Un primo edificio religioso preromanico dedicato a Sant'Andrea sorse nel 1046 per volere di Beatrice di Lotaringia,[2] madre di Matilde di Canossa, in seguito alla scoperta della reliquia del Sangue di Cristo, avvenuta nell'804. L'oratorio, terminato nel 1055, sorse sulle rovine dell'Ospedale di Sant'Andrea e contiguo al monastero, edificato dal vescovoItolfo nel 1037.[2] Con il secondo rinvenimento della reliquia[3] venne costruita nel 1054 la cripta e nel 1057 la nuova chiesa[4]. Unici resti attualmente visibili sono il campanile gotico e un lato del chiostro. La chiesa venne infine ristrutturata definitivamente a partire dal 1472, su progetto di Leon Battista Alberti su commissione del signore di Mantova Ludovico II Gonzaga (e del figlio Francesco, cardinale), che voleva farne un simbolo del proprio potere sulla città e del prestigio della casata.
Lo scopo della nuova costruzione era quello di accogliere i pellegrini che giungevano durante la festa dell'Ascensione, durante la quale veniva venerata una fiala contenente quello che si ritiene il sangue di Cristo, portato a Mantova, secondo la tradizione, dal centurioneLongino. La reliquia, molto venerata a partire dal Medioevo ma soprattutto nel XV secolo, e portata in processione per le vie della città il Venerdì santo, è oggi conservata proprio nei Sacri Vasi custoditi all'interno dell'altare situato nella cripta della basilica.
I lavori iniziarono intorno al 1460 e proseguirono fino alla morte di Alberti. La costruzione venne portata avanti a fasi alterne e rimase a lungo interrotta, tanto che per il completamento dell'edificio si dovette aspettare fino al XVIII secolo[5]. Tuttavia le cappelle risultavano compiute nel 1482 e la facciata risultava completata nel 1488. Questioni storiografiche molto dibattute sono, pertanto, sia la ricostruzione del progetto originario di Alberti, sia la fedeltà a tale progetto di quanto realizzato. Alcuni studiosi attribuiscono ad Alberti lo schema generale e la facciata ma non la definizione dei particolari, mentre altri affermano che quanto costruito nel XV secolo, e in particolare fino alla morte del committente nel 1478, corrisponda al progetto albertiano[6]. Il tecnico incaricato di seguire i lavori durante la prima fase costruttiva fu Luca Fancelli, che disponeva un modello ligneo fornito da Alberti, utile in fase di realizzazione. Fancelli, che seguiva anche i lavori per la chiesa di San Sebastiano e che aveva conosciuto Alberti a Roma, era probabilmente in grado di seguirne le intenzioni progettuali,[7] anche se non risultano documentati disegni di dettaglio forniti da Alberti.[6].
I lavori furono interrotti intorno al 1494 e ripresero solo nel 1530.
La cupola, alta 80 metri e con diametro di 25[8] è una delle più grandi d'Italia. Venne aggiunta nel 1732 da Filippo Juvarra, che si ispirò a quella borrominiana della basilica di Sant'Andrea delle Fratte a Roma[9]. Durante il periodo di occupazione francese, diverse opere d'arte vennero portate in Francia essendo oggetto di spoliazioni napoleoniche. Tra esse, si ricorda l'Adorazione dei pastori con San Longino e San Giovanni Evangelista, anche Giulio Romano decorava la cappella dei Sacri Vasi nella Basilica di Sant'Andrea. Oggi la tela è al Louvre.
L'imponente campanile gotico ospita 5 campane ottocentesche (La2, Do#3, Mi3, Fa#3, La3), delle quali la maggiore, del peso di 2555 kg, è stata fusa dalla ditta Cavadini di Verona.
Le forti scosse del terremoto dell'Emilia del 20 e 29 maggio 2012 hanno provocato danni alla cupola della basilica.[10]
Descrizione
Architettura
L'Alberti creò il suo progetto «...più capace più eterno più degno più lieto...» ispirandosi al modello del tempio etrusco descritto da Marco Vitruvio Pollione, un edificio cioè con pronao anteriore a colonne ben distaccate e senza peristasi.[11]
Quello di Alberti andò a contrapporsi e a sostituire un precedente progetto di Antonio Manetti, probabilmente a tre navate, simile alle chiese brunelleschiane. Innanzitutto mutò l'orientamento della chiesa allineandola all'asse viario che collegava Palazzo Ducale al Tè[12].
