Basilica di Sant'Andrea (Mantova)

Basilica Concattedrale di Sant'Andrea
Basilica di Sant'Andrea dopo il restauro del 2016
StatoItalia (bandiera) Italia
RegioneLombardia
LocalitàMantova
IndirizzoPiazza Andrea Mantegna
Coordinate45°09′32.44″N 10°47′40.09″E
Religionecattolica
TitolareSant'Andrea apostolo
Diocesi Mantova
FondatoreLudovico III Gonzaga
ArchitettoLeon Battista Alberti
Stile architettonicorinascimentale, architettura barocca (cupola), gotico (campanile)
Inizio costruzione1472
Completamento1732
Sito webparrocchiasantanselmomantova.it/attivita/concattedrale-di-s-andrea
Campanile di Sant'Andrea nel 1874

La basilica di Sant'Andrea è la più grande chiesa di Mantova. Opera di Leon Battista Alberti nello sviluppo dell'architettura rinascimentale, venne completata molti anni dopo la morte dell'architetto, con modi non sempre conformi ai progetti originali. Ha la dignità di basilica minore.[1] Nella cripta si conservano due reliquiari con terra intrisa di sangue di Cristo, che avrebbe portato il soldato romano Longino. Proprio per questo fu sede dal 1608 dell'Ordine militare del Sangue di Gesù Cristo.

Storia

Un primo edificio religioso preromanico dedicato a Sant'Andrea sorse nel 1046 per volere di Beatrice di Lotaringia,[2] madre di Matilde di Canossa, in seguito alla scoperta della reliquia del Sangue di Cristo, avvenuta nell'804. L'oratorio, terminato nel 1055, sorse sulle rovine dell'Ospedale di Sant'Andrea e contiguo al monastero, edificato dal vescovo Itolfo nel 1037.[2] Con il secondo rinvenimento della reliquia[3] venne costruita nel 1054 la cripta e nel 1057 la nuova chiesa[4]. Unici resti attualmente visibili sono il campanile gotico e un lato del chiostro. La chiesa venne infine ristrutturata definitivamente a partire dal 1472, su progetto di Leon Battista Alberti su commissione del signore di Mantova Ludovico II Gonzaga (e del figlio Francesco, cardinale), che voleva farne un simbolo del proprio potere sulla città e del prestigio della casata.

Lo scopo della nuova costruzione era quello di accogliere i pellegrini che giungevano durante la festa dell'Ascensione, durante la quale veniva venerata una fiala contenente quello che si ritiene il sangue di Cristo, portato a Mantova, secondo la tradizione, dal centurione Longino. La reliquia, molto venerata a partire dal Medioevo ma soprattutto nel XV secolo, e portata in processione per le vie della città il Venerdì santo, è oggi conservata proprio nei Sacri Vasi custoditi all'interno dell'altare situato nella cripta della basilica.

I lavori iniziarono intorno al 1460 e proseguirono fino alla morte di Alberti. La costruzione venne portata avanti a fasi alterne e rimase a lungo interrotta, tanto che per il completamento dell'edificio si dovette aspettare fino al XVIII secolo[5]. Tuttavia le cappelle risultavano compiute nel 1482 e la facciata risultava completata nel 1488. Questioni storiografiche molto dibattute sono, pertanto, sia la ricostruzione del progetto originario di Alberti, sia la fedeltà a tale progetto di quanto realizzato. Alcuni studiosi attribuiscono ad Alberti lo schema generale e la facciata ma non la definizione dei particolari, mentre altri affermano che quanto costruito nel XV secolo, e in particolare fino alla morte del committente nel 1478, corrisponda al progetto albertiano[6]. Il tecnico incaricato di seguire i lavori durante la prima fase costruttiva fu Luca Fancelli, che disponeva un modello ligneo fornito da Alberti, utile in fase di realizzazione. Fancelli, che seguiva anche i lavori per la chiesa di San Sebastiano e che aveva conosciuto Alberti a Roma, era probabilmente in grado di seguirne le intenzioni progettuali,[7] anche se non risultano documentati disegni di dettaglio forniti da Alberti.[6].

