Soldato valoroso e brutale, sfigurato da una cicatrice nascosta alla vista da una folta barba, ritenuto dai contemporanei, forse senza troppo merito, excellentissimo capitanio, fu orgoglioso e testardo, ma incapace a conservare e a governare uno stato.[3]
Nel febbraio 1522, mentre la Gera d'Adda era coinvolta nella guerra d'Italia del 1521-1526 fra la Francia e la Spagna di Carlo V, alcuni soldati dell'esercito francese furono insultati dagli abitanti, sicuri della protezione data dagli Spagnoli.[9][10] Tali soldati riferirono l'accaduto al loro generale, Odet de Foix, che decise di saccheggiare il borgo di Treviglio, la mattina successiva.[9][10]
«"Lautrec adirato
per atti insolenti
s’avanza furioso
con l’armi alla man...
...Lautrec genuflette
davanti alla Pia
e l’elmo e la spada
depone ai suoi piè."[11]»
(autore sconosciuto, Canto Lodiamo Maria)
La mattina, del venerdì28 febbraio 1522, al comando dell'armata di Francesco I in Italia, il generale francese si preparò ad espugnare la città. I trevigliesi, resisi conto della gravità dell'accaduto e dell'impossibilità di ricevere alcun aiuto, si ritirarono nelle chiese per pregare.[10] A nulla erano valsi i tentativi dei quattro consoli della città che scalzi e con delle corde appese ai colli offrivano le chiavi cittadine al generale presso Casirate.
Ad un certo punto qualcuno notò che l'immagine affrescata della Madonna, dipinta fra Sant'Agostino e San Nicola da Tolentino sul muro del campaniletto nella chiesetta del convento delle Agostiniane, iniziò verso le ore otto antimeridiane a lacrimare e trasudare miracolosamente.[10]
I fedeli si recarono quindi sul posto gridando al miracolo, e il generale, dopo aver inviato i suoi soldati a verificare l'esattezza delle affermazioni asserite dai trevigliesi, si recò anch'egli nella cappella del miracolo.[10] Qui, dopo aver passato a fil di spada il retro del muro per accertarsi che non c'erano inganni, depose l'elmo e la spada davanti alla Vergine, subito imitato dai propri soldati.[10]
Tali armi, circa una ventina, restarono al comune di Treviglio che poi le donò ad un museo di Milano, conservando però quelle del Generale nel Santuario costruito a ricordo dell'evento.[10] Esse sono esposte al pubblico nel periodo della festa del Miracolo che dalla sua istituzione, il 1º giugno dello stesso anno, si svolge l'ultimo giorno di febbraio.[9][10]
La seconda fase: 1522-1526
Dopo aver risparmiato Treviglio, nel marzo è raggiunto dal fratello Thomas che era tornato dalla Francia con il denaro per pagare i soldati.[8] Alla fine di marzo guidò l'esercito francese, al quale si erano aggiunte anche le forze veneziane, contro Pavia, ritenendo che la città, difesa da Federico II Gonzaga con soli 1.500 fanti, 300 cavalieri e 3.000 cittadini armati, potesse cadere velocemente, tuttavia la città fu soccorsa dal pronto intervento di Prospero Colonna, che uscì da Milano con l'intero esercito pontificio-imperiale costringendo il comandante francese ad abbandonare l'assedio.
Mandato in Francia dove nel 1523 costringe gli spagnoli a togliere l'assedio da Bayonne.[12]
Il 4 settembre 1524 gli viene affidato il governo della Linguadoca, il giorno successivo entra quindi a Tolosa da cui comanderà sulla regione fino al marzo 1526.[13]
La localizzazione del quartiere generale nella toponomastica
Il quartier generale del Lautrec era situato sul colle di Poggioreale in una viuzza stretta, oggi denominata Cupa Lautrec e deformata dalla vulgata popolare in Lotrecco, o' Trex, Trevio e Trivio, da cui derivano i nomi di alcune vie: via Cannola al Trivio, via Trivice; mentre il punto in cui terminava lo schieramento francese ed incomincia il mare oggi si chiama via Ponte dei Francesi.[1]
Il 10 febbraio 1528 il Lautrec entrò nel Regno di Napoli da Fermo, poi passò da Pescara, Chieti, Sulmona, Lanciano e Guasto.[3] Sparse il terrore in Puglia;[3] e il 23 marzo 1528 si rese protagonista della "Pasqua di Sangue": durante l'assedio di Melfi massacrò 3.000 persone.[16] Nel castello si era rifugiato con le milizie superstiti il Principe di Melfi, Giovanni III Caracciolo, il quale, rendendosi conto dell'inutilità della resistenza e per salvarsi la vita, si arrese.[16] L'11 maggio, giorno della Pentecoste, la città di Melfi fu liberata dagli spagnoli e i seimila melfitani, superstiti alla strage francese fecero ritorno in città.[17]
