Brunetto Latini, noto anche come Brunetto Latino (Firenze, 1220 circa – 1294 o 1295), è stato uno scrittore, poeta, politico e notaioitaliano, autore di opere in volgare italiano e francese. Fu notissimo in età medioevale per la sua poesia di carattere etico - morale, e come autore del Tesoretto e del Livres dou Tresor. Per i moderni è noto soprattutto per la sua omosessualità, per cui è stato inserito dall'allievo Dante Alighieri, nel settimo cerchio dell'Inferno, nella sua Divina Commedia, dove, tuttavia, è descritto con parole piene di gratitudine come "l'uom che s'etterna" tramite le sue virtù poetiche.
Biografia
Brunetto (quasi sempre Burnetto nei documenti) era figlio di Buonaccorso e nipote di Latino Latini, appartenente ad una nobile famiglia toscana. La datazione approssimativa della nascita all'inizio degli anni Venti si desume dal fatto che nel 1254 divenne notaio; nel 1259 ricoprì l'incarico di scriba degli anziani del comune di Firenze e fu capo del Comune di Montevarchi. Le fonti storiche e una serie di documenti autografi testimoniano la sua attiva partecipazione alla vita politica di Firenze. Come egli stesso narra nel Tesoretto, fu inviato dai suoi concittadini alla corte di Alfonso X di Castiglia, per richiedere il suo aiuto in favore dei guelfi. Tuttavia (sempre secondo il poemetto) la notizia della vittoria dei ghibellini a Montaperti (4 settembre 1260) costrinse Brunetto all'esilio in Francia.
Qui dimorò per sette anni tra Montpellier, Arras, Bar-sur-Aube e Parigi, esercitando (come già a Firenze) la professione di notaio, come testimoniano gli atti da lui stesso rogati. Qui iniziò a scrivere le sue principali opere: il Tresore, il Tesoretto e il Favolello (dal francese Flabel).
I cambiamenti politici conseguenti alla vittoria di Carlo I d'Angiò a Benevento su Manfredi di Svevia consentirono il ritorno di Brunetto in Italia. Nel 1269 diventò protonotaro del vicario angioino per la Toscana Jean Britaud, nel 1273 fu risarcito del torto subito, con il titolo di Segretario del Consiglio della repubblica, stimato ed onorato dai suoi concittadini. Pare inoltre che nel luglio 1270 stipulasse un contratto d'affitto nella città di Bologna con il noto canonista Brandelisio Riccadonna, dalla durata di due anni, con il fine di dedicarsi al commercio di spezie.[1]
La sua influenza divenne tale che a partire dal 1279 si trova a malapena nella storia di Firenze un avvenimento pubblico importante al quale Brunetto non abbia preso parte. A favore della borghesia comunale egli elaborò un programma laico e civile, che, mantenendosi al di fuori della cultura universitaria e rivolgendosi ad un pubblico intermedio tra i dotti e gli indotti, mirava ad un uso, consapevole e colto, della retorica nella politica,
Nel 1280 contribuì notevolmente alla riconciliazione temporanea tra guelfi e ghibellini detta "pace del Cardinal Latino".
Più tardi (1284) presiedette il congresso dei sindaci in cui fu decisa la rovina di Pisa.
Nel 1287 Brunetto Latini fu elevato alla dignità di Priore. Questi magistrati, in numero di dodici, erano stati previsti nella costituzione del 1282. La sua parola si faceva frequentemente sentire nei Consigli generali della repubblica. Era uno degli arringatori, od oratori, più frequentemente designati.
Conservò integre le sue facoltà anche in età avanzata e morì nel 1294 (come scrive il Villani) o nel 1295 (come affermato da altre fonti).
La tomba di Brunetto Latini è stata ritrovata nella chiesa di Santa Maria Maggiore di Firenze, ed è segnalata da un'antica colonnetta nella cappella a sinistra dell'altare maggiore.
Si tratta di un poema (incompiuto o mutilo) scritto in volgare fiorentino, in settenari a rima baciata, narrato in prima persona da Mastro Brunetto. L'autore definisce l'opera Tesoro, ma il nome Tesoretto è presente già nei manoscritti più antichi (fine del XIII secolo), presumibilmente per distinguerla dalle traduzioni italiane del Tresor. Il protagonista, sconfortato dalla notizia della disfatta di Montaperti, si perde in una "selva diversa". Nella sua peregrinazione si imbatte nelle personificazioni della Natura e delle Virtù, che gli illustrano la composizione del Mondo e i modelli di comportamento cortesi. Il poema si interrompe nel momento in cui il protagonista incontra Tolomeo, che sta per spiegargli i fondamenti dell'astronomia.