I lavori furono interrotti intorno al 1494 e ripresero solo nel 1530. La cupola, alta 80 metri e con diametro di 25[8] è una delle più grandi d'Italia. Venne aggiunta nel 1732 da Filippo Juvarra, che si ispirò a quella borrominiana della basilica di Sant'Andrea delle Fratte a Roma[9]. Durante il periodo di occupazione francese, diverse opere d'arte vennero portate in Francia essendo oggetto di spoliazioni napoleoniche. Tra esse, si ricorda l'Adorazione dei pastori con San Longino e San Giovanni Evangelista, anche Giulio Romano decorava la cappella dei Sacri Vasi nella Basilica di Sant'Andrea. Oggi la tela è al Louvre.

L'imponente campanile gotico ospita 5 campane ottocentesche (La2, Do#3, Mi3, Fa#3, La3), delle quali la maggiore, del peso di 2555 kg, è stata fusa dalla ditta Cavadini di Verona.

Le forti scosse del terremoto dell'Emilia del 20 e 29 maggio 2012 hanno provocato danni alla cupola della basilica.[10]

Descrizione

Architettura

L'Alberti creò il suo progetto «...più capace più eterno più degno più lieto...» ispirandosi al modello del tempio etrusco descritto da Marco Vitruvio Pollione, un edificio cioè con pronao anteriore a colonne ben distaccate e senza peristasi.[11]

Quello di Alberti andò a contrapporsi e a sostituire un precedente progetto di Antonio Manetti, probabilmente a tre navate, simile alle chiese brunelleschiane. Innanzitutto mutò l'orientamento della chiesa allineandola all'asse viario che collegava Palazzo Ducale al Tè[12].

Facciata

La facciata è concepita sullo schema di un arco trionfale romano a un solo fornice tra setti murari, ispirato a modelli antichi come l'arco di Traiano ad Ancona e ancora più monumentale del precedente lavoro albertiano sulla facciata del Tempio Malatestiano. Lo schema dell'arco di trionfo è inserito o sovrapposto al tema formale del tempio classico che forma una sorta di avancorpo avanzato, rispetto al resto dell'edificio[13]. Sotto l'arco venne a formarsi uno spesso atrio, diventato il punto di filtraggio tra interno ed esterno[12].

L'ampio arco centrale è inquadrato da paraste corinzie che si estendono per tutta l'altezza della facciata, costituendo uno dei primi monumenti rinascimentali per cui venne adottata questa soluzione che sarà denominata ordine gigante. Sui setti murari si trovano due nicchie sovrapposte tra lesene corinzie sopra i due portali laterali. La facciata è inscrivibile in un quadrato e tutte le misure della navata, sia in pianta che in alzato, si conformano ad un preciso modulo metrico.

Grande enfasi è poi data da un secondo arco superiore, oltre il timpano, e arretrato rispetto all'avancorpo della facciata. Tale elemento architettonico definito "ombrellone", è in realtà un tratto di volta a botte e venne ritenuto, nel XIX secolo, estraneo al progetto di Alberti rischiando la demolizione[14]. L'"ombrellone" segna l'altezza della navata, enfatizza la solennità dell'arco di trionfo e il suo moto ascensionale e permette l'illuminazione della navata, grazie ad un'apertura posta verso l'interno della controfacciata che forse doveva servire anche per l'ostensione delle reliquie[15]. Questo elemento architettonico impedisce inoltre alla luce di penetrare in modo diretto all'interno della chiesa creando una sorta di penombra.

Interno

Interno

La struttura interna è a croce latina, con navata unica coperta a botte con lacunari, e con cappelle laterali a base rettangolare, inquadrate negli ingressi da un arco a tutto sesto, che riprende quello della facciata. Tre cappelle più piccole, ricavate nel setto murario dei pilastri, si alternano a quelle maggiori e la loro alternanza venne definita dall'Alberti come tipologia di "chiesa a pilastri". L'impianto ad aula della chiesa fu dovuto probabilmente all'esigenza di uno spazio ampio in cui la massa dei fedeli e dei pellegrini potessero assistere all'ostensione dell'importante reliquia.[11]