La sua fine fu conseguenza di una decisione in apparenza brillante. Infatti, nell'estate del 1528, per vincere la forte resistenza della città, distrusse le condutture dell'Acquedotto della Bolla le cui acque si sparsero nei terreni vicini significativamente chiamati "le paludi".[1] Grazie anche alla calura, e ai versamenti di granaglie nelle acque da parte degli sgherri del bandito Verticillo, ingaggiato dal principe d'Orange per condurre una guerra parallela, e rifornire la città assediata, si sviluppò una violenta pestilenza che condusse alla morte per malattia molti uomini, tra i quali lo stesso comandante francese.[1][18]
«"Ferdinando Ludovico Consalvo, nipote del gran Capitano, ha tributati gli estremi onori alla memoria di Odetto di Foix Lautrec, ...sebbene fosse nemico di Sua Nazione..."[1]»
I loro resti furono raccolti nella "Grotta degli Sportiglioni" mentre il predicato Lautrec deformato in Lotrecco ma anche Trivece indicherà fino ai giorni nostri quella zona a nord di Napoli che, partendo da queste prime sepolture, diventerà l'area cimiteriale cittadina.[1]
I resti del Lautrec vennero successivamente traslati all'inizio del XVII secolo dal III Duca di Sessa, nella Chiesa di Santa Maria la Nova[3] e ospitati in un monumento funebre realizzato da Annibale Caccavello, con l'epitaffio composto da Paolo Giovio, gli affreschi che decorano la volta sono di Massimo Stanzione.[1][19]
Inquartato, al primo di rosso alla mitria e al pastorale d’oro delineato d’argento, al secondo d’oro ai tre pali di rosso, al terzo d’oro alle quattro verghette di rosso e al quarto alle due mucche passanti poste in palo di rosso, collarinate e campanate d’azzurro.
La discendenza di Odet de Foix si estinse con la morte senza figli dell'unico nipote Henri de Luxembourg nato, dopo il 1535, dal secondo matrimonio della figlia Claude con Charles de Luxembourg.[2] I primi tre figli maschi furono nell'ordine Odet, Henri e François.[2] I primi due morirono giovani (entrambi nel 1540) e del terzo non si hanno notizie certe.[2]
^abcde Marco Carminati e Paolo Furia, BARBAZÀN quasi un romanzo storico, illustrazioni di Franco Travi, Dalmine, POLIgrafica, 2006, pp. 237, 255, ISBN non esistente.
^ Marco Carminati e Paolo Furia, BARBAZÀN quasi un romanzo storico, illustrazioni di Franco Travi, Dalmine, POLIgrafica, 2006, pp. 241, 255, ISBN non esistente.
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^abcStoria, su comune.treviglio.bg.it. URL consultato il 27 marzo 2020.
^abcdefghStoria del Santuario, su comunitapastoraletreviglio.it. URL consultato il 27 marzo 2020 (archiviato dall'url originale l'8 novembre 2019).
^Canto Lodiamo Maria, su comunitapastoraletreviglio.it. URL consultato il 27 marzo 2020.
^ Marco Carminati e Paolo Furia, BARBAZÀN quasi un romanzo storico, illustrazioni di Franco Travi, Dalmine, POLIgrafica, 2006, pp. 246, 255, ISBN non esistente.
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^ Francesco Guicciardini, 4, in Storia d'Italia, vol. 19, ISBN non esistente.
^ Benedetto Croce, La Spagna nella vita italiana durante la rinascenza, Bari, Laterza, 1917, p. 262, ISBN non esistente.
Bibliografia
Marco Carminati e Paolo Furia, BARBAZÀN quasi un romanzo storico, illustrazioni di Franco Travi, Dalmine, POLIgrafica, 2006, p. 255, ISBN non esistente.
Benedetto Croce, La Spagna nella vita italiana durante la rinascenza, Bari, Laterza, 1917, p. 262, ISBN non esistente.
Francesco Guicciardini, 4, in Storia d'Italia, vol. 19, ISBN non esistente.
Tullio Santagiuliana e Ildebrando Santagiuliana, Storia di Treviglio, Bergamo, Bolis, 1965, p. 686, ISBN non esistente.
Piero Perego e Ildebrando Santagiuliana, Storia di Treviglio, vol. 1, Treviglio, Pro Loco, 1987, p. 472, ISBN non esistente.
Piero Perego e Ildebrando Santagiuliana, Storia di Treviglio, vol. 2, Treviglio, Pro Loco, 1987, pp. 473-858, ISBN non esistente.
Séverin Duc, La Guerre de Milan. Conquérir, gouverner, résister dans l'Europe de la Renaissance (1515-1530), Ceyzérieu, 2019.