVI secolo il forte si presentava ancora di aspetto medievale, con un maschio centrale, una corte circondata da edifici rurali e un giardino, circondati da una robusta muraglia difensiva e da un fossato. Nel 1667 il conte Filippo San Martino, già consigliere della Madama RealeCristina di Francia, commissionò all'architetto reale Amedeo di Castellamonte la trasformazione della facciata sul giardino, il complesso della cappella di San Massimo (Pietro Cremona realizzò le sculture per l'altare e gli stucchi delle pareti) e le due gallerie, nonché il cortile.[2] Alla sua morte il progetto si interruppe, ma il castello presentava già due corti (una interna, l'altra rivolta verso il paese di Agliè) e la facciata est, con le due torri trasformate in piccoli padiglioni.
Nei primi anni del XIX secolo, durante l'occupazione di Napoleone, il castello di Agliè diventò un ricovero di mendicità, e il parco circostante venne ceduto a privati ed adibito all'agricoltura.[2]
A partire dal 1823 l'edificio rientrò a far parte dei possedimenti di Casa Savoia che, durante il regno di Carlo Felice, apportarono una significativa e costosa ristrutturazione degli interni, rinnovandone inoltre completamente gli arredi. La ristrutturazione venne affidata all'architetto Michele Borda di Saluzzo.[3]
Nel decennio 1830/'40 vennero eseguiti altri lavori, fra i quali il grande lago, il laghetto e le isole che modificarono radicalmente l'aspetto di giardino all'italiana, conferendo all'esterno un aspetto romantico ad opera dell'architetto tedesco Xavier Kurten.[3]
La stazione di Ozegna, attivata nel 1887 contestualmente alla ferrovia Rivarolo-Castellamonte, possedeva la peculiarità di essere dotata di una pensilina in ghisa di una saletta di attesa riservata soprannominata "reale" destinate proprio ai Duchi di Genova allorché volevano recarsi al castello. L'impianto rimase in esercizio fino al 1986[4].
Nel 1939 gli eredi del principe Tommaso di Savoia-Genova, duca di Genova vendettero il castello allo Stato italiano per 8 milioni di lire.[3]
Qui di seguito un elenco delle principali sale del castello:
Sala delle Colonne, oggi vi è posta la biglietteria per i visitatori del castello;
Salone di Caccia, attribuito a Birago di Bòrgaro, con stucchi che raffigurano scene e trofei di caccia, contiene due tele del pittore francese Berger (1816) del re Carlo Felice e della regina Maria Cristina di Borbone-Due Sicilie;
Sala dei Valletti
Biblioteca
Sala degli antenati
Galleria d'Arte
Teatrino
Sala del Biliardo
Sala d'Angolo
Studio del Duca di Genova
Salone da Ballo
Sala Tuscolana, contiene reperti provenienti dal territorio dell'antica città di Tuscolo, presso Frascati.
Sala Gialla
Cappella di S. Massimo
Galleria Verde
Sala della Musica
Sala d'Attesa
Sala degli Stucchi
Sala Bleu
Camera da letto della Regina
Sala di Toeletta della Regina
Ospedaletto (1ª Guerra Mondiale)
Appartamento del Sopr. Chierici
Galleria delle tribune con i dipinti dei cavalieri dell'Ordine dell'Annunziata: vi sono 72 ritratti di Cavalieri dell'Ordine Supremo della Santissima Annunziata, commissionati dalla regina Maria Cristina tra il 1845 e il 1847. Sono opere per la maggior parte del pittore astigiano Michelangelo Pittatore e dei pittori Frigiolini, Malnate e Pratesi (che eseguirono ciascuno sei tele).
Il parco
Annesso al castello vi è un grande parco (circa 320.000 m²) che lo circonda su tre lati. Nel 1839 il parco venne sistemato in forme romantiche, con giardini all'italiana e all'inglese organizzati in terrazze su tre piani. All'ingresso si trova una fontana[5] settecentesca che simboleggia la Dora Baltea che si getta nel Po, opera di Ignazio e Filippo Collino.