Il prospetto interno della navata è dunque scandito da due ordini gerarchizzati, di cui uno minore ad arco, inquadrato nella trabeazione dell'ordine maggiore. Questo motivo che presenta l'alternanza di un interasse largo tra due stretti, è chiamato travata ritmica e trova un parallelo con il disegno della facciata. È qui che per la prima volta il ritmo interno di concatenazione degli ordini appare anche nella facciata, configurandosi come principio generatore e ordinatore di tutto lo spazio, sia interno che esterno[16]. Dopo Alberti, che è il primo ad utilizzarlo, diventerà un elemento linguistico molto diffuso con Bramante e gli architetti manieristi.[17]

Il presbiterio

La crociera tra navata e transetto è aperta dalla cupola dal diametro di 25 metri[8], sorretta da pilastri raccordati con quattro pennacchi. Si è dubitato facesse parte del progetto albertiano, tuttavia i pilastri della crociera risultano eretti durante la prima fase costruttiva quattrocentesca.[11]

Dietro l'altare si trova una profonda abside che chiude lo spazio della navata.

Cappelle e opere d'arte

Andrea Mantegna, Sacra Famiglia e famiglia del Battista.
Lorenzo Costa, Madonna in trono e santi, 1525.

All'interno della basilica sono presenti numerose cappelle. Da sinistra verso destra:[18]

Dall'atrio provengono i quattro medaglioni con Ascensione (scuola di Mantegna, con sinopia del maestro), i Santi Andrea e Longino (scuola di Mantegna), la Sacra Famiglia con i santi Elisabetta e Giovannino (Correggio) e la Deposizione (Correggio), oggi nel Museo diocesano.

Cripta

Pianta e disegni della cripta della basilica
Altare nel cui interno sono conservati i Sacri Vasi nella cripta

Alla fine del XVI secolo fu realizzata una cripta con un colonnato ottagonale, destinata ad accogliere la reliquia del "Preziosissimo sangue", posta in un altare al centro, e le sepolture dei Gonzaga, che non vennero realizzate.

Sepolti illustri

Nella basilica trovarono sepoltura alcuni membri della famiglia Gonzaga:

Il 19 aprile 1957 il Vescovo Antonio Poma apre la serratura dello scrigno contenente la reliquia del "Preziosissimo sangue",

Nell'agosto 2015 è avanzata l'ipotesi della realizzazione, nel transetto nord-ovest della basilica e in prossimità dell'ingresso su piazza Leon Battista Alberti, di una vasca rettangolare in marmo, larga 4,7 m. e lunga 2 m., per il battesimo degli adulti[27][28][29][30].

Organo a canne

Sulla cantoria destra del presbiterio è collocato l'organo a canne, costruito nel 1850 dai Fratelli Serassi di Bergamo (opus 604)[31]. Lo strumento ha due tastiere di 73 tasti ed una pedaliera dritta di 27 note; è a trasmissione integralmente meccanica ed è inserito all'interno della ricca cassa dorata scolpita, opera in stile neoclassico di Paolo Pozzo; la facciata è costituita da tre cuspidi del registro di principale.

Rapporti con l'antico

Per gli elementi della chiesa gli storici hanno proposto numerosi riferimenti e modelli antichi. Tuttavia risulta chiaro in quest'opera il rapporto che Alberti aveva con le fonti classiche, mai oggetto di semplice imitazione, ma analizzate nei componenti sintattici e utilizzate in modo autonomo. Inoltre Alberti non limitava il suo interesse agli edifici classici, ma utilizzò qui, come in altre sue opere, anche elementi desunti da monumenti medievali: la basilica di San Marco, per la facciata vista come avancorpo e le cappelle ricavate all'interno dei pilastri, e la Badia Fiesolana, per la copertura a volta della navata.