Influenzato da un lato dal romanzo cortese in lingua d'oïl, dall'altro dai poemi allegorici medio-latini e francesi, Brunetto realizza un'opera che da una parte della critica[2] è ritenuta tra i precursori diretti della Commedia.
Quest'opera (il cui titolo originale è Livres dou Tresor), la più celebre di quelle di Brunetto, fu scritta durante l'esilio in Francia, in lingua d'oïl, perché, come spiega il prologo: "la parleure est plus delitable et plus comune a touz languaiges"[3] ("è la parlata più dilettevole e più comune tra tutte le lingue").
L'opera, della quale Alfonso D'Agostino ha segnalato ottantacinque testimoni manoscritti (61 completi, 11 incompleti, 13 frammentari), consta di tre libri e risulta la prima enciclopedia volgare in senso proprio.[4]. Altri testimoni sono stati segnalati in seguito da Paolo Squillacioti[5], Paolo Divizia[6] e Marco Giola[7].
Il primo libro tratta "de la naissance de toutes choses"; tra gli argomenti affrontati vi sono un'ampia storia universale, dalle vicende dell'Antico e del Nuovo Testamento alla battaglia di Montaperti, elementi di medicina, fisica, astronomia, geografia, e architettura, e un bestiario. Si trova, in questo libro, una delle menzioni più antiche che conosciamo di una bussola e l'indicazione della sfericità della terra.
Nel secondo libro si tratta dei vizi e delle virtù, attingendo sostanzialmente dall'Etica Nicomachea.
A Bono Giamboni, di poco più giovane di Brunetto, era un tempo attribuita una traduzione dell'opera in volgare italiano che ebbe una vasta diffusione manoscritta, ma Cesare Segre ha smentito la paternità giamboniana della traduzione (Prosa del Duecento).
Edizioni
Livres dou Tresor, Venezia, Giovanni Antonio Nicolini da Sabbio & fratelli, 1528.
«..."Siete voi qui, ser Brunetto?"
E quelli: "O figliuol mio, non ti dispiaccia
se Brunetto Latino un poco teco
ritorna ’n dietro e lascia andar la traccia".»
Nel Canto XV dell'InfernoDante lo incontra tra i sodomiti, violenti contro Dio nella natura. Siamo nel Girone III del settimo cerchio; Dante e Virgilio camminano su un piano rialzato rispetto alla landa desolata in cui i dannati procedono. Dante, che era stato allievo di Brunetto, è profondamente scosso e non nasconde verso il maestro una persistente ammirazione. Brunetto è il primo nell'opera a toccare fisicamente il poeta, tirandolo per la veste.
Brunetto Latini passa poi a parlare di Firenze, introducendo la profezia dell'esilio di Dante, già anticipata nel Canto X da Farinata degli Uberti.
^H.R. Jauss, Alterità e modernità della letteratura medievale, Bollati Boringhieri 1989. S. Sarteschi, Dal "Tesoretto" alla "Commedia": considerazioni su alcune riprese dantesche dal testo di Brunetto Latini, in "Rassegna europea di letteratura italiana", 19, 2002, pp.19-44.
^B. Latini, Tresor, a cura di P. G. Beltrami, P. Squillacioti, P. Torri e S. Vatteroni, Torino, Einaudi, 2007, p.7
^A. D'Agostino, Itinerari e forme della prosa, in Storia della letteratura italiana, Roma, Salerno Editrice, 1995, p.558.
^Brunetto Latini, Tresor. a cura di Beltrami, Pietro G. • Squillacioti, Paolo • Torri, Plinio - Torino (2007)
^Aggiunte (e una sottrazione) al censimento dei codici delle versioni italiane del "Tresor" di Brunetto Latini. In: Medioevo romanzo vol. 32 (2008)
^La tradizione dei volgarizzamenti toscani del Tresor di Brunetto Latini: con un'edizione critica della redazione alfa (I.1-129). Verona (2010)
Bibliografia
Brunetto Latini, Livres dou Tresor, Stampato in Vineggia, per Gioan Antonio & fratelli da Sabbio, ad instanza di Nicolo Garanta & Francesco da Salo libbrari & compagni, 1528.
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