Segretario della Seconda Commissione per l'esame dei Disegni di Legge (AC)
Componente della IV Commissione Finanze e Tesoro (I, II e IV leg.)
Componente della Commissione Speciale per la ratifica dei Trattati sul Mercato Comune e sull'Euratom (II leg.)
Rappresentante della Camera all'Assemblea della CECA (II leg.)
Presidente della Commissione Speciale per l'esame dei Disegni di Legge relativi ai Bilanci dei tre Ministeri finanziari per l'Esercizio Finanziario 1958-1959 (III leg.)
Componente della IV Commissione Giustizia (III leg.)
Componente della V Commissione Bilancio e Partecipazioni Statali (III leg.)
Componente della XII Commissione Industria e Commercio (III leg.)
Componente della Commissione Speciale per l'esame del Disegno di Legge relativo all'autorizzazione all'esercizio provvisorio del Bilancio 1963-1964 (IV leg.)
Componente della Commissione Speciale per l'esame del Disegno di Legge recante interventi per la ripresa economica nazionale (IV leg.)
Componente della Commissione Interparlamentare di studio dei problemi derivanti dall'Articolo 81 della Costituzione (IV leg.)
Nasce il 18 aprile 1902 a Valdengo, in provincia di Biella, secondogenito di Luigi Pella e Viglielmina Bona, gestori con un contratto di mezzadria di un piccolo podere.
Nei successivi governi dello statista trentino è Ministro del tesoro (V, VI, VII, VIII, 1948-1953), ricoprendo in alcune fasi anche l'interim del Bilancio; in questa veste persegue una politica liberista e monetarista, in continuità con la linea tracciata da Luigi Einaudi. Viene duramente criticato dalle sinistre d'opposizione (PCI e PSI) e anche dal gruppo di Dossetti, La Pira e Vanoni.
Gli esperti americani del piano Marshall, giunti a Roma per controllare l'utilizzazione dei fondi, rimangono sconcertati del fatto che nessuna parte dei fondi è stata usata per una politica di spesa pubblica di stampo rooseveltiano: il denaro è stato impiegato esclusivamente per mettere ordine nella finanza pubblica e per stabilizzare il bilancio dello Stato, seguendo il pensiero di Luigi Einaudi[4].
Dopo la crisi politica del 1953, con il fallimento dell'ultimo governo di Alcide De Gasperi (che non ottiene la fiducia), il 17 agosto 1953 il Presidente della RepubblicaLuigi Einaudi, che era stato suo insegnante all'università, incarica Pella di formare un governo di cui viene sottolineata la provvisorietà[5]; è denominato infatti "governo d'affari" o "governo amministrativo" il cui unico compito è quello di arrivare all'approvazione della legge di bilancio (che all'epoca doveva avvenire entro il 30 ottobre di ogni anno), senza nessuno scopo politico.[5] A rafforzare il carattere tecnico del gabinetto, ne sono chiamati a far parte alcune personalità estranee alla politica (ad esempio l'avvocato dello StatoSalvatore Scoca alla Riforma burocratica, l'alto magistrato Antonio Azara alla Giustizia, l'ingegnere Modesto Panetti alle Poste).
In tale esecutivo Pella assume l'interim degli Esteri e del Bilancio. Come Ministro degli affari esteri ha uno scontro con il presidente jugoslavoTito, il quale minacciava di invadere Trieste se gli anglo-americani, che ancora occupano la zona A del Territorio Libero di Trieste, ne consegnino l'amministrazione all'Italia. Pella minaccia di inviare le truppe sul confine orientale. La crisi, che può sfociare in un confronto militare, rientra solo dopo molti sforzi diplomatici delle potenze occidentali.
Il suo interventismo suscita reazioni opposte in Parlamento e negli organi di stampa: monarchici e MSI lo sostengono, i partiti di sinistra, e soprattutto il PCI, lo accusano di nazionalismo. Buona parte della DC rimane fredda, anche perché il governo britannico e quello statunitense vogliono mantenere buone relazioni con la Jugoslavia anche a costo di penalizzare l'Italia. Gli organi di stampa più sensibili alla questione dei confini orientali, invece, salutano Pella come un patriota e come statista coraggioso.
Pella si dimette il 12 gennaio 1954.
Attività e ministeri successivi
Dopo l'esperienza alla guida del governo, si dedica all'attività di partito partecipando alla fondazione di una corrente di destra, "Concentrazione", alla quale aderisce, tra gli altri, Giulio Andreotti. In tale veste, è uno dei promotori dell'elezione di Giovanni Gronchi alla Presidenza della Repubblica contro il candidato del segretario della DC Amintore Fanfani, l'indipendente Cesare Merzagora. Eletto Gronchi, Pella è candidato naturale alla Presidenza del Consiglio, ma il nuovo presidente della Repubblica gli preferisce Antonio Segni.
Come sottolineato, Pella non aderì a nessuna corrente all'interno della Democrazia Cristiana. Durante la sua permanenza nei ministeri delle finanze e del tesoro fu uno dei principali protagonisti del miracolo economico, avvenuto grazie ad una ricetta che comprendesse politiche liberiste e monetariste. Crescita, controllo dell'inflazione e pareggio di bilancio furono le priorità di Pella e di Ezio Vanoni, suo collega, che portarono grande stabilità nelle finanze pubbliche e, come conseguenza, la lira ad essere una delle monete più stabili e salde del mondo occidentale. Tuttavia, le correnti di sinistra all'interno della DC osteggiarono il suo operato, infatti esponenti come Giuseppe Dossetti e Giovanni Gronchi ebbero perplessità circa le sue politiche e spesso lo attaccarono.
Pella inoltre ebbe svariati dubbi sull'efficacia di un'ipotetica integrazione europea, fortemente desiderata da Alcide De Gasperi e Luigi Einaudi, portandolo a collocarsi in un'area di euroscetticismo moderato.
Intitolazioni
Tra le personalità politiche più popolari nell'Italia del dopoguerra, a Pella è stata intitolata una piazza a Roma davanti alla vecchia sede del ministero delle Finanze all'EUR, dove sorge anche un suo busto, nonché un corso gli è stato dedicato nella città di Biella.
^D. Ivone, "Giuseppe Pella e la politica liberista nella ricostruzione economica del secondo Dopoguerra." Rivista internazionale di storia della banca (1982): vol 24-25 pp 104-20.