Facciata
La facciata è concepita sullo schema di un arco trionfale romano a un solo fornice tra setti murari, ispirato a modelli antichi come l'arco di Traiano ad Ancona e ancora più monumentale del precedente lavoro albertiano sulla facciata del Tempio Malatestiano. Lo schema dell'arco di trionfo è inserito o sovrapposto al tema formale del tempio classico che forma una sorta di avancorpo avanzato, rispetto al resto dell'edificio[13].
Sotto l'arco venne a formarsi uno spesso atrio, diventato il punto di filtraggio tra interno ed esterno[12].
L'ampio arco centrale è inquadrato da parastecorinzie che si estendono per tutta l'altezza della facciata, costituendo uno dei primi monumenti rinascimentali per cui venne adottata questa soluzione che sarà denominata ordine gigante. Sui setti murari si trovano due nicchie sovrapposte tra lesene corinzie sopra i due portali laterali. La facciata è inscrivibile in un quadrato e tutte le misure della navata, sia in pianta che in alzato, si conformano ad un preciso modulo metrico.
Grande enfasi è poi data da un secondo arco superiore, oltre il timpano, e arretrato rispetto all'avancorpo della facciata. Tale elemento architettonico definito "ombrellone", è in realtà un tratto di volta a botte e venne ritenuto, nel XIX secolo, estraneo al progetto di Alberti rischiando la demolizione[14].
L'"ombrellone" segna l'altezza della navata, enfatizza la solennità dell'arco di trionfo e il suo moto ascensionale e permette l'illuminazione della navata, grazie ad un'apertura posta verso l'interno della controfacciata che forse doveva servire anche per l'ostensione delle reliquie[15]. Questo elemento architettonico impedisce inoltre alla luce di penetrare in modo diretto all'interno della chiesa creando una sorta di penombra.
Particolari degli archi della facciata principale. Foto di Paolo Monti
Particolari degli archi della facciata laterale. Foto di Paolo Monti
Particolari della facciata laterale. Foto di Paolo Monti
La cupola
Atrio dell'entrata del transetto
Interno
La struttura interna è a croce latina, con navata unica coperta a botte con lacunari, e con cappelle laterali a base rettangolare, inquadrate negli ingressi da un arco a tutto sesto, che riprende quello della facciata. Tre cappelle più piccole, ricavate nel setto murario dei pilastri, si alternano a quelle maggiori e la loro alternanza venne definita dall'Alberti come tipologia di "chiesa a pilastri".
L'impianto ad aula della chiesa fu dovuto probabilmente all'esigenza di uno spazio ampio in cui la massa dei fedeli e dei pellegrini potessero assistere all'ostensione dell'importante reliquia.[11]
Il prospetto interno della navata è dunque scandito da due ordini gerarchizzati, di cui uno minore ad arco, inquadrato nella trabeazione dell'ordine maggiore. Questo motivo che presenta l'alternanza di un interasse largo tra due stretti, è chiamato travata ritmica e trova un parallelo con il disegno della facciata. È qui che per la prima volta il ritmo interno di concatenazione degli ordini appare anche nella facciata, configurandosi come principio generatore e ordinatore di tutto lo spazio, sia interno che esterno[16]. Dopo Alberti, che è il primo ad utilizzarlo, diventerà un elemento linguistico molto diffuso con Bramante e gli architetti manieristi.[17]
La crociera tra navata e transetto è aperta dalla cupola dal diametro di 25 metri[8], sorretta da pilastri raccordati con quattro pennacchi. Si è dubitato facesse parte del progetto albertiano, tuttavia i pilastri della crociera risultano eretti durante la prima fase costruttiva quattrocentesca.[11]
Dietro l'altare si trova una profonda abside che chiude lo spazio della navata.
Cappelle e opere d'arte
All'interno della basilica sono presenti numerose cappelle. Da sinistra verso destra:[18]
Cappella dell'Addolorata. Con monumento sepolcrale della famiglia Boccamaggiore;
Cappella dell'Immacolata. Ospita il padiglione del preziosissimo sangue, il complesso paramentale più rilevante della diocesi di Mantova, realizzato tra la fine del '600 e l'inizio del '700 e donato alla basilica dalla duchessa Anna Isabella Gonzaga.