Note

  1. ^ (EN) Catholic.org Basilicas in Italy
  2. ^ a b Cavazzoli, p. 80.
  3. ^ La reliquia rinvenuta nell'804, per il timore delle invasioni ungare venne divisa in due parti e sepolta. Col tempo se ne perse la memoria e una delle due parti fu ritrovata, secondo la tradizione, grazie alla rivelazione di Sant'Andrea ad un vecchio semicieco, nel 1048. La seconda dovette attendere il 1479. Brunelli 1986, pp 15,23
  4. ^ Brunelli 1986, p. 28.
  5. ^ M. Bulgarelli, Alberti a Mantova, in "Annali di architettura" n.15, 2003, pag.10
  6. ^ a b M. Bulgarelli, op. cit., 2003
  7. ^ Fancelli era in contatto epistolare con Alberti ed aveva eccellenti rapporti di lavoro con lui: Howard Burns, Leon Battista Alberti in "Storia dell'architettura italiana - Il Quattrocento", a cura di Francesco Paolo Fiore, 1998, pag.143
  8. ^ a b Sito Travel365.it
  9. ^ G.Gritella, Juvarra: l'architettura - Volume 2 - Pagina 381, 1992
  10. ^ Danni alla cupola di Sant'Andrea.
  11. ^ a b c Howard Burns, op. cit., 1998, pag.150
  12. ^ a b De Vecchi-Cerchiari, cit., pag. 104
  13. ^ Rudolf Wittkower, Principi architettonici nell'età dell'umanesimo 1964, pag.55
  14. ^ M. Bulgarelli, op. cit., 2003, pag.16
  15. ^ M. Bulgarelli, op. cit., 2003, pag.17
  16. ^ Autori vari, Lineamenti di storia dell'architettura, Sovera, Roma 2007, pag. 157
  17. ^ Leonardo Benevolo, L'architettura del Rinascimento,1984
  18. ^ Roberto Brunelli, Una chiesa, una città. Sant'Andrea in Mantova, Mantova, Tre Lune, 2017.
  19. ^ Cavazzoli, p. 81.
  20. ^ Cavazzoli, p. 82.
  21. ^ Stefano Savoia, Manifattura italiana, Padiglione per l’esposizione del Preziosissimo Sangue di Cristo, in La Fragilità e la Forza. Antonello da Messina, Bellini, Carpaccio, Giulio Romano, Boccioni, Manet, 200 capolavori restaurati, XIX edizione di Restituzioni. Tesori d'arte restaurati, catalogo di mostra, Milano, 2022, pagg. 708 - 719.
  22. ^ Golinelli, p. 67.
  23. ^ Golinelli, p. 96.
  24. ^ Golinelli, p. 95.
  25. ^ a b Golinelli, p.99.
  26. ^ Golinelli, p. 100.
  27. ^ Sant'Andrea, ecco la vasca: «Progetto non invasivo».
  28. ^ Mantova, lo storico Malacarne boccia la vasca in Sant'Andrea.
  29. ^ "No ai lavori in basilica" Mantova si divide sulla vasca battesimale voluta dal vescovo.
  30. ^ Mantova, sovrintendente favorevole alla vasca di Sant'Andrea.
  31. ^ L'organo

Bibliografia

  • Pierluigi De Vecchi e Elda Cerchiari, I tempi dell'arte, vol. 2, Milano, Bompiani, 1999, ISBN 88-451-7212-0.
  • Rosanna Golinelli Berto. Associazione per i monumenti domenicani (a cura di), Sepolcri Gonzagheschi, Mantova, 2013, ISBN 978-88-908415-0-7.
  • Alberto Cavazzoli, Alla ricerca del Santo Graal nelle terre dei Gonzaga, Reggio Emilia, 2008.
  • Roberto Brunelli, Diocesi di Mantova, in Adriano Caprioli, Antonio Rimoldi, Luciano Vaccaro (a cura di), Storia religiosa della Lombardia, vol. 8, Brescia, La Scuola, 1986, ISBN 88-350-7765-6.
  • Roberto Brunelli, Una chiesa, una città. Sant'Andrea in Mantova, Mantova, Tre Lune, 2017, ISBN 978-88-89832-63-9.
  • Chiara Tellina Perina, La Basilica di S. Andrea in Mantova, Quaderni di storia e di arte Mantovana (n. 1), Mantova, Istituto Carlo D'Arco per la storia di Mantova, 1965, p. 107, OCLC 248992041. Ospitato su archive.is.

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