Cappella "Cantelma". Ospita il monumento sepolcrale della famiglia Cantelmi;
Cappella di San Longino. A destra, sulla parete, è situato l'affresco Crocefissione di Rinaldo Mantovano,[19] con San Longino ai piedi della Croce. Di fronte, il Rinvenimento del Sangue di Cristo, con Sant'Andrea tra le nuvole che regge la Croce. Al centro della cappella, sopra l'altare, una pala di Giulio Romano che rappresenta la Madonna, San Giuseppe, San Giovanni e San Longino. Nella cappella sono collocate anche i sarcofagi contenenti le spoglie di San Longino e del beato Adalberto (?-1059).[20]
Cappella di San Luigi.
Cappella "Cattanea".
Cappella di San Sebastiano.
Cappella di Sant'Antonio.
Battistero.
Presso il pilastro destro di ingresso al presbiterio è stato ricollocato nel 2022, dopo il restauro il Padiglione per l’esposizione del Preziosissimo Sangue di Cristo realizzato su commissione della duchessa Anna Isabella Gonzaga di Guastalla probabilmente tra il 1675 circa e l'inizio del XVIII secolo, comunque prima del 1703.[21]
Alla fine del XVI secolo fu realizzata una cripta con un colonnato ottagonale, destinata ad accogliere la reliquia del "Preziosissimo sangue", posta in un altare al centro, e le sepolture dei Gonzaga, che non vennero realizzate.
Sepolti illustri
Nella basilica trovarono sepoltura alcuni membri della famiglia Gonzaga:
Nell'agosto 2015 è avanzata l'ipotesi della realizzazione, nel transetto nord-ovest della basilica e in prossimità dell'ingresso su piazza Leon Battista Alberti, di una vasca rettangolare in marmo, larga 4,7 m. e lunga 2 m., per il battesimo degli adulti[27][28][29][30].
Per gli elementi della chiesa gli storici hanno proposto numerosi riferimenti e modelli antichi. Tuttavia risulta chiaro in quest'opera il rapporto che Alberti aveva con le fonti classiche, mai oggetto di semplice imitazione, ma analizzate nei componenti sintattici e utilizzate in modo autonomo. Inoltre Alberti non limitava il suo interesse agli edifici classici, ma utilizzò qui, come in altre sue opere, anche elementi desunti da monumenti medievali: la basilica di San Marco, per la facciata vista come avancorpo e le cappelle ricavate all'interno dei pilastri, e la Badia Fiesolana, per la copertura a volta della navata.
^La reliquia rinvenuta nell'804, per il timore delle invasioni ungare venne divisa in due parti e sepolta. Col tempo se ne perse la memoria e una delle due parti fu ritrovata, secondo la tradizione, grazie alla rivelazione di Sant'Andrea ad un vecchio semicieco, nel 1048. La seconda dovette attendere il 1479. Brunelli 1986, pp 15,23
^Fancelli era in contatto epistolare con Alberti ed aveva eccellenti rapporti di lavoro con lui: Howard Burns, Leon Battista Alberti in "Storia dell'architettura italiana - Il Quattrocento", a cura di Francesco Paolo Fiore, 1998, pag.143
^Stefano Savoia, Manifattura italiana, Padiglione per l’esposizione del Preziosissimo Sangue di Cristo, in La Fragilità e la Forza. Antonello da Messina, Bellini, Carpaccio, Giulio Romano, Boccioni, Manet, 200 capolavori restaurati, XIX edizione di Restituzioni.Tesori d'arte restaurati, catalogo di mostra, Milano, 2022, pagg. 708 - 719.
Pierluigi De Vecchi e Elda Cerchiari, I tempi dell'arte, vol. 2, Milano, Bompiani, 1999, ISBN88-451-7212-0.
Rosanna Golinelli Berto. Associazione per i monumenti domenicani (a cura di), Sepolcri Gonzagheschi, Mantova, 2013, ISBN978-88-908415-0-7.
Alberto Cavazzoli, Alla ricerca del Santo Graal nelle terre dei Gonzaga, Reggio Emilia, 2008.
Roberto Brunelli, Diocesi di Mantova, in Adriano Caprioli, Antonio Rimoldi, Luciano Vaccaro (a cura di), Storia religiosa della Lombardia, vol. 8, Brescia, La Scuola, 1986, ISBN88-350-7765-6.
Roberto Brunelli, Una chiesa, una città. Sant'Andrea in Mantova, Mantova, Tre Lune, 2017, ISBN978-88-89832-63-9.
Chiara Tellina Perina, La Basilica di S. Andrea in Mantova, Quaderni di storia e di arte Mantovana (n. 1), Mantova, Istituto Carlo D'Arco per la storia di Mantova, 1965, p. 107, OCLC248992041. Ospitato su archive.is.